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14 maggio 2010

Traffico di armi: disinformazione su coinvolgimento Eufor

Etleboro
Il quotidiano di Banjaluka "Nesnavisne Novine", citando una fonte anonima, rilancia e accentua la notizia dell'esistenza di un traffico illecito di armi tra la Bosnia e l'Italia a servizio dei clan mafiosi e camorristici. Afferma infatti che i soldati italiani delle forze internazionali, EUFOR e SFOR, si siano impossessati delle armi risalenti alla guerra del 1991-1995, sequestrate con azioni come "Zetva" (raccolta), e quindi trasferite con mezzi militari in Italia durante il rientro delle forze di pace internazionali.

La strana fonte del Nesnavisne spiega infatti che l'EUFOR è stata incaricata, fino a marzo 2007, di accumulare e distruggere armi e munizioni nel quadro dell'operazione "Zetva", in collaborazione e coordinamento con le autorità locali competenti, le quali in seguito hanno continuato il lavoro sotto il controllo dell'EUFOR. I funzionari italiani non hanno escluso la possibilità che le armi siano arrivate in Italia tramite contingenti militari, la polizia internazionale o missioni militari, ma sottolineano che al momento la preoccupazione principale della polizia italiana è la contrapposizione al contrabbando della frutta e di merci al sud. Il quotidiano ha appreso che le autorità italiane hanno informato l'ambasciata della Bosnia a Roma, che non è stata trovata nessuna prova sul coinvolgimento dei cittadini bosniaci nel contrabbando di armi in Italia. "Se questa informazione è vera, è facile immaginare che qualcuno avrebbe potuto mettere delle armi sugli aerei di trasporto militare. Sappiamo che gli aerei non sono sottoposti a controllo doganale, ed in qualsiasi altro modo qualche soldato avrebbe potuto facilmente portarli in Italia", afferma la fonte anonima del Nezavisne novine.

A fare scoppiare il caso, infatti, il ritrovamento di armi provenienti dalla Bosnia-Erzegovina durante l'arresto di decine di esponenti di clan mafiosi del Sud Italia, nel corso di una indagine sul monopolio della vendita e distribuzione di articoli ortofrutticoli. Armi che, tuttavia, risalgono ad un traffico già scoperto e indagato circa due anni fa, quando alcune intercettazioni portarono all'arresto di un cittadino bosniaco (venditore di armi) e di una italiana, acquirente ed intermediario per le cosche malavitose. Nel corso delle indagini ci fu un caso di un carabiniere in pensione, Vincenzo Palermo (di San Marcellino, Caserta) , nel cui garage fu scoperto nel 2006 un deposito di kalashnikov, lanciarazzi, bombe a mano, tritolo e pistole. Quelle armi vennero individuate come provenienti dalla Bosnia e trasportate con un furgone militare da un carabiniere del X Battaglione di Napoli in missione nei Paesi balcani, condannato poi a nove anni di reclusione per trasporto di armi da guerra. Secca comunque la replica del'EUFOR, rilasciata a Sarajevo, la quale sottolinea che per le missioni militari e di polizia, quando i contingenti entrano o escono dal paese, valgono i regolamenti militari dei rispettivi Paesi d'origine, e i bagagli appartenenti a membri delle forze EUFOR sono controllati in conformità delle norme internazionali sul traffico aereo. EUFOR ha quindi ribadito che tutti i membri delle forze internazionali sono tenuti a rispettare tutte le norme internazionali e la normativa dei paesi d'origine, mentre la Polizia internazionale militare ha il compito di sorvegliare l'applicazione del diritto militare dei Paesi in questione. Nel comunicato EUFOR ricorda che il controllo e l'ispezione dei velivoli militari che arrivano e partono dalla Bosnia, deve essere condotto secondo regole rigide e sotto sorveglianza.


La verità è che, alla vigilia del vertice di Sarajevo del 2 giugno, giunge l'ennesimo attacco da parte delle lobbies affaristiche volto a screditare la posizione internazionale dell'Italia. Tanto per dovere di cronaca, si è cercato di seguire la scia delle indagini italiane contro la Camorra per andare a ripescare un caso isolato di pseudo-traffico di armi che vede implicato un carabiniere in pensione, per costruire una requisitoria di accuse contro il contingente italiano dell'Eufor. Sempre per dovere di cronaca, ricordiamo che il Pentagono è stato protagonista di un 'vero' scandalo di traffico di armi nei Balcani, venuto alla luce dopo l'esplosione del deposito di armi di Gerdec, in Albania, punta dell'iceberg dell'esistenza di un commercio di armamenti e munizioni dai Balcani verso l'Afghanistan. Allora la colpa è ricaduta sul Governo albanese, ma in realtà la Difesa statunitense era in committente di una fornitura di armi per l'Afghanistan, attribuendo un tender (si vedano documenti) di 200 milioni dollari alla AEY di proprietà di Efraim Diveroli (24 anni). Questa a sua volta ha fatto ricorso per la fornitura di armi alla Edvin Ltd, schermo societario che aveva sede legale a Cipro, con l'indirizzo di un 'salone di un barbiere', ma con numero di telefono e recapiti di Zenica (Bosnia). Il problema è che non bisogna confondere un furgone di armi, con aerei e navi che partivano carichi verso l'Afghanistan. Per cui, se devono essere fatte delle indagini, sarebbe meglio rivolgere la propria attenzione a fatti già accertati. Ma ovviamente è più utile accusare l'Italia e la mafia di traffico di armi, nascondendo qualcosa di molto più grave.

Osservatorio Italiano

06 maggio 2010

Le strategie inesistenti


La crisi greca, che ha dato il gran colpaccio alle Borse europee e alla stessa credibilità dell'Unione Europea, sembra avvicinarsi sempre più alla regione dei Balcani, che già viaggia continuamente sul filo del rasoio. Tutti gli Stati balcanici, anche se ognuno per ragioni diverse, gestisce la propria politica sociale con le casse del tesoro sempre vuote, rinnovando di mese in mese prestiti e finanziamenti presso le grandi banche internazionali ed europee. A fronte dei programmi di credito, le istituzioni finanziarie chiedono tagli alla spesa pubblica continuamente, con riduzione di salari e pensioni, privatizzazioni e concessioni ai privati. Tutte le società pubbliche che gestiscono o possiedono risorse vitali per il Paese hanno un cosiddetto "partner strategico", che nient'altro è il vero proprietario che decide nei fatti la gestione e i piani di investimento.
Nonostante tutto, però, la liquidità è sempre poca, al limite per le piccole imprese, quasi inesistente per pagare medici o professori, e la situazione sembra sempre collassare in una protesta di piazza. Non dimentichiamo che Sarajevo è stata presa d'assalto nel giro di poche ore da oltre 3000 uomini, ex veterani di guerra, ai cui il Fondo Monetario vuole negare le pensioni, obbligando così il Governo a ritirare il decreto e a ridiscutere tutto a tavolino. Le Banche e le casse delle amministrazioni locali cominciano ad essere piene di bonds e titoli collaterali (vedi il caso della Croazia e scandalo Hypo Alpe Adria), che nei fatti dissimulano la bancarotta e tengono in piedi questo grande bluff. Lo stato dell'economia dei Balcani non è poi così diversa da quella della Grecia di pochi anni fa, quando si cominciarono ad avvertire le prime avvisaglie con la cessione delle ultime società di Stato, come quella di OTE. A differenza della Grecia, questi Paesi hanno già conosciuto un fallimento controllato, e possono facilmente ricadere perché sono in una fase di transizione, retti in piedi solo dai contratti di investimento e dai programmi dei fondi strutturali, però nei fatti da una eterna promessa ad investire se i governi locali sono pronti ad indebitarsi per pagare. Queste popolazioni sono paralizzate dai labirinti burocratici, perché mentre si annunciano grandi cambiamenti, si riducono gli stipendi, e lo Stato stesso tira avanti grazie alla criminalità. Questo è lo shock della civilizzazione e sono sempre più gravosi i dubbi nutriti nei confronti di questa Europa che ha lasciato fallire la Grecia senza neanche rendersene conto, continuando sempre a chiedere liberalizzazioni. Ma stiamo molto attenti ai sintomi di un cancro che si avvicina, perché se i Balcani stanno male, anche l'Europa sta male.
Siamo governati in effetti da speculatori, che hanno in mano i media, che ogni giorno rimbalzano soap opere: questo è il declino del capitalismo. Gli abbracci, le strette di mano, i protocolli di cooperazione, i milioni che viaggiano sulle nostre teste, ma i conti sono sempre in rosso e bisogna sempre andare a battere cassa alla Banca Mondiale. Le laure si comprano, i figli di papà crescono sempre più stupidi, le caste si ingrossano, mentre cocaina, silicone e carte di credito diventano simbolo di modernità: questa è la strategia del regno senza cervello. Ma cosa ne sanno gli occidentali dei Balcani? Sicuramente nulla, per loro la Serbia ha invaso la Bosnia, sono convinti che qui la gente è povera e muore di fame, che sono tutti zingari e nomadi. Se questa è la convinzione degli europei lo dobbiamo solo ai consulenti e ai tuttologi che affollano gli uffici dei governi, ai tecnici della 'democrazia', che sono venuti qui ed hanno esportato la più grande depravazione culturale europeista della 'global finance'. Il problema è che sono davvero convinti che democrazia significa 'dire e fare tutto quello che si vuole', anche quello di rubare direttamente nelle casse dello Stato, e costruirsi ville con 5 linee telefoniche. Di fatti, anche i poliziotti dell'Eulex si sono dovuti adeguare e sono stati colti in flagrante mentre trafficano sigarette e alcool. Un esempio per farvi capire che ci sono più 'impicci e imbrogli' tra gli internazionali che sono in queste zone che tra i banditi. La differenza è che i criminali si dichiarano nella comunità, sono fieri di esserlo perchè 'lavorano onestamente' dietro la propria responsabilità. I peggiori poi sono quelli che lavorano nelle Ong , e non si riesce mai a capire cosa fanno, da dove prendono i soldi, e fanno da consulenti per i politici locali nonché da controllori per i tentativi di corruzioni. Ecco perché alle conferenze di questi grandi "leader politici" sono davvero pochi i giornalisti che rimangono ad ascoltare, si guardano e sorridono, ben sapendo che stanno ascoltando solo sciocchezze e che girato l'angolo li troveranno nei bar a fare chiacchiere totalmente ubriachi. Questi sono "i grandi leader" che hanno stretto le mani ai potenti dell'Europa, piccoli uomini insignificanti che credono di essere dei governanti.
La cosa triste, però, è che sono soltanto e continuamente illusi, perché lasciano loro credere di essere entrati nella 'famiglia europea', quando poi dopo solo pochi mesi di liberalizzazione di visti alcuni hanno persino chiesto di revocare le agevolazioni, terrorizzati dall'idea di essere invasi. Forse sono stati proprio quei pullman di albanesi di Macedonia e Serbia giunti in massa in Belgio a far arretrare la Commissione Europea sulla concessione dei visti anche ad Albania e Bosnia, oltre ovviamente a tante implicazioni di carattere politico. Tuttavia, anche sei i visti si fermano, gli speculatori sono sempre a lavoro, al punto che hanno trovato in Bosnia il petrolio per prepararsi alla emissione di bonds e collaterali. Fusioni, joint-venture, partenariati strategici, intricatissimi castelli sociali per salvare magari una società in occidente. La verità è che noi abbiamo creato questi mostri megalomani, che hanno dissanguato le casse dello Stato e oggi saccheggiano le piccole e medie imprese: un piccolo manipolo di consulenti internazionali in tutti i Balcani possono creare una voragine nei bilanci statali. Consulenti e tecnici, che non rispondono a nessuno ma solo ai club internazionali, hanno indebitato interi Paesi facendo passare tutto questo per integrazione, e oggi che sono arrivati al punto del 'cannibalismo' , non fanno altro che consegnare un contratto da firmare, che diventa un'arma in una roulette russa.
Io non sono contrario al concetto di Europa, ma ho notato che la realtà è totalmente diversa da quello che viene scritto nei Trattati. Il crimine verso lo Stato viene chiamata speculazione , ma sarebbe meglio chiamarla terrorismo, o meglio ancora genocidio. L'Europa è solo un' idea messa in mano ad una banda di assassini e di criminali. Potrebbe anche essere una speranza, ma messa in mano a tecnici, consulenti e speculatori, ci trasforma in burattini nelle mani di Tiranni.

05 maggio 2010

Vicina la realizzazione del Corridoio Baltico-Adriatico


Il tracciato del Corridoio Baltico Adriatico percorrerà l'Italia, le diramazioni del Corridoio Baltico Adriatico verso i porti di Trieste e Monfalcone e verso Venezia, Bologna e Ravenna, come confermato dopo il voto positivo della Commissione Trasporti e Turismo sulla rete Ferroviaria Europea il Trasporto merci. Il Corridoio Baltico-Adriatico attraverserà Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia, Austria e Italia, dove avrà un tracciato rilevantissimo essenziale per il Friuli Venezia Giulia e il Nordest. Tratti che sarà un' estensione dell’esistente progetto europeo numero 23, da Gdansk via Vienna e Venezia fino a Bologna, incrociando il Corridoio 5 proprio a Trieste. Per questo, i nodi principali dell’asse Baltico-Adriatico, si troveranno per la totalità in Austria, visto che già rientra tra i progetti finanziati dall’Unione Europea, mentre per la parte inferiore è ora in corso la discussione a Bruxelles. Obiettivo essenziale è dunque quello di collegare i porti del Baltico e quelli dell’Adriatico, e dunque le merci che arrivano dalla Cina attraverso il canale di Suez e che, sbarcate a Trieste o Venezia. Si potranno così intercettare anche i flussi di traffico provenienti dalle regioni russe e dall'area asiatica, oggi diretti in modo prevalente verso i porti tedeschi del mar del Nord e della Finlandia, per instradarli verso gli scali baltici ed adriatici.

03 maggio 2010

Il Club di Londra vuole un'Italia divisa e denigrata

Roma - Con un editoriale provocatorio ( Redrawing the map ) , la rivista The Economist traccia un'immaginaria cartina dell'Europa che più si addice alla situazione attuale politica ed economica degli Stati, viste le diverse 'antipatie o simpatie' tra i popoli e le nuove e future affinità che si verranno a creare. Un'analisi che non ha nulla di eccezionale per molti di loro, ma diventa spietata per altri, come per esempio per l'Italia, divisa in due parti, con il Nord-Est suddiviso tra Slovenia e Croazia, e il Mezzogiorno isolato, chiamato addirittura 'bordello' in senso dispregiativo e denigrante: il Regno delle Due Sicilie, per il quale non si può trovare nessuna soluzione.
Etleboro

Sembra quasi che l'intero articolo sia stato fatto per colpire l'Italia, un po' per ricordargli di essere sempre "una terra invasa da stranieri" e mai libera e sovrana. Per questo nuovo Stato, definito “Bordello”, si dovrebbe creare un'unione monetaria con la Grecia ma nient'altro si potrebbe fare. Viste queste parole, non crediamo che vi siano più dubbi sulla mala fede che scorre tra i media britannici, che continuano ad attaccare l'Italia con sottili provocazioni e diretti sabotaggi. Dopo il Times, anche l'Economist rilancia, e si inventa un editoriale assurdo ed inverosimile, che viene chiuso con il colpo di tacco all'Italia: ancora una volta spezzettata tra i diversi padroni, riportata indietro di oltre 100 anni, cancellando la sua storia. Ci aspettavamo però questo tipo di reazioni, il club di Londra continua ad essere colpito al cuore, e non solo dalla crisi.