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20 ottobre 2010

L'invasione non ortodossa

Mentre continuiamo ad indire conferenze ed incontri in atmosfere para-istituzionali, dall'estero ci invadono tramite una guerra silenziosa, la cybernetica. Le nostre aziende muoiono, scompaiono, il lavoro di 50 anni viene divorato dai debiti, mentre le associazioni di industriali si riorganizzano in nuove assemblee, per nascondere tra i numeri gli interessi di poche ed elette lobbies. Figli dei raccomandati del passato siedono sulle poltrone da 8 mila euro al mese che dovrebbero tutelare l'economia italiana: non bevono acqua troppo gassata, e neanche liscia, hanno la barca e appena si alzano sono già stanchi. I loro interlocutori sono le Ong, quelle piene di umanità,quelle dell'accoglienza e dell'integrazione, quelle che fanno parte del Potere dei Buoni "con i soldi degli Italiani". In realtà siamo in guerra, Signor Ministro Frattini,e lei non se n'è neanche accorto.

Non sono un disfattista,ma sono un figlio di emigranti, con una storia di anatocismo bancario, e conosco bene le vicissitudini del nostro Bel Paese degli ultimi trent'anni. La mia storia non è diversa da quelle di migliaia di famiglie e piccole imprese. Lei sa quante aziende Italiane sono state saccheggiate, Lei sa quanti imprenditori italiani si sono cacciati in guai grossi, come traffico di droga o criminalità organizzata, solo perchè le autorità italiane dormivano sulle loro scrivanie? Siamo stati costretti a stringere le mani ai trafficanti di droga, per avere un'Italia come la conosciamo adesso. Chissà se ciò che abbiamo oggi vale il sacrificio degli italiani venduti e dimenticati... Leggiamo ogni giorno affari di milioni di euro che si preparano per l'Italia. Energia, centrali nucleari, gas russo… Ma in realtà non c'è nessun grande affare per l'Italia, bensì un gruppo ristretto di industriali o banchieri che fanno sopravvivere il loro 'impero economico' grazie ai soldi dello Stato. Dietro di essi vi sono solo multinazionali che usano l'Italia e gli italiani per servire i loro interessi lobbysti: questa è la verità. Speculazioni, disinformazione, propaganda: un'Italia irreale, non sono più italiani quelli che vedo, ma burattini in nome dello share televisivo. Internet è usato come medicinale, come sfogo, e sfogliando le pagine di facebook o dei netmeeting troverermo un popolo che vive di frustrazioni ed è insoddisfatto. Al contrario i polacchi hanno creato la logistica, i rumeni si autogestiscono e i cinesi l'esportazione diretta senza intermediari, mentre macedoni e albanesi sono pronti a partire con i loro pullman invadendo le città.

Le nostre associazioni dislocate all'estero per l'internazionalizzazione, sottoscrivono le convenzioni con gli alberghi per uno sconto del 10%: un servizio offerto da qualsiasi agenzia di viaggio online. Ma di cosa stiamo parlando, qual è la consulenza che questi esperti dovrebbero dare? Seminari con slides copiate ed incollate sulle diapositive, e poi al ristorante con le ragazzine parlando dell'Italia. E neanche dell'Italia vera, ma della pasta, della pizza, della polenta, mentre albanesi o bulgari ci chiamano "terroni" o "maccaroni". Questa è la vera integrazione che i contribuenti pagano a peso d'oro. Una politica estera fatta da gente con piercing e rasta, che lavora per hobby, e pensa che nei Balcani o nell'Europa dell'Est vi sia gente con l'anello al naso a cui insegnare la civiltà. Respiriamo un'atmosfera che fa paura, circondati dal fallimento e dalla criminalità, che avanza divorando le macerie della crisi economica. Noi 'società dell'anti-corruzione e dell'anti-corruzione" non facciamo che usare gli 'Stati canaglia' per far sopravvivere il nostro sistema marcio. È questo il frutto della cannibalizzazione delle privatizzazioni selvagge, troppo spesso associate a guerre al terrorismo, ai cosiddetti giochi sporchi di denaro. Di questo passo andrà sempre peggio, perché l'industria è morta e le multinazionali hanno comprato i nostri marchi e sarà impossibile riavere indietro una tale ricchezza. Lo Stato italiano deve smetterla di finanziare scheletri e fantasmi, sono degli anacronismi, non è questo il loro tempo e la loro occasione è miseramente fallita. Strutture come l'ICE, sono uffici che la precedente finanziaria voleva eliminare, semplicemente perché potevano fare il lavoro che fanno oggi anche seduti ad una scrivania a Roma, rinunciando ovviamente agli stipendi d'oro attuali. Il Ministero dello Sviluppo ritiene che queste strutture servono, ma ho dei forti dubbi, perché nella realtà perdiamo sempre più terreno, visto che sono occupati a fare' grandi contratti' che non portano a nulla.

Questo perché tutte le grandi società di cui parliamo sono in perdita, mangiate dalla quotazione in borsa e dalle speculazioni. Dunque il Sistema-Italia può lavorare con il Fondo Monetario o BERS alla caccia di appalti, oppure può barcamenarsi per prendere le briciole, tra gli uffici degli studi legali e commerciali di Milano e Roma. Ma l'Italia non è 'studi commerciali o legali', bensì 8800 comuni, dove risiete l'intelligenza di tante piccole e medie imprese, gente che ha 30 anni di esperienze storiche, tramandate di padre in figlio, che fanno dei prodotti che i cinesi non posso fare. Il made italy è la storia italiana, e noi abbiamo abusato in questi anni di questa eredità inestimabile, abbiamo vissuto di rendita grazie ai sacrifici dei nostri emigranti, degli italiani all'estero, che ora rinnegano quella patria parassita che ha sciupato il loro lavoro. I risultati non ci sono, le statistiche sono manipolate, le banche hanno dovuto fare imbrogli e accettare i collaterali, e far ingoiare alle amministrazioni e alle società a partecipazione statale i derivati. D'altro canto, le aziende non si sono informatizzate, mentre quelle che sono nate nell'era post comunista hanno cominciato da un pc e una piccola fabbrica: stanno diventando più competitive, ci invadono dei loro prodotti con internet ed un'ottima logistica. Bisogna velocizzare la nostra economia, rendere le nostre imprese penetranti ed efficaci dando loro una struttura cibernetica che non si possono permettere, un trampolino di lancio per dei prodotti che si vendono da soli, per il semplice fatto che sono italiani. L'Italia ha il dovere di costruire strutture in cui inserire piccole aziende, istituzioni statali ed apparati di intelligence economica, che proteggano il loro mercato e forniscano loro sempre nuovi scenari. Un progetto tra l'altro già realizzato nei Balcani, pensate dagli inglesi, che hanno costruito un'agenzia con le imprese locali, per diramare website, prodotti e notizie all'interno di una rete. Non capisco cosa stiamo aspettando noi...


18 ottobre 2010

Esplosivo trovato a Gioia Tauro: partita venduta all'IRAN dalla MEICO

I servizi d`intelligence occidentali scoprono un carico spettacolare di esplosivo in un container del porto di Gioia Tauru. Si tratta di 7 tonnellate di materiale esplosivo del tipo “esogeno” (RDX o T4 noto anche come C4 ) che, secondo gli inquirenti, proviene dall'Iran e sarebbe destinato alla Siria. Oltre ai sospetti, il settimanale "Investigim" ha accertato mediante fonti attendibili che si tratta di una produzione albanese, venduta all'Iran quattro anni fa dall'impressa MEICO del Ministero albanese della Difesa. Il settimanale pubblica oggi documenti esclusivi sul commercio di armi con uno degli Stati definiti come parte dell' "asse del male". Viene così alla luce una transazione su come la MEICO vende a Iran 100 tonnellate di esplosivo tra i più potenti.

Il tritolo proveniente dall'Iran: il percorso del container. Con circa un mese di ritardo, Roma rende pubblica la grande operazione sulla prevenzione degli attentati terroristici. Così il 21 settembre la Guardia di Finanza italiana scopre in uno scanner che un container del porto di Gioia Tauro trasporta due tipi di carichi, uno del quale si sospetta sia esplosivo. Una volta aperto il container viene rilevato che dietro il carico di 800 sacchi di iuta con latte in polvere, vi sono circa 7 tonnellate di materiale esplosivo di tipo esogeno, che è diversamente noto come “RDX” oppure anche “T4”. L`esplosivo era imballato in sacchi di plastica e tessile con un peso di circa 10 chili ciascuno. Le autorità italiane, dal questore di Reggio Calabria Carmelo Carbone fino al direttore delle Dogane di Gioia Tauro Saverio Marrari, descrivono ampiamente il ritrovamento dell'esplosivo in due conferenze stampa. Chiarimenti furono dati anche dal procuratore Giuseppe Pignatone, dal colonnello della Guardia di Finanza Albert Reda, dal questore di Reggio Calabria Carmelo Casabona, e dall`ex generale del Genio Fernando Termentini. Questi spiegano che, infatti, la genesi del successo è stata la collaborazione con i servizi d`intelligence israeliani, in particolare lo “Shin Bet” (Servizio sicurezza interna di Israele). Sui "radar" israeliani, alla fine del luglio 2010, vengono tracciati i dati sui carichi di materiale militare. La “Quds Force” (unità speciale dell'esercito iraniano alle dirette dipendenze di Ayatollah Khomeini, per operazioni extra-territoriali) avrebbe inviato del materiale esplosivo all'inizio di agosto in Libano, destinato all`organizzazione palestinese “Hezbollah”. Un numero di container sospetti furono caricati su una nave la prima settimana d`agosto.

Bander Abaas-Amburgo-Gioia Tauro-Pireo-Latakia. Il container viene caricato su una nave cargo e parte dal porto iraniano di Bandar-Abbas (Bandar Khomeini) il 6 agosto. Non desta l'attenzione delle agenzie anti-terrorismo questo container che, secondo il documento e la polizza di carico, aveva come destinazione il porto d`Amburgo, nella Repubblica Federale di Germania. Le agenzie d`intelligence tedesche furono quindi urgentemente allertate, anzi fu informato anche il capo leggendario, Reinhard Kesselring. Così furono informati anche gli altri funzionari del MAD (Militärischer Abschirmdienst), il servizio del controspionaggio dell'esercito tedesco. Il container con l'esplosivo non uscì dalla zona fiscale del Porto di Amburgo, anzi fu trasbordato sulla nave cargo "MSC Finland” battente bandiera liberiana, proprietà di una compagnia italo-svizzera. La nave scaricò il container nel Porto calabrese di Gioia Tauro in attesa di essere caricato a bordo della nave cargo di 26.000 tonnellate, la DWTMSC Malaga”, battente bandiera tedesca. La destinazione era il porto greco di Pireo. Secondo i servizi d`intelligence italiana, dopo Pireo, la destinazione dell'esplosivo sarebbe stata il Porto siriano di Latakias, poi il T4 sarebbe stato caricato a bordo di una nave di carico generale verso il porto libanese di Tarabulus.

Gli analisti: RDX è albanese. Le agenzie dell'anti-terrorismo sono allarmate, perché pensano che il carico di 7 tonnellate non sia l`unico, ma parte di una partita di cento tonnellate in mano all'Iran. Il settimanale "Investigim" è venuto a sapere che, dopo le analisi urgenti svolte in Italia dagli esperti nazionali e dagli specialisti statunitensi, presso il laboratorio della NATO in Germania, la quantità di circa 7 tonnellate di esplosivo è risultata essere di produzione albanese, in particolar modo dello stabilimento di Mjekesi. L'RDX albanese è a sua volta una produzione di tecnologia svedese "Bofors". L`Iran ha due stabilimenti di materiali esplosivi uno di tecnologia statunitense, e l`altro di tecnologia cinese della compagnia “Norinko”. L`esplosivo albanese di brevetto “Bofors” ha come specifica caratteristica una composizione all' 1 percento. Questa quantità di esplosivo è stato oggetto di una transazione tra la società della difesa albanese di import-export di armi, la "MEICO", rappresentata dal direttore Ylli Pinari (ora agli arresti), e la società militare iraniana “MODELEX”, rappresentata da R. Rahmani. Secondo documenti esclusivi che dispone il settimanale, la quantità dell'esogeno esportato in Iran dal Ministero albanese della Difesa era di circa 100 tonnellate.

Le 4 date dell'affare Teheran-Tirana:
- Il 15 febbraio 2006 fu concordata la vendita di una quantità di 100 tonnellate di RDX, da trasportare con un imballaggio in sacchi da 10 chili, per un totale di 4 pezzi, in una cassa di legno. Il prezzo stabilito era di 5000 dollari a tonnellata, da pagare attraverso la Banca Americana d`Albania.
- L'8 marzo 2006 viene chiesto con fretta dal partner iraniano l`adempimento del contratto e così la spedizione dell'esplosivo albanese in Iran.
- Il 14 marzo 2006 vengono discussi i problemi delle compagnie di spedizione iraniane, che avrebbero curato il trasporto, dando nuovamente priorità all'esplosivo RDX.
- Il 19 aprile 2006, viene sottolineato l`alto costo di trasporto aereo per una quantità così grande di esplosivo. Una sola tratta Teheran-Tirana costava trenta mila dollari. Lo stesso costo viene stabilito anche per merci militari albanesi da Tirana verso l`Iran. Il dato interessante non è il costo del trasporto delle 100 tonnellate di esplosivo, ma il fatto che armamenti e munizioni albanesi, o transitate attraverso l`Albania, finiscono nelle mani di Stati definiti "canaglia" con il coinvolgimento di una dozzina di servizi segreti provenienti dai tre continenti (Europa, Asia ed America).

Lo stabilimento di Mjekesi
. Lo stabilimento per i materiali esplosivi, (ULP) Mjekes-Elbasan, è la più grande fabbrica nei Balcani per materiali esplosivi, costruita nel 1963 dai cinesi, e poi ristrutturata nel 1981 dagli svedesi . Nel 1982 ha inizio la produzione di esplosivi potenti dietro il brevetto della più famosa compagnia al mondo, la svedese “BOFORS”. Vi sono in totale 6 stabilimenti posti nelle vicinanze della città di Elbasan. Mjekesi è un'impresa statale che ha prodotto esplosivi e propellenti già dal 1963. Produce dinamite, munizioni, polvere nera di sparo, micce di sicurezza, TNT, DNT, RDX, propellente (NG/NC) a basa singola e doppia, e nitrocellulosa, competendo con i mercati esteri. Dopo il 1990 lo stabilimento ridusse al minimo la produzione e nel 2000, andando verso la chiusura. A partire dal 2001 fu utilizzato per lo smantellamento delle munizioni dell'esercito.


La scoperta del T4 a Gioia Tauro e l'interrogazione al Ministro Maroni. Lo scorso 21 settembre, fa il giro del mondo la notizia sul ritrovamento di 6,7 tonnellate di esplosivo del tipo RDX - T4, trovato in un container del porto di Gioia Tauro in Calabria. La scoperta è stata fatta il 27 agosto e fu resa nota solo un mese più tardi. Il maxi sequestro (così definito dai media italiani) di una quantità di un così potente esplosivo fu considerato uno straordinario successo delle autorità italiane: dogana, polizia di frontiera, guardia di finanza e innanzitutto, i servizi d`intelligence. La notizia è stata pubblicata su decine di agenzie di notizie, giornali, televisioni e portali internet, tra i più prestigiosi al mondo. Una tale considerevole quantità di materiale esplosivo, di una potenza estremamente grande, è "una caccia" molto rara per le forze di sicurezza e dovrebbe segnare una prima vittoria nella guerra globale dell'anti-terrorismo. L`allarme innescato nelle strutture della sicurezza dei Paesi occidentali , viene confermato dal fatto che il Ministro italiano degli Esteri, Franco Frattini ha parlato direttamente con il Segretario di Stato americano Hillary Clinton. “E` una scoperta di grande importanza - ha sottolineato Frattini, parlando della collaborazione con i servizi segreti esteri - che pone la guerra al terrorismo al centro della collaborazione transatlantica" tra l`UE e gli Stati Uniti. Il risvolto dell'operazione non è riuscito a calmare l'opposizione italiana. Dopo la scoperta del container contenente materiale esplosivo a Gioia Tauro, Emanuele Fiano, Presidente del Forum della Sicurezza del Partito Democratico italiano ha chiesto dal Ministro degli Interni Roberto Maroni di dare delle spiegazioni, se oltre alla destinazione di Libano o Siria, possa essere esclusa il coinvolgimento delle strutture del crimine organizzato italiano. La domanda posta fu: 'Perché le organizzazioni terroristiche avevano scelto Gioia Tauro per il transito del materiale esplosivo?'.

Tanto esplosivo da distruggere l'intero porto. L`itinerario del container con il carico dell'esplosivo è una vera e propria dimostrazione della globalizzazione delle reti terroristiche all'inizio del XXI secolo. Tutti i media parlano del fatto che l`esplosivo è stato utilizzato maggiormente nel 1992, per gli omicidi dei giudici dell'antimafia, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Le autorità italiane sospettavano inizialmente che nel contrabbando d`esplosivi fosse collusa la 'Ndrangheta, che ha infiltrato il Comune e il Porto di Gioia Tauro. Sospetti poi esclusi. “Noi crediamo che la grande quantità di esplosivo - afferma il questore della Reggio Calabria, Carmelo Casabona - non fosse destinata ad attuare i piani criminali delle cosche locali . La quantità davvero impressionante che abbiamo trovato ci ha condotti all'ipotesi che il destinatario possano essere organizzazioni criminali internazionali forse legate a movimenti terroristici". L`ex Generale del Genio, Fernando Termentini, uno dei principali esperti italiani di esplosivi, suppone che il T4 - presente in una quantità tale che avrebbe distrutto l`intero porto di Gioia Tauro - "poteva essere utilizzato per testate di razzi, bombe d`aviazione o missili di artiglieria di grande calibro, senza escludere, naturalmente la possibilità di utilizzo parziale per la produzione di "IED" (improvised explosive device - bombe artigianali)”, come quelle che furono usate negli attentati contro i giudici dell'Antimafia, Falcone e Borsellino. ”Gioia Tauro era solo una tappa del viaggio dell'esplosivo", ha confermato Casabona, parlando con i giornalisti. Egli ha così messo in luce aspetti dell'operazione comune della squadra mobile di Reggio Calabria e della Guardia di Finanza. E' stata in realtà un'informazione passata dal servizio segreto israeliano che comunicò ai "007" italiani il nome della nave su cui era caricato il container pieno di esplosivo che fa riferimento alle dichiarazioni delle autorità. Le inchieste hanno come fine quello di scoprire se a Gioia Tauro vi fosse un solo container con T4, o ve ne fossero altri, o ve ne possa essere qualcuno ancora in viaggio. Così, come per le grandi quantità di droga, spiegano gli esperti, anche per le armi non esiste un solo carico.

Gjergj Thanasi e Thanas Mustaqi
Giornalisti del settimanale albanese "Ivestigim"
diretto da Alket Aliu

08 ottobre 2010

L'Osservatorio Italiano chiede trasparenza nei conti del Seenet 2

Nel tentativo di fare una seria inchiesta sulla destinazione dei fondi che il Ministero degli Esteri aveva destinato al progetto del Seenet 2, l'Osservatorio  ha avuto modo di vedere come la famosa trasparenza della pubblica amministrazione sia un dogma, dietro il quale si nascondono pratiche burocratiche tutt'altro che chiare. La nostra richiesta, sin dall'inizio, era quella di poter accedere alle voci di spesa del progetto per i Balcani che costerà agli italiani 11 milioni di euro, di cui 8 previsti dalla Farnesina. Ci è stato detto 'verbalmente' che non possiamo accedere al progetto originario in quanto protetto dalla legge sulla protezione degli atti amministrativi (Legge 241/90) e che occorre dimostrare di avere un 'interesse qualificato' che giustifichi la consultazione. A meno che non sia protetto da segreto di Stato, l'Osservatorio Italiano e i suoi giornalisti hanno pieno di diritto di accedere alle voci di spesa del singolo progetto del Seenet, perché rientra nel suo dovere ad informare e a condurre indagini giornalistiche, in maniera scrupolosa e con fonti attendibili, come il denaro pubblico viene impiegato.

Un diritto che diventa un interesse legittimo che qualsiasi TAR riconoscerebbe, come già avvenuto in altri casi simili, come quello del "Tar Toscana, SEZ. II - sentenza 18 novembre 2005" e del ricorso del quotidiano Sicilia Informazioni in un caso analogo. E così c'è chi grida in onore della trasparenza , e chi dall'altra parte non risponde alle lettere e alle telefonate, chi ti fa aspettare settimana per una risposta negativa e chi rinvia ad oltranza nella speranza che prima o poi lasceremo la spugna. Persino l'Ufficio della Cooperazione allo Sviluppo, nella persona del Dottor Francesco Forte, in un primo momento ci aveva dato delle garanzie di sorveglianza, deviando la nostra richiesta ad un suo assistente, e poi è caduto in un silenzio preoccupante. Alla sua attenzione abbiamo portato in secco rifiuto del funzionario della Regione Toscana a voler fornire qualsiasi tipo di documentazione se non dietro una richiesta in carta bollata del nostro 'interesse qualificato'. Questo quando non esisteva neanche il portale web pubblicizzato alla presentazione in conferenza stampa del Seenet nel mese di giugno, ma pubblicato dopo le nostre ripetute insistenze a settembre. Finalmente si è arrivati alla messa in rete di una serie di documenti tra cui una sintesi generale del progetto e circa dieci sintesi delle strategie di intervento , che fungono da macrocategorie per 47 progetti, non ancora pubblicati, destinati alle singole municipalità. In ognuna di queste sintensi non compare mai il costo e il budget di ogni progetto specifico. Sarebbe invece logico indicarlo, come avviene per ogni altra spesa e voce di un'opera pubblica o di un'istituzione amministrativa, e come prescrive la legge. Il continuo rinviare da parte dei burocrati che si nascondono dietro le leggine, non fa altro che alimentare dubbi ed ulteriori domande sul perché non è possibile sapere quanto costano i progetti e come viene ripartito tale ammontare. D'altro canto, un clima di tensioni, di silenzio e di indifferenza sta alla base della piramide della cattiva gestione pubblica. Ed è proprio questo che combattiamo, anche se ci diranno che siamo polemici, nazionalisti o scorretti, va bene tutto se questo serva a tirar fuori i conti, perché è nel nostro pieno interesse 'qualificato'. Noi non viviamo con fondi pubblici, non portiamo avanti una lotta politica, non siamo espressione di nessun partito, noi siamo l'esempio di giovani ragazzi che vivono da 15 anni nei Balcani, e conoscono la storia italiana nei Balcani e il motivo per cui l'Italia è in queste terre inesistente. E' ora giunto il momento di essere davvero trasparenti e far conoscere le reali attività di questa "comunità italiana istituzionale" che si trova nei Balcani e che da troppo tempo vive di espedienti, di fatture gonfiate - come quelle dei taxi, che da 7 euro diventano 25, o degli hotel - di progetti mai portati a termine, di budget che prima di arrivare a destinazione si perdono per strada. Questi sono anche i motivi per cui, rispetto ai progetti tedeschi, ai francesi e agli inglesi, i progetti italiani sono una goccia in un mare. C'è da chiedersi perché ci siamo ridotti così, perché lo Stato si nasconde e crea un clima di omertà.