E' un twitter dell'analista dell'International Crisis Group (ICG), Claudia Gazzini, a sollevare un polverone mediatico sul presunto incendio di una bandiera italiana durante una manifestazione a Bengasi, per protestare contro la dichiarazione del Ministro della Difesa Pinotti a sostegno del nuovo governo di riconciliazione nazionale (si veda tweet). La notizia ha fatto rapidamente il giro dei media italiani, che hanno ripreso la notizia per dare inizio ad una serie di speculazioni non verificate, cadendo così in maniera inconsapevole nella macchina della propaganda. La notizia si è subito rivelata falsa ed inattendibile, provenendo da una fonte anonima, a sua volta amplificata da un’organizzazione che ha un discutibile reputazione in termini di affidabilità delle informazioni spacciate. Basti ricordare la causa per calunnia e diffamazione sollevata contro l'International Crisis Group ai danni Filip Zepter, condannata dalla Corte d'Appello americana, per il rapporto pubblicato nel 2003 che collegava l’imprenditore serbo all'ex Presidente serbo Slobodan Milosevic ( si veda Sentenza United States Court of Appeals District of Columbia Circuit No. 06-7.095 ).
Contattata da un utente twitter, l’analista ha affermato da aver ricevuto la foto da terzi, che hanno attribuito l’immagine ad una “manifestazione a piazza Al-Qish di Bengasi avvenuta due giorni fa” (quindi il 25 aprile). Tuttavia, non esiste nessuna traccia su una presunta manifestazione a Bengasi nel corso della quale sarebbe stata bruciata la bandiera. Le ultime manifestazioni in Piazza Al-Qish sono avvenute intorno al 22 aprile, per manifestare contro la dichiarazione di fiducia al Governo di riconciliazione da parte di un gruppo di parlamentari astenuti. Inoltre, la foto non contiene alcun elemento visivo che consenta di collocarla nel tempo o nello spazio, come ad esempio il viso dei manifestanti. Dinanzi alla replica dell'utente, che ha subito messo in dubbio la veridicità della foto, l'analista ha rilanciato con un altro twitter contenente una parziale smentita, e che al momento non può né confermare né negare .
Sembra quindi evidente il tentativo dell'ICG di inquinare il clima mediatico, e scagliare l'opinione pubblica libica contro l'Italia, che ha scelto di schierarsi al fianco della missione delle Nazioni Unite nella finalizzazione del processo di stabilizzazione della Libia, con l'insediamento di un Governo di unità nazionale. Nel far questo, ha espresso il suo sostegno alle nuove forze emergenti, chiedendo che le milizie e i poteri militari appartenenti alla fase di transizione vengano riconvertite in un esercito regolare. Una posizione questa non condivisa da altri Paesi europei, come la Francia, che si è affiancata al Presidenza egiziano Al-Sisi nel sostenere sulla scena internazionale l'opera del Generale Haftar. Un timido tentativo questo di riparare al caos scatenato con i bombardamenti della Libia, sferrati solo a seguito di una campagna di falsità e di manipolazioni in violazione di una risoluzione ONU.
In questo clima, in cui la diplomazia sta giocando un ruolo molto delicato e difficile, i media sono costantemente bombardati da speculazioni e false notizie diramate attraverso i social network da fonti anonime, nel tentativo di inquinare il panorama informativo. Sono in gioco società di comunicazione la cui funzione è proprio quella di spacciare notizie false, utilizzando analisti e centri studio, che media e giornali accettano come vere o plausibili, assecondando una vera e propria macchina della disinformazione. La stampa italiana, da oltre un anno, si è fatta ripetutamente beffare sulla questione della Libia, pubblicando notizie false che sono puntualmente smentibili, perché prive di contenuto e di evidenze sostanziali.