L'ultimatum nei confronti dell'Ucraina rappresenta senz'altro la risposta della Russia all'Unione Europea che sta orchestrando sul futuro del Kosovo una fitta rete di propaganda e di pressioni invisibili nel tentativo di entrare in Kosovo in violazione della risoluzione 1244 dell'Onu, che sottopone la provincia serba del Kosovo alla giurisdizione controllata delle Nazioni Unite. La replica della Russia è stata a più riprese decisa, drastica, ma anche diplomatica, ricordando sempre la prevalenza del diritto internazionale su quello della Comunità Europea che non ha alcun potere né in Serbia e né in Kosovo. Ora interviene l'arma energetica, che, mediante il cavallo di troia dell'Ucraina, potrebbe cercare di mettere in seria difficoltà l'Europa. Nelle mani della politica diplomatica russa vi è così la potente arma della Gazprom, concepita come "uno Stato all'interno dello Stato", uno strumento per risollevare l'economia russa in seguito al crollo dell'URSS, per poi divenire una leva diplomatica.
Molti hanno cercato di ricostruire la storia del gigante russo, e tra le righe delle versioni ufficiali e ufficiose, si può leggere una strategia pianificata in maniera preventiva e poi attuata nel corso di più di 15 anni ad opera delle oligarchie russe, che, mediante i servizi segreti ortodossi sono riusciti a controllare il patrimonio energetico russo e a fermare ogni possibile infiltrazione da parte di investitori esteri che hanno cercato di impadronirsi delle azioni di Gazprom. Le cronache di questi lunghi anni di ripresa economica per la Russia, si sono altalenate tra la privatizzazione e la nazionalizzazione della società petrolifera, tra scandali politici e retate contro la corruzione e le mafie interne. È stata invece una lunga e chirurgica operazione che ha portato all'epurazione delle classi dirigenti e alla selezione delle entità economiche che potevano detenere un potere così grande. Un'interessante versione della storia della Gazprom proviene da due autori russi, Mikhail Zygar , inviato speciale del Kommersant, e Valery Panyushkin del Vedomostisu, all'interno del loro libro "Gazprom, la nuova arma russa". La maggior parte dei media parla della fondazione di Gazprom come una scelta politica del Presidente Mikhail Gorbachev che, nel luglio 1989, unì i ministeri del petrolio e del gas e nominò Gazprom come ente responsabile per la produzione, la distribuzione e la vendita di gas. In realtà , e più precisamente, fu Viktor Chernomyrdin a concepire Gazprom come un'entità non totalmente pubblica con una partecipazione privata. Stando a quanto dichiarato dall'allora Ministro del Gas Egor Gaidar, "Chernomyrdin non fu uno sciocco", in quanto vide che il vecchio sistema di governance stava cadendo a pezzi, considerando che il Ministero sovietico dell'energia era un sistema collegato direttamente al potere autoritario e vigeva "finché gli ordini venivano eseguiti".
Quando agli sgoccioli degli anni '80 l'autorità cominciò ad indebolirsi, Chernomyrdin ebbe l'idea di preservare l'industria del petrolio sottraendola al potere autarchico e sottoponendolo a quello meramente capitalistico. Ma così facendo, tutto il potere della Russia fu rimesso nelle mani di Gazprom - per lasciarlo in standby nel periodo dei grandi sconvolgimenti - che fu così controllata per molto tempo dalle oligarchie vicine al Kremlino e al servizio segreto ortodosso, stabilendo inoltre criteri rigidi e severi circa la possibilità di ingresso di un investitore estero. Chernomyrdin ideò una riorganizzazione molto complessa, di dimensioni colossali, ma soprattutto "un sistema talmente forte che anche se fosse stato gestito da uno stupido, non sarebbe mai stato distrutto". Modello per eccellenza fu la compagnia petrolifera italiana Eni, valutata dal dirigente russo come una delle società petrolifere statali strutturate "a prova di incompetenti".
Per realizzare tale piano, occorreva superare la resistenza Nikolay Ivanovich Ryzhkov, uno degli ultimi e tra i più importanti economisti della Perestroika, che non riusciva a concepire la possibilità di conferire il patrimonio di uno Stato nelle mani di un'entità privata, e che in quel periodo era eccessivamente preoccupato dal livello dei prezzi e dell'inflazione per pensare oltre la possibilità del fallimento. Chernomyrdin infatti si rifiutò di entrare all'interno del Governo come dirigente di Gazprom e come Ministro del Gas, per creare invece una società privata. La sua proposta provocò in un primo momento stupore, ma dopo poco giunse la notizia che "il progetto di trasformare il Ministero dell' industria del benzina in società sarebbe stata discussa durante la riunione del Consiglio dei Ministri sovietico". Vi fu così un vero e proprio braccio di ferro tra i membri del Consiglio, che ancora credevano di avere un potere indiscusso sull'Unione Sovietica, e la proposta di Chernomyrdin fu l'unica idea lungimirante negli ultimi periodi, in cui il terrore del crollo economico si faceva sempre più vicino. Da quel momento in poi, non appena Gazprom cessò di essere un Ministero, gli eventi cominciarono a sfuggire al controllo del Governo. Il Primo Ministro Ryzhkov stabilì che i prezzi dei beni alimentari e dei beni nell'URSS erano artificialmente bassi e che occorreva raddoppiarli, se non triplicarli: nel giro di pochi mesi la situazione divenne insostenibile e fu necessario imporre un sistema di distribuzione del cibo mediante delle schede. Il 26 dicembre 1990 Ryzhkov andò in pensione, e il suo successore Valentin Pavlov tentò di porre rimedio alla crisi economica con una svalutazione del rublo, ma la riforma valutaria devastò i risparmi e le ricchezze di tutti i cittadini russi.
L'Unione sovietica stava crollando e pian piano tutte le Repubbliche cominciarono a non riconoscere più il Consiglio dei Ministri Sovietico né l'autorità che rappresentava. Fu inutile il tentativo di fare il colpo di stato per cacciare Presidente sovietico Mikhail Gorbachev, ad opera del Vice-Presidente sovietico Gennavy Yanayev, del Presidente del KGB Nikolai Kryuchkov e il Ministro della Difesa Dmitri Yazov, nonché il Primo Ministro Pavolov. Il potere passò nelle mani del Presidente della Russia Boris Yeltsin che riuscì a raccogliere intorno a sé le ultime forze politiche il favore dell'esercito, ma l'Unione sovietica e tutti i suoi ministeri erano ormai cessati di esistere. Ma la Gazprom resto in piedi, come entità indipendente da quel potere centrale che non esisteva più. Il suo immenso patrimonio - che comprendeva una rete di pipeline di 160 000 Km, 350 impianti di estrazione e 270 di raffinazione, migliaia di giacimenti e di depositi sotterranei, e che permetteva di produrre 800 miliardi di metri cubi di gas all'anno - perse un terzo dei suoi depositi ed un quarto della capacità dei suoi impianti, ma è sopravvissuto, a differenza dell'Unione Sovietica. Da allora cominciò la scalata del potere di Gazrpom al Cremlino, organizzata dal Ceo di Gazprom Rem Ivanovich Vyakhirev che riunì accanto a sé il Primo Ministro russo Evgeny Primakov, il Sindaco di Mosca Yuri Luzhkov e Vladimir Gusinsky, proprietario dei media indipendente NTV. Fu più che altro una resistenza nei confronti dei tentativi di Yeltsin di sostituire il consiglio direttivo della Gazprom per porlo sotto il suo controllo, consigliando il deputato Vyacheslav Sheremet.
Il Kremlino fece dunque pressioni sul Consiglio di Amministrazione della Gazprom, che era partecipata dello Stato russo per il 37.4%, per eleggere 5 deputati, e non 4, tra cui anche Viktor Chernomyrdin nel Consiglio direttivo, che aveva il compito di divenire il cavallo di Troia all'interno di Gazprom contro Primakov e Luzhkov. Ivanovich Vyakhirev riuscì a far prevalere la sua scelta di eleggere 4 deputati - al fine di non permettere al Kremlino di prenderne il controllo nonostante la società era partecipata solo per il 40% dallo stato russo, ma Chernomyrdin fu eletto Presidente. Una decisione che non piacque al Governo russo e decretò l'inizio di una guerra intestina che aveva come obiettivo di riportare la Gazprom nelle mani dello Stato e sottrarla al controllo delle oligarchie sovietiche.
La battaglia aperta tra Gazprom ed il Cremlino iniziò nel 1999, quando la società riportò più di 1.8 miliardi di dollari di perdite e ciò implicò che la Gazprom non avrebbe finanziato le successive elezioni politiche, ma soprattutto che gli utili della società venivano deviati verso il finanziamento di entità economiche e di personaggi politici che avrebbero dovuto prendere il controllo del Cremlino. Venne così il momento di porre fine al controllo di Gazprom da parte di Ivanovich Vyakhirev, e Dmitry Medvedev, divenne presidente del Consiglio di Amministrazione e il Primo Ministro Vladimir Putin venne proposto da Boris Yeltsin.
La sostituzione di Chernomyrdin e il modo in cui avvenne fu del tutto inaspettata, considerando che Putin chiese di incontrare nel suo ufficio Vyakhirev accompagnato da agenti della sicurezza nazionale e da capi dell'esercito, mostrando all'ex dirigente Gazprom un dossier completo contenente informazioni compromettenti su di lui e sui suoi collaboratori, che avrebbero provocato scandali e scalpore nell'opinione pubblica. Le dimissioni di Chernomyrdin valsero a Vladimir Putin l'onorificenza "per i servizi resi allo Stato per lo Sviluppo dell'Industria del Gas russa, assicurando l'approvvigionamento stabile dell'energia all'Economia del Paese e sicurezza nel Lavoro". Successivamente fu la volta di Vyakhirev, sostituito da Alexey Miller che divenne così Presidente della Gazprom, e pian piano plasmò la sua commissione di dirigenza della Gazprom. Quella che si venne a creare fu una società con una struttura basata sulla "casta" e su una stretta cerchia di persone nelle cui mani venne affidato la gestione di una major petrolifera che ha deciso la risurrezione dell'economia russa.
A partire dall'aprile 2001 Gazprom acquistò la NTV, di Vladimir Gusinsky, tale che il 25% del capitale della holding Media Most venne trasferita alla Gazprom Media, divenuta poi parte della Gazprombank. Il Governo russo mantenne la partecipazione di maggioranza del 38.37% della società petrolifera che forniva il 25% del gettito fiscale russo e l'8% del PNL. Allo stesso tempo venne resa difficile la possibilità per gli investitori di acquistare azioni Gazprom, solo attraverso Azioni Depositarie ad un prezzo superiore a quello pattuito per investitori nazionali. Dopo il fallimento della scalata alla Rosneft - attualmente controllata dallo Stato - e alla Yukos, nel 2005 Gazprom ha acquistato il 72.633% della compagnia petrolifera Sibneft consolidando la posizione della major russa sia nel mercato interno che in quello Globale. Al momento la struttura proprietaria della Gazprom vede il Comitato di proprietà statale russo come azionista di controllo (38.37315 % ), la Rosneftegaz ( 10.73985 %), la Gerosgaz ( 2.92997 %) la E.ON Ruhrgas (2.5 %), Gazfond (3.22159 %), Nafta Moscow (2.12502 %) e infine la Bank of New York e investitori internazionali ( 4.42218 %). Nella storia della Gazprom e nelle sue vicissitudini si nascondono le strutture di potere che hanno creato la Tela russa, ossia il servizio segreto ortodosso, all'interno del quale confluì la dissidenza al regime ed esponenti dei servizi paralleli il cui ruolo era quello di reperire il maggior numero di informazioni per ricattare e manipolare personaggi politici e dirigenti societari. Tale struttura sta nel tempo affiorando, come dimostrato dalle improvvise campagne per combattere corruzione o collusione delle classi politiche ormai scomode. Le inchieste della Tela e della Etleboro hanno tuttavia portato alla luce tale realtà, rivelando così il sottile filo esistente tra entità economiche ed intelligence deviate.