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15 novembre 2013

Edi Rama fulminato sulla via di Damasco

Tirana – L’intera Albania è scesa in piazza per scongiurare la possibilità che vengano importate le armi chimiche consegnate dal Governo siriano, nell’ambito del programma ONU. Nell'assoluta mancanza di informazione, tra disinformazione e propaganda, il popolo albanese decide di scendere in piazza e fermare una volta per tutte lo stillicidio dell’esecutivo di Rama, che ha gestito tutta la questione in maniera del tutto inadeguata. E’ infatti proprio con l’Albania che emerge il fallimento della Comunità Internazionale, ma in particolar modo degli Stati Uniti, che vengono oggi feriti con le loro stesse armi. 

 L’opinione pubblica è stata infatti a lungo bombardata da una macchina mediatica, messa in piedi dalle lobbies americane, con la complicità del Qatar, quando Assad aveva conquistato delle città decisive costringendo alla ritirata il cosiddetto esercito dei ribelli. La vittoria di Assad e la necessità di un improvviso contraccolpo per nascondere la completa disfatta dei mercenari di Al Qaida, hanno dato il via alla mostruosa follia della simulazione di un attacco chimico in Siria sotto gli obbiettivi di Al Jazeera. Le televisioni di Qatar, Francia e Inghilterra erano già sul posto per mostrare al mondo le immagini dei bambini soffocati dall’inalazione di gas tossici, dopo un attacco dell’esercito siriano. Una messinscena organizzata per far sembrare vittime di un regime, i mujaheedin che combattono con la bandiera di Al Qaida, quelli che sino ad oggi tutto il mondo doveva perseguire in nome della lotta al terrorismo. I mercenari sono diventati attivisti, i giornalisti dei registi di effetti speciali, e i governi dei burattini nelle mani delle lobbies. Infatti, non bisogna aspettare molto per leggere le prime dichiarazioni di Hollande, Camerun e Obama, che richiamano l’intera comunità internazionale a partecipare al bombardamento della Siria, e persino Berisha e Rama esprimono il loro sostegno.

Mentre Al Jazeera continuava a trasmettere immagini tagliate e manipolate degli attacchi di gas nervino sui civili, Obama già dislocava le sue navi da guerra nel Mediterraneo. Mentre all’ONU si scatenava l’offensiva di Russia e Cina, la NATO rifiuta seccamente, mentre l’Inghilterra fa un passo indietro: a fare il tifo per l’America è rimasta solo la grandeur della Francia e l’Albania. Per convincere tutti sulla pericolosità di Assad per l’intera sicurezza globale, dettagliati documentari sul sarin e le armi chimiche hanno riempito i palinsesti delle tv nazionali, cercando di ottenere dal panico delle persone il consenso ad un attacco unilaterale. Alla fine, il bombardamento non c’è stato, ma la questione delle armi è rimasta: esistono e vanno smantellate, sempre in nome della sicurezza globale. La lobby degli armamenti non poteva essere soddisfatta, per cui si è dovuta accontentare con lo smaltimento. La patata bollente del sarin rimbalza così tra le mani di Russia e America, per poi finire in quelle dell’Albania (e di altri tre Stati candidati per lo smantellamento) a cui si chiede di mettere finalmente a tacere la storia delle armi chimiche di Assad. 

Nel frattempo a vincere le elezioni in Albania è Edi Rama, che come primo provvedimento blocca le importazioni di rifiuti, fermando l’intero indotto e una legge in piena attuazione. Ostenta tanta sicurezza di statista, nella sua grande insicurezza, e si comporta quasi come se fosse il nouvo Enver Hoxha. Così lancia proclami, mette in posizioni di potere giovani ragazzi inesperti e crea una cerchia che gravita intorno a lui, annunciati come i salvatori della patria. La sua pagina di Facebook diventa il manifesto della sua propaganda, da una parte con le fotografie dei peggiori scantinati dei palazzi pubblici, dall’altra con le gigantografie dei lavori al palazzo del Governo. Oltre i tweet e i post, il nulla: viene meno alla promessa di fermare i licenziamenti ingiustificati nelle istituzioni, e poi lancia una campagna giustizialista su concessioni e contratti. Tutto materiale da dare in pasto ai “nuovi sostenitori della patria”.

Lo smacco più grande è sulla questione più delicata, quelle delle armi chimiche: ed è qui che dimentica di fare il Primo Ministro, e scompare all’improvviso. Rama snobba persino l’Albania, dimenticandosi persino dell’opinione pubblica e dell’Albania, sottovaluta e crede di essere Re, resta in silenzio. Non partecipa a nessuna conferenza, né ad interviste per i giornali, e lascia che la notizia esploda incontrollata nei media, spargendo il panico tra la popolazione. I giornalisti fanno domande ma nessuno risponde, tanto che gli albanesi vengono a saperlo dalle agenzie estere, in un silenzio surreale. Il Ministro degli Esteri Bitmir Bhusati è così costretto a rilasciare un’intervista al prestigioso Le Monde, ed ammette quasi tutto: “Il Governo albanese sta valutando l’importazione delle armi siriane”. Un fulmine a ciel sereno, che rivela il gioco sporco di Rama per ‘riempire le casse vuote dello Stato’, ossia la luce verde data agli americani, nei colloqui riservati con l’ambasciatore Arvizu. La vergogna è tale, che nel tentativo di giustificare la sua inettitudine da Primo Ministro dà il meglio di sé, e tira fuori il copione già scritto: “L’Albania è un partner strategico della NATO, e ha delle responsabilità”. Questo è tutto quello che è riuscito a tiare fuori uno staff, che crede che con Facebook e Twitter si può risolvere tutto, anche evitare di dare delle risposte ai giornalisti e alle persone. Opinionisti, dottoroni, dilettanti allo sbaraglio, si alternano nelle trasmissioni televisive, e spaventano la gente

Dinanzi ad uno scenario ineluttabile, le persone decidono di scendere in piazza, senza portare con sé nessuna bandiera. Cercano il dialogo con Rama, ma il Primo Ministro era in visita ufficiale in Montenegro. Alle nove comincia il presidio dinanzi al Parlamento albanese, tanto che Rama ha dovuto fermare la sua agenda di incontri e tornare a Tirana. Ad intervenire nel frattempo è Ilir Meta, che cerca di placare i toni e parlare alla popolazione, promettendo che “il Parlamento farà gli interessi del popolo che lo ha eletto”. Rama invece si chiude nel silenzio, ormai smascherato. A metterlo dinanzi alla pubblica gogna è lo stesso ambasciatore Arvizu – uomo dalle mille facce, che non rappresenta più l’America ma un gruppo di faccendieri senza scrupoli – che va a Top-Channel e dichiara che Rama aveva già dato la sua disponibilità.  Washington è ora in una posizione delicata, colpita con la sua stessa propaganda di falsità e disinformazione, che è riuscita ad ingannare solo la massa, mentre ciascun vero esperto militare ha confermato che quello non fu un attacco, ma un atto codardo, vergognoso, di una guerra sporca. Un attacco a gas nervino avrebbe ucciso le stesse truppe siriane dislocate a pochi chilometri, con oltre 30 mila morti; invece abbiamo visto dei terroristi infierire su innocenti, solo per filmare pochi secondi di video da dare alle televisioni.Questo l’ambasciatore Arvizu lo sa benissimo, e per questo ha cercato di spiegare agli albanesi che “il sarin non è così pericoloso come si crede, e che bisogna chiarire bene le condizioni in cui può diventare un’arma di massa”.

Insomma cerca di racchiudere in poche frasi che il mondo intero è stato ingannato, e che, in effetti, ora quelle armi possono essere facilmente smantellateL’Albania, tra l’altro, ha uno dei più moderni centri per lo smaltimento delle vecchie armi chimiche, di recente attrezzato con una donazione dell’America, proprio per smantellare le armi del regime comunista. Si racchiude così la superficialità di un diplomatico che ha voluto confondere la sconfitta di Sali Berisha, con la lotta di chi ha combattuto il comunismo con qualsiasi mezzo - imprigionato a Burrel, tradito dalla moglie, internato, messo in una miniera, subendo umiliazioni in lunghi anni e ascoltando di notte con le cuffie la radio occidentale collegata ad antenne artigianali. Questo ambasciatore è stato capace di paragonare la vittoria del pluralismo sul sistema comunista, e l’abbattimento della statua di Ever Hoxha, con l’elezione di Edi Rama. Questa non è diplomazia, e neanche democrazia, Obama non è John Kennedy che a Berlino diceva "Io sono un berlinese" e le folle lo acclamavano. L'America ha dimostrato in questi anni di lunghe guerre che ha abbandonato i suoi stessi soldati, e nessuno di loro è stato risarcito, senza assistenza medica o mezzi di sussistenza; la maggior parte dei militari dell'Alleanza Atlantica ha subito danni irreparabili per l'esposizione alle armi ad uranio impoverito o al fosforo, un crimine negato per oltre '50 anni. Danni a cui vanno aggiunti quelli ad intere popolazioni, che muoiono di cancro, con la contaminazione di animali e terreni agricoli. Riprendendo le dichiarazioni di venti anni fa, possiamo leggere le stesse parole rassicuranti, le stesse garanzie degli analisti e degli esperti, uomini insignificanti manovrati a suon di dollari per mentire. 

E’ questo quindi il risultato della grande falsità americana: un grande spettacolo hollywoodiano, con attori politicanti e diplomatici addestrati in università americane, format di marketing preconfezionati, canali di propaganda allineati. Tutto questo però sta andando verso il declino, e il silenzio di Rama conferma che è già in atto la disillusione dei giovani, che credevano in un ideale di grandezza, e si son persi in un grande show-farsa: strategie, slogan, programmi, ormai solo parole vuote. La stessa America ha sopravvalutato Edi Rama, per poi spingerlo ad accettare qualcosa a cui l’Albania non è pronta, come anche altri Stati. Ci chiediamo se proprio durante i ricevimenti nel nuovo palazzo del Governo, con coppe di champagne, si preparavano le campagne di finanziamento del buco nelle casse dello Stato, in quei colloqui informali con i diplomatici, lontano da occhi indiscreti.  

16 ottobre 2013

Progetto energetico italiano: dal 'nema problema' di Dodik al kokretno di Dacic

Roma – E’ stato un vertice sottotono e spartano, quello tenutosi ad Ancona, per rinnovare la cooperazione intergovernativa tra Italia e Serbia. Protocollo, cerimoniale e diplomazia, sono le parole che possono descrivere l’atmosfera della ratifica di routine dei protocolli di cooperazione, stendendo un velo di silenzio sui temi scottanti della Fiat e del progetto energetico italiano nei Balcani. Mancavano quei giornalisti italiani delle fantomatiche inchieste balcaniche, mentre l’inviato dell’Ansa chiede chiarimenti sul patto di stabilità: sugli investimenti italiani sul mercato serbo nessuna domanda. Naturalmente i colleghi serbi erano più preparati, facendo così al Presidente Letta le uniche osservazioni intelligenti. Il monologo di Dacic - simile a tanti altri interventi scritti per i vertici interstatali di Russia, Cina e Germania - rivolge al pubblico una sola nota critica, che non viene di seguito commentata per “coloro che non avessero capito”. Leggendo non troppo tra le righe le parole del Primo Ministro serbo, traspare un invito al Governo italiano a decidere “concretamente” la sua posizione nel progetto energetico, che coinvolge non solo i rapporti bilaterali ma anche quelli con la Bosnia Erzegovina, e la Republika Srpska. Il “konkretno” viene popolarmente interpretato come una sostanziale richiesta di definire il “come, dove e quando” verrà mobilitato il denaro per ‘concretizzare’ i discorsi.

Il leader serbo sembra aver dimenticato, tuttavia, che il Governo italiano ha dovuto affrontare oltre tre anni di incontri diplomatici e strette di mano, per poter spiegare ai politici, alle società e ai funzionari che occorreva creare una rete energetica regionale per dare alla “macroregione adriatico-ionica” una rilevanza europea, che altrimenti non avrebbe. Sono stati ratificati protocolli e finanziati progetti di fattibilità, tutto a spese dei contribuenti italiani, ma gli esecutivi serbi che si sono succeduti in questi anni non hanno approvato leggi adeguate, né hanno rilasciato i permessi e le autorizzazioni necessarie per on far scadere le concessioni per studi e ricerche. L’incoerenza della classe politica serba trova la sua più alta espressione nel Ministro dell’Energia Mihajlovic che, prima di entrare nel Governo, descriveva la Seci Energia come una “piccola impresa che non poteva competere con la grande EPS statale”. Nelle vesti di ‘istituzione competente’, la Mihajlovic ha placidamente smentito, affermando che sul progetto energetico italiano “non vi è nessun ostacolo da parte della Serbia” e “nessun problema con la Bosnia”. Uno scivolone che ricorda la miope valutazione fatta in prima lettura sull’impianto fotovoltaico di Securum – ottimistica nell’intervista rilasciata all’Osservatorio Italiano, nonostante le nostre riserve – poi divenuta distruttiva, che per molti è diventata la ‘truffa del secolo’ (vedi Parco solare di Securum: per la Serbia è la 'frode del secolo').

VIDEO: Zorana Mihajlovic su contratto energetico con l'Italia

In nome della coerenza, il leader di opposizione della RS Mladen Bosic (SDS) ha definito la Maccaferri “un’azienda che produce maccheroni”, nonostante l’impegno profuso dai faccendieri italiani per presentare bene la “società campione” dell’esecuzione della Drina Media (Srednja Drina). L’importanza e la strategicità della questione era tale che l’Italia non avrebbe dovuto perdere tre anni di lavoro, investendo tutto sul ‘cavallo vincente Milorad Dodik’, che ha ripetuto con testardaggine che grazie alle ‘speciali ed eccezionali’ relazioni con l’allora Presidente Tadic, era possibile escludere lo Stato della Bosnia dalle trattative. Per conquistare il favore dei serbi, è stato addirittura fissato un fugace incontro a Roma con Berlusconi, per fare una foto da far vedere ai colleghi, e una cena con Frattini a Sarajevo. Da lì è partito il tormentone del ‘nema problema’, nessun problema all’orizzonte: l’accordo c’è, l’accordo è stato fatto.


Due anni più tardi, svegliati dal torpore delle diverse informazioni giunte da Bruxelles, i Ministri bosniaci fanno un passo indietro e chiedono la partecipazione formale della Bosnia, non avendo mai ricevuto dal Governo italiano una comunicazione ufficiale, se non attraverso superficiali colloqui con l’ambasciatore. Anche perché la Commissione Europea, per lo sblocco dei fondi, chiede un impegno istituzionale della Bosnia, che si traduca della garanzia statale dell’implementazione, quindi non una banale ‘lettera di consenso’. A farsi portavoce delle ragioni dello Stato bosniaco è addirittura un serbo, o meglio uno storico membro dell’SDS (partito fondatore della Republika Srpska) Mirko Sarovic, che alle pressioni di Dodik di rilasciare il nulla osta, risponde che la richiesta, così come formulata, non può accettata e né viene capita da chi dovrebbe firmare.

Vistosi messo alle strette all’interno, e non ricevendo nessun segnale di sostegno dalla Serbia di Nikolic e Vucic, Dodik decide di scatenare una crisi di Governo, per dimostrare ai suoi interlocutori di essere “un politico che conta”. Non avendo i voti per portare fino in fondo la mozione di sfiducia, lancia sui media la teoria del complotto e cerca di convincere i bosniaci che l’ostacolo alla realizzazione di un grande progetto per il Paese è proprio Sarovic. Ricominciano anche i viaggi tra Belgrado e Banja Luka, chiedendo così alla Serbia di prendere in mano la situazione per superare l’impasse interna. Il risultato è una incredibile storia in stile “balkanski spiun” che, tra doppiogiochisti e traditori, potrebbe isolare maggiormente Dodik. Rompe infatti tutte le alleanze fatte con l’SDS a livello centrale e in ogni singolo comune, e nomina Zlatko Lagumdzija in suo nuovo partner politico, rinnegando la stessa propaganda di partito: smette di essere nazionalista serbo, e diventa portatore della bandiera bosniaca.

Il grande bluff potrebbe anche funzionare, perché comunque Lagumdzija ha detto di sì a tutti. Gli italiani potrebbero quindi avere la ‘carta firmata’ che chiede Bruxelles per sbloccare i fondi, ma con ogni probabilità il progetto non vedrà mai la luce. Mancano al momento tutti i presupposti tecnici e legislativi, tra cui una società operativa per la gestione delle trasmissione elettriche e una legge per la liberalizzazione del mercato energetico. Non bisogna poi sottovalutare il dissenso dei comuni e delle autorità locali, che avendo un controllo del territorio maggiore rispetto al governo centrale, potrebbero scatenare le associazioni civili e le ONG, sino a trovare una rara specie di alga, che cresce solo sulle rive della Drina.

Resta un ultimo interrogativo, ossia se gli illustri funzionari italiani hanno spiegato bene che i fondi arrivano dall’UE, e se i colleghi balcanici hanno davvero capito che non esiste un business milionario. Infatti, solo pochi giorni fa si è tenuto un’accesa riunione a Bruxelles, durante la quale Fule ha promesso sanzioni per la Bosnia con toni minacciosi, nonostante l’accordo era stato propagandato come già raggiunto. Il risultato è stato che, al ritorno, la maggior parte dei presenti non aveva ben capito che tipo di riforma dovevano accettare per avere i fondi IPA, mentre lo stesso Lagumdzija si è detto d’accordo sul principio, ma non sulle carte. Per cui, auguriamo alla Maccaferri di portare a termine questo grande progetto, ed in tal caso il suo presidente sarà proposto come segretario generale ONU per aver “messo d’accordo i bosniaci”. Nella più pessimistica delle ipotesi, potremmo rimetterci nelle mani delle veggenti di Medjugorje, che forse qualche dritta ce la possono anche dare.

03 ottobre 2013

La Stalingrado di Fule

Roma - Si è consumata ieri a Bruxelles la Stalingrado di Stefan Fule. Lo staff della Commissione per l'Allargamento hanno potuto toccare con mano la complessa realtà balcanica, che continua ad essere perfettamente descritta dalla frase di Ivo Andric: "Dove finisce la logica, lì inizia la Bosnia". Il confronto tra i leader politici della Bosnia e i tecnocrati europei sulla riforma costituzionale della Bosnia, e la sua armonizzazione alla sentenza della Corte Europea, è stato molto acceso, con attimi di confusione e panico, tanto che si temeva il ripetersi dello scenario di Butmir. Allora, la conferenza organizzata sotto l'egida degli Stati Uniti, avrebbe dovuto concludersi con la ratifica della 'nuova Costituzione' della Bosnia, ossia una serie di documenti che i rispettivi leader politici avevano ricevuto per conoscenza solo pochi giorni prima. Messi dinanzi a fatto compiuto, i rappresentanti bosniaci si sono rifiutati di apporre una firma 'in bianco', e a nulla sono valse le minacce di isolamento e di taglio dei fondi. I funzionari della Comunità internazionale hanno perso la calma, e l'ambasciatore americano non ha retto all'urto: è svenuto ed è stato trasferito d'urgenza in barella. 

Fule ha avuto una sorte diversa, non è svenuto, ma si è dovuto scontrare con la dura realtà del fallimento diplomatico, perdendo così l'occasione di passare alla storia come l'uomo che ha messo d'accordo i bosniaci, il "Tito europeo". Ha cercato di esercitare delle pressioni, utilizzando la leva del taglio dei fondi IPA e di ogni altra agevolazione finanziaria, ottenendo di contro un secco rifiuto, vista l'inconciliabile incompatibilità di ciascuno dei leader sulla riforma Sejdic-Finci. Dopo la pausa pranzo, i toni sono rientrati nella normalità, congelando per il momento le sanzioni e pattuendo un accordo di "principio" ma non sulla carta, da discutere in colloqui separati i prossimi dieci giorni. In teoria una 'soluzione geniale', nella pratica un 'nulla di fatto', che rinvia ormai per inerzia un processo di riforma che non può avvenire, senza mettere in discussione gli stessi principi del Dayton. Un rebus da cui non si può uscire con i tecnicismi, bensì solo con un compromesso politico storico. E' evidente che l'adesione all'Europa non è tra quelle prospettive che riescono a motivare questo Paese, al punto tale da rinunciare alle rispettive revanche. Forse l'Unione stessa non viene vista come istituzione autorevole, in grado di risolvere gli annosi problemi di uno Stato in crisi perenne.

 

La parentesi bosniaca, tuttavia, è solo una parte della cronaca della disfatta. Nel pomeriggio si fa sempre più pressante il 'caso Albania' che ha portato alla luce, tra le altre cose, anche la grave superficialità dei consulenti tecnici europei. Infatti, se prima hanno assecondato gli intenti 'pre-elettoriali' del Partito socialista, che chiedeva di rinviare l'approvazione di una legge che bloccava le "regalie dello scambio di voti", dopo chiude un occhio sulla sua entrata in vigore. Questo dovrebbe saperlo anche l'ambasciatore Sequi, che ha investito così tanto nella 'sensibilizzazione europeista' degli albanesi, partecipando persino allo show del Grande Fratello di Albania, in occasione della 'Settimana europea'. Tanti sforzi, tuttavia, non hanno avuto i risultati sperati, perché la nuova maggioranza sforna un decreto che entra in vigore il 1° ottobre (accontentando le richieste UE) ma diviene applicabile dopo sei mesi (accontentando i militanti di partito). Un dettaglio che, a questo punto, non è sfuggito agli osservatori più attenti, che hanno richiamato i funzionari europei a mantenere imparzialità e rigidità nel rispetto delle regole di armonizzazione. L'imbarazzo è stato così bruciante, che il portavoce Peter Stano, in evidente difficoltà, ha rilasciato una dichiarazione ridicola e insensata, nella quale afferma che sosterrà l'elaborazione dei regolamenti di attuazione, di un atto che - a dire degli esperti - presenta evidenti limiti di incostituzionalità, rinviando poi alla pubblicazione del rapporto di progresso ogni ulteriore dettaglio. 


La CE cade quindi nei tecnicismi, pur di non prendere alcuna posizione in una vicenda di cui è pienamente responsabile. Lo stesso Stano si rifiuta di rispondere alle domande rivolte dall'Osservatorio Italiano, e quindi di dire chiaramente se questa legge, così come scritta, rispetta o meno i termini per la candidatura dell'Albania, e se l'annullamento dei decreti dell'uscente Governo Berisha mette in discussione la certezza del diritto e gli investimenti esteri. Non rispondere a queste domande è ipocrisia, anche perché i cittadini europei devono essere informati sulla sostenibilità di una macchina burocratica che crea tanti sprechi.  Sono milioni e non ben stimati i costi per redigere studi di fattibilità, consulenze e analisi tecnico-giuridiche delle Commissioni Europee: le regole di trasparenza obbligherebbero la pubblicazione dei bilanci e dei rendiconti delle spese, perché questi funzionari restano pur sempre dei 'dipendenti pubblici'.

In nome dei principi civili su cui si fonda l'UE, dovrebbero essere pubblicate le liste dei consulenti e dei professionisti che  prestano la loro opera di assistenza per la preparazione di leggi e interventi, ma anche che partecipano alla preparazione dei progetti per i fondi IPA. Potremmo eventualmente scoprire che i tanto acclamati fondi di integrazione, solo in minima parte giungono al reale beneficiario, perché una quota importante serve a finanziare i contratti di consulenza. Non è questa l'Europa che gli Stati-nazione volevano creare, perché hanno rinunciato alla propria sovranità monetaria nella convinzione che le strutture sovranazionali sarebbero riuscite a superare i clientelismi, le correnti e le inefficienze. Ma a quanto pare l'UE si sta trasformando in qualcosa di peggiore, incapace ed incompetente, persino nel gestire un banale caso di 'aggiramento delle leggi', ignorando poi il rischio derivante dalla cancellazione massiva dei provvedimenti con il cambio del Governo.

I Balcani, nella loro complessità, stanno quindi mettendo in risalto anche i limiti di questo meccanismo tecnocratico, che dopo aver fatto degli errori con Romania e Bulgaria, ha creato distorsioni anche in Croazia: il Governo croato ha approvato negli ultimi mesi, prima dell'adesione ufficiale, più di 1200 decreti, con innumerevoli errori di traduzione e lacune legislative, che ne impediscono nei fatti l'applicazione. Segnali di malessere politico sono emersi anche in Serbia, dove una campagna elettorale demagogica è stata seguita da una epurazione spietata di amministrazione e cancellerie, nonché arresti e allontanamenti, tutto con il benestare, e talvolta su pressione, degli organi di Bruxelles. D'altro canto, l'accordo con il Kosovo è solo un'immagine di marketing diplomatico, per confermare che l'Europa ha portato a termine un processo di pace; resta ora da vedere quante delle promesse fatte saranno portate a termine, visti gli attriti alle prime difficoltà incontrate.  Meno riconoscimenti sono stati dati all'Albania, nonostante il sincero impegno profuso, perché in questo caso Bruxelles ha scelto di partecipare alla retorica politica, invece di fare il proprio lavoro, ossia garantire il rispetto delle regole, qualunque sia il partito al potere.  Si è quindi prestata ad un vile gioco, al punto da minare la credibilità stessa dell'Europa. E' diventata immagine di demagogia, propaganda, prepotenza e arroganza. Questa è la Stalingrado della UE.

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25 settembre 2013

Ladini: Diplomatici belanti e assenti, nostra impresa lasciata da sola


Trieste - "Continueremo lungo questa strada per far valere i nostri diritti ed avere giustizia. Siamo disposti a pazientare ancora pochi mesi, dopodiché se non avremo risposta procederemo con i vari ricorsi, che sono la Corte di Strasburgo per i diritti civili, e la Corte di Giustizia dell'UE per la violazione delle leggi europee. Procedura che sarà fatta contro la Croazia e contro l'Italia, anch'essa responsabile perché avendo sottoscritto la Dichiarazione italo-croato del 1996 per la tutela degli investimenti, nulla sinora ha fatto". Questo il messaggio che Gianfranco Ladini, general manager de La Distributrice, rivolge alla Diplomazia italiana, in un'intervista rilasciata all'Osservatorio Italiano, nella quale ricostruisce i passi salienti dell'assurda vicenda di espropriazione dell'investimento effettuato in Dalmazia con l'acquisto della fabbrica tessile della Dalmatinka. Nelle sue parole, pur ritenendo sempre valida l'opzione della conciliazione amichevole, soprattutto con le autorità croate, traspare la determinazione di portare il caso della Dalmatinka sino alle più alte istituzioni europee. Infatti il Parlamento Europeo, nel giugno di quest'anno, ha accolto l'istanza presentata dak Ladini (interrogazione n.1466/2012) chiedendo alla Commissione Europea di accertare i fatti legati alla vicenda di violazione delle norme europee per la tutela degli investimenti esteri, da parte della Croazia.

Osservatorio Italiano - Intervista Ladini su "Caso Dalmatinka"  

In realtà quello della Dalmatinka è stato un progetto a lungo osteggiato dalle autorità e dagli abitanti locali che, sin dai primi momenti, hanno manifestato ostilità per la venuta degli investitori italiani in quella regione. L'Amministrazione fiscale ha poi proseguito in questo atteggiamento di criminalizzazione nei loro confronti, con la complicità dei giudici, che hanno chiesto e ottenuto ben tre blocchi dei conti correnti e degli immobili, rendendo la sostenibilità economica della produzione impossibile. Funzionari che, tra l'altro, oggi sono sotto inchiesta per corruzione, tra cui il curatore fallimentare (Vedran Šeparović).  Parte della responsabilità, tuttavia, ricade sulle autorità italiane che non sono tempestivamente intervenute presso i funzionari croati per pretendere il rispetto della Convenzione italo-croata del 1996, limitandosi a monitorare la situazione, talvolta insinuando che gli stessi Ladini avessero commesso delle irregolarità.

"Quando informavamo l'Ambasciata, l'ICE e i vari organi istituzionali abbiamo ottenuto solo blande promesse di monitoraggio, di intervento, ma nulla di concreto. Praticamente siamo stati abbandonati pur in presenza di una convenzione, sottoscritta e poi ratificata dai due Parlamenti, che dichiara esplicitamente che si proteggevano gli investitori dei due Paesi, sia per i loro investimenti, che per i diritti civili - afferma Ladini, continuando -. Hanno fatto dei piccoli passi 'belanti', e non hanno saputo imporsi e richiedere che i croati facessero il loro dovere. Perché questa è, a tutti gli effetti, una truffa commessa ai danni dei cittadini italiani ed europei".  Al momento, sono in corso nuovi colloqui con gli alti dirigenti del Ministero delle Finanze croato, perché venga trovata una soluzione che consenta di risarcire, almeno in parte, i danni subiti dai Ladini onde evitare ulteriori e dispendiose procedure legali. Intanto, gli stessi lavoratori hanno firmato delle petizioni per il ritorno degli italiani, sebbene troppo tardi. D'altro canto, l'Italia ha rigettato a priori la possibilità di assistere La Distributrice in un eventuale processo di arbitrato internazionale, nonostante la Convenzione preveda che la controparte italiana fornirà "i mezzi effettivi agli imprenditori per far valere i propri diritti violati".


Cerimonia di ratifica del contratto di acquisto della
Dalmatinka Nova d.d.Sinj alla presenza dei
funzionari dell'ambasciata italiana di Zagabria
 


30 agosto 2013

La nuova Al Qaida

Sulle ceneri del mito di Al-Qaida, archiviato con la scomparsa di Bin Laden, ha preso forma per poi rafforzarsi sempre più nel Medio Oriente un nuovo fenomeno terroristico, che fonde l'ideologia wahhabita con aspirazioni imperialiste. E' lo Stato Islamico di Iraq e Levante (Dawlat al-ʾIslāmiyya fi al-'Iraq wa-l-Sham - profilo Facebook), detto anche ISIS, il cui leader è Shaker al-Wahiyib Fahdaoui. L'intelligence francese lo ha già definito "il nuovo capo di Al Qaida", accreditando così il ruolo di questo movimento nello senario di destabilizzazione del mondo arabo ed in particolare dell'Iraq e della Siria. Succeduto ad Abu Musab al-Zarqawi, morto nel 2006, Fahdaoui mostra il suo volto in un video apparso il 25 agosto sul web, in cui trucida tre autotrasportatori siriani che percorrono una strada nell'Iraq occidentale. Nelle immagini, Fahdaoui è l'unico che svela il suo volto, mentre i suoi uomini indossano un passamontagna, ostentando crudeltà e sicurezza, mettendo in scena un atto dimostrativo da divulgare come propaganda, e da diffondere attraverso i media esteri.  Infatti, dal momento della pubblicazione del video, Fahdaoui è diventato l'uomo più rappresentativo dell'ISIS, ormai espressione della frangia più estrema del terrorismo islamico di matrice wahhabita.

ISIS trucida camionisti siriani in Iraq
  "Il video mostra Fahdaoui che interroga quattro camionisti fermati in Iraq, chiedendo loro l'appartenenza religiosa. Tre affermano inizialmente di essere sunniti, ma riuscendo a rispondere a quante volte occorre inchinarsi in una particolare preghiera, dicono in realtà di sono alawiti, un ramo degli sciiti, a cui appartiene anche Assad. Fahdaoui quindi fa allineare i tre uomini lungo la strada e li liquida a sangue freddo, prima di rilasciare il quarto, un sunnita."
Nasce quindi nella Iraq "liberata dagli Americani" la nuova Al Qaida, un'armata di guerriglieri votata alla distruzione dei governi arabi, da assoggettare al caos del terrorismo e dell'anarchia. 
"Non smetteremo mai di combattere fino a quando non si alzerà la voce della preghiera sino a Roma", ha diramato di recente un portavoce del movimento, lasciando quindi intendere - secondo l'ideologia wahhabita - che "nessuno potrà fermare questa armata sino ai confini della cristianità", sconfiggendo nel loro cammino tutti i governi arabi musulmani per farne uno solo, ossia la  "in cui tutti i musulmani saranno dalla Mecca a Roma", citando il Corano.  In altra parole, affermano che la loro guerra sarà inarrestabile fino a che non venga creata la "khelafa " islamica, cioè un governo islamico wahabita, che comprende Iraq, Libano, Giordania e Siria. Il loro obiettivo, quindi, è di innescare guerriglie in tutta l'area mediorientale per far cadere i Governi, e creare così un terra senza capi, dove potersi muovere in piena libertà su territori assoggettati al loro controllo. 

E' questa la nuova "terra promessa", "la guerra totale", che Al Qaida deve promettere ai suoi guerriglieri per avere ancora credibilità a livello internazionale e reclutare nuove leve disposte a dare la vita  per la gloria di Allah. Nei fatti Al Qaida quasi non esiste più, è semplicemente un mito ideologico, che tuttavia continua ad essere motivo di alleanza tra le bande criminali e terroristiche del Medio Oriente. Le fazioni  più estreme sono confluite nell'ISIS, mentre altre si sono collocate nella Aqmi - Al Qaida nel Magrheb islamico. E proprio nel Nord Africa stanno avanzando sempre di più, diffondendo caos in Tunisia e Algeria, ed infiltrando la Fratellanza Musulmana: ai propri seguaci chiedono di  mostrare la loro fede tramite la violenza, e quanto più è efferata la loro condotta, tanto più giusta è la guerra islamica.  

Da notare come questa nuova frangia terroristica abbia preso forma proprio in Iraq, nonostante parte del territorio sia sotto il contro dell'America e dell'Alleanza Atlantica, e qui abbia acquisito armi e mezzi finanziari. Grande sponsor resta il Qatar, che ha finanziato le spedizioni dei guerriglieri in Siria, ma anche in Egitto e Libia, come anche l'Arabia Saudita, con il supporto finanziario ed ideologico delle sette wahhabite e salafite. L'obiettivo della destabilizzazione del Medio Oriente potrebbe quindi avvicinarsi allo scenario preconizzato da Al Qaida, con un'incursione "lampo" degli Stati Uniti che consenta solo di indebolire Assad, in modo da far avanzare i guerriglieri, per poi lasciare l'intera area nel disordine più totale per prepararla all'auto-distruzione.

29 agosto 2013

Crisi Siria: meglio Assad che la guerriglia in casa


لن نوقف القتال حتي نكبر ونؤذن في روما ان شاء الله فاتحين
ابو محمد العدناني
المتحدث الرسمي لدولة العراق الاسلاميه
"Non smetteremo mai di combattere fino a quando non si alzerà la voce della preghiera sino a Roma (lett. Non ci fermiamo fino a che facciamo il Takbīr e l’Adhān a Roma, se dio vuole)". Questo il messaggio lanciato attraverso i socialnetwork da Abu Mohammad Elaadnani, portavoce della ISIS,  Stato Islamico dell'Iraq e del Levante (Dawlat al-ʾIslāmiyya fi al-'Iraq wa-l-Sham, dove Sham indica Damasco), che diffonde parole che risuonano come una dura minaccia rivolta a tutta l'Europa.  Non possono quindi cadere inascoltati gli avvertimenti di Damasco sul rischio che il terrorismo islamico si riversi sui Paesi che da anni lo hanno finanziato, per usarlo come arma nei confronti dei cosiddetti regimi "non più amici".  Le false primavere arabe del Qatar e l'apertura dei fronti di guerriglia, dall'Afghanistan all'Iraq sino in Egitto, non hanno fatto altro che fomentare odio e accendere il Medio Oriente, che sta dando oggi dei segnali di saturazione.  I profughi si stanno già riversando nell'Est-europeo, e presto saranno nel Nord Europa, pronti a prendere la richiesta di asilo e di assistenza umanitaria. E' anche una guerra demografica questa, e l'Iran ha già cominciato a scaricare sulle coste del Mar Nero e del Mediterraneo migliaia di Afghani  che si dichiarano siriani. 


vedi pagina facebook

twitter del messaggio
di Abu Mohammad Elaadnani
La propaganda mediatica sull'attacco chimico ha provocato già le prime conseguenze tangibili, e non ha certo fatto arretrare la Siria che, è bene ricordarlo, non è la Libia. E' innanzitutto un Paese strutturato, non un gruppo di tribù rette da un regime militare golpista, ha una sua unitarietà nonostante le dissidenze e i conflitti interni, con i quali tuttavia convive da decenni. I siriani sono inoltre imprevedibili nell'arte della guerra, e hanno alleati molto più pericolosi e avventati, primi tra tutti Cina ed Iran, accanto poi agli Hedzbollah, mentre il ruolo della Russia è sicuramente rilevante ma non così decisivo come vuole far credere. Pechino è infatti molto risoluta ad impedire l'intervento armato in Siria, affermando che la comunità internazionale deve essere paziente, piuttosto che essere presa in giro dai servizi di intelligence americani, proprio per evitare uno scenario simile a quello dell'Iraq, con il pretesto che il regime deteneva "armi di distruzione di massa" mai trovate.

Sull'altro fronte,  ci sono le potenze guerrafondaie europee, che non si discostano dal folle proposito di mobilitare le forze della NATO, stringendosi intorno all'asse Washington-Londra. Mentre la Germania sembra non esporsi, la Francia - ormai in balia della massoneria e di affaristi senza più scrupoli - sta premendo per trascinare l'Europa in un'altra guerra. Parigi ormai è occupata dalla guerriglia urbana e, nonostante il disastroso fallimento della strategia colonialista, continuare a bombardare il Medio Oriente. Così,visto il passo indietro dell'Italia - almeno per il momento, poi si vedrà - è stato azionato il piano di riserva, e molto probabilmente l'attacco partirà dall'Albania. Sono già presenti sulle coste albanesi 8 navi della marina britannica e 3000 soldati, giunti anche prima della notizia dell'attacco chimico in Siria. Il Governo albanese ha già dato piena disponibilità a fornire un supporto logistico nell'Adriatico, come anche le autorità della Romania, che potranno temporaneamente servire per il dislocamento dei mezzi.
Tuttavia l'Albania non dovrebbe dare così facilmente il proprio appoggio, senza un mandato ONU, perché in caso contrario dovrà affrontare una vera e propria invasione di profughi, pronta a riversarsi nel Paese e in Europa. Considerando che le frontiere albanesi sono discontinue e non controllate, le conseguenze potrebbero essere disastrose,  con l'insorgere di una "onda anomala" di clandestini  provenienti da Afghanistan e Medio Oriente che si spacceranno siriani. L'Albania potrebbe quindi pagare molto caro questo americanismo così scontato.



27 agosto 2013

Obama Nobel per la pace bombarda la Siria


Messaggio urgente


Con questo questo messaggio ci uniamo all'onda di protesta contro la minaccia di bombardamento della Siria mosso da USA, Gran Bretagna e Francia, in assenza di un parere unanime in seno alla Comunità Internazionale e senza che la missione degli ispettori ONU sia conclusa.  


Se volete far sentire la vostra voce di dissenso all'aggressione illegale al popolo siriano, rilanciate nelle vostre bacheche e suoi vostri blog il messaggio seguente: 

#OBAMA #NOBEL PER LA #PACE #BOMBARDA LA #SIRIA  - #Fake #Al_Jazeera #Sarin 

Così scritto, risulterà come un'anomalia nei sistemi di monitoraggio. Non serve scendere in piazza, ma possiamo entrare nel loro sistema di Prism, usando le loro stesse tecniche.

05 maggio 2013

Il crimine invisibile

L'All-Seeing Eye vs The Invisible Hand
(Martha McCollough, 2012)
Tramite sofisticati software, algoritmi matematici e macchine non convenzionali, i nuclei di potere possono manipolare e aggredire mercati, stati e popolazioni. Le banche centrali e i governi non hanno gli strumenti  per prevenire un fenomeno ormai già in atto, grazie a tecniche di transazione ad alta frequenza (anche high frequency trading ordinate su azioni, obbligazioni, derivati e commodities. Si negozia, infatti, non solo su titoli azionari, ma anche sull'energia, sui beni alimentari, sui prodotti di largo consumo, su pensioni e quote assicurative, in altre parole sulla vita delle persone. Si tratta di operazioni che condizionano ormai la volatilità dei mercati, in quanto avvengono spesso in poche frazioni di secondo, concentrando massicce quantità di transazioni giornaliere, non rintracciabili.  La loro stessa complessità matematica consente di superare i limiti di sorveglianza posti dai normali operatori, che quindi non riescono a risalire alla fonte dell'aggressione. Tali strategie finanziarie, poste in essere quindi da operatori non ben identificati, rappresentano ormai la principale quota dell'intero traffico delle borse mondiali, e quasi sempre sono destinate a porre in essere scalate ostili. Il ricorso a tali meccanismi ha quindi come conseguenza la destabilizzazione dei mercati o la realizzazione di attacchi 'invisibili' contro le economie nazionali, sabotando la loro capacità di assorbire slanci a ribasso delle quotazioni dei bonds, sino a mettere in discussione la stessa solvibilità. Ed è così che si attiva il processo di rating e di sfiducia, il cui impatto socio-economico ha toccato anche la sfera microeconomico.

Diagramma di processi di high frequency trading ordinate da un  R.E.I.T stocks (real estate investment trusts) sul mercato energetico americano

Considerando che la loro efficacia viene garantita proprio dagli algoritmi utilizzati e dalla velocità di trasmissione della rete di connessione, questo tipo di operazione può essere ricondotta ad un gruppo ristretto di società, le sole ad essere in possesso di un così elevato livello di tecnologia, in grado di penetrare e superare le barriere dei sistemi borsistici. Al momento, i mercati europei sono quasi del tutto manipolati da centri finanziari, che fungono ormai da enormi centrali rischio, potendo contare su una tale accumulazione di dati, totalmente al di fuori dei controlli delle autorità nazionali. Le loro attività all'interno dell'Europa continuano indisturbate, nelle pieghe di paradisi fiscali come Lussemburgo, Liechtenstein, ma soprattutto Olanda e Finlandia. Gli stessi Paesi ospitano le sedi degli operatori di rating, come le Agenzie di audit e i media internazionali, che partecipano in maniera rilevante alla creazione delle stime di affidabilità delle società e degli Stati, imponendosi come istituzione autorevole. Basti pensare che il più grande gruppo editoriale Pearson PLC - che controlla giganti come Financial Times e The Economist - ha una branch in Lussemburgo (Embankment Finance Ltd. ) con un fatturato da milioni di dollari, ma con un ufficio localizzato in periferia e ben pochi impiegati.

Contrastare questi meccanismi globalizzati gestiti da macchine pensanti è diventato quindi pressoché impossibile, perché le società stesse di Borsa sono controllate da entità private, mentre le stesse Banche Centrali non hanno più il diritto esclusivo di detenere dati sensibili e di emettere massa monetaria. In altre parole, la moneta elettronica si è ormai totalmente dispersa nei circuiti finanziari, che non è possibile utilizzare degli strumenti di politica monetaria per controllare la spesa pubblica o il debito. Le Banche Centrali non potranno quindi fronteggiare l'inflazione o l'aumento dell'indebitamente degli Stati "battendo moneta", per cui anche i cosiddetti aiuti finanziari disposti dall'UE fanno parte di questa bolla speculativa illusoria, che tuttavia mantiene la stretta politica sui Governi. Cade quindi anche la teoria del Signoraggio, non esistendo neanche più il concetto di moneta, di controvalore o di riserva (vedi Il sistema monetario del SEPA) . La crisi che quindi conosciamo, non è altro che il risultato della caotica interazione con i mercati di macchine non convenzionali, che sulla base di processi di intelligenza artificiale hanno infiltrato le reti e le piattaforme delle transazioni, riuscendo a portare a termine migliaia di operazioni sui titoli in poche frazioni di secondo. La rapidità del semplice broker è stata da anni superata, arrivando a compiere trasferimenti di miliardi in valuta, all'interno di uno script matematico (vedi anche La dematerializzazione e la crisi globale).

Indagando ancor più in profondità, si potrà scoprire che sono ben poche le "famiglie" che detengono il controllo delle società di investimento, dei media, delle Agenzie e delle grandi corporations. E' per tale motivo che parliamo di "nuclei di potere", che nei fatti dettano l'ordine mondiale economico, del quale ne abbiamo una piena coscienza, epurata di qualsiasi complottismo visionario e formalizzata nella teoria del crimine invisibile.  Il crimine invisibile è il frutto di ricerche a cui hanno contribuito un esteso gruppo di intelligenze e ricercatori. Leggendo i nostri articoli e analisi scritti, dal 2006 ad oggi, è possibile seguire un percorso di ricerca che ha anticipato le varie fasi di maturazione della crisi che oggi stiamo vivendo, come anche dell'evoluzione della società moderna cibernetica. Nel corso degli anni,  siamo riusciti a diffondere all'estero le sue teorie, trasmettendo la consapevolezza di tali strumenti a paesi poveri e non allineati, a divulgare le implicazioni di tali problematiche, con lo studio di situazioni anomali. . E' quindi in atto l'esperimento di introdurre in più lingue e in più Paesi il concetto di studio e di elaborazione ad oltranza, per tracciare un percorso di libertà intellettuale ed economica. Sono stati molti i progressi fatti, che non possono neanche essere menzionati e resi pubblici, in quanto non siamo in grado di difenderci dagli attacchi e dalla manipolazione. Siamo ben coscienti delle conseguenze del percorso che abbiamo iniziato, e per tale motivo il nostro obiettivo è stato quello di divulgare conoscenza e strumenti, senza mai avere la pretesa di creare movimenti politici. Non abbiamo mai inneggiato alla lotta armata, e neanche spacciato per atti di guerra e colpi di Stato delle rivoluzioni internettiane. Queste parole hanno per noi tutt'altro significato, perché molti di noi hanno combattuto vere battaglie, con fucili e granate, vedendo morire persone solo perché non c'era una siringa, o sorridere bambini solo con una scatoletta di tonno. Abbiamo quindi deciso di non rivolgerci alle masse, né a società di comunicazione e marketing, per evitare che le nostre idee fossero risucchiate e manipolate per servire a scopi diversi da quelli da noi preposti. Non volevamo fare gli idioti utili di un saltimbanco megalomane, illudendo un'intera nazione che tramite la rete si realizza la democrazia. Da parte nostra renderemo disponibile dal blog materiale di studio, che i politici potranno utilizzare per presentare in Parlamento dei progetti di legge.

Bisogna acquisire quindi la consapevolezza che non esiste nessun Governo in grado di dettare un radicale cambiamento degli eventi. Le masse non potranno quindi fare nulla, né sovvertire con la forza il sistema, allo stesso modo non possono pretendere un cambiamento semplicemente esercitando il diritto di voto. Gli Stati sono stati indebitati, le loro risorse svalutate dai mercati, le imprese sono fallite dopo essere state intrappolate in un sistema finanziario transnazionale, ogni fonte di valore è stato oggetto di attacchi trasversali di origine ignota. La nostra azione dovrebbe quindi essere totalmente rivolta a colpire il cuore dell'intera architettura, quindi cominciare dalla regolamentazione dei datacenter, la protezione degli archivi che contengono i dati degli Stati, dei cittadini e delle imprese, la certificazione dei software e degli hardware attraverso centri di ricerca nazionali. Gli stessi processi di raccolta dati dovrebbero essere tracciati e certificati, a cominciare da socialnetwork e motori di ricerca: lo stesso diritto alla privacy va riformulato, come diritto inviolabile, e come obbligo alla comunicazione alle autorità giudiziarie dell'esistenza di un'attività di archiviazione per ciascun cittadino. Dovranno inoltre essere costituiti dei consorzi intellettuali tra Istituzioni-Imprese e Associazioni, che potranno contribuire alla costruzione di uno spazio cybernetico, nel quale formulare delle strategie di difesa, e quindi fornire consulenza ed assistenza, con un alto profilo professionale. A loro saranno affidate competenze di tutela dell'interesse nazionale, operando trasversalmente all'interno dello Stato, delle organizzazione di categoria, delle industrie. Sarà la guerra ad oltranza contro frodi, sabotaggi e tentativi di spionaggio di brevetti e conoscenze industriali. Sarà la lotta alla violazione dei diritti dei consumatori, della proprietà intellettuale, agli abusi di posizione dominante e alla concorrenza sleale. Sarà l'unione delle intelligenze per contrastare dei software programmati  su processi automatici e statistici, per riportare l'economia ad una dimensione di umanità. A queste intelligenze chiederemo di ricostruire una realtà cibernetica umana.


Sarà quindi un gruppo di intelligenze a portare avanti il progetto di dare vita ad uno spazio cybernetico. Dopo il crollo, saranno infatti "i vecchi" a chiedere ai più forti di scalare quella montagna, dalla cui cima è possibile trovare l'angolo di paradiso in cui ricominciare. La gente ormai stanca e sfinita da tanto malessere,  non riuscirà da sola a superare gli ostacoli di vette così impervie. Spetta quindi ai più sani, agli irriducibili, di andare alla ricerca di una terra promessa. Occorrono quindi uomini che dedicano una parte della loro vita ad individuare la strada da seguire per intraprendere un cammino di ripresa. Molti di loro non potranno più tornare, forse qualcuno potrà raccontare di aver affrontato tempeste, neve e giaccio, di aver affrontato beste e serpenti. Chi però riuscirà ad arrivare in cima, potrà accendere un fuoco e dire che all'orizzonte esiste un luogo dove essere al sicuro.   Nessuno dirà loro grazie,  nessuno mai saprà quanti sono giunti alla meta ma non sono tornati. A loro dedichiamo un ricordo tra pochi vecchi.


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Ci sono eroi sconosciuti che hanno dato la vita, e sono ricordati nei cuore di poche persone. Poi ci sono eroi che sono ricordati solo per un mese, perché hanno combattuto guerre sbagliate con nemici sbagliati. Questi sono gli assassini dei nostri veri eroi. 


02 maggio 2013

Neuroeconomia e neuropolitica: scenari di totalitarismo

Nell'era della cybernetica e del web, che fanno da sfondo ad una crisi economica non circoscrivibile, è la neuroscienza la nuova frontiera della società globalizzata che conosciamo e che si sta trasformando. Lo studio del cervello umano e dei comportamenti degli individui attraverso tecniche di Imaging da Risonanza Magnetica (IRM) viene sperimentato da anni all'interno dei laboratori scientifici di un ristrettissimo numero di società nel mondo. Dietro progetti di ricerca per la cura contro cancro, parkinson o alzheimer, si nasconde un'attività di tracciamento e archiviazione delle immagini proiettate dal nostro cervello rispondendo a degli stimoli esterni, che permettono così di comprendere i meccanismi del subconscio umano, e quindi i meccanismi che sono alla base di una decisione razionale. L'IRM sottopone alle 'cavie' una serie di foto, video, odori, oggetti, cibo, per vedere quali aree del cervello vengono attivate. Gli scienziati specializzati nelle neuroscienze analizzano le interazioni tra queste aree che, avendo una diretta influenza sull'inconscio e sulla predeterminazione sociale, condizionano  il comportamento dei consumatori e la loro coscienza. 

Le evidenti implicazioni commerciali di queste ricerche, hanno spinto le grandi multinazionali ad adottare sistemi di Neuromarketing, attraverso i quali entrare in contatto diretto con i desideri, le emozioni e i pensieri più reconditi dei consumatori, senza dover più ricorre ad obsolete tecniche di convincimento del marketing tradizionale. I vecchi approcci, che prevedevano tre fasi - quali  la cognizione, gli effetti e i comportamenti - sono stati di gran lunga superati.  Oggi questi esperti colpiscono i nostri sensi, le nostre emozioni, la nostra identità (appartenenza ad un gruppo), e quindi il nostro inconscio. L'obiettivo è proprio quello di creare il "marchio perfetto", che risponde perfettamente a quello che piace ai consumatori, andando a stimolare le zone più delicate del nostro cervello, in cui risiedono i centri connettivi della soddisfazione, del piacere, della paura e dell'inquietudine. Così, giustificando le loro strategie con la necessità di elaborare "in tempi di crisi" delle campagne pubblicitarie meno dispendiose e più efficaci, le corporations hanno introdotto nei loro dipartimenti di marketing la risonanza magnetica funzionale, come strumento di verifica su campioni umani del successo della pubblicità, del prodotto e dello slogan. Di conseguenza, le ricerche permettono di individuare come i consumatori possono comportarsi dinanzi ad un prodotto se sottoposti a degli stimoli che non sono direttamente collegati al bene in sé. Per esempio, è possibile scatenare con immagini, suoni o odori, o con qualsiasi cosa che colpisca i nostri sensi, la produzione di dopamina, la cosiddetta molecola della felicità. Inconsapevolmente, il nostro cervello assocerà la sensazione di piacere con l'atmosfera o l'immaginario di un marchio o un prodotto, e ne sarà quindi manipolato. I risultati che emergono sono quindi a dir poco inquietanti, perché tali tecniche hanno aumentato sempre di più la penetrazione delle aree più irrazionali ed istintive, che ne fatti provocano la decisione ad acquistare, a votare un partito, a contrarre un mutuo, a commettere un atto criminale. Il punto di contatto con il cosiddetto "cervello rettiliano" - che controlla i bisogni e gli istinti innati dell'uomo, come quello sessuale, temporale, territoriale, gerarchico, spaziale e semiotico  - si sta avvicinando sempre di più, essendo un percorso scientifico assolutamente inarrestabile, vista la portata delle  ricadute della ricerca. Non bisogna infatti limitarsi a pensare che solo gli analisti di marketing abbiano il monopolio su questi studi, perché anche l'economia applicata alla neuroscienza ha dato origine alla neuroeconomia, che studia, grazie a tecniche di imaging cerebrale, l'influenza dei fattori cognitivi ed emotivi nelle nostre decisioni di acquisto. L'intera società è sottoposta ad una continua scannerizzazione, e quindi ad una manipolazione forzata, tale che le strategie e le campagne di marketing hanno creato una illusione di autonomia, e la stessa libertà di azione non ha più senso.
Le aree sensoriali colpite dal Neuromarketing

La prova di quanto diciamo è che questi metodi eliminano la necessità di esposizione obbligatoria di un marchio o di un logo, perché certi prodotti sono divenuti beni comuni che fanno parte delle nostre irrazionali decisioni.  I processi inconsci di identificazione, per l'appartenenza ad un gruppo, sono amplificatori formidabili a costo zero per il brand, come avviene ormai per Coca Cola, Apple, Google: non sono più dei marchi, ma delle sette, che hanno innestato nei loro consumatori delle convinzioni di fidelizzazione, di uno stile di vita, di un universo ideologico, toccando quindi i più elevati livelli di idealizzazione. Ciò che li ha resi così potenti, non è certo il prodotto in sé offerto, in quanto un consumatore critico potrebbe individuare degli ottimi surrogati, ma è la loro reale corrispondenza a "ciò che l'uomo desidera per essere soddisfatto", quindi in altre parte al neuro-ideale.

Non è infatti un mistero che McDonald abbia testato determinati profumi con l'IRM per indurre le persone ad immaginare che si trovino un ambiente sano e familiare, ma nega di aver manipolato i propri clienti, affermando che ogni tecnica di pubblicità, anche se molto affinata, è un mezzo di marketing e quindi è legale. Come McDonald, anche Unilever, Intel, McDonald, Procter & Gamble, MTV, Viacom, L'Oreal, e tante altre ancora, si sono rivolte a una società di neuromarketing, la Neurosense di Londra, che può dirsi detiene una sorta di monopolio di avanguardia in questo settore. Nel mondo agenzie di questo tipo sono davvero poche e concentrate per lo più in Belgio e negli Stati Uniti.  Secondo le stime, uno studio di neuromarketing costa circa 120.000 euro, una spesa tutto sommato accessibile per un grande brand, e nel tempo vuole essere reso disponibile anche alle piccole e medie società, per affinare ancora di più le campagne di marketing. Questa tendenza sta creando quindi un nuovo fenomeno, in cui una massa di ciarlatani del "Neuromarketing" pretendono di vendere alle imprese un "talismano magico" per entrare nella mente delle persone ed aumentare le proprie vendite. Una tentazione a cui sono esposte soprattutto le società in crisi, che vedono in questa nuova Bibbia la soluzione ad ogni loro problema, ignari che saranno solo ingannati, truffati e portati al fallimento. In realtà, organizzano una bella conferenza, nella quale cercano di vendere una serie di filosofie, una cartella di scanner di cervelli, e l'illusione che il loro marchio sarà testato in illustri laboratori: una truffa insidiosa e pericolosa, perché senza dubbio cercheranno  di rubare i brevetti e le conoscenze di tante società ed imprenditori.

Neuromarketing Conference

La progressiva diffusione di tali tecniche, è infatti l'obiettivo di fondo di un piano strategico molto più inquietante degli scenari di manipolazione dei consumatori, quale appunto la sottrazione di informazioni sensibili e la creazioni di miliardi di database che possano descrivere il funzionamento del cervello umano. Quindi, il vero interrogativo da porsi non è perché le neuroscienze vengano utilizzate a scopi commerciali, in quanto il marketing in sé ha un'etica discutibile, ma ormai accettato. Ci si chiede infatti come fanno dei semplici laboratori di marketing ad avere accesso ai servizi di IRM, e perché vengono utilizzati a scopi commerciali delle strutture mediche e personale specializzato finanziati con fondi pubblici. Quindi, il dubbio di fondo è perché gli Stati o la Comunità Europea non effettuano controlli più severi per impedire che vi siano infiltrazioni nelle ricerche scientifiche per soddisfare le esigenze delle multinazionali.  E' chiaro che siamo di fronte ad una ipocrisia europea, che ha dei danni inestimabili. 

Brevetto IRM L'Oreal
Il caso. La Francia, per esempio, è uno dei pochi Paesi UE ad aver affrontato questo problema in seno al Senato nel 2008, citando gli studi del professore Olivier Oullier, che mettono in guardia contro i rischi della confusione del neuromarketing con la neuroeconomia, in quanto quest'ultima è una disciplina scientifica rigorosa, che cerca di intervenire sui meccanismi di dipendenza, e quindi compensare anche i danni creati dal marketing. In base alla legge in vigore, una volta ottenute tutte le autorizzazioni, la società che non ha delle apparecchiature IRM si rivolge ad un laboratorio pubblico, ottenendo una retribuzione oppure una sponsorizzazione per la ricerca scientifica a scopi medici. Questa pratica, ormai molto diffusa, è stata dimostrata dall'esistenza di un brevetto depositato da L'Oreal (nr. EP 1 350 464 B1) relativo al "Processo di valutazione della sensibilità della pelle", la contiene invece la spiegazione della tecnica IRM. La ricerca è stata tra l'altro condotta  da professori del Laboratorio di Iconografia Funzionale della Facoltà di Medicina Pierre et Marie Curie - Pitié-Salpétrière. 

SMI Eye Tracking Glasses
La linea che divide privato e pubblico diventa talmente sottile, che rende gli Stati complici e altrettanto colpevoli di questa opera di tracciamento universale degli essere umaniFacciamo quindi un piccolo passo in avanti, e cercando di quantificare la portata del fenomeno che abbiamo dinanzi a noi, possiamo dedurre che il mondo stesso dell'informatica che utilizziamo quotidianamente - come Facebook, Youtube, videogames, applicazioni di Google e Apple -  è fatto da neuro-macchine che studiano il nostro comportamento e assorbono continuamente dati. Sono infatti delle macchine pensanti a tutti gli effetti, considerando che la loro stessa concezione e struttura si basa sulla neuroscienza. La grafica, la disposizione, i processi di lavoro, non sono stati concepiti a caso, bensì con l'obiettivo di soddisfare l'utilizzatore e indurre la creazione di dopamina, il cui uso smodato si traduce in dipendenza. La nostra società è ormai incastrata in un circolo vizioso di scambio continuo "di piacere e di dati" con queste macchine, programmate per studiarci come cavie.Pensiamo all'ultimo ritrovato della tecnologia del Bg G, i Google Glass, che ricordano proprio gli Eye Tracking, strumento di Neuroscienza, che effettua appunto il tracciamento di ciò che guardiamo, e quindi anche di tutto ciò che facciamo e come lo facciamo, dalla spesa nei supermercati, alla partita a scacchi, sino all'attività sportiva e intellettuale. 

Delineando uno scenario più futuristico, alcune ricerche dimostrano che  è possibile "leggere la mente" di un individuo con l'invio di un fascio di luce che possa leggere l'attività celebrale. Esistono già delle macchine pensanti che riescono ad associare un'immagine all'impulso elettrico emesso dal nostro cervello, e che un domani potranno arrivare a programmare robot, altri computer, o addirittura a progettare nuove specie di esseri umani.  Secondo gli scienziati, tra non meno di 10 anni, gli studi IRM non saranno neanche più necessari, perché l'accumulazione dei dati sarà tale da poter già definire con precisione i bisogni e i gusti delle persone, le loro scelte politiche, il loro stato emozionale, le loro premeditazioni criminali. 

Le macchine pensanti

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La teoria del crimine invisibile 

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Quanto spiegato deve quindi farci riflettere proprio sulla sottile pericolosità dell'uso delle tecniche e degli strumenti di comunicazione che si fondano sul neuromarketing, perché inevitabilmente andranno a plasmare degli individui-automi, a prescindere dal messaggio che essi veicolano. Un blog, un forum o un gruppo Facebook, fa incontrare delle persone e le spinge a postare commenti, a rispondere con tags e ulteriori immagini, innescando processi di piacere, ma anche di controllo collettivo seguendo la Psicologia delle Folle. E' molto semplice creare un movimento di contestazione anti-politico attraverso sistemi di neuro-comunicazione, che diffondono rapidamente le idee e sopraffanno chi la pensa diversamente, ma vanno anche ad amplificare frustrazioni e ad inculcare rancore. La cosa difficile è invece estrarre da questa massa  informe intelligenza creativa, che sia capace di prendere delle decisioni in maniera indipendente e possa confrontarsi con soggetti che non appartengono alla comunità che riconoscono. Combattere una guerra utilizzando le armi del nemico, provoca solo perdite interne e dispersione di energia, e non risolve nulla.  Esse giocano sulla nostra debolezza, la nostra disperazione e il nostro smarrimento, fanno leva sulle nostre frustrazioni per creare conflitti, confusione e dissenso, per distruggere ogni sentimento di  riscatto. Diversamente, avere coscienza della manipolazione e dei processi che possono farci cadere in errore, permette di difendersi e di passare al contro-attacco. Sebbene le grandi multinazionali siano potenti ed invincibili, non sono anche irriducibili: un gruppo di persone, libere e non soggiogate da sovrastrutture di massa, può sferrare attacchi durissimi e creare delle isole di libertà.  Associazioni di consumatori, organizzazioni di professionisti, gruppi di intellettuali, possono mettere la propria intelligenza a servizio della collettività, per difendersi dai sabotaggi, dagli sciacallaggi e dalle rapine delle corporations.

22 aprile 2013

Il golpe con l’asterisco

Le vittime dell'attentato della maratona di Boston
L'aver annunciato un "golpe" con tanta leggerezza ha provocato un danno al nostro sistema di sicurezza da non sottovalutare. I movimenti anarco-insurrezionalisti hanno fatto un silenzioso e invisibile passo avanti, andando a riempire il vuoto ideologico venutosi a creare con la paura del crollo delle strutture dei vecchi partiti, sulle cui ceneri stanno tessendo atroci vendette. Pagheremo le conseguenze di questa buffonata, perché la rabbia latente scaturita da un linguaggio sovversivo di lotta alle istituzioni troverà nelle fila più estremiste delle valvole di sfogo. E' stata così fornita una copertura, alle società di intelligence nemiche straniere, che possono ora sguazzarci indisturbate. Il ritorno degli anni di piombo non è così lontano

Forse, sarà stato questo scenario ad indurre Beppe Grillo a fare marcia indietro sulle sue avventate parole, come anche suggerito dal Viminale, che richiama il comico alla prudenza spiegando in maniera molto chiara le conseguenze di quell'insano gesto di propaganda. Infatti, dopo aver urlato al "colpo di Stato", ben presto nella piazza di Montecitorio si riunisce un'indegna sfilata di ciarlatani che aizzano la folla, eccitati e scalmanati come una scolaresca che prepara l'ennesima manifestazione per "liberalizzare la marijuana".  Per un momento, li abbiamo scambiati per dei Mormoni in protesta, con tanto di cravatta e targhetta alla camicia.  Ci sono anche degli Onorevoli Deputati che avanzano con un megafono come veri peones,  affermando che "una protesta dilagante sta affollando tutte le piazze d'Italia", in preda ad una crisi di overdose di adrenalina, ormai salita al cervello. Una leggenda internettiana comincia a fare da passaparola nella folla, mentre una bolgia di frustrati prende forma.

Con il passare delle ore, però, l'euforia comincia a diventare paura, poi terrore fino a paralisi totale: sprovveduti, incoscienti, dilettanti, incapaci e sopravvalutati. Sono dovuti persino intervenire le Istituzioni, consigliando saggiamente di placare gli animi, per evitare che qualcuno si facesse male e che delle gravi responsabilità ricadessero sugli artefici istigatori della furia di piazza. Allora sopraggiunge anche la correzione del tiro del comunicato, quindi niente Colpo di Stato ma 'golpettino istituzionale furbo', aggiungendo quindi un asterisco, nel classico stile delle pubblicità dei grandi affari con la fregatura nascosta. Il nostro Brancaleone batte quindi in ritirata, e chiarisce che non si tratta di una dichiarazione sovversiva, forse spaventato da quel Leviatano senza controllo che ha creato. Infatti  i rivoluzionari  pentastellati erano convinti che la rivoluzione si facesse postando un commento o aggiungendo un click ad un forum, senza accorgersi di avere dinanzi una folla inferocita e disperata.   

Bisogna ammetterlo,  la sceneggiata ha superato le telenovele venezuelane. E' stato comunque bellissimo  vedere in azione il popolo viola, la democrazia diretta dal vivo, la gente e i cittadini in piazza, la mortadella nei panini, e tanti convinti combattenti che gridavano. Ci aspettavamo il botto finale, ma non avevamo visto l'asterisco, dovevamo capire che era solo una battuta di un comico geniale. Alla fine, infatti, tutti sono tornati a casa: chi a scrivere il loro commento, chi a litigare  con la moglie,  chi a scendere la spazzatura, e chi a sfogliare wikipedia per capire "cos'è un golpe".  Stavolta, ammettiamo, è andata bene l'avventura, ma la prossima volta sarà meglio che Casaleggio faccia una convenzione con l'Associazione dei dentisti e degli ortopedici, perché la prossima volta i cittadini potrebbero anche incazzarsi sul serio. 

E pensare che tutto questo è iniziato da un manipolo di scansafatiche annoiati, che perdeva il suo tempo sui socialnetwork  invece di lavorare, rubando soldi allo Stato e alle imprese. Riteniamo che sia giunto quindi il momento di accendere il cervello e pesare bene le parole, lavorando insieme alla ripresa del Paese. Consigliamo anche una cura per la internet addiction di cui è gravemente affetto il Beppe Mormone e i suoi fedeli.


09 aprile 2013

Una bufala mediatica a Taranto


Un'inchiesta shock compare sulle pagine del Quotidiano Puglia, rivelando i dettagli di un'inchiesta internazionale portata avanti 'coraggiosamente' dai PM della Procura di Taranto, ma sapientemente boicottata dalle autorità di investigazione di alcuni Paesi Europei. Già leggendo le prime righe, il fatto ci ricorda un controverso caso di un'indagine sotto copertura condotta da un civile dietro il coordinamento degli inquirenti di Taranto, "Gli abusi della Magistratura e l'arroganza del potere". Il tutto quindi ci fa pensare alle classiche bufale giornalistiche, orchestrate per giustificare degli abusi, sollevando il classico polverone mediatico. Nient'altro che un segno di debolezza, o forse qualcosa non sta funzionando nell'ingranaggio? Nonostante quindi l'inchiesta shock, nessun media l'ha menzionata, e solo il Quotidiano Puglia ha "ottenuto l'esclusiva", mentre noi siamo gli unici ad aver dato un seguito mediato a questo grande scoop. 


E' strano infatti che, ad un articolo che denuncia una lunga serie di irregolarità istruttorie - che hanno messo a repentaglio la vita di un civile, con il conseguente e infinito scarica-barile tra i diversi uffici - segue poi una cronaca pedissequa che santifica l'operato della Procura. Un vero e proprio complotto giudaico-massonico, con tanto di Mossad e collegamenti con la Russia, che mescola una serie di fatti inesatti, alterando del tutto la reale natura delle ricerche fatte da un civile, che diventa un 'confidente' della Procura, per poi essere disconosciuto dagli ispettori che lo avevano reclutato. Insomma il classico fumo negli occhi, per non fare una brutta figura dinanzi ai vertici istituzionali, che magari oggi stanno proprio indagando su quella infelice iniziativa di chiedere ad un intermediario immobiliare di mettersi sulle tracce di un'organizzazione che effettuano operazioni di ‘cambio valuta’ attraverso titoli obbligazionari. Ci chiediamo poi abbia autorizzato questa indagine, e perché le istituzioni abbiano provato - come dimostrato da una lunga serie di documenti - a fare un continuo scarica barile, confondendo così gli eventi. E' forse questa un'omertà della Procura? 


Ebbene, vogliamo avvisarvi che siamo profondamente offesi  per questa bravata che offende la nostra intelligenza, anche perché tra 'gente seria' queste cose non si fanno, e noi non siamo certo pronti a firmare ricevute in bianco, non ci chiamiamo di certo 'Tranquillo' anche se ci sentiamo sempre ripetere questo nome nelle orecchie. Potremo per esempio cominciare un processo mediatico su questa storia, e far entrare le telecamere nel Tribunale, chiedendo  per esempio: “Chi ritiene plausibile una tesi, secondo cui un'inchiesta condotta dalla Polizia di Stato italiana sia stata fermata perché Paesi come Inghilterra, Germania e Russia non hanno risposto alle rogatorie?".  E' una ipotesi alquanto assurda, ma comunque da dimostrare con fatti e documenti, e non solo con un articolo pubblicato su un giornale locale. Ad ogni modo, per portarci un po' avanti con il lavoro, abbiamo già provveduto ad inviare la documentazione a nostra disposizione a Bruxelles, chiedendo come sia possibile che due Stati membri  della Comunità europea non abbiano risposto alla Procura di Taranto su una importantissima inchiesta. Cosa che dubitiamo fortemente, considerando che le istituzioni europee sono assolutamente corrette e trasparenti, soprattutto con le comunicazioni estere. Sarebbe invece d'aiuto se, gentilmente, ci forniste i costi complessivi di questa fantomatica inchiesta internazionale, giusto per verificare le eventuali consulenze utilizzate e 'pagate' dalla Procura. Da questo articolo ci sembra di capire che 'avete fatto tutto da soli', ma almeno avete pagato chi ha fatto  il servizio?

Audio della registrazione che prova
il coinvolgimento di un civile sotto copertura

25 marzo 2013

Caso Dalmatinka: Ministero degli Esteri nega validità della convenzione italo-croata

A rischio investimenti italiani all'estero?


Trieste - Il Ministero degli Esteri continua a mostrare indifferenza dinanzi alle richieste de La Distributrice di fornire spiegazioni e dare precisi chiarimenti al mancato intervento della diplomazia italiana per pretendere il rispetto della convenzione italo-croata per la tutela degli investimenti. Rispondendo alla lettera dei F.lli Ladini in merito alla necessità di prendere una posizione chiara e definitiva sul controverso caso dell'espropriazione illecita della Dalmatinka da parte delle autorità croate, il Ministro Giulio Terzi afferma che "la normativa vigente non prevede la possibilità di un contributo dello Stato alle spese (giudiziarie)", nonostante sia stata ratificata una convenzione intergovernativa che afferma il contrario. Una tale contraddizione non può che risultare 'vergognosa' per uno Stato europeo - se possa definirsi tale - che quindi nega il riconoscimento di un accordo fatto a protezione degli investimenti italiani all'estero. In altre parole, con tale atto di ricusazione, il Ministero degli Esteri pregiudica la credibilità dello Stato italiano nei confronti delle parti terze, con cui sottoscrive memorandum, accordi e dichiarazioni di intesa, in nome della buona cooperazione tra gli Stati. Ci chiediamo, quindi, quali potranno essere in futuro le conseguenze di un tale atto scellerato, che mina la sicurezza degli imprenditori italiani all'estero, convinti di avere alle spalle la protezione dello Stato in caso di una violazione degli accordi da parte del Governo ospitante.


In un periodo di crisi, il rischio di rappresaglie, di azioni di sciacallaggio, di rapina e di espropriazione sono sempre alle porte, e cosa pensa di fare il nostro Ministero degli Esteri? La risposta diplomatica ufficiale è inesistente, per non parlare degli interventi "a porte chiuse informali", rimessi alla scarsa iniziativa degli ambasciatori. I riflessi dei nostri diplomatici sono ridicoli, se si pensa alla rapidità dei nostri competitors, in grado di orchestrare rivolte sindacali e proteste di ONG nel giro di pochi giorni. Una situazione che viene ancor più aggravata dall'irresponsabilità del Ministero degli Esteri, che sta intenzionalmente mettendo a repentaglio il patrimonio di migliaia di imprese italiane all'estero. Qualora tale meccanismo si innescherà, allora bisognerà risalire alle responsabilità di ogni funzionario, colpevole di aver ignorato le richieste di intervento di chi aveva percepito i segnali di pericolo. Invieremo tutta la documentazione ai deputati italiani e chiederemo una commissione d'inchiesta sull'operato dell'ambasciata italiana a Zagabria e sul ruolo del Ministero degli esteri, al fine di individuare la colpa dei personale diplomatico, chiedendo inoltre la loro estromissione da ogni carriera istituzionale.

Lettera di risposta del Ministro Terzi
alla richiesta dei F.lli Ladini