Potreste rimanere senza parole se pensaste, per pochi istanti, che dietro la più grande recessione di tutti i tempi vi è un processo di riprogrammazione dell’economia mediante una chirurgica "dematerializzazione" dei processi produttivi e dei servizi. Sono parole queste spesso sconosciute ai mezzi di comunicazione di massa, ma in realtà sono le nuove colonne, il nuovo paradigma di questa nuova società futuristica della informazione. Quello che sembra un semplice processo di "trasformazione" di un documento materiale in un codice elettronico che lo rende immediatamente riconoscibile da un software, è invece un vero e proprio concetto che è stato applicato in questi anni a molti settori, senza nessun limite. Nel tempo sono stati attuati processi di e-government, di digitalizzazione dei dati, ma anche di interpretazione dei processi di lavoro mediante dei software, costruiti allo scopo di emulare l’elaborazione dei dati che fa il cervello umano. In questo modo sono stati creati programmi che sostituiscono perfettamente il lavoro dei cassieri delle banche mediante l’e-bank, che permettono di organizzare la logistica delle merci, le fasi produzione in una catena di montaggio, ma anche che consentono di creare a loro volta dei software. Ogni settore economico è stato "supportato" da un processo elettronico che ha ridotto sensibilmente la necessità di impiegati e di lavoratori. La disoccupazione può essere una delle prime ed importanti conseguenze che la dematerializzazione ha sulla nostra economia, la quale in maniera anche impercettibile è gradualmente cambiata, sino a diventare come la conosciamo oggi, caratterizzata dalla comunicazione istantanea e dallo scambio immediato delle informazioni.
Lo abbiamo definito progresso, infatti, ma non sappiamo con certezza se si avrà una reale evoluzione della società e degli uomini, e se in realtà non saremo ancora più ingabbiati in questi meccanismi regolati da macchine e programmi costruiti al di sopra della legge. Questo perché nessun ente pubblico, o legge, o Costituzione ha fornito gli strumenti per garantire la certificazione e l'attendibilità dei documenti o dei processi, se non delle strutture private che hanno imposto le loro regole. È stato dunque un grande errore non prestare maggiore attenzione alla creazione delle banche dati, all’installazione di un sistema elettronico o al rispetto della privacy e dei diritti umani. Tutto è stato rinviato ad un futuro prossimo, nella convinzione che l’uomo avrebbe ancora avuto la possibilità di decidere della propria vita e dettare delle leggi nei confronti di strutture che, nel frattempo, si sono create da sole, in piena autonomia, con una vita ed un ecosistema proprio, e la loro forza è stata proprio l’essere "invisibile" agli occhi della giustizia o dei Governi. Grazie a questa invisibilità sono diventate delle multinazionali, poi delle società globalizzate, ed infine superiori agli stessi Stati, tagliando i Paesi trasversalmente e dividendo i popoli non per lingua o per religione, ma per cyberspazi.
Da tempo parliamo di queste tematiche, usando parole come "disumanizzazione", "virtualizzazione" e "crimine invisibile". Ebbene oggi abbiamo dinanzi ai nostri occhi le prove evidenti che quanto dicevamo si sta realizzando, e la nostra "trappola d’oro" è già scattata inesorabilmente. Per esempio, tutti infatti conosciamo Facebook, un fenomeno definito "social-network" ma che noi preferiamo chiamare "società dematerializzata", in quanto ha creato uno specchio della società in formato digitale, ingannando le persone e inducendole a dare la propria vera identità. Ebbene, al World Economic Forum di Davos, i fondatori di Facebook, parlando proprio di questa "crisi globale", hanno annunciato che presto venderanno la propria banca dati di utenti alle società di marketing e di ricerche di mercato. Per la sua struttura, Facebook fornisce una mole di dati non solo in termini di dati personali degli utenti (generalità e residenza) ma anche per i gusti, gli interessi, l’istruzione e la professione, aprendo una finestra diretta per ogni tipo di sondaggio. La società ovviamente è assolutamente autorizzata da tutti i suoi iscritti a utilizzare quei dati, avendo accettato il contratto - pena la mancata iscrizione - che permette alla piovra Facebook di utilizzare tali informazioni per scopo di lucro. Se facciamo un po’ i conti, Facebook ha 150 milioni di iscritti (150 lingue da 170 nazioni), e solo l'Italia mette 5 milioni di utenti, quanto è disposta a pagare una società per avere questi dati?
Se questo esempio non vi convince sull’esistenza di un crimine che tanto "invisibile" non è, parliamo del caso di Monster.com, uno dei portali più grandi della rete nel settore della ricerca del lavoro, il cui database è stato violato da un "attacco pirata", che ha sottratto dai suoi server le informazioni relative a milioni di iscritti. Si tratta di milioni di numeri di telefono e di indirizzi di posta elettronica. Stranamente, insieme a Monster.com viene colpito anche USAJobs.gov, la cui base di dati viene gestita in parallelo dagli stessi server. Quali sono dunque le garanzie a tutela dei nostri dati in un sistema ormai totalmente nelle mani di entità private, che giocano sull’invisibilità della propria struttura.
È chiaro che costruendo globalmente un sistema unico sarà possibile porre fine totalmente alla politica economica degli Stati, anche l’azione dei Governi sarà vana se ogni cittadino deciderà di autogestirsi all’interno di un cyberspazio. A questo punto entreremo a far parte di uno pseudo-socialismo dove tutti I documenti non saranno neanche più materiali, e si venderanno semplicemente delle certificazioni, insomma "il nulla", aria fritta. Il certificato, naturalmente, non è altro che una cosiddetta macchinetta mangia soldi, un'usura del tempo, che ci impone di pagare continuamente. Mentre ogni individuo dovrà necessariamente avere un posto telematico certificato, come una residenza digitale, vi saranno dall’altra parte delle entità che guadagneranno dalla semplice esistenza, o transito, di un utente sul proprio "territorio". Sarà anche tutto giusto, e dettato dall’esigenza di far progredire la società - ed infatti nessuno dice che questi strumenti non sono necessari - tuttavia il metodo con cui viene implementato è altamente discutibile, in quanto non si vedono affatto delle istituzioni. Non esiste infatti un'autorità certificatrice perchè lo Stato stesso non ha un certificato e non li vende, bensì li compra da privati, senza avere alcuna garanzia che questi non abuseranno della loro posizione di monopolista incontrastabile. Ecco che l'ombra delle crisi finanziare sembra un pretesto, un evento eclatante e scioccante volto esclusivamente ad attuare dei provvedimenti poco consoni e che diversamente non sarebbero mai accettati dalle persone. Nella storia, ogni cambiamento dell’economia ha causato eventi traumatici, anni di forte depressione che sono poi sfociati in rivoluzioni e guerre.
Questa però sarà la prima rivoluzione senza gente nelle piazze, perché la riprogrammazione dell’economia è studiata in maniera tale da creare una confusione tale da rendere "impotenti" persino le proteste. Le masse sono state rese inerti grazie alla grande propaganda della crisi globale che ha vanificato ogni tipo di contestazione, non essendovi in effetti un responsabile o un nemico da combattere. Le imprese che non pagano i propri operai daranno facilmente la colpa alle banche che hanno tagliato le linee di credito, mentre queste a loro volta daranno la colpa alla crisi finanziaria, mentre le Banche Centrali diranno che la responsabilità è dei gruppi finanziari che hanno fatto speculazioni, ed infine i Governi puntano il dito sui privati. In questo labirinto potremo girare delle ore per cercare un colpevole, perché in realtà non esiste se è il sistema stesso, su cui tutti viaggiamo, a cambiare. Cambiano i sistemi per Banche, Governi ed imprese, e così ogni singolo individuo subisce il contraccolpo. Quando finirà la crisi, potremmo dire di essere entrati nella società della dittatura dell’immateriale, e a sopravvivere saranno solo coloro che sono in grado di produrre e scambiare qualcosa di materiale, che non sarà distrutto e cancellato dalla dematerializzazione e che potrà essere ancora usato in futuro per produrre e scambiare valore.
Elaborazioni.Telematiche.Libere.Economiche.Basi.Operative.Ricerca.Oltranza "Crediamo di morire per la patria, ma moriamo per le Banche!"
Motore di ricerca
05 febbraio 2009
La dematerializzazione e la crisi globale
Dietro la più grande recessione di tutti i tempi in realtà vi è un processo di riprogrammazione dell’economia mediante la "dematerializzazione" dei processi produttivi e dei servizi. Nel tempo sono stati attuati processi di e-government, di digitalizzazione dei dati, ma anche di interpretazione dei processi di lavoro mediante dei software che hanno cambiato il modo di lavorare. Come sappiamo, ogni cambiamento dell’economia ha causato eventi traumatici, da anni di forte depressione che sono poi sfociati in rivoluzioni e guerre. Questa però sarà la prima rivoluzione senza gente nelle piazze,silenziosa ed inesorabile.