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23 ottobre 2014

Caso Dalmatinka: La Distributrice vince causa contro l'espropriazione illegale

Trieste - Una grande vittoria dopo anni di lavoro, boicottaggi e disinteresse da parte delle istituzioni italiane. Il Tribunale di Spalato, presieduto dal Giudice Vukovic, ha emesso questo lunedì 20 ottobre la sentenza che accoglie, in ogni sua parte, il quadro di argomentazioni de La Distributrice, dei F.lli Ladini, riconoscendo tutti i crediti impugnati, per un totale di 44.459.783,26 kune (circa 6 milioni di euro), relativi alle forniture di merci alla Dalmatinka Nova (si veda anche Intervista a Gianfranco Ladini). Un verdetto che abbatte l'intero castello di accuse della controparte di Spalato che, dal 2009 ad oggi, ha impedito alla Distributrice di agire in difesa del patrimonio dell'azienda, nonostante fosse il maggiore creditore, con diritto di controllo e di veto, saccheggiando e vendendo tutte le attrezzature. Questo costituisce un grande successo per la tenacia e determinazione degli imprenditori italiani, nonché un alto riconoscimento dell’impegno dell’Osservatorio Italiano per aver difeso un’azienda, che vedeva rinviare ed accantonare il proprio fascicolo nella dispendiosa e contorta macchina burocratica della Farnesina.

Possiamo, senza dubbio, affermare che l’Intelligence economica dell’Osservatorio Italiano ha portato a termine una dura lotta, nonostante molti abbiano nutrito forti dubbi in merito alle ragioni degli imprenditori italiani, senza mai smettere di denunciare alle autorità gli abusi subiti in violazione della Convenzione italo-croata di tutela degli investimenti. Sono stati superati grandi ostacoli, ma soprattutto il disfattismo di quei funzionari che non hanno avuto la forza di difendere un’azienda in difficoltà, che rivendicava legittimamente i propri diritti. Siamo ormai dinanzi ad una casta che vive di parassitismo, che utilizza le inaugurazioni e le presentazioni di grandi progetti per pavoneggiarsi ed aprire le strade della propria carriera. Il percorso condotto per raggiungere un tale risultato, sarà uno dei tanti tasselli che si unisce al patrimonio di conoscenze che l'Osservatorio Italiano metterà a disposizione delle imprese, nella difesa del loro mercato e della loro ricca esperienza.


Intervista a Gianfranco Ladini su "Caso Dalmatinka"  

15 ottobre 2014

Le tifoserie come eserciti clandestini delle lobbies

Banja Luka - Soci nella criminalità, divisi nelle parole. Sono i nazionalisti dell'ultima ora, spalleggiati da pseudo-analisti che agitano le folle per avere un po' di gloria, romanzando una storia interminabile di bugie e di ignoranza, intessuta al punto da far dimenticare i problemi reali di entrambi i Paesi. In realtà, questa partita è "grasso che cola" per entrambi i governi che, presi dalla loro brama auto-celebrativa, drogano e inflazionano quella che è la realtà dei fatti. Lo si avverte dall'evidente ipocrisia delle dichiarazioni che giungono sia da parte albanese che serba, non essendo riuscite ad intervenire in maniera politica per evitare questo infimo spettacolo. Le tifoserie balcaniche sono note per essere tra le più violente, ma anche quelle finanziate da chi gestisce interessi economici e affari, e probabilmente hanno voluto lanciare un monito a chi stringe troppo in fretta le mani e non mantiene le distanze, oppure non rispetta gli accordi.

In questi giorni, la stampa ha continuamente alimentato odio e violenza, mentre i politici promettono integrazione e progresso economico. Un'ipocrisia pagata "a suon di ossa" lanciate dai primi ministri, costringendo le piccole aziende a pagare gli sponsor ai giornali amici, per poi andare in Russia ad abbracciare la fratellanza russa, dopo aver stretto le mani ai tecnocrati europei. Lo stesso può dirsi per l'Albania, dove addirittura il Governo ha approvato l'aumento delle tariffe energetiche e un pacchetto di leggi che introduce doppie istituzioni, nel silenzio degli ambasciatori e della Comunità Europea. Sembrano essere tutte notizie "banali" dinanzi all'avvicinarsi della partita Serbia-Albania, divenuta ben presto unico fatto di discussione pubblica. All'indomani dello spettacolo a cui abbiamo assistito, possiamo affermare che non ha alcuna importanza di come siano andati davvero i fatti, perché i media non aspettavano altro. La situazione era tesa ormai da mesi e l'esito era tutt'altro che inaspettato, mentre quella della bandiera della 'Grande Albania' è stata una bravata di singoli gruppi, un gesto fine a se stesso. Un gesto che la dice lunga sulla follia di Paesi ancora ostaggio dei meccanismi delle tifoserie, dei tycoon e delle mafie locali, nonostante gli sforzi di occultare i problemi con stucchevoli programmi di democrazia. Infatti, la classe politica, sia serba che albanese, non ha perso tempo a cavalcare l'onda mediatica nazionalistica ed inscenare una misera propaganda, che si sta già gradualmente spegnendo all'ombra di un nuovo spettacolo. Per Belgrado questa vicenda è già acqua passata e si prepara ad accogliere Putin, mentre il Premier albanese ha colto l'occasione per far passare indisturbato l'aumento delle tariffe energetiche, lasciando i "media amici" speculare all'infinito sulla partita.

Ovviamente se la stessa partita fosse stata sospesa per incidenti tra tifoserie in Italia o in Inghilterra, la notizia non avrebbe provocato lo stesso scalpore. L'esasperazione dei toni "nazionalisti" è stata sapientemente voluta da entrambe le parti, che hanno avuto l'occasione di riversare su un banale evento di cronaca la responsabilità della cronica incapacità a cambiare. L'Europa dovrebbe invece riflettere bene su quale sia il ruolo della Serbia e dell'Albania in questo momento: due Stati falliti, che organizzano tour diplomatici per racimolare soldi, lasciano saccheggiare le proprie aziende e organizzano traffici per far quadrare il bilancio. C'è da chiedersi quanti soldi ha speso l'Europa con i suoi piani per l'integrazione, se poi basta "una bandiera" per scatenare un caso diplomatico. In tal senso, lo sport è stato il campo di azione degli eserciti delle lobbies, servendo il "nobile scopo"  di mettere in discussione dei progetti energetici che stavano unendo due nazioni. Ancora una volta, è un gasdotto a compromettere l'equilibrio interno delle nazioni.

03 settembre 2014

Una 'Srebrenica ucraina' per nascondere la sconfitta della NATO già annunciata?

Roma - Il grande allarmismo dei media occidentali e le speculazioni circa la possibilità di un dispiegamento delle truppe della NATO lungo i Paesi baltici, sono l'evidente sintomo della completa disfatta dell'esercito ucraino e delle brigate paramilitari supportate dall'Alleanza Atlantica. Come anticipato dall'Osservatorio Italiano, le truppe e i mercenari di supporto all'Ucraina sono stati accerchiati e bloccati dai filo-russi, che intanto preparavano l'apertura di un corridoio verso Mariupol e Odessa. L'umiliazione della strategia militare occidentale è tale che non si possono escludere atti scellerati ed eclatanti, per nascondere una disfatta segnata già in partenza, nonostante la mobilitazione multinazionale. Così la NATO potrebbe inviare un esercito regolare non per combattere la Russia, bensì per riprendere il controllo del territorio e riparare alle moltissime defezioni all'interno dell'esercito ucraino. I mercenari, infatti, non sono più disposti a combattere, ed è ormai chiaro che questa guerra non è per la "Santa Ucraina", bensì per gli oligarchi di turno.  L'Ucraina ha perso la guerra per la sovranità, non è più uno Stato ma una crocevia di gasdotti ed un'enorme linea di confine tra i due blocchi. Una realtà che sarà dura da accettare per le lobbies che hanno investito molto in questa 'rivoluzione del Maidan'. Cercheranno quindi un nuovo teatro di scontro, una tragedia umanitaria da dare in pasto ai media, una sorta di "Srebrenica ucraina" , in modo da sacrificare le fila paramilitari armate e pronte a rivoltarsi contro.  
Intanto, la Russia ha disposto con urgenza un cambiamento di strategia, dietro un apparente cessate-il-fuoco, che sembra essere maggiormente una manovra tattica per difendere le posizioni conquistate, e scongiurare ogni tentativo della NATO di aprire un nuovo fronte all'interno dell'Ucraina e vicino ai confini della Russia. In questa delicata fase diplomatica, il nostro Ministro Mogherini dovrebbe prestare maggiore cautela nelle dichiarazioni che rilascia con così grande spavalderia, ricordando ancora una volta che la Russia è ancora un paese partner e ha esposto chiaramente le sue intenzioni. Infatti, troppo spesso gli analisti delle intelligence occidentali hanno sottovalutato la reazione di Mosca, nell'illusione che fosse gestibile e manovrabile con azzardi mediatici. D'altro canto, le dichiarazioni della diplomazia europea non possono avere "due pesi e due misure", aggredendo di principio la Russia e tollerando l'aggressività della Polonia, nonostante l'evidente coinvolgimento nel conflitto ucraino, accettando l'installazione sul suo territorio di cambi di addestramento per mercenari. In tal senso, le parole della Mogherini fanno solo da eco ad una linea politica condotta dai Paesi Baltici, dagli Stati Uniti e dalla Polonia, mentre la stessa Germania sta cedendo il passo ad un nuovo approccio nei confronti di Mosca.

01 settembre 2014

Un ruolo di arroganza che non ci compete

Roma - La carica di Alto Rappresentante per la politica estera europea va ad un Paese che non ha una "politica estera". Questa l'evidente constatazione dell'operazione portata a termine dal Governo italiano, nella convinzione che sia un valido riconoscimento del suo peso politico in Europa. Molti sono stati i dubbi sollevati da coloro che guardano questa nomina con molto scetticismo, mentre - da parte nostra - non vogliamo essere del tutto disfattisti. Auguriamo al Ministro Mogherini di essere all'altezza di un mandato di grande responsabilità per la nostra "Italia europea", senza però dimenticare quale sia il complesso scenario con cui dovrà confrontarsi. Bisogna infatti fare i conti con la realtà, e capire il perché di questo incarico affidato all'Italia come un 'contentino', per poi ritornare dietro le fila di chi davvero detta le direttive della politica estera. Il nostro timore principale non è legato al funzionario che è stato scelto per tale nomina, bensì alla reale esistenza di questa "strategia nazionale" di cui la sua nomina è parte. Se non per altro, il passato è testimone dell'inconsistenza di questi grandi progetti strategici, anche perché, da un punto di vista storico e politico, l'Italia è nell'impossibilità materiale di portare a termine una propria strategia che vada contro gli interessi delle grandi lobbies. Tale mandato, in altre parole, sarà quindi un onere che il nostro Governo dovrà sostenere, impegnandosi ad abbandonare ogni sorta di politica parallela del passato, quando si destreggiava tra i grandi blocchi e i Paesi non allineati. 
Purtroppo il nostro Primo Ministro ha già fallito nella sua strategia di ascesa in Europa, facendo un passo indietro sul Mare Nostrum e concedendo il diretto accesso al Mediterraneo ad una nuova agenzia europea Frontex. E pensare che questo 'grande successo' è stato ottenuto grazie ad una campagna mediatica fatta sugli extracomunitari, mascherando l'esigenza di coprire il bilancio per il pattugliamento delle acque con una missione umanitaria. Allo stesso tempo, l'Europa del Nord ha accettato di sostenere il progetto italiano, a fronte della partecipazione al programma sovvenzionato da fondi europei. L'Europa avrà quindi a disposizione nuova manodopera disposta a lavorare, e a pagare i contributi e le pensioni agli europei. Una descrizione, questa, che potrà sembrare troppo semplicistica, ma descrive uno scenario molto verosimile, e che corrisponde all'opinione diffusasi nei circoli diplomatici di Bruxelles.

L'Italia accetta quindi di aderire pienamente ad una politica estera anglo-americana che storicamente non gli appartiene, e così di assumere un ruolo di arroganza che non gli compete. Abbiamo visto i popoli del Mediterraneo sconvolti dalle primavere arabe scatenate da George Soros e sfociate nella violenta aggressione della Libia. Le fiamme che tutt'oggi si alzano su Tripoli sono l'emblema dell'errore e dell'incompetenza dei monitor europei, che hanno dato carta bianca alla cannibalizzazione delle multinazionali. Abbiamo assistito alla crisi siriana e ad un fantomatico attacco con armi chimiche, mentre nel frattempo veniva creato l'ISIS, grazie al sostegno dei partiti europei e del congresso americano. Per non dimenticare poi l'Ucraina, dove il sogno dell'integrazione europea ha fatto rispuntare le svastiche e ha trasformato una protesta in un colpo di Stato, sino a trascinare il Paese in una guerra di contractor e bande armate. Tutti "errori di valutazione" di una diplomazia europea che non è stata in grado di arginare nessuna crisi, né di confermare le informazioni che giungevano dai media: nessuno aveva il controllo della situazione, nonostante agisse con spavalderia, minacciando sanzioni e interventi militari. Il bluff è durato abbastanza, già messo a dura prova dalla vittoria di Damasco sulle forze islamiche, e non riuscirà a reggere la sfida di Paesi che sono in guerra da decenni, come la Russia. Le nuove sanzioni proposte dall'UE sono la prova evidente della debolezza della NATO dinanzi allo sfondamento delle milizie filo-russe, che ormai hanno accerchiato le truppe ucraine. Mosca infatti non si fermerà, e andrà avanti sino a chiudere gli ucraini nell'entroterra, annettendo le regioni che affacciano sul Mar Nero, per riprendersi così il territorio di "sua proprietà" perché l'Europa non ha pagato i propri debiti. Sino a quando si andrà avanti con la politica delle sanzioni, non si potrà arginare l'ondata russa, e si indebolirà ancor più l'economia europea.   

Ciò premesso, ci auguriamo che il nuovo Alto Rappresentante e il suo staff siano in grado di affrontare questo mosaico così articolato, con dei monitor che siano all'altezza di confermare le informazioni della CNN e di Al Jazeera, prima di appoggiare bombardamenti e decisioni estreme. In caso contrario, si varcherà un punto di non ritorno, e il grave peso degli errori commessi ricadranno sui cittadini e le imprese, che dovranno così pagare il prezzo di questi azzardi di megalomania. Troppe, infatti,  le viste di questa 'diplomazia europea' che da tempo ormai gioca con il destino dei popoli europei e dei Paesi candidati all'adesione, promettendo fondi miliardari e prosperità, creando illusioni e disillusioni, e alimentando nuove crisi insanabili. Vogliamo credere che i fondi europei destinati ai media siano davvero per la democrazia, e non per nascondere il furto e lo sperpero dei soldi dei contribuenti europei, per pagare consulenze e contratti di assistenza tecnica, mentre le Commissioni chiudono gli occhi su casi di evidente corruzione di 'società amiche'. Un'abile manovra che in Europa o in America si chiama lobbying, mentre in Italia è mafia.

Quindi, se davvero la dirigenza italiana vuole cambiare le cose in Europa, deve cominciare a mettere in discussione l'affidabilità dei suoi interlocutori e dei monitor delegati, perché la storia recente mostra un'infinita serie storica di figuracce. A questo proposito, i Balcani sono un ampio bacino di ispirazione. Basti pensare alla Bosnia, dove per oltre cinque anni si è parlato di una sentenza della Corte Europea inattuabile, o ancora all'Albania, dove l'allora inviato europeo (attuale capo gabinetto del Ministro Mogherini) si è personalmente esposto per sostenere la campagna elettorale dell'attuale Premier. Occorrerà maggiore prudenza e trasparenza, ma anche molta cautela, perché ogni decisione presa per volere dell'UE, così lontana dalla vita reale dei cittadini, si ripercuoterà inevitabilmente sull'economia italiana, già debole.  Il nostro augurio è che questo mandato italiano segni la svolta della politica europea, e non sia solo un "premio di consolazione" per dare ampio spazio a terzi di agire e di prendere le decisioni che contano. In altre parole, speriamo che l'immagine delineata dal The Economist resti una provocazione e non sia una satira di quella che sarà l'Europa nei prossimi anni.

01 agosto 2014

Ex dipendente della Kfor oggi terrorista dell'ISIS

Pristina - Lavdrim Muhaxheri, ormai leader dei combattenti albanesi nel gruppo paramilitare dello Stato Islamico dell'Iraq, Sham o ISIS, nella guerra in Siria e in Iraq, in precedenza ha lavorato come dipendente presso la base americana della Kfor di Bondsteel, in Kosovo, e per la NATO in Afghanistan. Nel periodo di Ramadam nel 2013, è stato anche parte delle attività della BIK (Comunità Islamica del Kosovo) a Kaçanik, il che viene evidenziato da diverse foto. Lo stesso, noto come il Comandante Muhaxheri, è stato eletto lo scorso anno capo degli Albanesi che fanno parte dell’ala dei ribelli contro il regime di Bashar al-Assad, ma non la parte che cerca la democrazia in Siria, ma il braccio che vuole una Siria con la Sharia – si tratta di gruppi vicini ad Al-Qaeda. 


Lavdrim Muhaxheri, cittadino kosovaro di Kaçanik, circa un mese fa, insieme ad altri terroristi, ha strappato pubblicamente il passaporto della Repubblica del Kosovo, e gli altri hanno distrutto anche i passaporti albanesi, con la motivazione che "i musulmani sono un unico popolo e non hanno bisogno di passaporti, perché appartengono allo Stato dell’Islam". Dopo la diffusione di tale video, in questi giorni, Muhaxheri ha pubblicato sul suo profilo di Facebook, delle foto di una violenza inaudita, lo si può vedere mentre taglia la testa ad un giovane adolescente sciita con un coltello.
Tali immagini hanno sconvolto l’intera opinione pubblica albanese, sia del Kosovo, che della Fyrom e dell’Albania, compresa anche la comunità musulmana, la quale ha condannato, Lavdrim Muhaxheri. "Non dite schifezze. In primo luogo dovete conoscere la storia di quanto è successo ed invece state scrivendo qui parole senza senso. Che Dio vi maledica", ha scritto Muhaxheri, maledendo tutti coloro che lo contrastano e lo offendono.


Tuttavia, una persona intervistata dal quotidiano kosovaro Express, rientrata di recente dalle trincee della guerra in Siria, ha negato che Muhaxheri è comandante degli Albanesi. Quest’ultimo ha riferito che è solo il garante per gli Albanesi che entrano a far parte dei jihadisti. Nel corso delle ultime settimane, la polizia kosovara ha arrestato llir Berisha, Jetmir Kyçyku e Sedat Topjani, e ha dichiarato Burim Ballazhi ricercato. Tutti sono sospettati di attività terroristiche, e di relazioni ed amicizia con Muhaxheri. Inoltre l’Express riferisce che oltre 10 Kosovari si stanno preparando a degli attacchi terroristici-kamikaze in Kosovo e che potranno attaccare anche luoghi del Governo e persino i campi della KFOR, senza escludere le altre istituzioni di sicurezza. I suoi amici raccontano che Lavdrim Muhaxheri è stato associato alle correnti estremiste solo alla fine del 2012, inizialmente all’associazione locale "Parimi", da cui più tardi è nata l'associazione "Gioventù Islamica - Kaçanik" dove Lavdrim Muhaxheri ha la carica di "Emiro" – cioè di leader dell'ala militare del organizzazione.

Quest’ultimo, ha aderito alla guerra in Siria, come mujaheddin, nel 2012, per ritornare un anno dopo. Fino alla metà del Ramadan del 2013 era in Kosovo, mentre in seguito è rientrato unendosi ai combattenti in Siria, acquistando una posizione di leadership. Lavdrim Muhaxheri è diventato inizialmente famoso con un video pubblicato su Youtube dove invitava i giovani albanesi ad unirsi alla guerra in Siria. Successivamente ha preso il ruolo principale negli scontri interni di resistenza contro Bashar Al Assad, che fu anche il primo degli Albanesi che apertamente ha confermato che vi sono profonde divisioni tra i rivoluzionari. Lavdrim Muhaxheri guida la frangia albanese, tra cui quelli dell'Albania e della Fyrom-Macedonia, nella struttura all'interno dell’ISIS composta dagli stranieri, che sono migliaia, oltre 10 mila di cui 2 mila da tutta l’Europa.

Dopo la violazione del profilo su Facebook di Lavdrim Muhaxheri, i suoi amici hanno subito reagito aprendo un profilo con il nome "100.000 Klikime Ne Perkrahje te Lavdrim Muhaxheri". Intanto fonti affidabili all’interno delle strutture di sicurezza in Kosovo hanno dichiarato, attraverso "Indeksonline" che Lavdrim Muhaxheri, mentre il Kosovo si stava preparando a proclamare l’indipendenza, era stato contattato dal Servizio Informativo della Serbia, conosciuto come BIA. "Lo scopo della BIA era che all'interno del Kosovo ci fossero degli elementi religiosi radicali per destabilizzare il Paese alla vigilia dell'indipendenza. Il contatto e la cooperazione con Lavdrim Muhaxheri sono stati realizzati pochi mesi prima della dichiarazione di indipendenza", hanno detto tali fonti, secondo cui gli individui estremisti in Kosovo sono il prodotto delle strutture statali della Serbia, che in continuazione hanno cercato di fare del Kosovo un coacervo di radicalismo. Un giorno prima, il Presidente del Kosovo organizzò una riunione speciale presso la Presidenza con i capi delle strutture di sicurezza, incentrando la questione proprio su Muhaxheri, al fine di attuare delle misure per prevenire e condannare tali strutture, in modo che il Kosovo non diventasse alloggio per tali movimenti radicali di stabilizzazione del Paese.

25 luglio 2014

Osservatorio Italiano intervista Amedeo Matacena. La Giustizia all'italiana

"Il mio caso farà giurisprudenza. Quando nulla sarà più possibile per veder riconoscere legalmente la mia innocenza, sarò pronto a rientrare". Questo quanto affermato  nell'intervista rilasciata all'Osservatorio Italiano dall'ex parlamentare Amedeo Matacena, il quale si trova attualmente a Dubai, in attesa di un riscontro al ricorso presentato alla sentenza della Cassazione, per poi ricorrere eventualmente alla Corte Europea di Strasburgo. Il caso Matacena getta così ulteriori ombre sugli abusi della magistratura, estremamente politicizzata ed oltre i limiti posti dallo stato di diritto. Tali distorsioni vanno ad indebolire ancora di più l'economia italiana, che diviene maggiormente vulnerabile alle pressioni delle lobbies straniere. Dopo la sentenza di assoluzione dell'ex Premier Berlusconi, ci si pone molte domande sulle metodologie di indagine della Procura, e sull'eccessiva strumentalizzazione dei media, che hanno fatto del 'gossip' uno strumento di pressione e di diffamazione gratuita. Molti sono ormai i casi di criminalizzazione dell'imprenditoria italiana per il  cosiddetto "concorso esterno in associazione mafiosa", che hanno consegnato poi a gruppi di interesse stranieri interi patrimoni, ormai svalutati. Bisogna, a questo punto, definire con maggiore puntualità che cos'è la "mafia", perché anche i cartelli di lobbying e le società di consulenza agiscono con "metodologie di stampo mafioso", ricorrendo a ricatti, violenze ed attentati. In questa congiuntura economica storica, anche la criminalità ha cambiato il suo volto, e mentre la magistratura insegue inchieste '"da gossip",  l'Italia è sempre più esposta agli attacchi economici esterni. 

"E' nostro dovere batterci e difendere il diritto alla legalità, ma nessuno creda di avere l'esclusiva della legalità e della moralità".

Secondo lei, esiste il ragionevole dubbio che l’indagine che la riguarda possa essere stata condizionata da appetiti verso le sue attività imprenditoriali?
Certamente è possibile che, avendo provato nel passato la società di famiglia ad esercitare una leale concorrenza sullo stretto di Messina, alcuni interessi di parte abbiano condizionato l'indagine. Bisogna aggiungere a ciò che la società di famiglia sta conducendo in questo momento un’azione risarcitoria nei confronti dello Stato italiano per circa  190 milioni di euro. Non riesco ad immaginare le conseguenze se l’azione risarcitoria dovesse essere riconosciuta dal Consiglio di Stato ora o dalla Corte Europea, alla quale si può ricorrere dopo in caso di soccombenza. Credo di non esagerare nel dire che ci sia molta attenzione nei miei confronti.

Da dove deriva tale ingente somma di risarcimento?
L’azione risarcitoria deriva dalla mancata autorizzazione da parte dell’Autorità Marittima Italiana, di attivare la linea di collegamento navale tra le due sponde dello stretto di Messina,  alla società di famiglia, che era in concorrenza con le Ferrovie dello Stato (Bluvia e un altro operatore privato). Si chiedeva di rompere un monopolio, nel rispetto della legge italiana e della relativa direttiva europea, per la quale nessuna azienda può operare in regime di monopolio o utilizzare in esclusiva le banchine dei porti italiani e comunitari.

Si è parlato molto degli investimenti energetici nei Balcani, di grandi affari ma pochi andati a buon fine, su cui l’Osservatorio Italiano ha più volte sollevato dubbi. Qual è il suo parere circa la fattibilità di questi progetti?
Non ho mai provato a fare un investimento nei Balcani, di nessun tipo e genere. Mi è stato proposto un investimento in Albania nel settore idroelettrico, sul quale ho ricevuto un business plan, che ritenevo potenzialmente valido. Tuttavia, la mia attuale posizione mi impedisce qualsiasi tipo d’impegno imprenditoriale.

Come vede da Dubai l’evoluzione della politica italiana, rispetto a quella degli altri paesi europei?
Vedo un Paese che sta provando a fare ogni sforzo con intelligenza per ammodernarsi ed uscire dalla crisi globale presente in forme e modi diversi, anche a Dubai. Infine, mi sembra che siano sotto gli occhi di tutti gli ultimi dati economici sulla Germania, che sta cominciando ad accusare la crisi.

A suo parere, l’economia italiana è esposta maggiormente a pressioni di lobbies economiche esterne oppure alle distorsioni innescate dal sistema giudiziario?
Ad ambedue.

Le recenti vicende giudiziarie dello scenario italiano vedono aumentare sempre più la strumentalizzazione dei media da parte della magistratura. Un circuito vizioso, che l’Osservatorio Italiano ha definito “Mafia del Gossip”, in cui i media pilotati da interessi privati, vengono utilizzati dai magistrati per inquinare i processi, estorcere prove e incutere pressioni psicologiche. Considerando anche la sua personale vicenda, Lei crede che l’assoluzione di Berlusconi abbia dato i primi segnali del fallimento di questo sistema?
Se non fosse una domanda sarebbe la mia risposta. Il caso Berlusconi è in assoluto inquietante, perchè la differenza di valutazione tra il primo ed il secondo grado di giudizio è incredibile, è intervenuta una decisione diametralmente opposta.

Può delineare con maggiore precisione le responsabilità dei media, e quindi evidenziare quali sono stati i punti su cui i media hanno fatto maggiore disinformazione, danneggiandola? Cosa hanno deliberatamente omesso, e su cosa hanno intenzionalmente mentito?
Hanno deliberatamente omesso che rappresento l’unico caso giudiziario nella storia italiana alla quale vengono arrestate contemporaneamente madre e moglie, nonostante la mia persona sia sempre stata assolutamente identificabile e collocabile a Dubai. Sono libero di circolare, di frequentare luoghi pubblici, con l’unica restrizione dell'obbligo di firma una volta a settimana, per confermare la mia presenza localmente. Infatti, esiste una sentenza delle sezioni unite della Cassazione penale (n. 21035/03 del 26/3/2003, Caridi, Cassazione penale 2003, 2549 s.), che evidenzia che da quando sono stato arrestato a Dubai, non sono più formalmente latitante. 
Inoltre, non è stato evidenziato - in particolare - che quanto supposto dalla Procura, commesso da mia madre e mia moglie, si configurerebbe solo come "favoreggiamento". Tuttava, avendo le mani legate, perchè entrambe non imputabili di tale reato, per colpirmi, hanno “aggirato l’ostacolo” inventando quelli di ipotetica "interposizione fittizia" e di "tentato favoreggiamento" nell'evitare lo sconto della pena. Reati questi che, di fatto, si configurano sempre e solo in eventuale forma di favoreggiamento. L’arresto simultaneo, con la scusa di favorire la mia “latitanza e fuga a Beirut”, si è dimostrato totalmente fallimentare, in quanto Beirut ha estradato ma Dubai no. Personalmente non mi è mai passato per la testa di andare in Libano. Pertanto mia madre e mia moglie sono ambedue in carcere, senza motivi reali. Nessun media ha voluto approfondire questo barbarico aspetto dell’arresto preventivo. Sfido i media a dimostrare un altro caso (mafia, terrorismo, criminalità) in cui sono state arrestate madre e moglie contemporaneamente!

Può spiegarci perché ha sentito il desiderio di scappare?
In primo grado sono stato assolto perchè il fatto non sussiste. In secondo grado sono stato assolto perchè il fatto non sussiste. Viste le due assoluzioni, non ho presenziato alla Cassazione perchè mi sentivo tranquillo, in base a ciò che mi evidenziavano i miei legali Alfredo Biondi e Franco Coppi.  Ero fuori per motivi legati all’acquisto di un immobile alle Seychelles. Per cui non ho mai sentito il desiderio di scappare, ma quello di non tornare, ritenendomi vittima di una situazione di cui alla vostra domanda e mia risposta precedente. Pertanto, sto provando a richiedere ed ottenere asilo politico, e mi sono appellato alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Intanto, incredibilmente, la Cassazione ammette un primo errore e mi ha ridotto la pena da 5 a 3 anni. Conoscete altri casi di questo tipo? Farà giurisprudenza. Ora ricorrerò anche per i 3 anni. Quando nulla sarà più possibile per veder riconoscere legalmente la mia innocenza, sarò pronto a rientrare.

18 luglio 2014

Una Ustica ucraina?

Roma - Che qualcosa stava per cambiare ce lo aveva suggerito proprio Obama, quando ha annunciato di aumentare le sanzioni e, proprio come i grandi giocatori di poker, ha tentato di alzare la posta per poi far saltare il banco. Ci siamo abituati ormai alle fonti anonime, alle matrici che appaiono e scompaiono, alle intromissioni dei generali in pensione che entrano nelle lobby affaristiche per mettere mano su business energetici e giochi d’azzardo. Cosa sia accaduto nei cieli dell’Ucraina è difficile da stabilire con certezza, e non staremo qui a dire quale parte menta più dell’altra, né a spiegare come mai gli americani sapessero esattamente che un missile ha colpito un aereo a 10 mila metri di altezza. Ci chiediamo, però, perché quell’aereo di linea si trovasse in quel punto, in una rotta insolita rispetto a quella abituale. Si pone anche la domanda sul perché sia ancora la Malaysia Arlines a perdere un Boeing, sapendo oggi con certezza che l’aereo è stato abbattuto, mentre dell’altro non ne ha ancora traccia. La macchina della propaganda è stata azionata,  e i media cominciano già ad allinearsi alla versione confezionata dalla CIA. Sono tante le notizie che vengono pubblicate, per essere poi cancellate immediatamente dopo, e ormai le fonti di agenzia non sono più rintracciabili. Per cominciare,  la registrazione dei ribelli che conferma l'abbattimento è visibilmente montata e falsa, come dubbia è anche la tesi del missile che ha fatto esplodere in aria il Boeing, considerando che il velivolo ha avuto un impatto sul suolo e molti dei bagagli non si sono distrutti: testimoni parlano di "qualcosa" che ha colpito l'aereo e lo ha diviso in due parti, che si sono poi schiantate sul suolo in un raggio di diversi chilometri.
Obama, nel suo intervento, afferma che "le prime prove raccolte indicano che il missile è stato sparato dai filorussi", ma resta molto vago su cosa possa costituire una "prova", oltre al fatto che l'incidente sia avvenuto in una regione (territoriale) a controllo filorusso e che "i russi hanno fornito armamenti". D'altro canto, non si può dire che l'America sia nota per aver fornito in passato delle "prove attendibili", e la storia ne è testimone: prove con quelle delle armi di distruzione di massa dell'Iraq, dei crimini di massa di Gheddafi, dell'attacco chimico della Siria.  In questo caso, è davvero difficile credere che delle milizie abbiano strumentazioni e radar in grado di sferrare un attacco da terra e riuscire a raggiungere con tale precisione un mezzo in movimento. Per colpire un simile bersaglio occorre una stazione di controllo, dei comandi precisi e dei mezzi aerei. Come credono di poter giustificare un simile evento con una dinamica così semplicistica.   


Parlare oggi di una “Ustica ucraina” non è poi così lontano dalla verità: la storia ci insegna che fu un missile francese ad abbattere il DC-9, e un aereo francese ha bombardato il colonnello Gheddafi. Dopo anni di sceneggiate, di film e di processi, la verità è talmente scomoda e poco onorabile, che quella di allora sembra si stata senza dubbio una decisione difficile. Oggi come allora, si ripetono gli stessi eventi, forse qualcuno ha agito preventivamente e ha di proposito messo l'aereo della Malaysia in quella particolare posizione. Lo scenario è lo stesso: anche allora si affrettarono ad affermare che un aereo civile era caduto e tutti erano morti, nonostante la verità fosse ben diversa, proprio come Obama ha dichiarato con altrettanto sicurezza che a colpire sia stato un missile. Tuttavia, si può anche ipotizzare che in volo vi fosse un "pacco diplomatico", e forse per questo gli Stati Uniti si sono affrettati a descrivere una dinamica simile all'esplosione di un missile. Di contro i russi hanno ventilato altre ipotesi, e di risposta è giunta la breve nota trasmessa dalla Russia Today, secondo cui nello spazio triangolare della Malaysia Airlines passava l’aereo presidenziale russo. Nel caso in cui questa notizia si rivelasse vera – cosa che sapremo solo nel tempo – allora vorrà dire che qualcuno ha deciso di suicidarsi da solo, perché i nostri “romantici russi” potrebbero avere delle reazioni spericolate. Da oggi in poi dobbiamo prestare molta attenzione a chi stringiamo le mani, perché evidentemente questa Alleanza Atlantica non esiste più. 


Mentre l’esercito israeliano ha del tutto invaso la striscia di Gaza, bombardando civili e avanzando con i carri armati, il mondo occidentale tace, mentre ha imposto contro la Russia sanzioni economiche per aver sostenuto l’indipendenza della Crimea, ben sapendo che i soldati russi si trovassero in quella regione da oltre 100 anni. L’intera destabilizzazione dell’Ucraina è stata addossata alla Mosca, ma non è stato mai accertato quanti mercenari occidentali siano di stanza a Kiev né la mole dei petrodollari che la Casa Bianca ha stampato per l’occasione. E’ anche vero che servono ad ambedue le parti “statistiche di morti” per giustificare azioni politiche e sabotaggi economici. Siamo assetati di vittime per poter propagandare gasdotti, siamo ostaggio di società petrolifere che hanno eserciti privati, e sparano su civili inermi. Non c’è stata nessuna condanna da parte dell’ONU, perché anche questa nobile organizzazione si serve di carnefici mercenari e di un esercito di mistificatori, pagato con i soldi dei contribuenti.
Se oggi l’America va in giro a promettere mari e monti a tutti, ed in particolare ai piccoli Paesi che aspirano ad emergere, prima o poi questo “full d’assi” bisognerà andarlo a vedere. Il bluff dei giocatori di poker non sarà sempre accettato da chi invece gioca a scacchi, e allora sarà un po’ difficile poter affrontare gente che è catapultata nella Seconda guerra mondiale e nella eroica Armata rossa. Un primo monito è giunto proprio dal Presidente rumeno Basescu, che ha consigliato di raggiungere al più presto un accordo con la Russia e di chiudere questa storia. In altre parole, voleva dire che i “cari amici americani e i colleghi europei, così rilassati e adagiati sugli allori, non devono illudersi che questa sia una passeggiata, perché con questi scherzi si può andare per le lunghe, e le popolazioni dell’Est, ancora troppo nostalgiche, non penseranno due volte a prendere una decisione vicina al loro passato”. L’onda anomala che si sta sollevando, quindi, non potrà essere arginata con tv e media pappagalli. Con mercenari e terroristi si può resistere ancora molto, oppure dopo le primavere arabe e le rivoluzioni arancioni avremo una rivolta rossa. 

11 giugno 2014

Dopo disfatta in Siria i jihadisti dell'ISIS invadono l'Iraq

Bagdad - I membri dell'esercito regolare dell'Iraq hanno lasciato le loro postazioni nella città di Mosul, dinanzi all'avanzata dello «Stato Islamico dell'Iraq e del Levante» (ISIS). Dopo la guerra, questa è la prima volta che l'Iraq perde il controllo di una delle sue province. Centinaia di ribelli legati ai jihadisti dell'ISIS  hanno preso le province di Ninive e Salahuddin, con una grave battuta d'arresto per il Governo. In Iraq, i jihadisti già controllano Falluja e diverse aree della provincia occidentale di Al Anbar, della Regione di Ninive.  L'ISIS, nei suoi comunicati diramati sui socialnetwork, ha affermato di aver sequestrato armi e mezzi dell'esercito in fuga. Prima dell'alba, centinaia di uomini armati hanno lanciato un attacco a Mosul contro l'esercito e la polizia. Hanno preso il controllo della sede del governatore, delle carceri e della televisione, annunciando attraverso gli altoparlanti delle moschee che sono lì per liberare la città. I combattenti della Jihad hanno preso il controllo anche di due aree della provincia di Salahuddin, a nord di Baghdad. I ribelli hanno occupato le regioni di Siniyah e Suleiman Bek, dopo il ritiro delle forze di sicurezza, come confermato il generale dell'esercito e un funzionario locale. 

Questa l'amara conseguenza dell'impatto del ripiegamento sui territori limitrofi dell'armata  di ribelli cacciata dall'esercito siriano. Nei territori iracheni si sono nel tempo assembrati gruppi di jihadisti, che hanno quindi creato qui le loro basi logistiche, prima di entrare sul territorio siriano. La loro presenza ha destabilizzato del tutto la situazione interna dell'Iraq, dove le lotte politiche hanno subito le tensioni tra sciiti e sunniti. Ricordiamo che il Primo Ministro uscente e capo dell'esercito Nouri al-Maliki, aderente alla corrente sciita, e accusato dai sunniti di essere un "dittatore" non è ancora intervenuto dopo l'intensificarsi degli attacchi. 
 



04 giugno 2014

Caso Dalmatinka: Perizia del tribunale conferma ragioni dei Ladini

Trieste - E' stata finalmente depositata la perizia giudiziaria ordinata dal Giudice del Tribunale di Spalato, per la verifica e il controllo del credito vantato da La Distributrice Srl e La Distributrice Investments Srl relativo alle forniture di merci alla Dalmatinka Nova per il totale di circa 6,5 milioni di euro. Le forniture e il credito sono stati invece negati in occasione dell’apertura del fallimento illegale nel luglio del 2009 dall'allora Giudice Ivan Basic, come pure dai curatori fallimentari e dal Ministero delle Finanze croato, nonostante la presentazione dei documenti doganali croati che comprovavano le avvenute forniture. La negazione dei legittimi diritti dei fratelli Ladini e i continui boicottaggi hanno portato al mancato inserimento di La Distributrice Srl e La Distributrice Investments Srl nel comitato dei creditori della Dalmatinka Nova impedendo così qualsiasi controllo sull’operato del fallimento.

La perizia giudiziaria conferma in maniera inequivocabile la fondatezza della richiesta di risarcimento per le merci spedite degli imprenditori Ladini, e danno un elemento fondamentale per dimostrare l’avvenuto saccheggio dell'investimento italiano nell'azienda tessile della Dalmatinka che ha provocato danni ai fratelli Ladini per decine di milioni di Euro. Questo l'esito entusiastico della dura lotta giudiziaria portata avanti ad oltranza dai Ladini per circa 5 anni, depositando denunce e ricorsi presso le Corti e gli organi istituzionali di Italia, Croazia e Unione Europea, nonostante non abbiano avuto il totale sostegno da parte dei funzionari italiani. Quello dei Ladini è stato un cammino difficile, incontrando spesso opposizioni e critiche, sia da parte delle istituzioni croate che italiane. Su quest'ultime ricadono molte responsabilità, come quella di non aver riconosciuto l'applicazione della Convenzione italo-croata per la tutela degli investimento, e di non aver riposto una consolidata fiducia nelle legittime ragioni dell'azienda italiana, spesso messe in dubbio o persino negate.

Al contrario, la perizia ordinata dal giudice Vukovic di Spalato, che fa riferimento solo alle merci fornite, conferma l'esistenza di un danno di circa 6 milioni di euro agli imprenditori italiani. Decisivo è stato l'intervento richiesto dai F.lli Ladini del Presidente croato Ivo Josipovic, che ha mediato in maniera attiva alla risoluzione di un caso così controverso. Si attende ora la sentenza del giudice per il risarcimento dei primi 6 milioni, per il quale si spera nel raggiungimento di un accordo risolutivo, per poi passare al deposito della perizia per le forniture de La Distributrice Investments Srl (pari a circa 500 mila euro). Dovrà essere confermato anche il risarcimento dell’investimento per la perdita della fabbrica e dei macchinari valutati in decine di milioni di Euro (circa 22 milioni).  Senza dubbio si avvicina l'archiviazione di un caso che ha rivelato, ancora una volta, l'incapacità delle istituzioni italiane di far valere le proprie ragioni, nonostante sia comprovate da Convenzioni e protocolli, nonché da prove materiali e valide argomentazioni.

30 maggio 2014

Ucraina e disinformazione: media italiani cadono nella propaganda russa

Kiev - Quella che Rainwes24 definisce "L'imbarazzante gaffe di un generale ucraino", potremmo chiamarla una "Imbarazzante gaffe del servizio pubblico di informazione" che copia-incolla una notizia presa da un socialnetwork senza verificarne la fonte. Infatti, il particolare evento che viene riportato, pubblicando la foto che ritrae l'ambasciatore americano a Kiev, è stato estratto da una cerimonia di commemorazione tenuta lo scorso giugno.  L'ambasciatore John Tefft riceve gli omaggi della Marina ucraina  in onore del comandante americano John Paul Jones, che 226 anni prima aveva prestato il giuramento cosacco, e poi servito come Ammiraglio la Marina Imperiale russa, guidando la flotta nella guerra russo-turca. La spada offerta all'ambasciatore americano non è quindi il simbolo della consegna delle armi al vincitore, ma un gesto di rispetto per l'eroe che sconfisse gli ottomani durante la campagna navale nel Liman del 1788. Cosa dire, è evidente che il giornalista di Rainews non ha verificato attentamente le sue fonti, cadendo ingenuamente nella propaganda russa, divenuta ormai feroce soprattutto all'interno dei socialnetwork. Bastava infatti rispettare la regola fondamentale del giornalismo, che chiede la "contestualizzazione" degli evenit. Resta tuttavia il sospetto che il nostro servizio pubblico "non abbiamo molte fonti locali" e si limiti troppo spesso a copiare e incollare le informazioni del web, contaminate dall'una e dall'altra parte.  

26 maggio 2014

I Big data della 'Casaleggio Associati'

Roma - Quando vedemmo i primi risultati della vittoria dello 'sfondamento' di Beppe Grillo alle politiche, ci colpì la sicurezza di Vito Crimi, che oscillava tra lo statista e il venditore di Folletto. Indimenticabili furono i video della Lombardi che, da vera lavoratrice, alle 21,30 era ancora lì alla Camera a registrare il video da postare. Indimenticabile  Di Battista, che contava gli scontrini spiegando perché "aveva mangiato una tagliata invece che una pizza". Indimenticabile Grillo che voleva fare "il colpo di Stato con l'asterisco", ma è arrivato in ritardo perché c'era traffico.  Una lunga serie di grottesche situazioni. Il peggio però è avvenuto quando la Lombardi chiede il Copasir. 

Mai le eminenze grigie potevano aspettarsi di ripiombare in quegli attimi di concitazione che seguirono al missile di Gheddafi su Lampedusa. "E ora come facciamo, che non abbiamo neanche la benzina per ritornare dopo il bombardamento?!", esclamò l'Orso. La Volpe allora disse: "Ma veramente pensi che possiamo bombardare?Aspettiamo cosa dice Gheddafi. Intanto lo minacciamo". La salvezza arrivò quando Gheddafi si ritirò da solo, e tutti esclamarono "abbiamo vinto!", e si abbracciarono. 

Oggi come allora, la sola immagine di Vito Crimi a capo del Copasir ha creato lo stesso caos: non per i segreti, ma per le domande che poteva fare. "Sa che con tre limoni si può fare il detersivo, mentre noi dobbiamo utilizzare gli agenti chimici delle multinazionali?". Possiamo anche immaginare la possibile risposta: "In questo momento stiamo monitorando la situazione dei limoni. Riteniamo che ci sia un possibile conflitto che potrebbe destabilizzare la geopolitica internazionale, sfiorando in maniera obliqua l'ala di Al Qaida". 

Ci eravamo persi anche noi in questo cammino, durante il quale questo gruppo di "cittadini della rete", che uscivano dalle webcam, dalle chat e dai forum, erano alla ricerca di una community per sfogare le loro frustrazioni.  Solo dopo averli conosciuti di persona, Grillo si è reso conto della tragedia umana. Lì ha deciso, in maniera molto intelligente, di togliere loro i rimborsi elettorali, onde evitare che cadessero nella spirale del denaro.
Resta invece ancora avvolto nel mistero, il ruolo di Casaleggio, grande mente del Movimento. Francamente non abbiamo capito cosa abbia fatto la sua società di marketing, oltre all'aver creato degli utenti falsi e postato dei video, con commenti autocelebrativi. 

Ironia della sorte, in tutta questa storia di schiamazzi, sono bastate cinque domande di Bruno Vespa per dimostrare che Beppe Grillo non è capace di articolare un discorso, figuriamoci a guidare un Paese. Come anche è bastata una puntata di Report per cancellare l'Italia dei valori. Invece Silvio, nonostante la Minetti e la D'Addario, è riuscito a mantenere la sua posizione. Renzi ha stravinto con 80 euro e la Boschi. 

Beppe, noi non ce l'abbiamo con te, anche se ci scopiazzi gli articoli. Noi te l'avevamo detto: l'Italia non è un Paese di computer, del signor Internet. I big data di Casaleggio non servono a niente, i software non ti aiutano se non hai una dirigenza vera: per creare dei veri statisti ci vogliono anni. E' anche vero che i nostri funzionari a volte sbagliano, ma secondo te non avevano pensato anche loro al "reddito di cittadinanza", e Berlusconi non se la sarebbe rivenduta, anni prima che tu entrassi in politica?  Anche della storia del "potere orizzontale" e del "potere verticale", non hai capito niente, o forse chi ha letto ti ha raccontato male. E questo è tutto ciò che volevamo dirti. 

25 maggio 2014

Scontri a Slovyansk: Giornalista italiano ucciso da mortaio dell'esercito di Kiev

Kiev - Un giornalista italiano e il suo interprete russo sono rimasti uccisi nel corso di uno scontro, presso un villaggio nella regione di Andreevka  Slovyansk, tra le forze di auto-difesa filorusse e l'esercito ucraino. A renderlo noto sono le agenzie russe Ria Novosti e Interfax, confermando che il cittadino italiano è morto a seguito delle gravi ferite riportate nel corso di un bombardamento. La notizia è stata diramata dagli esponenti della cosiddetta Repubblica popolare di Donetsk (DNI) tramite la loro pagina di Twitter, riportando il nome del giornalista italiano, Andrea Rocchelli,  fotoreporter di Cesuralab, e del suo traduttore Andrei Mironov. Questa è anche la prima perdita umana tra le fila dei giornalisti occidentali che sono di stanza nel conflitto dell'Ucraina sud-orientale, che sino a questo momento sono stati oggetto solo di fermi o temporanei sequestri. Da notare che alcune fonti non ben accertate si sono subito affrettate ad affermare che il fotoreporter è stato attaccato da "terroristi russi", ma vi sono precise immagini su quanto avvenuto, registrate dai colleghi russi che li accompagnavano, che dimostrano come i colpi  di mortaio erano rivolti contro una postazione delle forze di auto-difesa filorusse. 

Video bombardamento check-point filo-russo -
Fonte ANNA News (link)
Le immagini riprese dall'Agenzia della Abkhazia, ANNA News, mostrano il sopralluogo dei giornalisti nei pressi di un checkpoint delle forze di autodifesa filorusse. Qui assistono al bombardamento a distanza con i mortai che interessa la zona di Simenivka. Quando i colpi cominciano ad avvicinarsi, decidono di spostarsi, scortati da uomini armati. Nel mentre subiscono un attacco molto ravvicinato che li spaventa, ma non li uccide. Il video risale ad un periodo precedente alla morte, forse anche il giorno precedente, o qualche ora prima di un bombardamento molto più massiccio che prende di sorpresa anche la scorta armata dei giornalisti.
Fermo immagine della bandiera russa posizionata dinanzi alla barricata di Slovyansk che ha provocato la morte del giornalista italiano 
Mappa che mostra la dinamica del bombardamento delle postazioni russe nei pressi dell'ospedale di Semenivka

L'Ambasciata Italiana a Kiev sta cercando di verificare i dettagli di quanto avvenuto, considerando la dinamica dei fatti piuttosto confusa. Secondo alcuni resoconti dei media, questo sabato 24 maggio, verso le cinque del pomeriggio, nella zona nei pressi del villaggio di Andreevka Sloviansk, un gruppo di giornalisti stranieri è stato colpito da mortai sparati dall'esercito ucraino, che nel frattempo aveva intrapreso una dura azione in quella zona contro i filo-russi. Tale notizia è stata confermata anche dal fotografo francese William Roguelon dell' agenzia Wostok Press, che era accanto al suo collega italiano, rimasto solo ferito, dopo essere riuscito a ripararsi dai colpi improvvisi. Tuttavia, il giornalista francese non è riuscito a ricostruire esattamente cosa sia successo al suo compagno italiano e all'interprete, affermando di averlo visto disteso a terra e non muoversi più, prima di uscire dalla tenda per essere prelevato da un'auto. Nella sua prima dichiarazione rilasciata al media Komsomolskaya Pravda, afferma di non sapere dove si trovi in quel momento il giornalista italiano, e che lo sta cercando.

Slavyansk: testimonianza giornalista francese
Testimonianza del fotoreporter francese, William Roguelon, rimasto ferito nell'attacco dell'esercito ucraino verso una postazione delle forze di auto-difesa di Slavyank filo-russe.

12 maggio 2014

L'aereo fantasma trova la licenza

Tirana - Tutto è cominciato dalle accuse sollevate dall’ex Ministro della Difesa Arben Imami, rivolte all’attuale capo del dicastero Mimi Kodheli, circa lo sfruttamento delle infrastrutture delle forze armate per fare un traffico di droga. Una tesi che viene presto abbracciata da tutta l’opposizione, diventando una voce unanime all’interno dei dibattiti parlamentari, e chiedendo pubblicamente di fornire spiegazioni sull’esistenza di un ‘traffico di droga’ attraverso un piccolo aereo bianco, utilizzando l’area di Divjaka e l’aeroporto militare di Gjader (Lezha). Il Ministro smentisce categoricamente, non si occupa del fatto e contrattacca con argomentazioni politiche. In suo sostegno interviene il Presidente del Parlamento Ilir Meta che, ridicolizzando le accuse di Sali Berisha, afferma che “gli aerei di cui parla l’opposizione sono quelli della disinfestazione delle zanzare”. Ciononostante, Berisha non esita, e rilancia con convinzione che “le sue informazioni sono chiare e si basano su fonti attendibili”.
Il caso vuole che, poco dopo, i media pubblicano il documento mediante il quale il servizio segreto albanese (SHISH) aveva informato il Ministero della Difesa della presenza di strani movimenti di un piccolo aereo bianco, sulla base di alcune testimonianze. Di seguito il capo dei servizi precisa che tali informazioni costituiscono dei “ragionevoli dubbi ma non dei fatti provati”, condannando allo stesso tempo la fuoriuscita del documento classificato. Dinanzi alle nuove evidenze, il Parlamento accetta l’apertura di una commissione di inchiesta per indagare sui fatti. Il primo incontro si tiene venerdì 9 maggio, il 10 maggio viene ritrovato un aereo. Secondo una prima ricostruzione, l’aereo in fase di atterraggio subisce dei danni al carrello e finisce sulla spiaggia di Divjaka. Il pilota, Giorgio Riformato (67 anni) cittadino italiano, afferma di aver avuto un’avaria e ha deciso un atterraggio di emergenza. Intanto, gli abitanti della zona allertano la polizia che, nel tragitto per raggiungere la spiaggia e non lontano dal luogo dell’incidente, vede un’auto abbandonata sul ciglio della strada, degli uomini in fuga e dei borsoni gettati accanto. Gli agenti intervengono e riescono a fermare Saimir Bajrami, che ha con sé 27 mila euro, e trovano 460 chili di marijuana nei borsoni.

La polizia, il giorno successivo, conferma che i due fatti sono collegati. Una volta che la notizia arriva sui media, il Ministro degli Interni annuncia con grande euforia, che l’aereo non è “un fantasma” bensì “reale e con licenza”, e grazie ad una grande operazione della polizia è stato fermato il traffico di droga. Berisha, non potendo fermare l’entusiasmo, lancia un comunicato sui social network in cui afferma che “l’aereo è atterrato per sovraccarico”, anche se in realtà era vuoto. Entrambi mentono. A questo punto, il dibattito dell’aereo misterioso, che aveva tenuto banco per settimane nei talk-show e in Parlamento, entra violentemente nelle chiacchiere di tutta l’Albania, ipotizzando scenari di complotti geopolitici e, in un certo senso, surreali. Il picco si tocca con il lancio sui social network, di un fotomontaggio di una fantomatica Prima Pagina del Corriere della Sera con i titoli “I baroni della droga” e “UE chiede arresto del Primo Ministro Rama e del Ministro degli Interni Tahiri”. Molti i media che, senza verificare l’informazione, hanno pubblicato la sensazionale notizia della ripresa del Corriere.

Che dire, Signor Primo Ministro, queste cose succedono quando si toccano certi circoli delle Agenzie, dove si creano le carte “a favore o contro”. Evidentemente, qualcuno non l’ha informata, ha fatto sì che vi fossero dei “ragionevoli dubbi” ed ha portato avanti con molta sicurezza l’intera vicenda, sapendo di ottenere un risultato. Purtroppo, qualche errore di comunicazione esiste tra i due uffici, e forse qualcuno, a Lei vicino, Le fa solo credere che è tutto sotto controllo. In queste “attività diplomatiche” servono delle persone di contatto che ‘cooperano’, quelle che volgarmente vengono chiamate eminenze grigie. Lei non è certo Mitterand, che può creare una centrale di ascolto all’interno della Presidenza del Consiglio. Deve quindi prestare attenzione alle raccomandazioni dei tecnocrati europei, che non sono in grado di capire le singole situazioni interne di Paesi come l’Albania, ma guardano i Balcani nel loro complesso. Bisogna negoziare le riforme, e non accettare passivamente per un’immagine politica. Il caro amico Fule, e tutto il suo staff, ha solo creato false prospettive e confusione, sprecando i soldi dei contribuenti europei per non concludere niente. Forse, Signor Primo Ministro, Lei vede l’Albania dall’esterno, dimenticando così gli albanesi. L’Albania non è solo Tirana, è da Konispol a Dukagjin.

29 aprile 2014

Campi per immigrati e separatisti nel Sud-Est dell'Ucraina finanziati dall'UE?

Mosca - I media russi hanno confermato l’informazione riguardante l'edificazione di campi speciali per i migranti illegali provenienti dall'Africa e dal Vicino Oriente la cui entrata in funzione è prevista per il mese di giugno 2014. Mamontov ha affermato che, molto probabilmente, ospiteranno anche i ribelli “separatisti” filo-russi. La struttura non è stata accolta con piacere dalla popolazione locale dell'Ucraina orientale, che è stata quindi vista come un vecchio retaggio della Seconda Guerra Mondiale, realizzato dal 'governo illegittimo di Kiev' con il sostegno dell'Unione Europea. Un modello di integrazione che non viene né compreso né accettato, e non fa che amplificare i toni delle accuse di Mosca sull'esistenza di una politica di Kiev avversa alle esigenze della popolazione russa e non-ucraina in questa parte del Paese. Un progetto, quindi, che poteva essere modificato, per venire incontro alle aspettative di tale realtà, senza dare adito a sospetti, e quindi fornire terreno fertile per  speculazioni giornalistiche.
Dal video registrato a Jdanovka (Regione di Donetsk) in via Frunze 3 (vedi mappa), si può notare un muro alto con del filo spinato, il quale in un primo momento può sembrare simile a campi di concentramento. In questo caso i lavori edili sono stati svolti dall’unità militare N19, mentre il loro termine è previsto entro il secondo trimestre del 2014. Il capomastro del cantiere, un cittadino turco di nome Ali (capomastro ufficiale dei centri per l'osservazione dei migranti illegali e l'alloggio temporaneo dei clandestini provenienti dall'Ucraina) ha dichiarato che il committente del campo è il Ministero degli Affari Interni dell'Ucraina e che i lavori sono finanziati dall’Unione Europea. Stando alle sue parole, negli edifici costruiti, le condizioni di vita saranno abbastanza buone.
Allo stesso modo, il portale Apologia, ha riferito che nella città di Jdanovka (Regione Donetsk) presso il centro urbano Nijnaya Krynka, sta avvenendo la costruzione di un campo regionale per emigranti per l'alloggio temporaneo delle persone deportate. La struttura è in fase di realizzazione dal 2013, nel territorio dell'ex-unità militare, e stando alle previsioni entrerà in funzione entro il mese di maggio 2014. Il committente del progetto scritto in lingua inglese, sarebbe il Ministero degli Interni ucraino, l'appaltatore è la società turca Arup ed i soldi arriverebbero direttamente dall'Unione Europea mentre il pagamento non sarebbe collegato con la mancanza finanziaria di budget ed effettuato con contanti. In base alle informazioni in circolazione la struttura entrerà in funzione nel mese di maggio 2014, quando invece la sua conclusione era stata pianificata per la primavera del 2015.
Secondo i media locali, i campi si trovano nelle Regioni dove sono concentrati maggiormente gli ucraini che parlano russo, piuttosto che persone di un'altra nazionalità. Di qui è subito sorta la speculazioni sulla possibilità che questi campi siano destinati alla deportazione in Russia degli ucraini filorussi. Le autorità hanno di contro affermato, in via del tutto ufficiosa, che i campi sono destinati ai nomadi di tutta Europa, che il Governo ucraino ha promesso di ospitare. Esiste, inoltre, una copia del documento, ricevuto da uno dei membri del partito Batkivschina, dal quale si apprende che non è stato costruito nessun “lager destinato alla morte”, ma “strutture educative” per "l’isolamento temporaneo dall'ordine amministrativo per i cittadini di quarta categoria”. Dal testo di 11 pagine emerge che il compito  dell’amministrazione consiste nell'unire le forze per "costruire una comunità nuova e compatta, orientata alla creazione di un'Ucraina grande e prospera” e per “avere una certa stabilità ed unione” tanto che, risulta necessaria la creazione di un potente esercito volto a trasformare la nazione in un'insieme di persone unite e patriottiche. 
Tenendo conto delle misure indispensabili per il raggiungimento dei suddetti scopi, è stata proposta la divisione del Paese in quattro categorie: 1 – il settore nazionale-patriottico (cittadini di 8 Regioni occidentali e persone con un alto senso di patriottismo); 2 – il settore patriottico che si sveglia (i cittadini filoucraini delle Regioni centrali); 3 – il settore convenzionale-patriottico (i cittadini leali delle Regioni filorusse); 4 – il settore instabile (le persone che vanno educate in modo intenso al fine di risvegliare il patriottismo nazionale, con l’isolamento temporaneo di coloro che si sono mostrati come nemici attivi della stabilità ucraina). Il regime dell’isolamento temporaneo sarebbe dunque una misura educativa e non repressiva. I campi, pertanto, dovrebbero essere utilizzati per svolgere il lavoro con i metodi conosciuti "MK-Ultra" ("Bluebird-II") o come si chiama ora, con la fornitura di "opportunità di lavoro diligente per portare vantaggi alla futura Ucraina grande e prospera”.
Non è noto come il popolo ucraino possa “accettare” una simile notizia. Tra l'altro è stato annunciato il disegno di legge, proposto dal deputato ucraino del partito Batkivschina–Ljashko, in base al quale “i cittadini ucraini che parteciperanno ai comizi dei separatisti sull’annessione alla Russia ed ostacoleranno il trasferimento degli eserciti e delle attrezzature militari, verranno riconosciuti come collaborazionisti degli occupanti, privati della cittadinanza ucraina e accusati penalmente di tradimento dello Stato” da "possibile" potrebbe trasformarsi in “reale”.

13 marzo 2014

Le guerre cybernetiche del futuro

Kiev - L'imprevista reazione del Cremlino alla crisi in Ucraina ha senz'altro messo in evidenza le lacune del meccanismo diplomatico delle Nazioni Unite nonché dei sistemi di intelligence dell'apparato NATO in generale, e statunitense in particolare. Non è stato possibile anticipare o prevedere in nessun modo la nascita di questa pericolosa 'incomprensione' con Mosca, nella più sbagliata convinzione che la Russia fosse debole o incapace di reagire in campo internazionale per difendere i propri interessi.La strategia della Russia, vista la sua complessità e tempestività, non è stata colta dalle intelligence perché con i loro "sistemi semantici di elaborazione" non potevano tracciare nessun grafico o cartina che contenesse una "risposta intelligente". L'indottrinamento e l'inquinamento delle informazioni è arrivato ad un livello tale che tutto ciò che circola sui tavoli diplomatici sono pure ovvietà, o mere elucubrazioni di fantomatici esperti. Con la guerra al terrorismo e la strategia delle rivoluzioni colorate era tutto facile, perché erano gli stessi servizi occidentali a provocare i 'casus belli', a produrre le prove e a monitorare i conflitti: per questo motivo erano così efficaci, così previdenti e infallibili.

Ed infatti, nell'immaginario collettivo occidentale e pro-europeo, si pensava, in maniera fin troppo semplicistica, di poter cambiare in maniera coatta la leadership al potere con una serie di scontri di guerriglia urbana e un 'tragico incidente' di martiri vittime del regime, per poi poter tranquillamente creare un nuovo Governo con cui firmare l'accordo di adesione e risolvere tutti i problemi economici ed energetici dell'Europa. Mai nessuna convinzione si è rivelata più errata e, dopo la pronta e rapida decisione di Mosca, si è creato un paradosso diplomatico che ha dell'assurdo: le potenze occidentali dovranno spiegare, senza misure unilaterali di interventi armati, chi ha provocato quell'omicidio di massa e perché non è stato rispettato l'accordo per le elezioni anticipate. In caso contrario, l'Ucraina perderà la Crimea e andrà incontro al pericolo di implosione interna, visto che il suo disastro finanziario non sarà equamente ripartito tra Russia e Europa, ma ricadrà totalmente sui contribuenti europei, che dovranno accogliere in UE uno Stato diviso, instabile, e con tutti i suoi oligarchi nelle cui mani si racchiude il patrimonio nazionale ucraino.

Tuttavia, è difficile oggi tracciare uno scenario su quanto accadrà, e forse questa è la prima guerra moderna per la quale non è possibile prevedere i probabili risvolti. Lo scontro tra le diverse correnti di disinformazione - da una parte i media occidentali, e dall'altra parte la propaganda russa - ha inondato i media e i circuiti di informazione, rendendo sempre più complicato la distinzione tra segnali sensibili di oggettiva pericolosità, e flussi di controinformazione per il depistaggio. Infatti, la controparte atlantica, non potendo intervenire in maniera diretta, sta utilizzando i giornalisti come pedine di provocazione, nel tentativo di cogliere quel passo falso che giustificherebbe la destabilizzazione completa del paese. La macchina hollywoodiana ha già sponsorizzato il movimento di Maidan, e tenta di fare lo stesso in Crimea, come anche in Russia. 

Va osservato in tale sede, che il video della "rivoluzione di febbraio" del Maidan (I Am a Ukrainian) è stato prodotto dalla stessa società che ha gestito altre campagne per la National Endowment for Democracy (NED). Le immagini sono state girate in uno studio, con un approssimativo fotomontaggio, mentre la bella ragazza che legge un accorato appello si chiama , e vive in America. Per la fotografia è stato assunto il britannico Graham Mitchell, dietro l'idea del professor Larry Diamond della Stanford University. Lo stesso produttore è coinvolto nella creazione del filmato trasmesso nell'autunno del 1990, che mostrava una ragazza di 15 anni (poi individuata come la figlia dell'ambasciatore del Kuwait nel Regno Unito) che raccontava le barbarie dei soldati iracheni sui neonati nelle incubatrici. Il video fu proiettano nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, mentre tre mesi dopo fu lanciata l'Operazione "Desert Storm".



D'altro canto la Russia, ben consapevole del funzionamento di tali meccanismi, ha creato un'intricata rete di propaganda, per spingere in un vortice di isteria gli stessi ucraini, dando al contempo molto credito all'impatto di controreazione delle singole comunità locali, soprattutto delle regioni orientali e sud occidentali. Ma prima di ogni azione, ha provveduto a chiudere i confini della Crimea, e a serrare le frontiere orientali, infondendo nelle autorità di Kiev il terrore di essere circondati. Le truppe di Berkut e delle milizie locali che controllano i confini della Crimea impediscono l'accesso ai giornalisti e ai funzionari delle organizzazioni internazionali e non governative, onde evitare che anche questa regione venga infiltrata da provocatori che possano causare degli incidenti. Contemporaneamente, la Russia sta diffondendo una serie di informazioni di dubbia veridicità, ma che hanno l'obiettivo di anticipare o scongiurare una reazione azzardata da parte dell'esercito ucraino. Da giorni infatti circola in maniera insistente l'allarme circa un possibile finto attacco delle posizioni ucraine da imputare ai russi, una sorta di auto-bombardamento (tecnica questa utilizzata spesso dagli eserciti NATO in precedenti conflitti, in particolare nella guerra della Jugoslavia) in modo da sbloccare lo stallo diplomatico e dare modo alle forze occidentali di intervenire a supporto di Kiev. I servizi russi hanno già paventato tale ipotesi, soprattutto a ridosso del referendum della Crimea, che andrebbe a destabilizzare la situazione e a bloccare del tutto il processo di distacco della regione.

Una dimostrazione di quanto affermiamo ci viene offerta dalla pubblicazione, da parte di un presunto gruppo di Anonymous, della corrispondenza di un ufficiale dell'esercito ucraino, che dialoga con un funzionario dello US State Departement - a cui chiede supporto ed assistenza da parte della NATO per fronteggiare l'avanzata russa - e poi con un fantomatico contatto, a cui chiede di inscenare un incidente che sia, in maniera incontrovertibile, imputato all'esercito russo. Gli hacker ottengono anche una foto, che mostra un'immagine satellitare della base aerea di Melitopol (città dell'Ucraina sud-orientale nell'Oblast' di Zaporižžja) con degli obiettivi cerchiati in rosso (esplosione auto GAZ-66, distruzione di 2 aerei IL-76, mitragliata contro velivoli). Il piano dovrebbe essere posto in essere questo sabato 15 marzo, da parte di soggetti che "parlano russo" e usano mezzi russi, tutto ovviamente filmato e documentato
La veridicità di tale informazione è assai dubbiosa, ma rende l'idea di come si stia sviluppando questa guerra di disinformazione, lasciando di volta in volta trapelare segnali deboli sui possibili risvolti di conflitto. Senza dubbio, quella che abbiamo dinanzi non è più la Guerra Fredda, anche se vogliono far credere che di questo si tratti. Siamo invece dinanzi all'inizio delle future guerre cybernetiche, con lo scontro di due società tra di loro opposte.

Da una parte abbiamo chi ha utilizzato l'internet in maniera spregiudicata e, non avendo capito il suo impatto sociologico, lo ha sfruttato come una risorsa economica. Attraverso la 'rete' ha creato delle rivoluzioni artificiali, costruite attraverso delle masse informi di persone ipocrite, spalleggiate dai mass-media, che hanno fomentato e artefatto la loro lotta, creando situazioni di fiction perdendo strada facendo il senso reale delle cose. I movimenti rivoluzionari sono stati costruiti attraverso la selezione di persone che rispondono ad un profilo delineato con l'elaborazione dei big-data, a loro volta trattati con algoritmi semantici scritti da programmatori che, nel loro settore, sono considerati come dei "veggenti": della loro scienza è stato fatto un credo. E' divenuto quindi un business di avanguardia del marketing, estrapolando profili di tendenza e delineando con grande precisione desideri, sogni e  preferenze. Non hanno più bisogno delle ricerche di mercato: sanno già a quale porta bussare per proporre i propri prodotti o il proprio candidato. Hanno così assemblato dei gruppi disomogenei che non sono in grado di rimanere più di un giorno nelle loro manifestazioni, non essendo spinti da una vera ideologia; la corruzione e la democrazia non rappresentano ideali così forti da indurre le persone a combattere e a scontrarsi con la polizia. Per tale motivo, è stato fatto un ampio ricorso ai gruppi estremisti, i soli ad essere spinti da ideologie e fanatismo, pronti a divenire anche mercenari di guerre che non gli appartengono.  

Dall'altra parte, c'è una società che ha usato internet non per assembleare le persone, bensì per comunicare e per elaborare dati, sulla base di un concetto sociologico. Può sembrare paradossale, ma la Russia ha un'enorme esperienza nei meccanismi di elaborazione dei dati, che non sono algoritmi -  alla base dell'elaborazione dei big-data effettuata dalle società di comunicazione occidentali - bensì studi concettuali, attraverso l'interazione di uomo-macchina. Da oltre 50 anni la Russia effettua un processo di catalogazione di "esseri umani", riuscendo così ad avere il controllo del territorio. Ed infatti, per affrontare un possibile conflitto, nel giro di pochi giorni, sono state costituite delle milizie popolari, fatte di persone che sono state catapultate nella propaganda "dei rossi e dei neri", ricreando la stessa atmosfera che si respirava nel secondo dopoguerra, della lotta tra comunismo e nazismo. Con lo stesso intento sono stati ideati i movimenti "Occupy" che, pur essendo costati miliardi di dollari, hanno portato nelle piazza europee solo poche centinaia di persone, con correnti tra di loro opposte, spesso disorganizzate ed inconcludenti. Sono stati messi così a confronto due sistemi tra di loro opposti: vi sono infatti sistemi cibernetici fondati sulla logica del poker, e sistemi basati sul gioco degli scacchi, con la differenza che nei primi si può barare e bluffare, mentre negli altri si deve agire di logica e strategia. In questa giungla, i due sistemi non si uniscono mai. 

Quello che manca alle società occidentali è la territorialità, la capacità di analisi immediata (e non di un copia-incolla generalizzato) e soprattutto persone consapevoli, con una cultura trentennale alle spalle, creata con lavoro reale (senza titoli, raccomandazioni e autocelebrazioni). I Paesi occidentali sono in possesso di grandi risorse umane, ma occorre un metodo per poterle trovare e per valorizzare delle capacità, che loro stessi ignorano di avere. Non sono neanche in grado di conservare dei rapporti, che non possono essere mantenuti con dei contratti o nei limiti di un orario di lavoro. E' fondamentale recuperare questo patrimonio umano, perché costituirà l'esercito delle guerre del futuro.
Come il 9 novembre del 1989 cadde quel muro, producendo uno shock inaspettato per le intelligence, oggi siamo ripiombati in quella situazione: nel mondo si stanno formando dei blocchi con unioni e alleanze anomale, dal Maghreb al Golfo, sino all'Asia, dando origine ad una guerra altrettanto anomala. Vista la grande interconnessione delle economie, i conflitti non hanno più dei fronti, ma delle costellazioni. Anche per questo motivo, imporre delle sanzioni alla Russia è del tutto controproducente, perché decreterebbe il fallimento di società come Siemens e BMW, e il crollo del dollaro, con un impatto ad effetto domino non sugli Stati Uniti, bensì sulle altre economie satelliti. Non si può risolvere il problema neanche imponendo in Europa un circuito chiuso, come quello creato dalla Stasi. E' quindi l'inizio di una disgregazione, e chi non si adeguerà velocemente al "new deal" vivrà di povertà. 

05 marzo 2014

La Guerra fredda della propaganda

La Etleboro ha propri corrispondenti a Donesk, Odessa e Simferopoli per il monitoraggio della disinformazione e delle provocazioni della stampa internazionale.


Kiev - In una comunicazione telefonica, il Ministro degli Esteri dell'Estonia, Urmas Paet, informa l'Alto Rappresentante per la politica estera e difesa dell'Unione europea Catherine Ashton, della sua impressione sulla situazione attuale in Ucraina. La veridicità del colloquio e del contenuto della loro conversazione è stato confermato dal dicastero estone, mentre il gabinetto del capo della diplomazia europea non ha rilasciato alcuna dichiarazione. Nel dettaglio, Paet, mostrandosi molto preoccupato sulla situazione venutasi a creare a Kiev, racconta di aver avuto un incontro con i membri del Partito delle Regioni (di Janukovych), con i membri dell'attuale coalizione, ma anche con un rappresentante della Società Civile, Olga (senza dare il suo secondo nome, però sembra sia Olga Bogomolets - medico volontario nelle proteste del Maidan, diventata leader simbolico della società civile e dei manifestanti). Dopo l'incontro con il rappresentante della Società Civile, Paet ha affermato che "secondo Olga", è sempre più accredita l'ipotesi che gli sniper che hanno sparato contro i cittadini in Maidan  non facessero capo a Yanukovych, bensì ad un membro della nuova coalizione. Le prove sembrano dimostrare che a colpire i civili e i poliziotti, siano stati gli stessi proiettili, per cui un (terzo) gruppo di sniper stava colpendo la folla e i poliziotti. Olga ha mostrato delle foto al funzionario estone che dimostrano come le ferite siano riconducibili a proiettili dello stesso calibro. Paet aggiunge che, la cosa più sconvolgente è che la nuova coalizione non intende indagare su quello che è realmente successo. La conclusione generale del funzionario estone su quello che sta succedendo adesso a Kiev è un 'molto triste', e l'incidente degli sniper  pone una serie di interrogativi sull'affidabilità e la credibilità del nuovo Governo. Egli ritiene che il popolo ucraino non abbia fiducia nei leader del Maidan, e quindi tutti i nuovi membri al potere non potranno essere parte della futura leadership perché hanno tutti "dei passati molto sporchi".


Intelligence economica dell'Osservatorio Italiano
Le analisi dell'Osservatorio Italiano hanno avuto dei riscontri reali, nel rispetto dei criteri di oggettività e di contestualizzazione degli eventi.
Come evidenziato nella precedente analisi  - si veda I guerriglieri dei ‘Paesi caldi’ - la presenza del terzo gruppo di cecchini è comprovata da una serie di contraddizioni nelle immagini trasmesse dai media, le quali mostrano come i colpi non giungevano dalla direzione della polizia, bensì dal tetto dei palazzi circostanti, probabilmente dell'Hotel internazionale dei giornalisti, nel quale - secondo alcune testimonianze e video delle telecamere a circuito chiuso - si sono introdotti degli uomini armati. L'analisi e il confronto di tutti i filmati esistenti su quella vicenda, ripresi anche da diverse inquadrature, mostra che vi erano degli infiltrati che guidavano il gruppo, spingendoli ad avanzare verso la polizia, mentre alle loro spalle veniva aperto il fuoco contro gli agenti. Come dimostrato anche dalle registrazioni degli sniper della polizia (si veda Registrazione Sniper), vi era un 'terzo' elemento sulla scena, precisamente sul tetto dell'hotel, che sparava  contro gli agenti e contro gli stessi manifestanti.

Qualunque fosse l'obiettivo da colpire e chiunque sia stato il regista, è chiaro che quella strage è stata artificialmente diretta dall'esterno, per poi essere filmata e montata sapientemente, per trasmettere un preciso messaggio: le unità speciali rispondevano in maniera sproporzionata alla minaccia della sicurezza delle istituzioni, come accade in una dittatura. A dare una svolta all'intera protesta, è stata infatti una strage di 'cittadini inermi', che riuscisse a rendere l'idea dell'efferatezza del regime che si stava combattendo, in modo da dare una spallata ai diplomatici temporeggiatori e rendere la protesta di Maidan oggetto di interesse dell'opinione pubblica mondiale. E' stato, quindi, un evento meramente propagandistico, che aveva lo scopo di  rendere perfettamente lecito quanto sarebbe successo da lì a poco, ossia l'ingresso nella Presidenza della Repubblica - il cui abbandono da parte di Yanukovic era stato già deciso il giorno precedente - il subentro nelle funzioni di governo da parte dell'opposizione, e la successiva scarcerazione spettacolare di Yulia Timoshenko.   

Senza dubbio, quella che si sta svolgendo in Ucraina è senz'altro un conflitto aperto di propaganda e di disinformazione perpetrata da entrambe le parti, creando così una simulazione di 'Guerra Fredda', che probabilmente non esploderà in un confronto armato. La Russia ha fatto un passo concreto per fermare l'espansione 'fuori dai negoziati' dell'UE nel blocco economico ex-sovietico, blindando la Crimea come avamposto delle sue basi militari nel Mar Nero. Per quanto sia difficile distinguere la realtà dalla disinformazione, è possibile affermare con sicurezza che nella penisola del Mar Nero non vi è stato alcun tipo di scontro violento, considerando che la Russia non ha dovuto fare molta strada per prendere posizione in una terra che nei fatti non ha mai lasciato. E' quindi alquanto scandaloso l'errore commesso dai giornali italiani che - forse per mancata conoscenza dei fatti, ma anche in mala fede - pubblicano in prima pagina l'immagine di manifestanti che fanno irruzione in un'istituzione, che tuttavia si trova dalla parte opposta del Paese (Kharkiv), lanciando un messaggio di allerta e di crisi nel territorio della Crimea. Obiettivo che ha spinto anche testate statali a pubblicare le dichiarazioni di una piccola comunità di discendenza italiana, come immagine di disperazione della popolazione non-russa. Una speculazione che apre anche nuovi scenari di scontri, con il coinvolgimento delle minoranze e dei problemi interetnici. Questo dimostra anche quanto la stampa italiana sia scorretta, condizionata da un notevole conflitto di interesse, ma anche patologicamente impreparati. Il loro metodo di giornalismo si limita ad intervistare persone che non sanno nulla, limitandosi a dire quello che desiderano ascoltare, nel pieno rispetto della scuola di propaganda massiva.

 Disinformazione dei quotidiani italiani
Il Resto del Carlino pubblica la foto degli scontri al Consiglio Comunale di Kharkiv (Харківська міська рада) nell'Ucraina orientale, scrivendo invece "Scontri nella città del Mar Nero". 

Immagine originale degli scontri a Kharkiv utilizzata per la prima pagina del quotidiano

I media italiani dimostrano quindi di essersi perfettamente allineati ai dettami euro-atlantici, perdendo anche il senso deontologico del loro lavoro, senza sforzo alcuno di descrivere una realtà quanto più oggettiva possibile. E' chiaro che anche la Russia sta contribuendo a questo clima di disinformazione, allo scopo di creare confusione e soprattutto di mantenere coeso il fronte pro-russo su determinati concetti cardine della sua strategica politica, come ad esempio la tutela della popolazione dalle derive estremiste e il rispetto degli accordi sottoscritti durante le proteste del Maidan. Per Mosca è sorta anche l'esigenza di rispondere alle provocazioni, utilizzando la stessa sottile arma della finzione, diramando notizie contraddittorie e di fonti anonime, anche perché l'ondata dell'informazione occidentale è di gran lunga sproporzionata rispetto al raggio d'azione russo, potendo contare sull'efficace coordinamento dei media a livello internazionale. Basti pensare al video trasmesso questo martedì, 4 marzo, al termine della conferenza stampa di Putin. Analizzato nel suo complesso, mostra come una brigata di circa 150 soldati dell'esercito ucraino, avanza disarmato, per andare incontro ad alcuni membri filo-russi, che rispondono in maniera ostile chiedendo di fermarsi. Il tutto perfettamente documentato con foto, video, immagini dall'alta: un'evidente provocazione, dalla quale ci si aspettava di ottenere qualcosa di più, da trasmettere sui media. Il risultato non è stato dei migliori, sono riusciti solo a dire che la brigata era di oltre 300 persone e che i russi stavano sparando 'contro i soldati'. Un po' di spettacolo, per togliere audience al discorso di Putin. 

 Incontro soldati ucraini con milizie russe

Dalle immagini si può notare la massiccia presenza di fotografi, che si agitano intorno ai militari. Quattro telecamere per riprendere l'incontro.

Immagini del video trasmesso dai media sul confronto
tra l'esercito ucraino e militari filo-russi