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27 novembre 2009

La guerra delle reti tra Italia e Slovenia


Il Sottosegretario all'Ambiente, Roberto Menia, ha accusato il Governo sloveno di opporsi alla realizzazione del terminal di gas di Trieste per interessi meramente economici, e non per motivazioni ecologiche e climatiche. La Slovenia, infatti, si oppone contro questo progetto, minacciando di portare l’Italia davanti alla Corte Europea, ma sostiene il terminal GNL di Krk, promosso dalla Croazia.

Il Sottosegretario italiano all'Ambiente, Roberto Menia, ha accusato il Governo sloveno di opporsi alla realizzazione del terminal di gas di Trieste non per "le conseguenze ambientali che ci potrebbero essere in Slovenia", ma per interessi meramente economici. "La Slovenia utilizza le motivazioni ecologiche e climatiche perché come un velo copre certe cose, anche loro stanno nascondendo delle ragioni economico-commerciali", afferma Menia, sottolineando che l'Italia costruirà questo terminal e che la politica energetica europea dovrebbe tener conto dei vantaggi che esso comporta in termini di riduzione dei rischi del clima e dell'aumento della sicurezza energetica della regione. Il Governo italiano ha approvato la costruzione di un terminal del gas e di un rigassificatore, secondo il progetto della compagnia 'Gasnaturale', che dovrà essere realizzato a Zaule, vicino Trieste, al confine con la Slovenia. I lavori dovrebbero iniziare il prossimo anno, e i costi si aggirano intorno ai 600 milioni di euro; la sua capacità potrebbe raggiungere gli 8 miliardi di metri cubi di gas all'anno. La Slovenia è contro questo progetto e ha fortemente protestato, minacciando di portare l’Italia davanti alla Corte Europea per la violazione delle norme ambientali e della tutela del territorio. Menia, nelle sue parole, allude alla recente dichiarazione da parte del ministro sloveno, Matej Lahovnik, secondo la quale la Slovenia, dopo il contratto firmato con la Russia sulla cooperazione per la costruzione del 'South Stream' non vuole avere più compratori. "Penso che chiarisce molte le cose la dichiarazione pubblica che la Slovenia ha interesse a cooperare alla costruzione del terminal croato di Krk", ha detto Menia alludendo alla recente dichiarazione del ministro sloveno Matej Lahovnik secondo cui la Slovenia è interessata al terminal croato per garantire la diversificazione delle fonti di approvvigionamento. Lo stesso Lahovnik ha confermato che Lubiana non ha alcuna opposizione nei confronti del progetto croato, e che già in passato ha espresso il proprio interesse contribuendo a questo progetto con la partecipazione della slovena Geoplin sloveno dell’uno per cento.

Storia diversa per il rigassificatore di Zaule, visto che il Governo sloveno continua a ribadire che ci sarebbero delle conseguenze catastrofiche sia per il mare che per la terraferma. Negli incontri avvenuti in precedenza per stilare l'accordo era stato definito che tutta la documentazione avrebbe dovuto passare il vaglio degli sloveni affinchè potessero analizzarla nel dettaglio. Lo stesso Ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, ha affermato che la Slovenia non ha prove per portare l'Italia davanti alla Corte europea e che l’Italia farà dei trattati con la Slovenia essendo sua vicina di casa. "L'Italia rispetta le regole del suo vicino e per questo ci consulteremo, ma la consulenza non è la stessa cosa se teniamo conto della decisione congiunta. In veste di giurista, non vedo alcuna base giuridica per poter fare una causa contro l'Italia e spero che ciò non accada", ha affermato alcune settimane fa Frattini. La Slovenia si oppone fermamente al progetto, e il Ministro dell'Ambiente, Karl Erjavec, in caso di realizzazione del progetto, è pronto ad accusare l'Italia presso la Corte Europea perché ritiene abbia sottovalutato gli impatti negativi sull'ambiente e i fattori di sicurezza del Terminal. Ha richiesto ulteriore documentazione al Ministro dell'ambiente italiano, che ha rilasciato la licenza per la prosecuzione della costruzione. Ciò in considerazione del fatto che, come ricorda anche Frattini, il terminal ha lo scopo di garantire la sicurezza energetica nazionale in modo che l’Italia raggiunga gli standard degli altri Paesi europei. Per Frattini l’interesse nazionale non deve essere sopraffatto da quello locale e i procedimenti in corso nei tribunali italiani, data l’opposizione di alcune regioni, presto saranno conclusi e così si potranno avviare i lavori.

Dalla Slovenia arrivano invece le seguenti parole: “Questo è il momento giusto per dimostrare l'importanza della Slovenia nell’UE; l’Italia per costruire ha bisogno del nostro appoggio“. E’ legittimo porsi una domanda: dietro l’opposizione ci sono degli interessi economici? Analizzando tutte le carte in tavola emergono due punti di vista fondamentali: esiste senz'altro un interesse economico della Slovenia a spostare il suo polo energetico verso i Balcani e non verso l'Italia, ma vi è anche un interesse politico come desiderio di riaffermare il proprio ruolo in Europa e nell'Adriatico. Dinanzi a questi due aspetti, quello ecologico-ambientale sembra passare in secondo piano. Il problema energetico però resta, considerando che ai paesi dell'UE serviranno molti investimenti pubblici e privati per collegare le diverse reti nazionali del gas. La crisi russo-ucraina, che ha avuto come risultato l’interruzione della fornitura per la gran parte dei Paesi dell'Unione Europea, dovrebbe far riflettere sulle esigenze dell'intera regione e disincentivare coloro che vorrebbero utilizzare il gas come arma. Evidentemente, si è innescata invece da tempo la guerra delle infrastrutture, delle reti, dei gasdotti. Vediamo Paesi che si schierano dalla parte del Nabucco o del South Stream, altri sui rigassificatori o i terminal, in quanto è la rete la chiave della sicurezza energetica, rete intesa sia a livello politico (per la ricerca delle fonti) sia a livello economico-infrastrutturale.


24 novembre 2009

L'influenza suina tra vaccini e corruzione internazionale


Come in tutto il mondo, l'influenza suina giunge anche nei Balcani, innescando i primi segnali di un terribile scandalo a sfondo umanitario. Il Ministero della salute serbo ha già acquistato migliaia di dosi dei vaccini contro l'influenza suina, scegliendo non a caso la Novartis, la società farmaceutica svizzera che ha monopolizzato la fornitura dei farmaci nelle zone colpite dalla pandemia. Dietro la mera distribuzione di farmaci, vi è però un mondo corrotto che baratta la vita delle persone con "benefit e viaggi premio" per i dottori e i funzioni della sanità pubblica.

Il mito della misteriosa influenza A-H1N1, o “influenza suina”, ha generato il panico in ogni parte del mondo. Scoperto in Messico, il virus si è diffuso in altri Paesi subendo una mutazione resistente alle medicine “miracolose”, come il Tamiflu e i vaccini proposti dalle varie lobbies farmaceutiche. Molti esperti confermano che si tratta di un virus creato nei laboratori per far guadagnare le stesse lobbies, come spiega la giornalista austriaca Jane Burgermeister. La Burgermeister lancia un'accusa contro l'Organizzazione Mondiale della Salute e le Nazioni Unite, così come le alte cariche delle organizzazioni farmaceutiche e dei governi, tra cui lo stesso Presidente americano Barak Obama. L' accusa è di pianificazione della distruzione di massa. La stessa giornalista indirizza l'accusa anche alle compagnie Baxter e Avir per i vaccini avvelenati. Questo ci riporta a ciò che è avvenuto in Bosnia, nell'aprile 2009, quando dei bambini sono stati avvelenati dai vaccini donati dall'UNICEF. Una storia mostruosa, dietro la quale si nascondono gli uomini del profitto e del denaro, che circola sempre tra Federal Reserve, WHO, UN e NATO, insomma coloro che guadagnano dalle guerre, dalle malattie e dalla povertà della gente. In quest'ambito, rientra anche la storia in cui sono coinvolti medici di Croazia, Serbia, Slovenia e Albania, corrotti dall`azienda farmaceutica Novartis, pur di inserire i suoi medicinali sul mercato farmaceutico dei Balcani e nelle strutture ospedaliere.

La documentazione di questo scandalo è stato depositato presso il Tribunale di Zurigo, di cui ne era a conoscenza lo stesso direttore della Novartis, Daniel Vasel. Gli ispettori interni dell'azienda svizzera di Basel e della filiale in Slovenia sapevano della corruzione già dal 2007. Tutte le famiglie dei dottori venivano pagati con viaggi e vacanze a Dubrovnik: così sono stati corrotti oncologi serbi e i funzionari della salute albanesi. L'Avvocato sloveno, Zoran Hajtnik, ha denunciato al tribunale di Lubiana e agli organi internazionali per la lotta contro la corruzione che, durante il 2002, tre dottori della clinica di oncologia di Belgrado, tra cui Zoran Bekic, Zoran Tomasevic, sono stati pagati con 10.000 euro per inserire nel protocollo della clinica il medicinale 'aredia'. I media sloveni non hanno fatto i nomi dei 15 dottori che con i loro familiari hanno goduto dei viaggi a Dubrovnik, né il nome del Ministro della salute albanese, pagato con 3.000 euro dalla Novartis, tramite la filiale “Novartis pharma services”, per mettere il medicinale “Glivec” sulla lista dei farmaci consentiti. Lo stesso hanno fatto i dottori sloveni accettando il farmaco Ehiade e portando famiglie e amici ai simposium a Dubrovnik. In questo modo, questi luminari della medicina hanno venduto il Desferal come farmaco nuovo, 15 volte più costoso di quello già usato negli ospedali. A pensarci bene le destinazioni per i dottori serbi erano migliori, come Thailandia, Brasile, Cina, Florida, dove partecipavano ai “congressi” offerti dalle aziende farmaceutiche.
D'altro canto, la corruzione in tale campo non è un fatto esclusivo dei Paesi Balcanici ma anche della EU stessa. In Germania, come si legge nel giornale tedesco Spiegel, è in corso il processo che coinvolge 480 dottori per i regali ricevuti dalla Concern Tromsdorf. Un dottore, che ha prescritto il medicinale almeno 5 volte poteva scegliere tra un Ipod e un televisore al plasma. Per 7 ricette si offriva un lettore dvd e per 14 un navigatore satellitare, con 18 ricette la scelta era tra un laptop e pc con stampante.

La storia tra medicina e corruzione continua con cifre esorbitanti per i weekends, regali, vacanze e congressi. “Che le aziende farmaceutiche comprino i dottori non è un fatto nuovo. Tutto viene fatto sempre più alla luce del sole. Ai dottori vengono pagati viaggi per partecipare ai miglior congressi mondiali, il cui costo si aggira intorno ai 10.000 euro. Vengono organizzate presentazioni dei loro lavori scientifici, pagando dai 500 ai 700 euro per un intervento che dura dieci minuti”, dichiara uno dei dottori di una clinica privata a Belgrado, il quale sottolinea come le pressioni siano molte, sopratutto nei confronti dei direttori delle cliniche, dei primari nei reparti di oncologia, ginecologia, cardiologia e diabetologia. Non è, poi, strano che nell'elenco dei dottori partecipanti al congresso, sia presente in aula solo 1 su 10 degli invitati, e tutti gli altri a fare shopping. Shopping di medicinali, senza alcuna preoccupazione delle controindicazioni che tali farmaci provocano sui pazienti già indeboliti dalla malattia. Tuttavia, secondo il Ministero della Salute serbo, la legge consente che l' azienda farmaceutica provveda alle spese di viaggio dei dottori per il congresso o all'onorario per il lavoro svolto. L'Albo dei dottori ritiene che il problema sia molto complesso, essendo stato redatto su tale tema un documento con cui si disciplina l'organizzazione dei congressi con fine educativo, specificando che non possono essere organizzati dalle case farmaceutiche.

Ciononostante, nulla ha fermato il Ministro della salute serbo nell'acquisto di migliaia di dosi dei vaccini dell'influenza suina, scegliendo non a caso la Novartis, perché "nel corso della gara di appalto, ha presentato la documentazione più completa”. E così il Ministero della salute serbo ha ordinato 3 milioni di dosi di vaccino dalla Novartis, escludendo così il vaccino preparato in patria e prodotto dall'Istituto Malattie Infettive di Torlak, a Belgrado, considerato uno dei migliori per la qualità dei suoi sieri, senza controindicazioni pericolose e additivi, indicato per i soggetti più a rischio come donne incinte, bambini e pazienti con malattie croniche. Inoltre, il vaccino della Torlak costa la metà. Il Ministro polacco, Eva Kopac, diveramente da quanto deciso dal Ministro della salute serbo, è diventata un'eroina "per una sola notte" dopo aver rifiutati i vaccini offerti dalle grandi società farmaceutiche. "Non autorizzerò dei vaccini che potrebbero causare più morti della stessa influenza”, aveva affermato. Si tratta infatti di un vaccino testato solo su 160 volontari tra i 20 e i 60 anni di cui nessuno infetto. Le statistiche pubbliche hanno dimostrato finora che sui 42 milioni di persone vaccinate, sono state registrate 750 controindicazioni, mentre nessuno ha parlato, in modo approfondito, dei casi di sindrome Guillen Barre a seguito delle vaccinazioni avvenute in Francia. La mutazione del virus resistente al Tamiflu esisteva già in Brasile, Cina ,Giappone, Messico, Ucraina, USA, Norvegia e Gran Bretagna. Quel tipo di virus entra a fondo nel sistema respiratorio e provoca gravi problemi. Novartis, Sanofi Aventis e Glaxo Smith Clain approfittano del panico, della disinformazione e dell'ignoranza della massa, dimostrandosi addirittura dei filantropi e donando le dosi alle popolazioni più povere del mondo. Sarà una donazione come nel caso dei vaccini avvelenati in Bosnia, in nome della loro opera “umanitaria”?

La sola pediatra dell'ospedale Starigrad a Belgrado, la dottoressa Micovic ha caldamente sconsigliato il vaccino, se non prescritto dal registro pubblico dei medicinali. "Non sono d'accordo con la vaccinazione contro la nuova influenza perchè l`immunità ad esso dovrebbe svilupparsi in natura, per essere più forte. Vaccinarsi non significa esserne totalmente immuni. Per questo credo che i bambini sani debbano sviluppare naturalmente le loro difese immunitarie. Credo che ogni genitore debba decidere se vaccinare o no il proprio figlio. Ai genitori spiego sempre che il vaccino è solo uno dei modi per evitare la malattia ma sicuramente non l'unico. L`immunità aumenta grazie ai cibi sani, l'attività fisica e l'igiene”, afferma la pediatra. Ma come sempre, in tutti i mercati in cui manca un prodotto sicuro, cresce il mercato nero che offre a cifre esorbitanti roba di qualità discutibile. I dottori serbi che viaggiano all'estero portano nelle loro valigie un vaccino dal costo di soli 7 euro, e forse dimenticano che i vaccini devono essere conservati in condizioni ottimali, alla giusta temperatura. Il vaccino contiene una componente chiamata MF-59, che provoca malattie di natura autoimmune come la sclerosi multipla, lupus e artriti reumatoidi. Il vaccino può avere anche effetti collaterali simili alla sindrome della guerra del golfo. Il sistema immunitario che colpisce è quello più forte, ed è questa la ragione per cui i casi mortali sono maggiori tra i giovani e non tra coloro che hanno un sistema immunitario più debole. Wayne Madsen, ex colonnello dei Marins, ora giornalista investigativo come Jane Burgermeister, conferma, sulla base delle dichiarazioni tratte dall' ONU, che il virus H1N1 è geneticamente prodotto come arma biologica. Ed è qui che salgono sul palcoscenico i grandi mercanti come Novartis che - e non dobbiamo dimenticarlo - è controllata dall'ex cartello farmaceutico dei nazisti di IG Farben, dall'oscuro passato collegato con gli esperimenti effettuati nel campo di concentramento di Auschwitz. Strane coincidenze che ritornano dal passato...

20 novembre 2009

L’Unione Europea rinasce ad Est


I Balcani hanno pian piano riacquistato la loro importanza di area sensibile del continente europeo, sia per le rotte dell’energia che delle merci. Se diamo uno sguardo all'Est ci accorgiamo che questi Paesi sono molto più europei di quanto possano essere l'Islanda o l'Estonia. Essi sono un patrimonio culturale europeo, ma anche una grande risorsa economica.

L'anniversario della caduta del Muro di Berlino è stato senz'altro un momento di grande riflessione per i vertici dell'Unione Europea, che, a distanza di vent'anni, hanno visto questo continente trasformarsi radicalmente. La crisi economica e le divisioni interne ereditate dagli anacronismi e dai residui della Guerra Fredda, hanno messo a dura prova questa "Europa democratica" che stava per spaccarsi proprio sulla firma del Trattato di Lisbona. Dinanzi al rischio di implosione, Bruxelles cambia rotta, dimentica la guerra con il "blocco sovietico" e decide di aiutare l'Europa Occidentale con un'espansione programmata verso il Mediterraneo e verso l'Oriente. Infatti, in questi anni abbiamo assistito ad una rapida "esplosione" dei suoi confini, che ha portato l'Unione Europea ad espandersi sino ai confini della Federazione Russa e del Mare del Nord, lasciando però un buco nero nella cartina europea, ossia i Balcani Occidentali.
Le nuove generazioni sono nate con l'idea che oltre la Slovenia ci fosse deserto, distruzione, guerre e desolazione. Fin quando tutti noi stavamo bene e combattevamo l'immigrazione albanese o davamo la caccia ai criminali di guerra, rientrava tutto nella normalità. Ora, che non stiamo più così bene, diamo uno sguardo all'Est e ci accorgiamo che questi Paesi sono molto più europei di quanto possano essere l'Islanda o l'Estonia. I Balcani hanno pian piano riacquistato la loro importanza di area sensibile del continente europeo, sia per le rotte dell’energia che delle merci. Un primo evidente sintomo di questo cambiamento è stato sicuramente l'apertura nei confronti della Serbia che, dopo essere stata bombardata, divisa ed isolata, è ora divenuta partner strategico di Russia e Cina, e dalla stessa Italia, preparandosi ad entrare in Europa. E così, già dal 19 dicembre del 2009 la Serbia, il Montenegro e la Macedonia (Fyrom) hanno ottenuto il via libera per entrare nell'area Schengen (visa free per soggiorni di breve durata, da 1 a 3 mesi). Allo stesso tempo si sta preparando la 'road map' per l'adesione di Belgrado che, se tutto va bene potrà avvenire già nel 2014, mentre Podgorica, Skopje e Tirana hanno avuto il via libera per cominciare il loro "questionario per la candidatura".

Bruxelles, dunque, sta lavorando per avvicinarsi ai Balcani e per aprire questa porta d'Oriente che da sempre fa parte dell'Europa, solo che lo avevamo dimenticato: essa è la culla della cristianità e della multi-etnicità per eccellenza, in cui religioni ed etnie si sono fuse in una caotica armonia. I Balcani sono un patrimonio culturale europeo, ma anche una grande risorsa economica. Attraverso il territorio della Serbia passerà il grande gasdotto russo South Stream, che dalla Bulgaria giungerà a Belgrado per poi arrivare in Ungheria, Austria e Italia. A tale progetto si è unita anche la Slovenia, e la Croazia pensa ad una sua candidatura per evitare di rimanere isolata all’interno della regione, e troppo dipendente dalle importazioni. La regione balcanica è inoltre importante strategicamente anche per i corridoi che portano nell'Europa Orientale, lungo il Danubio e sino al Mar Nero. Oltre ai corridoi V, Vc e 10, l'Italia e la Serbia hanno ipotizzato di promuovere presso l'Unione Europea un nuovo corridoio (n.11), che dovrebbe collegare Timisoara al Porto italiano di Bari, attraverso Vrsac, Belgrado, Cacak, Boljare, Podgorica e Bar. L'Albania, da parte sua, lancia un'interessante iniziativa con i Governi di Azerbaigian, Turchia e altri paesi del Mediterraneo, per la costruzione dell'oleodotto che dal Caucaso giungerà in Albania e terminerà in Europa, conosciuto come "Transadriatik 1". Questo progetto ambizioso si svilupperà contemporaneamente alla realizzazione con il governo di Qatar di un impianto di rigassificazione e di una centrale termoelettrica a gas nella regione di Seman. Ad essi sarà connesso il progetto della compagnia "ASG Power" volto al trasporto di acqua potabile mediante cisterne verso i paesi del Golfo Persico. Infine, la costa adriatica di Croazia, Montenegro e Albania diventerà una costellazione di porti e diramazioni, per tracciare quelle che saranno le nuove rotte del Mediterraneo di merci ed energia. Le potenzialità di sviluppo sono immense, perché questa regione sarà in grado di spostare l'epicentro degli scambi commerciali da Rotterdam all'Europa Sud-Orientale, visti i suoi stretti legami con la Russia, con il mondo arabo e con la Turchia.

Possiamo dunque concludere che sta veramente nascendo una "nuova Europa", che cerca di allontanare l'influenza americana e il braccio armato della NATO, per creare una entità politica solidale e compatta. L'Europa occidentale ha bisogno di quella orientale, che non è un pozzo senza fondo ma un patrimonio da tutelare e valorizzare. Un obiettivo di cui si è fatta coerente interprete l’Italia, che cerca di esportare il suo modello industriale, fatto di medie e grandi imprese di successo, che propongono ai propri partner tecnologie utili a ricostruire il Paese con un’economia sostenibile. Un esempio è la cooperazione del Gruppo Fiat e il Governo serbo, il quale ha deciso di proporre alla Serbia non solo un investimento, ma un intero progetto industriale che va dalla predisposizione delle infrastrutture, alla logistica, così come alla costruzione ex novo della filiera produttiva. Allo stesso tempo, il sistema Fiat (il gruppo di Torino ma anche tutte le imprese della filiera della componentistica) ha tratto dei vantaggi, perché ha avuto accesso ad un nuovo mercato per alimentare la produzione nazionale, e non far morire l’industria dell’automobile in Italia. Tra Serbia e Republika Srpska vi sono centinaia di persone che desiderano avere una macchina nuova, che consumi poco e abbia standards europei, e che tra l’altro gode degli incentivi di Stato. Così le macchine assemblate con componenti italiane hanno trovato immediata collocazione sul mercato. Da parte sua, la Fiat ha investito la sua esperienza e la sua conoscenza per far rinascere la Zastava, dopo che i suoi stabilimenti sono stati bombardati. In questo caso le sinergie hanno aiutato entrambe le parti, con un equilibrio, e se tutto andrà come si spera, questa cooperazione porterà al benessere di entrambi i Paesi, come giusto che sia. E’ arrivato anche il momento di fare una giusta informazione su quello che sono i Balcani, sul vero volto di questa “Nuova Europa” che sta sorgendo e anche dell’opinione che l’Europa ha di questi Paesi. Anche se non lo dicono, sanno bene che hanno bisogno dei Balcani, che non vanno da nessuna parte senza la Serbia, né senza l’Albania o la Croazia. E’ questo il vero significato delle parole “integrazione”, anche se usata impropriamente per dire che i Balcani hanno bisogno dell’Europa, quando la realtà è ben diversa.

17 novembre 2009

Incendio alla Zastava: errore umano o sabotaggio?


Lo stabilimento della Zastava di Kragujevac è stato colpito da un grave incendio nelle prime ore della mattina di sabato. Secondo le prime stime non ufficiali, il danno è stato di oltre un milione di euro. L'incendio si è verificato nella parte vecchia dell'area di produzione, mentre in base alle prime dichiarazioni sembra che le fiamme siano state provocate da un errore umano.

Dopo delle lunghe trattative per iniziare la cooperazione tra la Zastava e il Gruppo Fiat, per la produzione integrata del modello Fiat Punto e l'apertura di un nuova linea di montaggio, nella mattina di sabato lo stabilimento di Kragujevac è stato colpito da un grave incendio. Le fiamme hanno provocato infatti danni per oltre 1 milione di euro, mentre, grazie al tempestivo intervento dei vigili del fuoco, non vi è stata alcuna vittima. La strana coincidenza temporale in cui l'incidente si è verificato, lascia aperti molti dubbi su quale siano le cause dell'incidenti, se si è tratto di un errore umano, oppure di un sabotaggio. Senza seguire alcuna retrovia complottista, sembra davvero strano che si sia verificato un incendio proprio nella parte della fabbrica dell'assemblaggio distruggendo così la linea di montaggio e il processo produttivo, proprio quando stava per partire la nuova produzione di auto a gas e il Governo serbo stava per chiudere l'accordo di vendita della Zastava. Secondo le prime stime non ufficiali, il danno è stato di oltre un milione di euro, mentre la produzione delle automobili Punto subirà uno slittamento di circa tre settimane. La squadra di esperti, dopo il primo sopralluogo, ha constatato che è stato bruciato l'impianto di assemblaggio, considerando che le fiamme si sono estese per circa 700 metri quadrati e ha distrutto parte del nastro trasportatore per il trasferimento dei veicoli, nove "Punto Fiat" che in quel momento erano al reparto di verniciatura e l'intero impianto elettrico e meccanico, nonchè 200 metri quadrati del soffitto. Insomma, una catastrofe evitata davvero per poco, grazie all'intervento dei vigili del fuoco di Kragujevac, ma un danno che ostacola la produzione che finalmente era ripresa, dopo che la fabbrica ha subito gravi danni dalla guerra e dalla fase di transizione del Paese. Come previsto dagli esperti, servirà almeno un mese per riprendere la produzione e riparare i macchinari che hanno subito delle gravi lesioni. I danni dell'incendio saranno probabilmente coperti dall'assicurazione, ma se fosse necessario, il Governo serbo contribuirà a restaurare la fabbrica di Zastava, perché è ancora nelle mani dello Stato. L'incendio si è verificato nella parte vecchia dell'area di produzione, in cui si trovano i reparti di verniciatura e i nastri per l'assemblaggio. In base alle prime dichiarazioni, le fiamme sono state provocate da un errore umano. Sul caso, sta indagando Suzana Grujovic, la quale ha affermato che "l'unico indizio da cui partire è che l'incendio si è verificato nella zona dove i dipendenti della compagnia Gosa di Smederevo hanno svolto i lavori di riparazione ai nastri trasportatori".

Il Ministro dell'economia, Mladjan Dinkic, subito dopo l'incendio si è recato a Kragujevac per visitare la fabbrica. “Nell'incendio è stata distrutta una parte importante del montaggio, la parte del meccanismo del trasporto della carrozzeria delle macchine. Spero che tutto sarà riparato entro due o tre settimane. Gli indizi ci portano a pensare che sia stato un errore umano la causa dell'incendio”, ha dichiarato il Ministro Dinkic. Egli ha sottolineato che tutti lavori nella fabbrica sono stati assicurati e che l'intero danno sarà risarcito. Anche lo staff dei tecnici della Fiat è pronto ad aiutare le operazioni di riparazione degli impianti danneggiati, ha aggiunto Dinkic, assicurando che la produzione della Punto continuerà al più presto possibile. Non si conosce ancora l'entità del danno, ma, come affermato dallo stesso sindaco di Kragujevac, Veroljub Stevanovic, il danno più grave è stato causato dal blocco della produzione della Punto. “Il danno è evidente, prima di tutto perchè la produzione si è fermata, ma credo che sarà riparata al più presto possibile. Conosco bene la fabbrica, perche ho lavorato il quello stabilimento, e se proprio doveva scoppiare un incendio, è stato meglio che si sia verificato sulla linea del trasposto e non dove si trovavano le materie chimiche”, dichiara il sindaco di Kragujevac. Secondo il direttore generale Zoran Radojevic, questo potrà essere un vero segnale affinchè anche le altre zone della fabbrica siano costruiti meglio, al fine di non danneggiare le altre linee produttive. “Queste cose capitano nel processo di taglio e saldatura, con la produzione di molte scintille, tale che questi processi devono essere affidati a dei professionisti. L'incendio è un messaggio rivolto a tutti noi di prestare più attenzione e più rigidità nella scelta delle persone per il lavoro. La fortuna è stata che l'incendio non si è esteso”, dichiara Radojevic. Gli operai di Zastava hanno confermato che anche prima si sono verificati degli incidenti, ma nessuno ha mai pensato ad un incendio di tali entità, in momento in cui lo Stato e il Fiat hanno preso l'impegno a modernizzare la produzione.

Occorre ricordare che, all'indomani del summit Italia-Serbia, i rappresentanti italiani della Fiat hanno confermato al Ministro dell'Economia Dinkic che nelle prossime settimane sarebbe stato presentato al governo serbo il business plan per il nuovo modello della Fiat, appena concluso il progetto con la Chrysler, concentrando tutte le forze e l'attenzione sulla Serbia. Allo stesso tempo, è stata annunciata la ratifica dell'allegato del contratto Fiat-Zastava, con il quale avverrà il trasferimento dei primi 100 milioni degli 800 pianificati per la Zastava, mentre sarà creata la joint-venture “Fiat automobili Srbija”. L'allegato sarà firmato entro dicembre, quando saranno anche chiariti i dettagli nel business plan, scoprendo così se nella fabbrica di Kragujevac saranno prodotte anche auto di classe A e B. Il 2010 sarà anche l`anno dell'installazione dei nuovi macchinari e della professionalizzazione dei dipendenti. “Il 98% delle auto prodotte nella Zastava saranno rivolte all'esportazione”, ha precisato il Ministero dell'economia serba. La compagnia Fijat automobili Srbija è stata fondata il 14 ottobre nell'anno scorso, ma ancora non sono stati stabiliti i dettagli su come funzionerà. Tutto questo andrà visto anche alla luce dell'ultimo incendio e degli sviluppi nei rapporti tra Serbia e Italia, che non sono stati ben accolti da alcuni. Accordi che, oltre all'industria automobilistica, riguardano anche lo sviluppo di un nuovo progetto infrastrutturale, il corridoio 11, che collegherà Timisoara, attraverso Vrsac, Belgrado, Cacak, Boljare, Podgorica e Bar, con il porto italiano di Bari.Tutto questo potrebbe essere interessante non soltanto per la Serbia ma anche per i cittadini italiani che sempre più spesso si trasferiscono nei Paesi dell'Est a causa della crisi economica. Lo stesso Premier italiano è stato molto sorpreso di apprendere dal Presidente Tadic che molti italiani residenti in Romania cominciavano a trasferirsi in Serbia.

13 novembre 2009

L'Albania lancia ambiziosi progetti energetici con Caucaso e Qatar

Un'importante iniziativa è emersa nel corso della II Conferenza Internazionale degli Investimenti Esteri in Albania, tenutasi la scorsa settimana a Tirana. Sali Berisha rende nota l'iniziativa in corso tra i Governi di Azerbaigian, Turchia e altri paesi del Mediterraneo, per la costruzione dell'oleodotto che dal Caucaso giungerà in Albania e terminerà in Europa, conosciuto come "Transadriatik 1". Questo progetto ambizioso si svilupperà contemporaneamente alla realizzazione con il governo di Qatar di un impianto di rigassificazione e di una centrale termoelettrica a gas nella regione di Seman. Ad essi sarà connesso il progetto della compagnia "ASG Power" volto al trasporto di acqua potabile mediante cisterne verso i paesi del Golfo Persico.(Foto: Trans Adriatic Pipeline (TAP) della Statoil norvese e la svizzera EGL)


Durante la II Conferenza Internazionale degli Investimenti Esteri in Albania, tenutasi la scorsa settimana a Tirana, il Premier Sali Berisha ha invitato oltre 100 imprenditori stranieri a sfruttare le potenzialità che il Paese offre nel settore del Turismo, dell'Energia e dell'infrastruttura. Nel suo discorso, Berisha ha messo in evidenza che oggi più che mai l`economia albanese ha la necessità d`investire in progetti decisivi per il Paese, garantendo al Governo un clima molto favorevole per gli affari e le imprese. "Oggi è un giorno speciale per l'Albania. Più di 100 investitori di Arabia Saudita, Kuwait, Bosnia e tanti altri Paesi, si sono riuniti a Tirana per conoscere e cercare le potenzialità dell'Albania, i bisogni e le opportunità che questo Paese offre", ha espresso Berisha. Il Premier ha inoltre valutato che la conferenza si sta tenendo in un momento molto importante, in cui l`economia albanese ha un grande bisogno di investimenti stranieri. "L`economia albanese ha bisogno di finanziamenti e progetti, decisivi per accrescere le aree scambio e creare un clima favorevole", ha sottolineato il capo dell'esecutivo, garantendo agli investitori stranieri che in Albania si troveranno delle straordinarie possibilità per sfruttare turismo, energia, miniere ecc. Il capo dell'esecutivo ha assicurato che il Governo non si fermerà nei suoi sforzi di agevolare il lavoro e la sua attività in Albania e che gli investimenti di ciascuno avranno una storia di successo.



Un'importante iniziativa è emersa nel corso della Conferenza, ossia quella relativa ad una iniziativa in corso tra i Governi di Azerbaigian, Turchia e altri paesi del Mediterraneo, per la costruzione dell'oleodotto che dal Caucaso giungerà in Albania e terminerà in Europa, conosciuto come "Transadriatik 1". Questo progetto ambizioso, che verrà costruito da due compagnie straniere, una svizzera e l`altra norvegese, si svilupperà contemporaneamente alla realizzazione con il governo di Qatar di un impianto di rigassificazione e di una centrale termoelettrica a gas nella regione di Seman, che dovrebbe ospitare un vero e proprio complesso energetico. Ad esso sarà connesso il progetto della compagnia "ASG Power" volto al trasporto di acqua potabile mediante cisterne verso i paesi del Golfo Persico. Si tratta di un progetto sostenuto direttamente dal Governo albanese, che sta svolgendo dei negoziati ad alto livello con il Qatar, uno dei Paesi tra i più importanti nell'esportazione di gas liquido a livello mondiale. Il Premier Berisha ha infatti tenuto a precisare che ha negoziato personalmente con il Qatar i contratti per la fornitura di gas all'Albania, sottoscrivendo lo scorso maggio un accordo di collaborazione economica, commerciale e tecnica tra i due Paesi. Attualmente, le negoziazioni sono ancora a livello d`intesa. “Tutta la pioggia che cade in Albania, cade invano dell'Adriatico senza essere utilizzata", ha dichiarato il direttore della compagnia Agim Gjinali, nel corso della presentazione del suo progetto.

Secondo Gjinali, il progetto vedrà l'utilizzo efficiente di navi cisterna che, oltre a trasportare gas dal Qatar in Albania, porteranno acqua potabile dall'Albania agli Stati del Golfo Persico. La compagnia “ASG Power” ha reso noto, inoltre, di aver svolto degli studi per la costruzione di un impianto di rigassificazione del gas liquido a Seman, con una capacità di 30 miliardi di metri cubi all'anno, affiancata da una centrale termoelettrica dalla potenza istallata di 1200 MW e due condutture, di cui una per portare una parte del gas verso l`Italia e l`altro per fornire il gasdotto "Nabucco" in Bulgaria. “Circa 150 navi all'anno arriveranno a Semar per trasportare nel Mediterraneo il gas del Qatar. Nel viaggio di ritorno, di solito, le cisterne vengono riempite con acqua di mare per garantire un equo bilanciamento della nave durante la navigazione. Secondo il piano, perciò, esse saranno riempite con acqua potabile in Albania, per poi essere consegnata ai Paesi del Golfo", spiega. Molti Paesi arabi utilizzano la tecnologia della desalinizzazione dell'acqua marina per produrre acqua potabile di pessima qualità, ad un costo di oltre 50-60 centesimi di dollari a metro cubo. Secondo Gjinali, tutto il complesso energetico di Seman aumenterà l`efficienza delle varie fasi di stoccaggio e trasporto del gas, il che rende il progetto attrattivo da diversi punti di vista. “La centrale termoelettrica produrrà energia termica, che verrà usata dall'impianto di rigassificazione per liquefare il gas. Il GNL importato verrà usato in Albania per la produzione d`energia elettrica: l`energia e il gas verranno esportati in due direzioni diverse", ha spiegato Gjinali. Alla Conferenza organizata dalla IDB (Saudi-based Islamic Development Bank) in Albania, erano presenti vari Ministri deI Governo albanese, il Presidente dell'IDB Muhamed Ali, il Direttore Generale dell'OPEC per lo sviluppo, Sulejman Jasir Al-Herbish, imprenditori nazionali, rappresentanti di istituzioni economiche internazionali, investitori stranieri, rappresentanti del corpo diplomatico.

12 novembre 2009

La fuga dei capitali russi dal Montenegro


L’amore storico tra Russi e Montenegrini, che dieci anni fa è stato concretizzato con l'arrivo di decine di magnati russi nell'Adriatico meridionale adesso in gran parte è svanito. Non è rimasto quasi nessun compratore russo di nuove ville, appartamenti e terreni, e sempre più spesso offrono di vendere quello che hanno comprato prima. La proprietà che hanno pagato a caro prezzo ora viene offerto a prezzi bassi. Tutto questo ha approfondito i sospetti che gli alberghi possono essere utilizzati per eventuali azioni illegali, come riciclaggio di denaro, ma non è mai stato provato.

L’amore storico tra Russi e Montenegrini, che dieci anni fa è stato concretizzato con l'arrivo di decine di magnati russi nell'Adriatico meridionale, tra il 2006 e il 2007, e così con l'acquisto di terreni e ville nonché grandi progetti di hotel e villaggi turistici, adesso in gran parte è svanito. La Riviera di Budva, il principale bersaglio dei nuovi miliardari russi, è stato il principale oggetto della discordia. Tutto è iniziato quest'autunno quando la "Guida per il Montenegro” ha definito i montenegrini di Miramax dei bugiardi, "perchè ancora tramandano l'antica tradizione dei ladri e dei predatori". Dei complessi di hotel di lusso dal marchio "Kempinski", "Sheraton", "Hilton", "Four Seasons" e tanti altri che avrebbero dovuto adornare la costa della Riviera di Budva, da Buljarice a Jaz, oggi restano solo i cantieri e gli edifici appena iniziati, hotel che non funzionano e un sacco di debiti, che i russi hanno lasciato dietro di sé. Non è rimasto quasi nessun compratore russo di nuove ville, appartamenti e terreni, e sempre più spesso offrono di vendere quello che hanno comprato prima. La proprietà che hanno pagato a caro prezzo ora viene offerto a prezzi bassi. Le informazioni sul fallimento del "Mirax Group", del miliardario russo Sergei Polonski, come riportato dalle agenzie internazionali lo scorso fine settimana, hanno agitato ancor più il mare di Budva. Questa società stava costruendo un villaggio turistico a Zavala, che ha ricevuto molta attenzione dai media. La Mirax dei Balcani nega la notizia giunta da Mosca, affermando che "molte altre aziende nel mondo che si occupano di affari immobiliari hanno dei problemi finanziari, ma non sono in bancarotta", promettendo poi di finire la costruzione di quaranta ville. L'ultima incomprensione giunge dell'hotel "Regina del Montenegro" di Becici, che quest'estate è stato rilevato dai russi del "Korston group” promettendo di creare un paradiso del gioco d'azzardo in una delle più belle spiagge del Mediterraneo. La settimana scorsa, però, hanno annunciato il licenziamento dei dipendenti stagionali, paventando anche la possibilità di chiudere l'hotel durante l'inverno, anche se la notizia sia stata poi rettificata. La situazione è stata ulteriormente complicata dall'annuncio della società "Jack pot", che ha una licenza per un hotel-casinò a Podgorica, di rischia di perdere la sua concessione non avendo ancora rispettato i propri obblighi.

Ovviamente il caso più eclatante è quello del grande oligarca russo, Oleg Deripaska, che ha abbandonato il cantiere vicino Jaz dove aveva iniziato la costruzione di alcuni Hotel. Resta, tuttavia, il progetto di "Metropol" di costruire a Sveti Marko decine di ville private di lusso. Anche il famoso "Sheraton" di Becici, che ancora non “esiste” tra l'albergo "Splendid" e "Naftagas”, dopo che la società russa Belon Group ha acquistato il terreno attraverso la sua società "Capital estate”. E' interessante ricordare la ricostruzione dell'ex "4 Luglio " e ora Hotel "Monte Casa" a Petrovac, è vuoto per due anni. I russi che nel frattempo sono falliti e hanno interrotto completamente i lavori, hanno solo iniziato a costruire 40 ville con 237 appartamenti, di cui quasi la metà sono state vendute, ma non hanno nemmeno pensato di costruire quell'hotel di lusso con 27 piani per cui gli è stato rilasciata la licenza. Dopo quattro anni di rinnovamento, è stato ufficialmente aperto nella metà di luglio 2007, e il proprietario della “Moskovskaja trastova Group“, attraverso la loro società in Montenegro "Petrohotel”, ha investito circa dieci milioni di euro in lavori di ristrutturazione. I russi più volte hanno prorogato il termine per il completamento degli investimenti, e il Ministero del Turismo ha ripetutamente ribadito sollecitando che l'hotel fosse inaugurato. Quando finalmente è stato inaugurato ufficialmente, è stato a lungo considerato un centro termale medico, ma è ancora vuoto. I lavoratori degli alberghi che erano stati assunti, avvertivano che qualcosa non andava, perché l'hotel non aveva ospiti, né pubblicità, anche de l’offerta per Petrovac rimane una delle più importanti.

Tutto questo ha approfondito i sospetti che gli alberghi possono essere utilizzati per eventuali azioni illegali, come riciclaggio di denaro, ma non è mai stato provato. Dal febbraio 2002 fino ad oggi, ogni anno arrivano russi che annunciano che nella prossima stagione di aprirà un hotel. Non vi sono dubbi però che questi "investitori" che sbarcano in Montenegro provenienti dalla Russia si sono rivelati assolutamente i più inaffidabili tra tutti gli investitori esteri. I cittadini di Budva non sono preoccupati che gli hotel non vengano costruiti, ma dei debiti che le società russe lasciano alle autorità locali. Solo Mirax deve pagare al comune di Budva quasi sette milioni di euro. Rilevando che "nessuno è stato ufficialmente informato del fallimento di Mirax", il sindaco di Budva, Rajko Kuljaca, ha detto ai giornalisti di non essere molto interessato. “Abbiamo reagito in tempo utile. La proprietà in capo alla "Mirax" non è stata registrata, e presto saranno venduti i loro appartamenti e la terra“, ha detto Kuljaca. Per la costruzione dell'hotel Zavala, per il terreno di circa sei ettari il comune non ha ancora trovato gli investitori. Ci si chiede, allora, qual è la causa del fallimento russo in Montenegro e della loro fuga , nessuno sa dirlo con precisione. La crisi economica potrebbe certamente essere uno dei motivi principali per il cattivo stato degli affari russo-montenegrini, come è stato detto per il caso della KAP e della miniera di Bauxite comprata dalla CEAc di Deripaska. Però è davvero molto strano che grandi quantità di denaro arrivano in Montenegro, girano un po' tra le banche e le agenzie immobiliari, e poi spariscono sia i progetti che gli investitori. Non possiamo allora dimenticare le parole di un nostro lettore che ha definito il Montenegro, una "piccola Columbia dell'Adriatico".

10 novembre 2009

Quel muro invisibile che continua a dividere Occidente ed Oriente



9 novembre 1989: cade il muro di Berlino ed inizia la fine della Guerra Fredda. Tuttavia, dopo l'ebbrezza dei festeggiamenti, ben presto è stato dimenticato il significato di quello storico evento, per preparare il mondo ad altri vent'anni di guerra, vissuti nell'ombra di quei due blocchi che hanno continuato silenziosamente a combattersi. Un conflitto silenzioso ha continuato in questi lunghi anni, e il fantasma del muro è ancora nel futuro di questa Unione Europea costruita sul concetto dell'emergenza

9 novembre 1989: cade il muro di Berlino ed inizia la fine della Guerra Fredda. Un conflitto nato dall'esasperazione del bipolarismo e dello scontro tra due sistemi politici ed economici opposti ma entrambi inefficaci e corrotti, i cui strascichi hanno causato altri vent'anni di guerra e di instabilità mondiale. La caduta del grande muro, costruito in una sola notte, è stata senz'altro la vittoria del popolo tedesco, del popolo europeo e di coloro che credevano nella scomparsa delle barriere e di confini, ed ipocritamente non parlavano di "unione europea" ma di un'unica nazione libera da ideologie e divisioni. Tuttavia, dopo l'ebbrezza dei festeggiamenti, ben presto è stato dimenticato il significato di quello storico evento, per preparare il mondo ad altri vent'anni di guerra, vissuti nell'ombra di quei due blocchi che hanno continuato silenziosamente a combattersi. La caduta e il fallimento dell'URSS non ha soddisfatto il blocco atlantico, che ha voluto schiacciare e frantumare la Jugoslavia, bombardare la Serbia e dissolvere una delle ultime vestigia dei Paesi socialisti. La Serbia ha perso parte del suo territorio per dar vita ad un protettorato della NATO. Negli stessi anni ha avuto inizio la guerra nel Golfo, preparando così, dopo il finanziamento al terrorismo nei Balcani e nello stesso Afghanistan, la guerra ad Al Qaida, la strategia del terrore e la nuova società del controllo delle masse. La spesa militare resta ancora un cardine fondamentale della politica estera americana, preparando un'offensiva contro l'Iran e la costruzione di uno scudo anti-missilistico nel cuore dell'Europa. Non si può dire, dunque, che il sacrificio e la lezione del popolo tedesco sia stato capito realmente dalle potenze del mondo, che hanno abusato negli anni della loro posizione di dominio per fare della guerra uno strumento di "esportazione della democrazia capitalista", e così di quella ideologia occidentale che veniva considerata come vero vincitore.

Il cambiamento del sistema economico e politico è costato centinaia di vite, con cifre non molto distanti da quelle causate dalla costruzione del muro, in quanto tutti i Paesi dell'Europa Orientale sono crollati nel caos e nella povertà, perdendo tutto dall'oggi al domani. La colonizzazione capitalista è stata selvaggia e senza alcuna regolamentazione, dando così vita a speculazioni e svendite del patrimonio di ogni Stato a favore delle logiche delle lobbies che avevano armato le potenze occidentali. La Russia, come la Germania, dal canto suo ha imparato dai suoi errori e ha ammesso il fallimento per cambiare il suo sistema economico e orientarlo allo sfruttamento dell'energia, come valore di garanzia della ricchezza e della solvibilità dello Stato. Ironia della sorte, mentre Mosca si è rialzata, l'America è caduta con l'abbattimento delle Torri Gemelle, un evento altrettanto catastrofico e scioccante, che ha segnato a 10 anni dalla caduta del muro di Berlino, l'inizio del crollo del mito americano. Dal 2001 ad oggi abbia assistito, senza neanche accorgercene, al fallimento silenzioso di una potenza colossale, e allo stesso tempo al suo tentativo di rialzarsi recuperando gli antichi valori patriottici. Senza dubbio, quella realtà bipolare basato sulla paura della mutua distruzione nucleare ha cessato di esistere, ma un mondo unipolare ha dimostrato la sua inconsistenza, com scrivono i quotidiani russi. Oggi, dinanzi a noi cittadini del mondo, vi sono delle grandi sfide, perché alle generazioni future viene chiesta la reale evoluzione della società moderna, con un'economia sostenibile, nuove fonti di energia, equilibrio tra le forze politiche internazionali, fine del mondo sottosviluppato e fine delle guerre. Vista la nobiltà dei nuovi propositi e il fallimento dei tentativi precedenti, è stato affidato al mutuo dialogo tra i vari Stati l'onere di dare una soluzione politica equilibrata per i Paesi. Di tale dialogo si fa principale interprete l'Unione Europea che, ispirandosi ad ideali di solidarietà, vuole creare una organizzazione sovranazionale di Paesi omogenei tra di loro, con un'unica moneta e nessun confine dettato da barriere, leggi o restrizioni.

Un modello che ha avuto sostanzialmente successo nella parte occidentale, essendo costituita da Paesi economicamente forti e simili tra di loro. Cosa diversa è l'ampliamento verso Oriente, dove le differenza diventano sempre più evidenti, e pregiudicano la stessa armonizzazione tra i diversi Stati, i quali non vogliono rinunciare alle proprie caratteristiche alle proprie diversità. Nel frattempo, per nostra fortuna, è fallito il progetto politico-militare dello scudo-missilistico americano, che avrebbe creato le basi per un'ulteriore divisione interna dell'Europa e profonde spaccature nel dialogo con la Russia. Su di esso ha vinto la cooperazione UE-Mosca, volta a guidare i Paesi dell'Est verso un modello europeo, nell'interesse di entrambi i blocchi: dell'Europa per poter crescere, e della Russia per poter vendere energia e fare da ago della bilancia degli equilibri internazionali. Principale esponente di tale strategia è proprio l'Italia che, per bocca del Ministro Frattini, si unisce alla voce del Cremlino per dare un messaggio al mondo in questo anniversario così importante. La «casa comune europea» ed il «nuovo ordine mondiale», restano due concetti nati dopo il muro di Berlino e ancora incompiuti, per dare così spazio "al rilancio politico del rapporto tra la Nato e la Russia sulla base di una partnership reale e tenendo conto degli interessi di sicurezza reciproca. In secondo luogo, la definizione, nel quadro del negoziato in corso, di un nuovo accordo tra Unione Europea e Russia, per dar luogo a un partenariato strategico non solo economico, ma anche politico. Infine, la creazione di una nuova architettura di sicurezza europea". Queste le parole del Ministro Franco Frattini e di Sergei Lavrov nel loro articolo che fa il giro del mondo e ricorda al mondo che non esiste un "ordine mondiale" così come lo ha pensato l'America e le organizzazione mondiali da essa monopolizzate, ma solo una giusta cooperazione tra i Paesi che non utilizzi un braccio armato come quello della NATO per la risoluzione delle controversie.

Un primo evidente risultato di tale strategia è sicuramente l'apertura nei confronti della Serbia, erede della storia recente e lontana della Jugoslavia, e ora divenuta partner strategico di Russia e Cina, e dalla stessa Italia, preparandosi a entrare in Europa e a partecipare alla pianificazione del nuovo piano per la sicurezza europea, oltre che alla strutturazione delle strade dell'energia. I Balcani hanno così riacquistato la loro importanza di area sensibile del continente europeo, accanto al Caucaso e alla stessa Turchia, nuovo astro ascendente, e spesso sottovalutato, del Mediterraneo. In tal senso va vista la riapertura delle trattative di adesione euro-atlantica per Ankara, l'attenzione degli Stati Uniti per la normalizzazione della Bosnia e le pressioni per una retrocessione della Russia nel Caucaso con la proposta di adesione alla NATO per la Georgia e dell'Ucraina. La situazione diventa ancora più complessa se si aggiungono le dinamiche che hanno coinvolto Iran, Iraq e Medioriente, sino alla lontana Cina. Ciò non significa che i Paesi, da quel 9 novembre del 1989, non abbiano fatto progressi nella ricerca della pace e della stabilità, abbattendo le catene delle dittature e delle ideologie. Tuttavia, non si può neanche affermare che la Guerra Fredda sia finita proprio con la caduta del muro, e con essa le divisioni tra Oriente ed Occidente. Un conflitto silenzioso ha continuato in questi lunghi anni, e il fantasma del muro è ancora nel futuro di questa Unione Europea costruita sul concetto dell'emergenza e dunque dell'ampliamento per far fronte la crisi, vedi caso Islanda. Se non si supera la vecchia concezione che l'Occidente è la parte sana e forte in cui l'Est deve entrare per salvarsi, rifaremo lo stesso errore commesso negli anni '90 con i Balcani, ossia quello di non voler comprendere, assorbire ed integrare le loro differenze (e non il contrario). Un domani vi saranno muri invisibili a dividere l'Europa occidentale e quella orientale, se non saranno ristudiate le politiche dello sviluppo dei Paesi e della valorizzazione delle risorse locali, affinché l'immigrazione non sia più una soluzione per fuggire dal proprio malessere, e il caso Romania ha molto da insegnare.