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11 aprile 2011

Intervista a Jonathan Levy: Seselj presto libero

Un'intervista rilasciata per l'Osservatorio Italiano da Jonathan Levy, avvocato di grande esperienza in campo internazionale nonchè membro della Internationl Criminal Bar (ICB), e dunque tra gli esperti più autorevoli nel settore del diritto internazionale. Levy sta seguendo, come parte del team legale della difesa, il processo contro Vojislav Seselj dinanzi al Tribunale dell'Aja. In tale occasione, egli conferma ancora una volta la sua previsione espressa già un paio di anni fa, secondo cui Vojislav Seselj sarà definitivamente scagionato dopo otto anni di processo. Levy sta conducendo anche il caso Alperin, con una causa aperta contro lo IOR, accusato di aver cooperato durante la Seconda Guerra Mondiale con l'ordine Francescano fino al 1945 e così con il regime ustasha, consentendo la sparizione e il riciclaggio del denaro sottratto a serbi, ebrei, ucraini internati in campi di concentramento.

Qual è il suo parere in merito alla formazione del Tribunale Penale Internazionale dell'Aja e così alla sua legalità come entità giuridica?
All'ONU e agli Stati Uniti serviva uno status quo, di fatti America ed Europa utilizzano l'ONU solo quando conviene a loro, come nel caso della frantumazione della Jugoslavia. Tuttavia, quando si rivela essere uno strumento scomodo, gli USA si astengono da ogni commento, come nel caso della Corte Internazionale per i Crimini. Questi sono dei veri e propri doppi standard.

Nella storia abbiamo avuto vari esempi di Tribunali internazionali per i crimini di guerra, che si basano su di una giurisdizione speciale per individuare i reati, codificati in fretta, facendo riferimento solo al diritto internazionale. Secondo molti sarebbe stato opportuno adottare un approccio 'universale' per i cittadini di tutti i Paesi membri, in quanto le norme lasciano un'incredibile discrezionalità ai giudici , perdendo sin dall'inizio l’obiettivo della giustizia divenendo strumento politico. Lei spiega tutto questo?
E’ molto semplice. I tribunali dell'ONU sono stati imposti dalle grandi potenze per i piccoli Paesi, in cui i grandi poteri non vogliono che le stesse Nazioni Unite agiscono a loro favore.

Lei crede che formazione della ICTY sia in contraddizione con il diritto internazionale?
Cos'è il diritto internazionale? Alcuni dicono: "Il diritto internazionale è quella legge a cui i malvagi non obbediscono e che i giusti non rispettano". Io invece dico: "Il diritto internazionale è per coloro che non sono abbastanza potenti per evitarlo". L'ex Yugoslavia non poteva evitare l`imposizione della legge internazionale.

Il caso contro il leader del Partito Radicale, Vojislav Seselj, è in assoluto un record mondiale per la durata della procedura e per aver imposto una detenzione senza alcuna prova e senza un capo d'accusa chiaro. Nel corso della sua esperienza ha mai visto nulla di simile? Crede che vi siano delle retrovie politiche?
Il caso Seselj mostra le incompetenze dell'ICTY. Otto anni per portare avanti un processo?E' uno scherzo. Poi il Partito Radicale è sempre stato un movimento politico non una milizia. L'SRS non è mai stato coinvolto nel comando e nel controllo delle forze armate.


Seselj è accusato per i crimini commessi contro i non-serbi in Croazia, Vojvodina e Bosnia dal 1991 al 1993. Tuttavia la sua accusa è stata cambiata un paio di volte. Può dirci esattamente per quali motivi viene processato?
E` molto semplice. Seselj è un nazionalista serbo e questo e un crimine agli ochi della UE. L'ICTY non ha alcuna prova reale contro di lui e questo lo sanno già tutti.


Nel corso del processo, Seselj ha chiesto un risarcimento danni di 10 milioni di euro e ha ribadito tale richiesta al Consiglio del Tribunale. Può dirci qualcosa di più?
Posso dirvi che Seselj ha già iniziato la sua richiesta di risarcimento dei danni. La minaccia dell'ICTY è reale e credibile.


Quella stessa Corte di Giustizia Internazionale che si è rifiutata di incriminare i leader della NATO e dei loro alleati per i numerosi crimini di guerra compiuti durante l'aggressione della Jugoslavia nel 1999, ora intende aprire un processo contro il leader libico Gheddafi. A suo parere, questa corte simboleggia la lotta contro i regimi "dittatoriali"?
Gheddafi non è più criminale di Bush o di Obama, e in questo senso forse anche meno, perchè come capo di Stato combatte per una insurrezione interna. La questione libica è una questione interna. Gheddafi è accusato di aver bombardato i libici e, a quanto pare, sia la NATO che gli USA stanno per fare la stessa cosa.


Entro il 2012 deve essere completata la maggior parte dei casi previsti a L'Aja, mentre i ricorsi devono essere completati entro la fine del 2014. Intanto l'ICTY perde quasi tre dipendenti ogni cinque giorni, e tutti cercano una maggiore sicurezza in altre istituzioni, come ha avvertito l'ex giudice Patric Robinson. Qual è la sua opinione a tal proposito?
Purtroppo, c'è molta disoccupazione in Serbia e in Bosnia, ma lì non mancano le persone che possono lavorare per l'ICTY.


Quando ci si può aspettare la fine del processo di Seselj e la sua liberazione?
Spero che Seselj venga deliberato molto presto, ma tutto è nelle mani del corroto ICTY.

04 aprile 2011

Roberto Saviano intervistato da Top-Channel

Riportiamo la traduzione dell'intervista rilasciata da Roberto Saviano per l'emittente albanese Top-Channel e pubblicata in forma scritta da Balkanweb.

Rudina Xhunga: Ci rincontriamo a distanza di due anni, dopo la prima intervista. Quali reazioni ha avuto dagli albanesi?
Roberto Saviano: Molto arrabbiati, mentre qualcuno solidale. Molti albanesi della diaspora, gli albanesi che vivono negli Stati Uniti, in Canada, in Germania, in Italia, mi hanno scritto: "Finalmente qualcuno che mostra il volto oscuro delle dinamiche albanesi". Mentre quelli arrabbiati pensano che avessi esagerato nei toni, nelle analisi, che ho dato una cattiva immagine dell'Albania e del Kosovo. Mentre io ho l`impressione di essermi trattenuto rispetto a quel che leggo sui documenti delle varie polizie internazionali.

R.XH: Avete un altro legame con gli albanesi ora...
R.S:
Si, si, un legame molto stretto. Anzi mi piace vedere che gli albanesi, guardano la televisione italiana, commentano ogni volta che cito l`Albania in una rivista televisiva o in una trasmissione. E` interessante, perché sono convinto che capire la mafia italiana significa capire la mafia albanese. E questa continuità culturale tra l`Italia e l`Albania può creare una resistenza culturale. Così come esiste una cultura anti-mafia italiana, esiste anche una cultura anti-mafia albanese.

R.XH: Secondo lei, il nostro problema è con l`immagine, o nella convinzione che non abbiamo una mafia?
R.S:
Io penso che sia specialmente un elemento legato all'immagine. Anche questo è un problema italiano. Somigliamo l'uno all`altro anche su questo. Voglio dire che confessare i reati della mafia, significa non sottostare ad essa. Far fronte alla mafia, significa mostrare che sei un paese sano. Mentre quando, al contrario, sei incredulo dinanzi all'argomento della mafia, hai paura che questo può inquinare l`immagine, questo è come tacere dinanzi ad un crimine e non è per niente una resistenza verso la mafia. Devo dire che il governo italiano, lo stesso Berlusconi, ha definito "Gomorra" come un'opera che appoggia la mafia, perché - secondo lui - nel momento in cui parli di essa, la stai appoggiando. Ecco, questa logica è rischiosa, direi, anzi che combacia alla logica mafiosa dell'omertà, il primo passo per non agire contro alle organizzazioni criminali. Parlare di mafia non significa per niente infangare. Al contrario, significa cercare di cambiare la tua terra.

R.XH: Alcuni tra i quotidiani i più importanti dell'Albania hanno delle domande per le. "Gazeta Shqiptare" chiede sull'acquisto degli voti, riferendosi ad un vostro articolo, pubblicato su questo quotidiano, nei legami tra Camorra e i voti.
R.S:
Chiaro. Anzi, diciamo che l`Italia, l`Albania, la Macedonia, Grecia, Algeria ed Egitto, sono paesi che hanno un sistema clientelare basato sul controllo del voto. In Albania i voti vengono comprati. In Grecia si comprano i voti. In Egitto, in Turchia, si comprano i voti. Non vengono scambiati i voti. Sembra una distinzione non dannosa, ma al contrario è profonda. Scambiare voti significa, io ti dò un lavoro e tu in cambio mi voti. Anche questo è un meccanismo che compromette la democrazia, perché la questione dovrebbe essere garantita a prescindere dal tuo allineamento politico, ma spinge e costringe l`organizzazione politica a trovare il modo di far assumere la gente al lavoro. Acquistare il voto significa invece che tu per cinquanta euro, o per molto meno, dai un voto. Per un negozio, per le bollette dell'energia elettrica, acqua, telefono. Il partito, il sindaco, il deputato, non devono neanche lavorare per costruire la possibilità di lavoro. Basta avere poco capitale. In Italia esistono i seggi al Parlamento a pagamento. Il che significa che con 60 mila euro compri un seggio al Parlamento in un piccolo comune. Secondo me, in Albania si è lavorato poco in tal senso. Cioè, lo Stato non ha lavorato quasi per niente, un po' di più i giornalisti.

Lo stesso accade anche in Egitto, Libia, Turchia. In questi paesi si lavora molto poco sui voti di scambio. Sono democrazie a capitale mafioso, così quando le mafie gli mettono in soldi in mano, possono acquistare grosse fette di voti. Possono comprare anche gente che non hanno per niente lo stesso parere del politico che stanno votando. Spesso accade che i leader politici vanno in questi territori, penso all'hinterland dell'Albania ad esempio, e trovano un ampio consenso, ma poi vince sempre il Governo. Perché la stessa gente che magari acclama un leader, non può anche votarlo, magari perché quel leader non ha dato quanti soldi servivano. Il leader vincitore offre un lavoro per un parente, o dà una licenza per aprire un negozio. Per quanto possiamo cercare di convincere qualcuno di votare, se poi viene qualcuno e compra quel voto, che democrazia è questa?

R.XH: Il quotidiano "Tirana Observer" chiede quale collegamento esiste tra la mafia e gli investimenti esteri in Albania.
R.S:
Allora, capisco che è complesso. I dati sono verificabili su tutte le inchieste, che i giornalisti albanesi possono chiedere alla Direzione Nazionale Anti-Mafia (DIA) che segue l`Albania dagli anni `90 ad oggi. Se desideri aprire una fabbrica in Albania e sei italiano, francese o serbo ti devi rivolgere a qualcuno. In generale questo qualcuno è un mediatore mafioso che intermedia tra la politica locale e la politica centrale. Dunque, io voglio aprire un locale sulla costa albanese. Devo pagare un mediatore che mi assicuri l`autorizzazione politica, dunque burocratica, e l`autorizzazione mafiosa. Se lo fai senza mediatore i tempi sono eterni, i guai senza fine, la burocrazia si ferma, e la mafie arrivano e bussano. Ma mi stupisce che questo risulta nuovo per voi albanesi, perché succede da sempre…

R.XH: Dove succede, come, con chi?
R.S:
E` una pazzia!Basta chiedere a qualsiasi tipo d`imprenditore che non ha paura di parlare. Qualsiasi imprenditore! Dunque, se io domani mi spaccio come imprenditore e voglio aprire un attività in Albania, è naturale che arriveranno a chiedermi i soldi. Vengono a chiedermi i soldi le famiglie di Tirana che decidono su ogni granello che si muove in Albania. Arrivano le famiglie di Pristina, se vado in Kosovo. Arrivernno a chiedermele a New York, se sono albanese e vado ad investire a New York, perché naturalmente anche là ci sono le famiglie…

R.XH: Quali sono queste famiglie?
R.S:
E` strano che mi chiede, perché credevo che fosse stato già provato dalla cultura albanese che le famiglie mafiose albanesi hanno purtroppo un ruolo di oppressore del popolo albanese. E` un'inchiesta che venne svolta nel 2009, che a che fare con la 'Ndrangheta di Cosenza, un'inchiesta che parla dell'Alleanza tra la 'Ndrangheta e la mafia albanese, condotta dalle procure calabresi. Questa inchiesta mostra come gli albanesi e i calabresi abbiano formato un'unica struttura criminale. Gli albanesi danno decine di chilogrammi di eroina in cambio di cinque chili di cocaina ed investono in ogni settore: camion, imprese edili, asfalto delle strade, riciclo delle immondizie, alberghi... Perciò mi stupisco su come sia possibile che gli albanesi non sanno tutte queste cose! E` vero che la maggior parte delle inchieste sono italiane, e sono in italiano, perché ormai gli albanesi innanzitutto parlano italiano, utilizzano il codice mafioso italiano, si mischiano con le famiglie italiane ed oggi il macedone viene considerato straniero, il marocchino viene considerato straniero, l`albanese viene considerato italiano. Per la prima volta la Camorra, ad esempio, ha dei membri albanesi, che non considera come stranieri. L`albanese sa fare la mafia. L`italiano mafioso ha fiducia dell'albanese mafioso, perché è legato con il sangue, con il parente, perché ha un rapporto con la donna identica a quella che ha un italiano.

Ad esempio, non hanno fiducia dei mafiosi russi. Non hanno fiducia dei serbi; si fanno ciucchi (bevono), sono molto legati al loro codice, incomprensibile per un mafioso italiano. L`inchiesta che ho citato è iniziata nel `91. Vi era intanto un'altra inchiesta nel `91. Basta entrare in Google e scrivere "Ndrangheta Albania, Camorra Albania, Sacra Corona Albania", escono tutte le inchieste che hanno fatto i procuratori italiani. Ora chiedo a me stesso come si può pensare che la mafia albanese sia potente in Italia e non in Albania?! Negli anni ha creato un silenzio che a loro conviene. Se vai all'FBI a New York vi sono dei poliziotti di origine albanese che lavorano solo sulla mafia albanese . Perciò mi stupisco ogni volta quando mi giungono delle e-mail di ragazzi o ragazze albanesi che mi scrivono su Facebook e mi dicono: "Come è possibile che queste storie non le sento o le sento poco". Ora me lo chiedo anche io, non lo so come sia possibile.

R.XH: Un'altra domanda giunge dal quotidiano "Shqip" in relazione al business del cemento...
R.S:
Per questo, ad esempio, non ho dei nuovi dati, nel senso che non mi pare che le procure albanesi abbiano fatto delle grandi inchieste sul ciclo del cemento attualmente. Forse stanno investigando. E` naturale, la mafia albanese investe tutto sul cemento. Deve essere cementato tutto l`hinterland albanese, tutto il sud, è vicino l`arrivo degli emigranti in Albania. Il ciclo del cemento è nelle loro mani. Per molti motivi. Innanzitutto, è un business molto grande, così si può guadagnare molto. E` un business semplice, controllabile, nel senso che la betoniera di un tuo concorrente lo puoi fermare, come si fa in Italia. Arriva la betoniera di qualcuno che ha vinto un appalto, la ferma, gli ordina di spegnere il motore, il cemento si asciuga. Così perdono il camion, la betoniera e il lavoro. A tal punto, dicono: "bene, l`appalto l`hai vinto tu". Allo stesso modo è del tutto controllabile anche per ciò che riguarda l`organizzazione, rispetto ad altre attività immateriali. E poi, un'altra cosa, ma non di seconda importanza, richiede molta forza di lavoro (manodopera), il che significa controllo politico, controllo territoriale, riciclaggio (il che significa che gli appartamenti che acquisti tu, poi li ricicla, li vende di nuovo). E` naturale che oggi, il centro del business in Albania è il cemento.

R.XH: Chi c'è dietro il business del cemento, secondo lei?
R.S:
Io ho l`impressione, parlo semplicemente dall'impressione, perché non ho dati, che con il cemento hanno a che fare i mafiosi albanesi, non gli italiani. Perché in caso contrario dovevano aver a che fare i mafiosi italiani, o meglio, forse gli italiani hanno dato la spinta iniziale, il che significa che gli italiani stanno comandando ormai sul territorio albanese, e questo non lo credo. Sul Montenegro ed in Albania, gli italiani sono sempre stati degli ospiti. Investitori molto grandi, ma le mafie di questi paesi non permettono il controllo territoriale, come succede ad esempio in Germania. Gli italiani controllano il territorio tedesco, ma non controllano il territorio albanese. Investono, vivono là, ma non lo controllano.

R.XH: Allora, chi controlla il territorio albanese?
R.S:
Le mafie albanesi! Le mafie albanesi controllano l`Albania, il Kosovo e il Nord della Macedonia, laddove vi sono albanesi, tentano ad entrare in quel mercato, tra l`altro esercitando delle oppressioni verso la popolazione albanese. Cito una cosa molto bella me l'hanno detta in Germania, cioè che quando la mafia kosovara cercò di prendere in Germania il potere, attraverso l'acquisto di lavanderie, per controllare la forza lavoro, i viaggi, dunque gli alimenti, i soldi, gli indumenti che i kosovari mandano in Kosovo, quando tentò di farlo, la mafia kosovara, la parte onesta della comunità kosovara si oppose. E questo episodio lo prendo sempre come esempio, per dire quando la parte sana si unisce, non c'è speranza per la criminalità. Secondo me, reagire male oggi, quando qualcuno parla della mafia albanese, significa dare una mano alla mafia albanese, anziché unire gran parte del paese, che naturalmente è sana, contro la mafia.

R.XH: Il Quotidiano "Shekulli" chiede della questione dei rifiuti, e della legge che ha ridotto le tasse doganali in Albania, approvata varie settimane fa.
R.S:
Si, sono al corrente di questa riduzione delle tasse doganali, ed è un problema. Non so quanta influenza avuto su questo la criminalità organizzata, e quanta la furbizia politica. Laddove c'è tanto spazio, c'è un grande business per i rifiuti. Il consiglio che darei al pubblico albanese è : "Attenzione! Ogni miniera sarà trasformata in discarica per i rifiuti, ogni fabbrica abbandonata si trasformerà in un magazzino d`immondizia. L`Italia sta vedendo (e non solo l`Italia mafiosa) nello spazio albanese un business per i rifiuti. Tanto più desiderio vi è da parte degli albanesi di fare business, tanto più è esponenziale il rischio geografico, biologico, naturale per l`Albania. Così questa operazione, se non viene controllata, dopo cinque anni, ci incontreremo di nuovo e parleremo su come le periferie delle città albanesi e i villaggi albanesi siano pieni di immondizie tossiche, rifiuti italiani, rifiuti balcanici. Perciò, fate molta attenzione, il ciclo dell'immondizia se viene è controllato in ogni suo passaggio, si può trasformare in un business per la nazione albanese. Ma se non e` controllato, rischia di diventare un buco che deve essere riempito con rifiuti legali. Così, fate attenzione a ciò che sta accadendo!

R.XH: Dobbiamo fare attenzione all'Italia?
R.S:
Si certamente! La questione delle immondizie in Italia è naturalmente dinnanzi agli occhi di tutti a causa dello scandalo napoletano, che mostra l`incapacità di un Paese di non riuscire ad organizzare un ciclo dei rifiuti, perché quel caos crea tonnellate di denaro. Lo scandalo dei rifiuti a Napoli ha prodotto tanti soldi per la Campania, pari a due manovre finanziarie dello stato. Questo voleva dire che quanto più non risolvi, tanto meglio è per la mafia, e tanto peggio per i cittadini. Perciò dico, attenzione! Questo è il primo passo per far sì che accada in Albania quanto sta avvenendo a Napoli, perché si arriverà a riempire ogni posto che non si vede, villaggi, cave, miniere abbandonate, tutto con queste immondizie per portare dei profitti a colui che intermedia i trasporti.

R.XH: State continuando ad investigare sulla mafia albanese?
R.S:
Si, per me non è una mafia straniera. Io quando mi occupo della mafia albanese, mi occupo della mafia della mia terra, così come mi occupo della mafia nigeriana. Castel Volturno, che è un territorio vicino a casa mia, è nelle mani della mafia nigeriana. Mi occupo della mafia nigeriana così come mi occupo della mafia del mio paese, della mia cultura, anzi della mia mancanza di civiltà, della mancanza di civiltà che domina la mia terra, ferisce la mia terra. La mafia albanese non ha più nulla di lontano. La mafia albanese parla italiano, segue le logiche italiane, è totalmente integrata nell'organizzazione italiana. Sono convinto che si deve mettere fine a questo silenzio dinanzi ai crimini, visto che è proprio della cultura albanese, intellettuale, cioè il sentirsi ferito, offeso quando si parla di queste cose. Per prendere un esempio pratico: i giornali albanesi, i telegiornali albanesi devono informare quotidianamente le notizie delle inchieste avvenute in Italia, quando vi sono degli albanesi coinvolti, perché ti permette di capire di più.

Quando la Procura di Cosenza afferma che la 'Ndrangheta e la mafia albanese sono strutture ormai pare di una sola organizzazione, questa notizia la devono dare i telegiornali albanesi. Si scrive solo quando tale notizia ha a che fare con cinque gangster isolati. No, no, no, non si può pensare così. Anche per esempio, le donne albanesi, rispetto a dieci-quindici anni fa, sono meno presenti sul mercato della prostituzione, questo accade perché sono arrivati i romeni e le organizzazioni albanesi sono diventate più ricche. Le organizzazioni albanesi, se possono, evitano di entrare nel business della prostituzione e preferiscono quello del narcotraffico. Gli albanesi, per esempio, oggi gestiscono la prostituzione, piuttosto che mettere in strada le albanesi, come succedeva fino a ieri. E visto che purtroppo ci sono ancora delle prostitute albanesi, sono comunque delle organizzazioni più fragili, secondo il mio punto di vista. Oggi questo traffico è nelle mani dei romeni. Spesso vengono comandati dagli albanesi. Lo ripeto, tutte queste cose, per me sono 'conosciute', perché è il mio quotidiano lavoro. Ma quando mi arrivano e-mail del tipo "Ma come è possibile! Di quale paese stai parlando! Questo non è il paese che io conosco! Io vivo qui!", io mi stupisco.

R.XH: Risponde alle e-mail?
R.S:
Qualche volta sì, qualche volta no. Cerco di rispondere attraverso le inchieste o le mie fonti.

R.XH: La mafia e la politica albanese...
R.S:
Ecco, su questo per esempio, è naturale che vi siano pochissime inchieste. Non è che gli italiani possono parlare o fare inchieste sul governo albanese. Ma i contatti sono estremamente molteplici. Ricordo di Lello Amato. Lello Amato era un dirigente del cartello di Secondigliano, a Napoli. Due volte si è trovato immischiato con gli albanesi. E' considerato un piccolo imperatore, in Spagna ed in Albania. Oggi è in carcere in Italia. E' rimasto coinvolto due volte con gli albanesi. La prima volta trafficava hashish, anzi con il figlio di un ambasciatore albanese in Italia, come l'ho citato su "Gomorra". Questo ragazzo lo aiutava a trafficare, stiamo parlando della fine dei anni `90, trafficava hashish tra Italia e Albania. La seconda volta, anzi, fu aperta un'inchiesta che univa i cartelli albanesi, i cartelli pugliesi, e i cartelli napoletani. E lui in Albania andava spesso, acquistando delle terre, acquistando magazzini, amministrando dei camion. Ecco, perciò dico che di sicuro la politica albanese ha dei contatti...non può non parlare con la mafia. Non si può pensare! Non si può pensare! I codici del Kanun, che ci capiamo, sono molto affascinanti per l`intellettuale italiano che studia queste cose, ma infatti per la mafia è qualcos'altro.

Il Kanun lo vedo molto presente nella posizione del mafioso albanese. Così anche del mafioso italiano. Quando arrestarono un boss della 'Ndrangheta, Rabito, era tardi, era notte inoltrata, e gli diedero un panino. Un boss non può mangiare cibo offerto da un poliziotto, da un giudice, perché per il meridionale in generale, mangiare significa condividere. Infatti, quando io devo tenere un distanza verso di te dico: "Mica abbiamo mangiato nello stesso piatto! Ma perché?! Mica ho mai mangiato pane con te!", come se il mangiare fosse un luogo d`intimità. Ma questo vecchietto iniziò ad aver fame, aveva paura di qualche calo di tensione, così doveva mangiare. Prende questo panino, si alza in piedi, stiamo parlando di un uomo di 80 anni, si gira con la faccia verso il muro e mangia. In modo tale che nessuno dei presenti non potesse dire: "Ha mangiato con noi". Non voleva dire niente, o no? Lui era un boss, fu arrestato e messo in carcere a vita, non si sarebbe pentito, che senso aveva mangiare così al tavolo. Questi simboli sono fondamentali, perché creano disciplina. Rispettare è importante, certi momenti, dunque certi rituali, certe vie, sono importanti per il codice della mafia. Questo crea sicurezza all'italiano che traffica con un mafioso albanese.

Anche sulla questione politica, nei prossimi mesi, se il governo albanese permetterà e non perseguirà la Procura, sono convinto che usciranno molte cose. Usciranno molte cose, perché il potere albanese, che studio da qui, il potere delle mafie albanesi è in aumento. Non che dall'ultima intervista abbia visto qualche cambiamento. Al contrario, ho visto dei procuratori coraggiosi essere isolati, giornalisti coraggiosi isolati, poliziotti coraggiosi evitati, ma un mare di corruzione…

R.XH: Sta seguendo ciò che sta succedendo in Albania, la crisi, le proteste, gli omicidi?
R.S:
Sì. Ho visto molto e mi ha fatto molta impressione. Penso che è un momento difficile che porterà ad un rinnovamento. Sono convinto che la democrazia albanese non potrà mai arrivare ad una maturità, senza potersi finalmente liberare dallo spettro dei maledetti comunisti, non potrà mai arrivare ad una maturità se non si confronta e ferma il problema mafioso. La stessa cosa sta accadendo in Montenegro. Intendiamoci, è una situazione molto diversa, ma il totalitarismo comunista ha una continuità sulle mafie: il monopolio, la paura del controllo, della violenza e del fango.

Mi riferisco ai documenti dei servizi segreti albanesi, che sono più segreti. Non lo so, di sicuro vi deve essere qualche ricercatore che sta studiando i documenti del Sigurimi, ma invito gli osservatori albanesi a studiare quei documenti, perché provano ufficialmente i rapporti tra la Camorra e lo stato albanese, prima della caduta del regime comunista. Coincide, almeno da questi documenti, con la fine dei rapporti tra la Cina e l`Albania. L`Albania visse una crisi molto complicata e dirigenti dello stato albanese del regime comunista incontrarono dei dirigenti della Camorra napoletana, in particolare Pasquale Galaso e Michele Zaza, che accettarono la richiesta dell'Albania di vendere armi, che la Camorra poi ha venduto ai palestinesi, irlandesi, a tutti i cartelli criminali che volete. In cambio, l`Albania offre il sostegno sulle vie marittime per il contrabbando delle sigarette, rifugio per i latitanti, e così ai membri della Camorra, e visto che stiamo parlando del regime comunista, non gli poteva offrire il libero mercato, perché non esisteva il mercato. Ma quando cade il regime, aveva intanto tutti i punti di riferimento, perché quei generali, ambasciatori, funzionari comunisti, che poi divennero democratici, diedero loro le autorizzazioni per aprire le fabbriche, la possibilità di investire sulle banche. La Camorra allora diede agli albanesi anche manganelli di gomma per la polizia, bombe lacrimogeni, tutte queste cose. E' scritto in quei documenti. Visto che l`Albania si trovava nel periodo del regime comunista, gli strumenti d`oppressione non li chiedeva ai sovietici e ai cinesi. Per questo gliele dava la Camorra. Questo è un fatto importante da ricordare: perché gli albanesi hanno sofferto in quegli anni l'oppressione del regime comunista, questa oppressione si esercitava con le manette e le armi che la Camorra dava al regime, sempre se questi documenti sono veri. Un altro elemento è che la borghesia albanese, che stava capendo che il regime stava cadendo, iniziò a strutturarsi grazie ai rapporti con la criminalità organizzata, che li dava valuta straniera. In questo caso, come descritto nei documenti dei servizi segreti, la valuta che la Camorra dava agli albanesi era valuta spagnola. Visto che la Camorra napoletana era forte in Spagna, non davano lire, ma davano soldi spagnoli. Soldi spagnoli che loro mettevano da parte per poter entrare nei mercati che aveva importanza per acquistare dalle macchine ai vestiti, dalle informazioni alla cocaina, perché la moneta albanese naturalmente che non aveva valore sui mercati internazionali. Ora, il fatto che tutto questo non viene continua discusso in Albania, dimostra che vi è una debolezza, e questa debolezza è pericolosa. Non sono io quello che vi sta mostrando un paese che non esiste. Io ho paura che vi sono molti albanesi che vedono il loro paese in un'ottica miope. Il paese che loro credono esiste, non esiste.

R.XH: A Tirana si sta parlando di democrazia, in momento in cui i diplomatici stranieri, e anche gli italiani, parlano di stabilità.
R.S:
Certamente, questo è un segno positivo. Anche le rivolte sono un segno positivo. La gente capisce che democrazia significa felicità, miglioramento del benessere fisico, intellettuale. Non è qualcosa di astratto, la quale la si può scambiare con poca sicurezza. I diplomatici naturalmente parlano di stabilità, perché hanno bisogno di un'alleanza con il governo albanese. Parlare dei legami che il governo albanese ha con le organizzazioni criminali è anche un modo per insegnare ai governi stranieri, che rapporti hanno e con chi. La politica estera italiana degli ultimi anni è catastrofica: i rapporti con la Libia, i rapporti con la Bielorussia, i rapporti con Putin, dunque tutto ciò che è lontano dalle democrazie, piace a Berlusconi. Può sembrare una battuta, ma a lui conviene, perché è l`anello debole dell'Europa. La Germania, difficilmente accoglierebbe Gheddafi con gli onori con cui viene accolto in Italia. Berlusconi lo sa questo, e così sfrutta i pessimi rapporti che gli altri Stati europei hanno con questo Stato per avere dei rapporti privilegiati lui stesso. L`Albania fa parte di questa dinamica. Ma penso che hanno le ore contate, ambedue i Governi. Perché la popolazione, ho l`impressione o è semplicemente una speranza, non accetta più questo, non segue più la linea governativa, ma capiscono sempre più cosa si è fatto. Ai governi rimangono i fedeli. I fedeli sono imbattibili. Qualsiasi cosa faccia il capo, loro la seguiranno fino alla fine. Ma non hanno peso, o meglio possono avere importanza in questa fase, ma in Albania vi è una nuova aria.

R.XH: Mi piace il vostro slogan: "Se non ora, quando?"
R.S:
Si, è uno slogan bello, preso tra l`altro dalla guerra anti-nazista. Sono convinto che di nuovo la sorte degi italiani e la sorte dei albanesi sono vicini, come lo sono stati durante il fascismo, ma anche con l'anti-fascismo, ora saranno vicini nel tentativo di costruire una democrazia più completa. La democrazia albanese è una democrazia piccola, ancora adolescente, ma sta arrivando alla maturità.

R.XH : La gente in Albania, spesso, crede che tutta la politica è sporca, che tutti sono uguali.
R.S:
La capisco. E` naturale pensare questo. L`ho pensato anch'io in molte fasi della mia vita. Ma pensare cosi, è un modo per dare spazio alla politica più cattiva. Dire che tutto è uguale, non capire le distinzioni, è un gesto anti-democratico. Non è vero, la democrazia è cambiamento. Forse vi sono molti politici incapaci, ma non tutti sono ladri. E questo è un cambiamento intanto. Arrivare a dire che tutto è disgustoso, è un modo per legittimare chiunque. Perché a questo punto giustifichi quello astuto, quello spietato, colui che ha meno regole, colui che ha meno scrupoli. Vedendo la rivolta di piazza in questi giorni in Albania, mi è parso di sentire un cuore vivo, simile a ciò che successe quando cadde il regime comunista. Dunque, un'atmosfera simile. Deve essere archiviato ciò che era il periodo della transizione dal comunismo fino alla democrazia, e bisogna arrivare finalmente alla democrazia. Basta con la transizione!

R.XH: Mi è piaciuta la lettera che ha inviato ai giovani del movimento. Vorrei che alla fine del discorso, ci rivolgiamo ai giovani albanesi.
R.S:
Cercavo di dire agli studenti italiani che bruciare le camionette dei carabinieri, in quei giorni di protesta, era un gesto debole, che andava fatto, perché questo rischiava di delegittimare la protesta. Il governo non rispose alle loro richieste, disse solo "Bruciate le camionette! Attaccate la polizia! Questa è la vostra rivolta!". Così io dissi: "Non facciamo questo! Andiamo in massa a protestare, ma con altri strumenti!". Mi piacerebbe che i giovani albanesi così potenti, così sani, capiscano questo. La nuova democrazia è un privilegio perché puoi ridisegnare un paese e i giovani albanesi hanno questa fortuna. Io sono sicuro che sono consapevoli che ormai devono continuare sulla strada per far parlare i media internazionali dell`Albania. L'unica speranza che abbiamo noi italiani, siete voi albanesi. L'obiettivo deve essere che i media internazionali si occupino delle rivolte, non perché vi sono stati dei morti - com'è avvenuto - perché quella cosa passa in un secondo, giunge la notizia e passa tutto come qualcosa che deve essere risolta nel quadro dell'ordine pubblico, ma la notizia su di voi deve giungere per i temi, le inchieste, le denunce. E` stancante, ma si può fare. Se nasce un grande sogno per la rinascita dell'Albania, il mondo non può rimanere indifferente.

di Rudina Xhunga
giornalista di Top Channel
Tradotta dall'Osservatorio Italiano

01 aprile 2011

La NATO conosceva i crimini dell'UCK


Roma/Kosovo - La questione della criminalità in Kosovo sta diventando sempre più oggetto di attenzione da parte dell Comunità Internazionale, che cerca ora di rimettere in discussione il modello kosovaro come 'Stato fondato su una classe politica corrotta e criminale'. Aumentano infatti le inchieste e le perquisizioni da parte della polizia internazionale, volte ad effettuare una sorta di epurazione silenziosa nella classe politica del Kosovo. Eppure, l'amministrazione americana e la stessa Alleanza Atlantica conosce da almeno dieci anni la situazione del Kosovo, considerando che poco dopo la fine della guerra, nell'autunno del 2000, l'intelligence militare della Nato ha prodotto il primo rapporto sulla rete locale della criminalità organizzata, tracciando con chiarezza le connessioni tra le famiglie e le bande che si ripartivano le zone di influenza del Kosovo. Compare così la rete di Hashim Thaci, della famiglia di Haradinaj, Sulejman Selimi, Sabit Geci, Remi Mustafa, Agim Ceku, ma anche come le organizzazioni della Fark (della corrente di Rugova e appartenente ad un contesto locale) si avvicendavano a quelle dell'UCK (corrente che godeva dell'appoggio degli internazionali). I crimini di cui sono accusati gli ex membri dell'UCK riguardano estorsione, omicidio e traffico di droga, auto rubate , sigarette, armi e prostituzione.

Il rapporto, la cui esistenza non è stata riportata in precedenza sui media, è stato invece ampiamente diffuso tra tutti i paesi della NATO, per divenire oggi oggetto di ricatto all'indomani della formazione del nuovo Governo. Nonostante quindi i funzionari statunitensi conoscessero lo statoi dei fatti, per anni Thaci e gli ex dell'UCK sono rimasti alleati preziosi, che sono stati utili per la destabilizzazione della Serbia e successivamente per controllare tutti i traffici di quella zona dei Balcani. L'ex segretario di Stato Madeleine Albright lo abbracciava pubblicamente, l'ex Presidente George W. Bush lo ha ospitato nella Casa Bianca, Richard Holbrooke lo definiva una controparte diplomatica , il Vice Presidente Joseph Biden lo ha accolto recentemente alla Casa Bianca, per non parlare della visita del Segretario di Stato Hillary Clinton in Kosovo. I rapporti tra Stati Uniti e Kosovo sono ormai noti, mentre la relazione che li unisce ora sembra quella di due soci in un delitto, dove il primo cerca di tenere legato a sé il secondo con il ricatto. Il caso del Kosovo, d'altro canto, non appartiene alla 'storia remota', ma al nostro presente più attuale, perchè ci fa capire da dove hanno origine le rivoluzioni per la democrazia e a cosa portano: guerra, frammentazione, destabilizzazione, controllo dei territori con la guerriglia, regionalizzazione. Lo abbiamo visto con la Jugoslavia - laboratorio per eccellenza nel cuore dell'Europa - e lo vediamo impotenti nel Nord Africa, temendo che questo vento di rivolta giunga nel Medio Oriente. Fin dove bisognerà arrivare per fermare questa macchina della guerra?