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30 marzo 2007

Scontri nel Kosovo dopo la votazione del Parlamento Europeo


Sono state avverite a Pristina due esplosioni nei pressi del monastero serbo-ortodosso, come confermato anche da fonti militari della Kfor, violando così un luogo sacro per la comunita' serba. Sono in corse delle indagini per accertare il luogo di origine della detonazione ma è chiaro che si tratta di un atto intimidatorio, di un segnale dell'inizio degli scontri in Kosovo. La notizia della votazione del Parlamento Europeo ha già avuto i primi riscontri sul tessuto sociale, e dobbiamo preparci ad accogliere l'indipendenza del Kosovo tra scontri civili e lobbies finanziarie che prendono posizioni nei Balcani

Il ricatto dei contractors per il voto del Kosovo


In queste ore di grande tensione, la vera natura della crisi iraniana e dello scandalo politico in tutta l'Europa sono stati completamente occultati e nascosti dall'opera di disinformazione dei media e delle agenzie di stampa. Tre funzionari italiani della Commissione Europea sono coinvolti in uno scandalo di corruzione, connesso alle indagini di potenza, e contemporaneamente il Parlamento Europeo decide di appoggiare il piano di Athissari sul Kosovo per giungere all'integrazione europea.

Mentre tutti i media trasmettono ripetutamente le immagini della soldatessa inglese che, con il suo velo sul capo, deve incutere pietismo e mostrare la crudeltà di un regime dittatoriale, 15 navi da guerra statunitensi sono ora in movimento per posizionarsi a largo delle coste iraniane, lasciando pochi dubbi sul perché di questo posizionamento. Allo stesso modo, mentre la procura di Potenza continua a chiedere la comparizione - anche se non coinvolte a tutti gli effetti - i personaggi più popolari dello spettacolo, è scattata da Brussel un'operazione, coordinata dall'Olaf , che ha portato all'arresto di tre funzionari Italiani della Commissione Europea. I tre funzionari appartenevano al Comitato dedito alle Relazioni dell'Unione Europea con i paesi terzi, e coordinavano i lavori per la costruzione e l'attrezzamento degli apparati di sicurezza delle sedi diplomatiche della Comunità Europea all'estero, in particolare in Albania e in India. Le indagini sono partite dalla Comunità Europea, dopo una denuncia di estorsione e corruzione di un imprenditore finlandese, da un input della Olaf, l'apparato di intelligence europea, che si è poi coordinato con la procura di Potenza, minacciando di svilupparsi in tutto il centro sud per coinvolgere altri funzionari italiani. Quello che sembra essere una convenzionale tangentopoli, si presta a divenire una vera manovra per manipolare l'opinione pubblica e per ricattare lo Stato Italiano, che viene esposto ad un sottile e invisibile colpo di Stato, come lo dimostrano i ripetuti attacchi al governo da parte di tante forze esterne che intendono destabilizzare l'Italia. Lo scandalo delle tangenti europeo non è quello che vogliono far credere, è un vero mezzo di ricatto delle persone e delle lobbies che ora gestiscono alcuni punti nevralgici economici Europei, manovrato dai contactors che costituiscono i comitati di coordinamento della Commissione Europea.

La intelligence e i servizi segreti degli Stati Nazionali sono stati ormai sovrastati e manipolati dalle Agenzie private, dai contractors che hanno il compito di reperire materiale e dossier su chiunque occupi posizioni di potere, per renderli dei ricattati e dei ricattabili, soggetti all'alternanza delle lobbies al potere.
Quello di cui bisogna avere paura, è la manovra che il grande scandalo nasconde, che è stato totalmente censurato dai media, nonostante l'impatto che questa notizia avrà sulla geopolitica europea e sulla stabilità politica del Mediterraneo. I Membri del Parlamento europeo hanno oggi decido di dare il pieno appoggio al piano per il Kosovo di Ahtisaari, votando a piena maggiornanza un rapporto che afferma che "l'indipendenza controllata del Kosovo con una supervisione della comunità internazionale è la scelta migliore per assicurare gli obiettivi di pace". Nella prospettiva di portare la Serbia e il Kosovo nell'UE, la Comunità svolgerà un ruolo centrale nella gestione delle negoziazioni, e in coordinamento con le organizzazioni finanziarie per decidere i provvedimenti sul decentramento e la realizzazione dell'autonomia sostanziale. Il rapporto prevede lo stabilimento di una forza limitata, nel rispetto del carattere multietnico del Kosovo, che dovrà portare la Serbia e il Kosovo nella Unione Europea. Il documento aggiunse, "a lungo andare, la soluzione riguardo allo status futuro delle bugie di Kosovo anche nel fatto che Serbia e Kosovo, sono dovuti divenire parte dell'EU, per divenire poi la parte orientale della comunità europea.
Con un vero atto di forza, il Parlamento ignora totalmente le discussioni con le controparti russe e serbe, che si sono sempre rifiutate di accordare l'indipendenza ad una regione che non può essere indipendente, per non restare indifesa agli attacchi e alle pretese delle lobbies che hanno l'obiettivo di sfruttarlo come punto logistico per i loro affari. Tale decisione è inoltre completamente contrario agli Accordi di Rambouillet e della risoluzione ONU n. 1244., secondo la quale la comunità internazionale ha l'obbligo di promuovere un "processo politico che porti verso lo stabilimento di un accordo politico per il Kosovo e una struttura provvisoria che provvede ad un autogoverno sostanziale del Kosovo, nel pieno rispetto di Rambouillet, dei principi della sovranità e l'integrità territoriale della Repubblica Federale di Iugoslavia - la Serbia - e degli altri paesi della regione". Per questo e altri motivi di grandissima delicatezza per la stabilità della politica internazionale, la Russia si è già detta molto scettica sulla riuscita e sulla realizzazione di tale piano per il Kosovo, e promette di non lasciare più il discorso in sospeso.

L'Europa sbarca in Kosovo, sostituendo le forze della Nato nel ruolo di coordinamento: tra giugno e luglio circa 1500 europei prenderanno ruolo in Kosovo, per preparare questa regione ad entrare in Europa e gestire così milioni di euro per l'attuazione delle direttive e delle nuove regole europee. Intanto è stato già comminato l'ordine alla Kfor di elevare il livello di sicurezza in Kosovo, e in particolare nella città di Mitrovika dopo lo scoppio di una bomba nel giardino del direttore alla sicurezza. Lo scandalo che ha coinvolto i funzionari direttivi delle ambasciate europee è dunque una chiara manovra per prendere il posto di quella casta di dirigenti che ora gestiscono gli affari e le principali decisioni di politica e finanza all'interno dei Balcani. Dunque gli Stati non sono altro che dei contractors, le Lobbies hanno così investito molto nei Balcani e per poter prendere subito piede hanno così deciso di creare corruzione, scandali sessuali, personaggi famosi, e dando un po' di soldi in giro, hanno messo su una grande giostra di potere che nessuno può fermare perché non esistono leggi in grado di capire qual è il vero crimine.
Ancora una volta, i media hanno oscurato e nascosto una notizia così importante, per l'Italia stessa che per molti anni ha curato le missioni di pace in quei territori, ha inviato i suoi soldati e i suoi mezzi, e ora deve lasciare le poltrone e la gestione dei veri affari a lobbies più illustri.
Dietro tutto questo vi è un'azione studiata e programmata a tavolino perché la Olaf è sulla carta di un comitato di indagine della Unione Europea, ma in realtà è un'entità gestita da contractors. Accanto a questo vi è un ferreo controllo delle notizie trasmesse dalle Agenzie che filtrano e dissimulano notizie, cancellano e manipolano i motori di ricerca: non si riesce più a trovare una notizia valida da parte di un'agenzia che chiaramente spieghi cosa stia accadendo. In tali condizioni l'unica soluzione è la creazione di ponti giornalistici da parte delle singole persone che riescano così a scambiarsi informazioni.

La guerra che in questi giorni stiamo affrontando è la guerra dell'assenza di informazione e del dilagare della disinformazione che sta chiudendo i canali necessari a capire cosa stia davvero accadendo. Le notizie da pubbliche sono divenute dei segreti militari, i motori di ricerca sono stati truccati in modo che la parola chiave non dia tra i risultati le news che corrispondono per rilevanza e contenuto. Potremo un giorno svegliarci e accorgerci che una guerra è scoppiata nel golfo perché è partito accidentalmente un colpo da una postazione militare, senza capire quando tutto sia iniziato. L'unica a esporsi di più in queste ore è la stampa russa che dichiara che gli Stati Uniti siano ormai pronti ad attaccare l'Iran, dato il posizionamento di un esercito dall'equipaggiamento completo e sufficiente a perpetuare un bombardamento di oltre 6 mesi. A tali provocazioni gli Stati Uniti rispondono che non esiste alcun diritto iraniano sulle acque del Mar del Golfo oltre quel confine definito territoriale, e la manovra della flotta non ha il deliberato obiettivo di provocare l'Iran. In ogni caso l'Iran si chiede se, dopo la conferma della risoluzione, sia in grado di resistere ancora altri sessanta giorni di embargo che impedisce di vendere petrolio per comprare benzina. Anche senza i bombardamenti, l'Iran rischia di morire e forse proprio su questo si basa il gioco dell'America: stremare l'avversario e spingerlo alla disperazione, con l'embargo e le minacce di un massiccio attacco missilistico.
La crisi potrebbe risolversi in pochi giorni oppure potrebbero durare ancora altri dieci anni, ma la resistenza iraniana non è infinita.

27 marzo 2007

Il difficile ruolo della Russia


A pochi giorni dell’ultima assemblea del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, in un accesso clima di tensione, Blair incontra Putin per discutere sulla risoluzione della crisi internazionale innescata dal rapimento dei soldati britannici. La Gran Bretagna ha così chiesto l'aiuto della Russia per ottenere la liberazione di 15 marinai britannici arrestati dalle autorità iraniane il 23 marzo, in virtù delle relazioni "privilegiate" che intercorrono tra i due Paesi, sia economici che politici.
Blair si rivolge in via ufficiale ed ufficiosa a Putin chiedendo una presa di posizione della Russia ben precisa in seno all’Onu e sullo scenario internazionale, ben sapendo che allo stato attuale non può intervenire in alcun modo se non in via diplomatica. I rappresentanti di Russia e Cina in occasione dell’assemblea del Consiglio di Sicurezza convocata lunedì, hanno chiesto in maniera velata di abbandonare una linea politica che non può non portare ad un intervento armato, e di intraprendere la strada della mediazione diplomatica per dissuadere il regime di Teheran a cedere su alcuni punti. Questa dichiarazione all’unisono di Russia e Cina giunge a pochi giorni dalla sospensione della cooperazione dell’Iran con l’Agenzia dell’AEIA e con gli Stati Uniti, e del famoso pagamento dei rifornimenti di uranio arricchito e del know how necessario alla costruzione e la messa in funzionamento della centrale nucleare di Bouchehr.
Era stata proprio Mosca a lanciare l’accesa polemica sull’insolvenza e l’inaffidabilità del regime di Teheran, e ancora una volta è Mosca che mette unilateralmente fine a questo empasse all'indomani di una decisiva risoluzione ONU. Mosca ha così preso le redini della direzione degli affari al Consiglio di Sicurezza come un vero e proprio arbitro della crisi iraniana, accelerando anche la chiusura del processo all’insolvenza dei pagamenti entro i primi giorni di Aprile, che avrebbe senz’altro interrotto ogni tipo di cooperazione futura.
Assistiamo dunque ad una strana coincidenza delle date nella settimana che precede la Pasqua: è in questo periodo che dovrebbe essere pronunciata l’ennesima risoluzione Onu come risposta al rifiuto del regime dei Mullah di abbandonare il piano militare, ed è questa la data a cui ufficiali analisti russi fanno risalire il probabile attacco all’Iran da parte della coalizione Usa-Gran Bretagna.
In tutto questo si inserisce l'affare dei 15 marinai che sono stati arrestati per aver superato le acque territoriali, che va a costruire una nuova crisi che si sovrappone a quella nucleare: non dimentichiamo che la guerra in Libano è stata scatenata dall’arresto di due soldati israeliani, le cui sorti non sono state più rese note.
Questa crisi permette ai mullah di continuare la loro politica di opposizione all’Onu e alla Russia stessa per spuntare quanto più possibile dalla crisi innescata, e sembrano folli abbastanza per spingersi ad affrontare anche un conflitto a fuoco. Il rapimento dei soldati britannici è ancora amplificato e portato all’esasperazione dai media iraniani stessi, che vogliono forzare la crisi per giungere ad una risoluzione che porti i due grandi blocchi ad affrontarsi in via diretta, ben sapendo che non permetteranno che si arrivi ad una guerra globale o che si perdi terreno nelle zone di influenza in Medioriente.

Ora sarà la Russia che dovrà decidere sulla soluzione di questo grande rebus che si gioca sul filo del rasoio, perché la posta in gioco è molto alta e pericolosa: le alternative sono lasciar attaccare l’Iran, con il rischio di perdere una zona di influenza e un importante serbatoio di idrocarburi, od opporsi all’atteggiamento ostile dell’Onu, rischiando la guerra totale che autodistruggerebbe entrambi. Si capisce dunque che Putin non ha oggi un compito facile, e la strada diplomatica e del dialogo sembra l’unica possibile. Non dimentichiamo che la Russia conserva ancora la carta “Kosovo” da utilizzare in seno all’Onu per ottenere in contropartita una risoluzione più favorevole sulla questione dell’Iran. Il Kossovo non sta così a cuore a Belgrado, ma tuttavia non firmerà mai la risoluzione Onu, e spingerà la comunità internazionale a intervenire con la forza. Dal canto loro i kossovari, non appena avranno l’indipendenza, rinnegheranno la Nato e espelleranno l’intrusione straniera.
Putin vuole un rublo convertibile, per poter creare una banca sullo stile della Federal Reserve che sia basata sulla compravendita di gas, e dunque la cooperazione con l’Iran si rivela di fondamentale importanza: la Russia non potrà mai accettare che gli Usa si impossessino di riserve strategiche per la creazione dell’Opec del gas. Così Cina e Russia si uniscono per aiutare in maniera invisibile l’Iran ad ottenere il nucleare, che servirà senz’altro a dare alla nazione una fonte di energia elettrica per poter destinare maggiori riserve all’esportazione, ma non è da escludere che i Mullah vogliono l’Iran per rafforzare la propria posizione militare e politica all’interno del Medioriente. Gli iraniani sanno perfettamente giocare con questi giochi di potere, e sono capaci di combattere anche una guerra persa in partenza se intravedono una seppur debole speranza di vittoria. Basti pensare che il regime iraniano sta negando l’elettricità alla popolazione per spingere alla disperazione, e preparare con una feroce campagna mediatica le persone ad affrontare l’estremo sacrificio per evitare la morte economica della nazione. Anche Saddam prima di morire disse agli Irakeni di non fidarsi mai degli Iraniani, perché sono folli abbastanza da essere pericolosi, ma non stupidi, sono uniti e compatti nel combattere le guerre, anche se potrebbero portare all’autodistruzione del Paese.

Sulla Russia incombe dunque il difficile ruolo di Putin di gestire diplomaticamente queste due sfere che si contrappongono, ma che devono incontrarsi per forza perché qualcuno dovrà cedere. Vedremo dunque strani avvenimenti accadere, e ognuno sarà la risposta dell’accordo fatto dalle potenze per la spartizione del controllo delle risorse e del potere. La Russia di oggi è la grande madre di tutte le Russie, ha accanto la Cina e sta giocando la più grande partita della storia, nucleare si nucleare no, Kossovo si Kossono no.

Il gesto dell’Inghilterra è stato dunque un modo tattico per vedersi rifiutare una proposta di collaborazione e incastrare Putin in una trappola che la Russia si è costruita con le proprie mani esponendosi a viso aperto a favore dell’Iran. Chiedere ai russi l’aiuto per fare pressione sull’Iran a ridarli i suoi soldati, è un gioco meschino perché sanno che non possono fare nulla. Gli Inglesi sono infatti esperti di questi giochi di potere, ma ormai il trucco non funziona più perché lo conosciamo benissimo: sono ottimi attori nell’inscenare eclatanti sequestri e nel simulare fraterne e caine amicizie. Non dimenticate che gli Inglesi sono pericolosi, non perché ci sanno fare ma perché hanno girato mezzo mondo con una fascia sull’occhio, per rubare tutto “più il 5%” alla povera gente ovunque nel mondo. È molto difficile spiegare dettagliatamente le loro mosse, ma un antico proverbio dice “si va rubare nella casa dei ladri”: oggi gli inglesi vogliono mettersi in discussione, ma non avendo nè gas, nè il Kashmir o una valida produzione industriale, hanno avuto come strategica idea quella di far arrestare 15 dei loro soldati per creare una crisi internazionale. I due soldati israeliani catturati che hanno causato la guerra in Libano non si sono più mai più rivisti eppure Israele ha bombardato il Libano proprio per loro. Questo oltre ad essere irresponsabile, è incosciente perché certamente dietro tutto questo vi sono dei meccanismi di punto non ritorno, che innescano una situazione che difficilmente può portare una soluzione senza vittime.

Sono queste ore decisive tra dichiarazioni spettacolari, poi ritrattate, propaganda e falsi analisti che circondano tutta questa politica fatta di messinscene. Basti guardare a ciò che sta accadendo in Italia, dove per evitare che cada il governo, o che avvenga un vero colpo di Stato, sono sbucate fuori le fotografie scandalo che ritraggono personaggi politici industriali, risucchiando i questo vortice servizi segreti e magistratura. Questo perché l’Italia ha aperto le porte del Governo della nazione ai Baroni Ladroni, e ascoltando tutte le loro filosofie degli spioni d’élite, ha deciso di fare il colpaccio e abbandonare l’America, per mettersi d’accordo con le lobbies europee e quelle russe
In questo scenario internazionale assurdo da far ribrezzo, siamo arrivati al capolinea.
Un kossovo indipendente, un Iran demilitarizzato e tutti i cittadini del mondo che pagano le tasse con l’iperinflazione e la svalutazione del dollaro. Oggi è veramente disgustoso che i capi dei servizi vengano ricattati, che la scienza venga calpestata, e la gente schiavizzata: ogni goccia di petrolio è una goccia di sangue versato. Né con la Russia e né con l’America, occorre cercare indipendenza incondizionata e l’unica risposta è la scienza.

23 marzo 2007

Le strane coincidenze delle truffe telematiche


Posizionato su un animo server, è stato pubblicato un web site “poste.it” palesemente contraffatto per mettere in atto una vera truffa ai danni degli utenti e delle stesse Poste Italiane. Migliaia di e-mail sono state inviate da questo fantomatico sito delle poste, invitando gli utenti a seguire un’operazione di manutenzione del proprio conto corrente on-line, chiedendo di dare tempestivamente i propri dati, altrimenti il conto sarebbe stato considerato illecito o abusivamente utilizzato.
Visitando il sito si può notare la perfetta somiglianza, e pochi dettagli ne rivelano la natura contraffatta: http://www.4-media.cz/poste/

Tuttavia navigando con Firefox il browser segnala che il sito su cui ci troviamo è contraffatto e dobbiamo allontanarci da esso perché potrebbe nascondere una truffa, al contrario di Explorer che non protegge in questo caso la navigazione su siti contraffatti.







Il caso che vi riportiamo potrebbe sembrare una banalità in confronto alle truffe più eclatanti del web, tuttavia esso ci permette di far riflettere sul fatto che determinati episodi non sono poi così casuali e sono stranamente mirati per colpire delle società, come le Poste Italiane. Il successo di questo tentativo di truffa potrebbe indebolire in qualche modo le Poste, ed in particolar modo il sistema di banca online che ha riscosso una grande successo tra tutti gli utenti che hanno scelto Poste Italiane proprio per questo tipo di servizio. Poste.it potrebbe ricoprirsi di reclami e di cause per truffa, diffondendo un’alea di sfiducia tra gli utenti che avrebbero creduto di essere stati non protetti dalla società che deteneva i suoi dati.
Sorge a questo punto il dubbio che stranamente i pirati informatici abbiano colpito senza volerlo proprio le Poste italiane, in un periodo in cui si parla di privatizzazione, di moneta elettronica e di cyberbank. Se non è un vero attentato, è certamente una prova tecnica di rodaggio dei sistemi informatici per trovare quel bug e quell’errore che potrebbe davvero infiltrare le Poste Italiane e pregiudicarne la sua credibilità, come promotrice di avanguardia della moneta elettronica sul web e dei pagamenti sicuri. Il sabotaggio si è trasformato in uno strumento che apre subito la via della privatizzazione e della scalata amichevole, perché scredita e getta dubbi sull’affidabilità di un Istituto pubblico o sulla necessità di ristrutturare la società caduta nella degenerazione.
Ciò che accaduto alla Telecom è la prova più tangibile dell’esistenza di certi meccanismi, che vogliono criminalizzare i dirigenti o delle pedine del Sismi per poi svalutare e fare carne da macello della società. La telecom è vittima delle intercettazioni da più di un anno, sin dallo scoppiare del Lazio Gate, per poi continuare con lo scandalo Unipol, e degenerare del tutto con il caso Abu Omar: oggi scoppia un nuovo scandalo per una cellula di ascolto che condannerà di nuovo degli agenti del Sismi e sgretolerà ancora di più la credibilità della Telecom. In quest’ultimo anno i bilanci della Telecom, o almeno il valore avvertito dagli azionisti è diminuito sempre di più, fino a che questi hanno deciso di negargli ogni tipo di fiducia. Il crimine invisibile ha davvero colpito e mietuto vittime, ma con pazienza e dopo molto tempo.
Tutto questo ha una spiegazione, e risiede nel fatto che le Banche vogliono appropriarsi delle telecomunicazioni per istallare su di esse i terminali per le transazioni e il trasferimento di denaro.
Allo stesso modo, questo tipo di persuasione potrebbe colpire anche i sistemi per le transazioni sul web, e il caso di poste.it potrebbe essere solo l’inizio di una lunga serie di truffe che colpiranno i web site che hanno un proprio sistema di pagamento delle transazioni. Ogni manovra sarà comunque ben studiata in modo da far cadere una pedina, ma non l’intero sistema.
Abbiamo dunque ragione di credere che la nuova polizia informatica, sarà pilotata dai nuovi grandi Banchieri e sarà messa nelle mani di un unico grande organismo sovranazionale, forse paneuropeo come prevede il progetto del SIS II .
La pirateria informatica si espande sempre più sul web, e assume delle sfumature che vanno al di là dello spam e dei fantomatici attacchi da parte di Al Queda ai siti governativi. Parte è pura propaganda, perchè il cybercrimine non è infatti quello che vogliono far credere ma sono degli attacchi studiati e organizzati ai cybernauti, per diffondere paura e diffidenza sull’internet che spinge gli utenti ad affidarsi solo alle grandi società di informatica simbolo di sicurezza e riservatezza.
L’opera di disumanizzazione di cui noi parlavamo è reale oggi a tutti gli effetti, e noi non possiamo fermare un reato del genere perchè sono loro che hanno creato l’informatica e la stanno gestendo in modo da costruire un nuovo sistema dittatoriale. Siamo già in mano alle segreterie telefoniche, a cui non risponde nessuna persona reale ma solo computer, così come le vostre lettere e le vostre e-mail le ricevono dei computer che inviano delle risposte automatiche, sempre le stesse qualsiasi cosa voi tentiate di spiegare, perdendo giorni interi a cercare di capire quale sia il percorso burocratico giusto. Questo è un crimine, ci stanno già usurando e le persone non intuiscono cosa stanno facendo di loro, che le stanno manipolando nel silenzio riempiendole di chiacchiere, nel silenzio dei media che non sono più carta stampata ma carta straccia, e dei politici che non parlano più alla nazione ma ai banchetti. E' tuttavia vero ci sono due pesi e due misure nella giustizia sui crimini informatici, perchè la guardia di finaza controlla i cd del copyright ed è diventata ormai il guardiano delle multinazionali.Il web non è un mondo a se stante ma è la nostra nuova dimensione, in cui dovremo vivere imparando a conviverci se non vogliamo fallire o essere emarginati dalla società.

22 marzo 2007

La moneta con l’SMS : il via alla Cyberbank per tutti


Il Belgio inaugura il pagamento tramite SMS securitizzato, con un sistema innovativo e di immediata disponibilità per tutti gli utenti di telefonia mobile GSM. Sviluppato dalla società belga Bankys, questo è il primo esempio di cyberbank che sarà in grado di movimentare 36 miliardi di dollari, per milioni di transazioni sia tra individui che tra Banche. Ciò vuol dire che tramite un semplice cellulare, che non possiede la connessione all’internet e non consente di collegarsi via web al proprio conto on-line, potremo effettuare qualsiasi tipo di transazione, dal pagamento del conto del supermercato al taxi, dallo shopping reale a quello elettronico. Per poter utilizzare questa nuova soluzione innovativa, bisognerà oggi disporre di un conto corrente in una banca belga ed essere detentore di un telefono portabile che funziona su una delle tre reti belghe di telefonia mobile, Proximus, Mobistar, filiale belga di Telecom France, o Base. L'attivazione è gratuita e viene eseguita una sola volta, dopodiché il commerciante introduce una domanda sul suo GSM, il cliente riceve un SMS e conferma la sua volontà di pagare grazie ad un codice segreto. Infine, il cliente ed il commerciante ricevono ciascuno un messaggio di conferma della transazione. Il pagamento avverrà mediante un trasferimento bancario, dalla carta di credito che avrà la stessa struttura di una carta prepagata, con un limite massimo di credito: una carta di credito a misura del commercio al minuto, e delle transazioni giornaliere. Scompare il POS e i costi ad esso connessi, offrendo a chi viaggia, a chi lavora in maniera occasionale e al commercio elettronico un mezzo di pagamento che abbatte ogni ostacolo per l’accesso al credito. Non sono stati stabiliti dei costi di abbonamento o di connessione, cosa che invece esiste nel caso della cyberbank tramite palmare, tuttavia viene pagata la singola transazione, e il compenso sarà ripartito tra le compagnie telefoniche e la Banca promotrice.
Il progetto belga di veicolare tramite la telefonia mobile le transazioni bancarie non è certo l’ultimo, tuttavia rende bene l’idea dell’evoluzione del sistema economico e monetario, che va verso la virtualizzazione del denaro e la spersonalizzazione dei servizi. Verrà meno anche il contatto personale con la Banca, che creerà un sistema di pagamento più vicino possibile alle nostre esigenze, “per non farci mancare niente” e per non farci rinunciare ad alcun comodo acquisto mediante un terminale che portiamo sempre con noi.
La coesione, dunque, tra le compagnie telefoniche e il sistema bancario è un più stretto di quanto si possa immaginare e non è solo di mero debito-credito, in quanto le banche investono molto nelle telecomunicazioni per la loro duplice utilità. La telefonia mobile fornisce un data base di dati e di informazioni personali che non ha eguali, perché l’intercettazione telefonica e la registrazione delle telefonate è legale a tutti gli effetti, ma è illegale l’utilizzo di questi per scopi illeciti, come il ricatto e l’estorsione. Tuttavia nel momento in cui i gravi scandali di intercettazioni coinvolgono Banchieri, politici e industriali, le colpe e la responsabilità ricade sui tecnici o sui responsabili delle compagnie o sui dirigenti dei servizi, per fermare le indagini dopo che è stato colpito il sostrato della vicenda. Le lobbies e coloro che intendono sabotare un determinato sistema se ne servono in qualsiasi momento, anche qui per una duplice finalità, in quanto le intercettazioni da un lato aiutano ad affossare nemici e sbaragliare ogni tipo di ostacolo, mentre dall’altro colpiscono le società di telefonia per trasformarle in facili prede.
Il caso di Telecom è un esempio assai raro, quanto unico nel suo genere, perché da azienda statale qual era, è divenuta società privata per collezionare utenti da cui estorcere il canone telefonico per il mantenimento di una struttura costruita con i soldi dello Stato, e oggi è carne da macello delle Banche. La Telecom è stata indebitata da una classe dirigenziale che si definiva la nuova imprenditoria italiana, trasformando dei creditori in proprietari di fatto, in quanto nel momento in cui hanno deciso di impadronirsene sono iniziati gli scandali e i problemi. Il credito non è stato rinegoziato né consolidato, e si è chiesta la liquidazione, impossibile da onorare dato lo Stato dei conti e dei Bilanci: le Banche hanno così approfittato per proporre la loro soluzione ideale per risolvere il caso. Dopo settimane di trattative è stato deciso che presto, molto probabilmente, la Pirelli uscirà dall'azionariato di Telecom Italia con la vendita delle azioni ad un gruppo di banche.
Olimpia, controllata all'80% da Pirelli ed al 20% dalla famiglia Benetton, detiene il 18% di Telecom Italia, per cui la cessione di tale quota alle Banche significherà che la società di telecomunicazione sarà di proprietà di un consorzio bancario, al quale non è escluso che non parteciperanno anche operatori esteri. Tuttavia Telecom è già una banca a livello potenziale, date le prospettive della cyberbank già prospettate con i conti corrente on-line, e la possibilità, ormai attuale, di pagare mediante SMS. Il vero problema da affrontare sarà la gestione di questo grande operatore da parte degli utenti, che dopo essere stati declassati da contribuenti che godevano di un servizio pubblico, si sono ritrovati a lottare con le truffe, le incompetenze e la burocrazia di un’entità invisibile, che li spia e li imbroglia. Se questo è il contesto “amministrativo” in cui la cyberbank italiana entrerà nelle nostre vite, allora possiamo dire che la nuova usura è vicina, è già cominciata perché in parte ci ha già disumanizzati per poter combattere giornaliermente con delle segreterie telefoniche mute.

20 marzo 2007

La guerra tra Onu e Russia, tra propaganda e taciti accordi


Dinanzi alla riunione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu per discutere dell’approvazione del Piano Athisaari per l’indipendenza del Kosovo dalla Serbia, l’ambasciatore russo abbandona l’assemblea. Il gesto di sfrontata sfida della Russia nei confronti delle Nazioni Uniti è il chiaro effetto di un braccio di ferro che queste due sfere di potere stanno facendo, su un territorio, come quello del Kosovo su cui si consumò nel 1998 l’ennesima violenza delle forze internazionali verso i popoli dei Balcani.
Il piano Ahtisaari sul Kosovo secondo la Serbia non meritava di essere esaminato presso l'ONU perché distruggeva i principi ed il diritto costituente alla base di un Stato democratico e non rispondeva alle condizioni più elementari indispensabili al suo rinvio davanti al Consiglio di sicurezza dell'ONU. È stato definito un vero atto di forza dei poteri che cercano in ogni modo di creare nei Balcani una fonte di scontro per strappare alla Serbia un territorio che gli stessi albanesi non desiderano annettere al proprio Stato. Anche la Russia ha sempre rigettato questo programma ritenendolo lesivo degli accordi presi durante i negoziati, e per tale motivo ha deciso di rigettare ogni forma di discussione o di compromesso su tale aspetto. D’altronde, chiedendo la discussione davanti al Consiglio di Sicurezza in maniera così prematura, si è avuta la netta impressione che una nuova guerra nei Balcani si stesse preparando: se il Consiglio si fosse trovato d’accordo su una soluzione contraria alla Serbia, come già si era preannunciata, il mancato rispetto avrebbe senz’altro creato il casus belli per un’altra sanguinante guerra balcanica. Già da oggi infatti non si esclude che nel caso ricominciassero i conflitti etnici in Kosovo, la NATO passerebbe ad un istantaneo aumento del suo contingente militare nella provincia.

Lo scenario che si sta preparando nei Balcani è alquanto inquietante anche perché la tensione che si era accumulata intorno all’Iran si sta attenuando pian piano, con dei tiepidi accenni della ricerca di dialogo, al di là della forte propaganda iraniana e statunitense. L’ONU e la Russia lottano soprattutto per conquistarsi una leadership diplomatica, un’immagine a livello internazionale di fonte di giustizia ed equità. Ciò per cui si lotta non è più un fazzoletto di terra, perché nessuno in questo momento si sta preoccupando dell’impatto sull’economia o sulla popolazione dei Balcani, ma è per la vittoria della propaganda.
La Russia dal suo canto, rilancia con un crescendo senza fine, la sua politica espansionistica, la sua forza e la sua risposta ad un mondo retto dagli Stati Uniti: lei rappresenta la soluzione alla crisi energetica, al sistema monetario del petrodollaro, alla crisi iraniana, agli scontri in Palestina, e ora anche a quelli dei Balcani. Infatti, le forze militari russe hanno ripetutamente dichiarato che la Russia non solo dispone di tutte le possibilita' per rispondere ai sistemi missilistici americani, e di armamenti in grado di colpire qualsiasi obiettivo in qualsiasi parte del mondo, ma ha anche dispositivi in grado di rilevare tutto cio' che vola nel cosmo . Questo per rispondere alle innumerevoli minacce di Bush sul diritto degli Stati Uniti di monopolizzare lo spazio cosmico, che sarà presto un mezzo e uno strumento di potere a tutti gli effetti. Ma la Russia è anche una forza diplomatica che sempre nuovi accordi per tessere la sua Tela di potere.
Ciò lo si nota in maniera evidente, dalle dichiarazione del Vicepresidente della Banca Mondiale, Jean-Richard , che ha affermato che la Russia può diventare leader nell'eliminazione dei rischi e delle minacce che destabilizzano il mondo contemporaneo. Questo perché nel G8, possiede un'economia in sviluppo sempre maggiore, perché fa da catalizzatore per l’area mediorientale, e dà una soluzione ai problemi dell’esaurimento delle risorse energetiche.
Inoltre, è di questi giorni l’annuncio ufficiale che il 9 aprile a Doha verrà ufficializzata la creazione del cartello del gas, tra Russia, Iran, Qatar, Venezuela e Algeria, paesi che controllano insieme più del 70% delle riserve mondiali di gas. che avrà luogo il 9 aprile a Doha sarebbe un momento favorevole per annunciare la creazione di un vero cartello gazier. La concertazione politica del prossimo passo tocca alla sua fine. Gli alto-dirigenti di Gazprom non nascondono che l'obiettivo strategico del monopolio russo del gas è di appropriarsi del monopolio della distribuzione, per sbaragliare la concorrenza con la E.On, Suez e Eni.
La dipendenza dell'UE rispetto alla volontà politica di Mosca sarà press’a poco totale.

È chiaro dunque che la Russia non potrebbe avanzare in tal mondo nel mondo occidentale se non avesse concluso il più importante dei patti, ossia quello con le potenze occidentali: un patto di non belligeranza interno, per poter collaborare e dividersi le zone di controllo e di influenza. Un patto che però non esclude uno scontro, anche trasversale e indiretto, in altre terre.
Si sta rifacendo la geografia degli Stati, la cibernetica e la gestione del controllo dello spazio cosmico, che rappresenta la nuova fonte di potere..
Tuttavia la guerra fredda non esiste più, perché lo scenario futuro è quello che vede gli Stati Uniti e la Russia che in maniera molto diplomatica, dividono tra di loro le zone di potere, perché l’una non vuole cadere nella recessione più buia che abbia mai visto, mentre l’altra vuole ritornare ad avere una forte leadership nelle decisioni di politica internazionale.

19 marzo 2007

La vera natura della globalizzazione


Quella che tutti conoscono come “economia della globalizzazione” è in realtà solo un aspetto di un problema molto complesso, il più grande pericolo per la nostra economia e le nostre imprese.
È una globalizzazione disumanizzata, che sta avanzando per inglobare nel suo sistema ogni impresa o forza economica, per sottometterla ai suoi meccanismi virtuali e cancellare la sua struttura materiale. Tale sistema economico, ormai sempre più vicino alla nostra quotidianità, è il frutto di quello che può essere definito crimine invisibile, perché oggi è alla base di tutta l’economia mondiale e la governa.
Le multinazionali o le grandi società che hanno costruito le multilevel si basano su degli schemi societari a scatola cinese, piramidali che hanno al vertice Holding residenti in Stati Offshore.
Alderney, Andorra, Anguilla, Anjouan, Antigua, Aruba, Bahamas, Bahrain, Barbados, Belize, Bermuda, Botswana, Brit., Isole Virgin, Brunei, Cayman, Cook Islands, Costa Rica, Curacao, Cipro, Repubblica Dominicana, Grenada, Guernsey, Hong Kong, Isola di Man Jebel Ali, Jersey Labuan, Liberia, Liechtenstein. Luxembourg, Macao, Madeira, Malta, Marshall, Mauritius, Monaco, Montenegro, Nauru Nevis, Nuova Zeland a, Niue, Panama, San Marino, Sark, Seychelles, Singapore, Svizzara, St. Kitts, St. Lucia, St. Vincent, Turks & Caicos, Vanuatu. Questi sono i paradisi fiscali più conosciuti e disciplinati anche dalle norme anti-frode e antielusive, ma tanti altri se ne creano e si distruggono dall’oggi al domani, per ospitare quelli che si definiscono grandi capitalisti ma che in realtà si nascondono negli isolotti del Pacifico con un ufficio in cui esiste solo un computer che fa da sede legale.

Per lunghi anni le Banche hanno creato società offshore anche per compiere una sola operazione finanziaria, una società figlia a cui trasferire fondi da sottrarre al controllo delle autorità, per poi essere riciclati.Una multinazionale si è costituita così, creando in tutto il mondo società esistenti e legali a tutti gli effetti, ma costituite da un semplice ufficio che è un domicilio formale: questo insieme di piccole entità, collegate tra di loro, costituiscono la società globalizzata che riesce così a tenere le sue operazioni finanziarie su di un circuito virtuale e isolato dall’economia reale, dai controlli delle autorità e circondato da anonimato. La prassi di creare delle reti di società esistenti solo sulla carta ma non nelle realtà, ha dato vita all’economia che conosciamo oggi, fatta di marketing, di immagine, di multilevel che fa da parassita alla piccola economia reale che cerca di svilupparsi. Di queste entità non si conosce nulla, sono avvolti da una coltre di mistero, sembra che non abbiano proprietari, ma solo segreterie elettroniche e amministratori sconosciuti e riservati.
Oggi questo processo di virtualizzazione della struttura dell’economia si sta avvicinando sempre più alla piccola realtà quotidiana, e quello che poteva essere una possibilità riservata alle sole grandi società, è alla portata di tutti.
Da anni ormai si sta sviluppando un modo di creare soggetti giuridici, come società, banche e compagnie di assicurazione assolutamente virtuali , con una semplice richiesta online, seguendo la medesima procedura per la creazione di un account, di una posta elettronica o di un domain.

Le società di consulenza più all’avanguardia si occupano della creazione delle società, offrendo i propri servizi per registrare e fondare l’entità giuridica, prestano il loro domicilio come sede legale e poi gestiscono l’ordinaria amministrazione di tutte le imprese affiliate con una segreteria o amministratore. Garantiscono l’anonimato e la riservatezza per qualsiasi tipo di operazione, perché sugli atti non compariranno mai i proprietari della società ma solo gli amministratori fittizi, quelli formali affittati in maniera virtuale. Per creare una banca bastano 52 mila euro, per avere una licenza di brokeraggio o una società finanziaria 4800 euro, 12500 per un’assicurazione, 2900 per una holding, 4800 per un’università o una licenza farmaceutica: tutto questo tramite l’internet, in meno di 48 ore, con la totale fiducia nella vostra solvibilità. Con meno di 100 euro potrete avere una L.t.d. in Gran Bretagna, che sarà costituita da un numero di telefono o un fax, da un indirizzo che vi porta in un ufficio al 30esimo piano di un grattacielo al centro della capitale. Potrete avere una segretaria e un amministratore con una quota di 1000 euro annuali, oppure uffici in ogni parte del mondo mediante il semplice affitto della domiciliazione con 200 euro.

Vi abbiamo così rivelato la vera natura delle grandi società “dotate di esperienza internazionale”, di “prodotti certificati da grandi università”, dei gruppi assicurativi e dei grandi fondi di investimento. La nostra economia è già piena di queste figure emblematiche, di cui non si conosce nulla ma che riescono ad appropriarsi di una grande fetta di mercato comprando le società più piccole che lottano nell’economia reale.
La liberalizzazione delle strutture societarie è la più grande truffa che si sta preparando per le nostre imprese, che si perderanno in questa caotica economia di società estere dietro cui esiste un solo computer in un ufficio all’ultimo piano di un grattacielo. La loro veste così internazionale affascina gli imprenditori alla continua ricerca di nuovi mercati, spesso dettata dall’esigenza di sopravvivere, e così affidano i loro investimenti nel tentativo di crescere. Vi sono oggi delle società in Italia che promuovono la creazione di società estere, per riuscire a pagare meno tasse, ma presto il più grande affare della loro vita si rivelerà una truffa perché vengono inglobate in sistema virtuale deregolamentato che non ha leggi di tutela per i piccoli utenti. Quando infatti l’economia avrà raggiunto un numero critico di virtualizzazione, si impossesseranno di tutto questo sistema tramite il mercato elettronico, perchè dietro vi è la disumanizzazione e l’economia è inesistente, è invisibile.
Questi meccanismi così oscuri sono invisibili e noi non potremo mai dimostrare di aver subito degli abusi di potere, perché da un giorno all’altro potranno cambiare il campo e le regole del gioco a loro piacimento, non esistendo alcuna garanzia in contropartita.
Se oggi le entità informatiche riescono ad oscurare un sito, a cancellare delle inserzioni o a manipolare la ricerca delle informazioni, un domani potrebbero manipolare la nostra attività economica, possono decretare la nostra fine giustificandosi con la creazione di una nuova regola.
Ne abbiamo già una dimostrazione con le società virtuali che si sono venute a creare: la loro diffusione renderà inutile la consulenza di un notaio e una parte della prassi legale necessaria oggi per creare una società, ma alimenterà una moltiplicazione di entità che non hanno un’immagine speculare nell’economia reale, non hanno una fabbrica o dei dipendenti. La smisurata moltiplicazione di queste entità, anche inesistenti, ma create solo per costruire un’immagine di internazionalizzazione o di grandezza, causerà un caos, che aiuterà i colossi ad appropriarsi di tutto.
Mentre la virtualizzazione dovrebbe essere lo specchio dell'economia reale, e non qualcosa che si moltiplica all’infinito per creare confusione o disorientare i concorrenti.
Si sta dunque preparando un’operazione gigantesca mediante la quale i capitali cartacei scompariranno per essere immesso in un nuovo regno informatico che riuscirà a far cadere, in maniera controllata diverse società. Assisteremo ad un terremoto che farà crollare molte imprese, e farà fallire in un certo senso il modo di fare impresa attuale, mentre, di pari passo, andrà in crisi anche la sfera giuridica perché le liberalizzazioni distruggeranno sempre le vecchie regole, ma non creeranno le nuove che possa far fronte a questo crimine invisibile.

15 marzo 2007

Il rapporto 41: la rivoluzione scientifica dimenticata dall'Italia


Nel 2001 l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di Frascati dell’Enea crea un collettivo di scienziati per studiare e realizzare la fusione fredda, annunciata come nuova teoria scientifica 10 anni prima da Fleischmann. Rubbia, già premio Nobel per la fisica, è stato uno dei primi nel credere nella fusione nucleare a temperatura ambiente che produce energia immensa, e fu lui stesso a richiedere la stesura di un rapporto dettagliato sui risultati dell’esperimento per ottenere una risposta chiara e incontrovertibile sulla possibile realizzazione della free energy. Intendeva infatti presentare una prova all’intero mondo accademico scientifico che la rivoluzione scientifica era già in atto, ed era nelle mani dell’Italia con dei risultati vivi, proprio quando a livello mondiale la fusione fredda veniva completamente affossata per far posto alla fusione termonuclerare controllata, cd. progetto Iter. Inizia così l’avventura tutta italiana nella fusione fredda alla ricerca di una nuova fonte di energia, che incontrerà tuttavia molteplici difficoltà per vincere innanzitutto lo scetticismo diffuso a livello degli alti vertici che tra i singoli individui.
Il gruppo di ricercatori composto dal Prof. Emilio Del Giudice, Antonella De Ninno e Antonio Frattolillo, team che aveva assistito il prof. Preparata nella stesura del protocollo per la replicabilità della fusione fredda, costruisce una cella di energia che sprigiona molta più energia di quanto non ne venga immessa. In una camera termostatata, che mantiene cioè una temperatura costante, viene immessa una pila che ha all’interno una barra di palladio immersa in un litro di acqua pesante, ottenuta mediante un trattamento delle molecole dell’acqua composte così da atomi di deuterio. Alimentando la pila con una fonte di energia, la barra di palladio attira gli atomi di deuterio nelle porosità del metallo, sino ad indurre alla fusione dell’idrogeno in virtù di reazione fisico-chimica. Durante la reazione un sensore rileva la produzione di elio e un alto aumento di temperatura, quindi produzione di energia in una quantità superiore rispetto a quanta ne sia necessaria in ingresso. Non esiste in questo caso un sistema di ingegnerizzazione e la produzione di energia avviene in grandi quantità, quindi in maniera non dosata come la combustione della benzina e in diverse forme elettromagnetiche, cosa che necessiterebbe di una tecnologia specifica per ogni gamma di frequenze.

L’esperimento aveva dunque come obiettivo quello di verificare che la reazione che causava calore e una grande energia luminosa, era di tipo nucleare. I ricercatori rilevando delle tracce di Elio-4 e degli eccessi di calore, che hanno confermato che la fusione dell’idrogeno era avvenuto grazie ad una reazione nucleare: da questo punto di vista l’esperimento può dirsi riuscito. Rubbia in primo momento convoca gli scienziati danno anche un suo contributo per completare il rapporto e i risultati dell’esperimento scientifico, ma poi sparisce abbandonando i ricercatori e il gruppo di lavoro.

Cosa abbia a quel punto scatenato l’indifferenza e il rifiuto di quel progetto possiamo solo sospettarlo, in quanto molti e forse troppi sono stati gli ostacoli e le barriere da sormontare. In ogni caso è strano che questo arresto sia avvenuto proprio nel momento in cui si erano ottenuti dei primi risultati concreti: sino ad ora è stato confermato che questo sistema in condizioni corrette riesce a produrre - oltre la potenza immessa - dal 10% a molte migliaia di volte la potenza in entrata. È inoltre emerso che negli esperimenti di fusione fredda sono stati trasmutati elementi, sono apparsi degli atomi che non erano presenti prima che gli esperimenti cominciassero.
In ogni caso era giunto il momento di investire vere e ingenti risorsi in quel piccolo esperimento per ottenere dei risultati percepibili anche dalla collettività, per poter dire che questa è a tutti gli effetti una forma di energia. Nel 2004 il Ministero delle Attività Produttive, convoca la Presidenza della divisione Fusione dell'ENEA, dopo aver letto il “rapporto41” sollecitò il ripristino delle ricerche concedendo un finanziamento per portare avanti il progetto, da affidare tuttavia ad un altro gruppo di lavoro, coordinato da Vittorio Violante e collegato a gruppi di ricerca in Giappone e in America.
L’Enea ha senz’altro agito per difendere parte dei suoi stessi interessi, per evitare di raccogliere un fallimento a livello internazionale per via di un progetto che richiedeva troppi anni per cominciare a dare i suoi frutti nonostante i modesti mezzi da impiegare per continuare la ricerca. Tuttavia, abbandonare così la fusione fredda, persa tra le pagine dell’internet e preclusa ai media accreditati a livelli più elevati o tra le masse è un vero crimine contro l’Umanità, perché significa cancellare anni di studio e di ricerca.
I giornali continuano a passare notizie di cronaca o di guerre per il petrolio, e non vogliono dare una speranza alle persone, non vogliono che la gente sappia che una soluzione a tutto questo c’è e che bisogna solo resistere e combattere giornaliermente affinché cambi il nostro modo di vivere e di pensare. L’egoismo oggi ci rovina e non ci permette di capire la vera portata di una rivoluzione energetica e anche le terribili conseguenze che porterà se non siamo pronti abbastanza per adeguarci all’impatto della nuova era.
L’Italia aveva senz’altro tra le mani un grande progetto, ma peccando di inesperienza e di codardia ha preferito restare nelle retroguardie lasciando ad altri il rischio della sperimentazione e del fallimento delle ricerche. La fusione fredda è ora nei laboratori delle più grandi multinazionali, delle società private e dei CNR di moltissime nazioni, ma ognuna di esse custodisce con gelosia il segreto delle proprie ricerche perché rappresenta l’arma del futuro.

Dato che noi siamo sempre stati in guerra, abbiamo un sistema economico che non è consono alla civiltà umana ma è basato sul controllo e sulla schiavitù, ed ecco perché i soldi e il petrolio sono un dio che è al di là dell’uomo, come lo dimostra un semplice dollaro. Pur ammettendo che oggi riusciamo a trovare una nuova energia, cosa potrà accadere? Il sistema non cambierà dall’oggi al domani, e quando lo farà ci saranno innumerevoli vittime, una strage provocata dalle guerre e dalle patologie che si verranno a creare per cambiare uno stile di vita. Prima che questa nuova energia venga immessa sul mercato, passeranno 15 anni, e nel frattempo la lotta al controllo del gas e del nucleare ci porterà alla guerra perpetua. Noi tentiamo di dare anche delle spiegazioni all’occultamento della fusione fredda, ma non è semplice accettarle, in quanto la risposta si trova nel nostro sistema economico, e se alcune persone tacciono dinanzi a queste domande è perché non intendono dare molte spiegazioni e dunque non rispondono.
Se l’Enea ha deciso di interrompere il progetto per poi riprenderlo sotto altri vesti è perché segue delle leggi economiche basate sul sistema del petrodollaro, ed è costretta a farlo in quanto adesso non può uscirne e mettersi al di sopra. Per accettare la fusione fredda occorre essere in grado di accettare l’idea che occorre rivedere alcune teorie pluriacclamate dagli esperti in quanto errate, che l’energia può crescere all’infinito, che è decentrata e deve essere diffusa in maniera indistinta.
Molte altre volte avremo l’impressione di capire cosa stia veramente accadendo tra le alte sfere, ma poi ci accorgeremo di essere manipolato e di aver raggiunto il loro scopo. Informiamo le persone della scoperta della fusione, ma diciamo loro che dovranno fare dei sacrifici per ottenerla, dovranno cambiare se stessi e non imputare ad altri esterni dei problemi e del male che esiste in ognuno di noi.

14 marzo 2007

Nucleare contro petrolio?



Gli Stati Uniti firmano un accordo con la Libia per la costruzione di una centrale nucleare destinata alla produzione di energia elettrica, proprio mentre l’Iran viene isolato e costretto ad una penalizzante risoluzione. Allo stesso tempo Francia e Russia, dopo un lungo periodo di contrattazioni, decidono di sospendere i progetti di sostegno alla possibile creazione di centrali nucleari in Iran, venendosi così a creare una profonda distorsione negli equilibri delle forze a livello internazionale. Viene concesso così il diritto alla produzione nucleare per scopi civilistici ad uno Stato che per molto tempo era stato bandito dalla comunità internazionale a causa della sua opposizione all'occidente e del suo presunto sostegno al terrorismo; in seguito tuttavia al suo impegno nel 2004 con la AIEA a non sviluppare la bomba atomica è riuscito a stabilizzare le relazioni con gli Stati Uniti, la Francia ed il Gran Bretagna.
La Francia e la Libia dovrebbero firmare a mesi un accordo di cooperazione sul nucleare civile, dando la concessione per la cura del progetto all’Areva, che già nei primi di febbraio aveva firmato un protocollo per esplorare dell'uranio nei suoli libici, ma resta a tutti gli effetti un accordo tra i governi.
Senza ombra di dubbio questo accordo avrà un notevole impatto sulla politica energetica della Libia, che è il secondo Stato produttore africano all’interno dell’Opec e con i suoi 1,5 milioni di barili, è in grado di influire anche all’interno delle decisioni del cartello per ciò che concerne l’offerta di petrolio. Sviluppare il nucleare in Libia implica non solo uno scambio di gas e petrolio a fronte delle competenze e risorse tecnologiche e scientifiche necessarie, ma anche una modificazione nelle quote di produzione che potrebbero essere aumentate in futuro per attutire la spinta al rialzo del prezzo del petrolio. In qualche modo l’America e la Francia, cercano di strappare risorse e idrocarburi alla Libia e all’Opec per continuare a controllare il prezzo del petrolio, dando in contropartita una tecnologia che fondamentalmente è vecchia ma che può ancora fruttare ed essere vantaggiosa in paesi in via di sviluppo.

Il governo francese intende privilegiare una partnership tra GDF ed i produttori di gas algerino Sonatrach, rispetto ad una fusione con Suez, per poter metter in sicurezza l'approvvigionamento di gas della Francia ed evitare così la privatizzazione. Infatti il decreto di privatizzazione del gruppo francese, non è stato ancora firmato, per cui si continua a lavorare per rendere attuali altre ipotesi, come ad esempio l’instaurazione di un accordo di cooperazione nel nucleare civile attraverso la fornitura di EDF ed Areva, per ottenere una relazione privilegiata nella fornitura di gas per metter in sicurezza l'approvvigionamento della Francia e dei paesi europei. Un tale accordo inoltre permetterebbe di rafforzare i legami tra Parigi ed Algeri, di sostenere lo sviluppo dell'Algeria e del Magreb per "stabilizzare l'immigrazione" e di "porre il gas algerino in concorrenza col gas russo", che tuttavia è un suo partner nel tentativo di creare un cartello di gas sul modello dell'OPEC.
Esito diverso ha avuto invece la collaborazione con l’Iran che si è interrotta quasi sul nascere, dopo un primo tentativo di costruire un consorzio nucleare tra Iran-Francia-Russia, con la partecipazione di Eurodif, Total, GDF, ed Areva. Eurodif è un Consorzio che possiede una fabbrica di arricchimento, che farà da combustibile per le centrali nucleari francesi e di numerose centrali straniere. È nata come joint-venture nel 1973 tra 5 paesi: la Francia, il Belgio, l'Italia, la Spagna e la Svezia, e recentemente ha aderito anche l’Iran, che non può fruire dei benefici del consorzio perché non ha una centrale nucleare che opera in Iran.
Ancora oggi l'Iran aspetta che la Russia consegni nei termini previsti il combustibile per la centrale nucleare di Bushehr, dopo che i trasferimenti sono stati momentaneamente (???) interrotti data il mancato regolare pagamento da parte dell’Iran. Probabilmente dietro la motivazione finanziaria si nasconde un chiaro segnale della Russia che ha deciso di interrompere il progetto, o una reale situazione di forte crisi economica dell’Iran, o ancora un ricatto per ottenere in via diretta il diritto allo sfruttamento dei campi di gas.
Sarkozy propone addirittura di creare una banca mondiale del combustibile nucleare che garantirebbe ai paesi emergenti i benefici dell'energia atomica senza rischio di deviazione militare", insieme ad un vero mercato su cui scambiare petrolio contro nucleare, ripetendo la proposta di Warren Buffett dinanzi all’AEIA. Lo stesso Putin, nel gennaio scorso, aveva proposto la creazione di una rete di centri per l'arricchimento e la produzione del combustibile nucleare sotto controllo internazionale per offrire l'accesso all'energia nucleare ai paesi in sviluppo senza rischio di proliferazione delle armi atomiche.

Occorre chiedersi a questo punto perché gli Stati che hanno il potere di autorizzare la proliferazione del nucleare scelgano oggi, alle soglie di una vera guerra fredda, di concedere la produzione dell’energia nucleare per fini civilistici ai più grandi Paesi produttori di petrolio. Vi è una contraddizione nei termini, perché non si spiega come mai le potenze occidentali chiedano combustibili fossili a fronte di un’energia più moderna, e per alcuni ritenuta ecologica (come l’UE e il trattato di Kyoto). Non si spiega neanche perché facciano una differenza tra i diversi Stati provocando asimmetrie di potere e dando adito a conflitti interni.
Si potrebbe ipotizzare che l’America stia cercando di armare questi Stati, instabili politicamente e ancora al centro di gravi crisi internazionali, per creare uno stato di tensione nella regione mediorientale fino a fomentare un conflitto interno. Ad ogni modo l’obiettivo principale è creare una condizione di disiquilibrio e contrasto all’interno degli Stati produttori di petrolio, per impedire che poi questi possano mettersi d'accordo per creare l'Opec del gas, un mercato unico di scambio, o addirittura una moneta, ponendo fine a quel processo di coordinamento che si stava già realizzando. La Balcanizzazione è la chiara dimostrazione come un elemento esterno abbia alterato degli equilibri già precari, per poi scatenare una guerra civile che ha distrutto i popoli della Jugoslavia. Lo stesso potrebbe avvenire se l’AEIA continuerà a distribuire nella regione mediorientale l’energia nucleare solo ad alcuni stati, mantenendo poi i contratti e gli accordi per lo sfruttamento del petrolio.

09 marzo 2007

La legge del "buon senso"

In un brano di Lawrence Lessig, tratto da un suo lavoro pubblicato da Apogeo nel 2006, si sostiene che la legge nascerebbe dal senso comune, in maniera più o meno brutale o intollerante, ma in definitiva così funzionerebbe la legge. Questa riflessione trae spunto da una sentenza della Corte Suprema americana a proposito dei voli a bassa quota di aerei militari nel 1945 sulla proprietà dei coniugi Causby, due contadini del North Carolina. I Causby, sostenendo che il frastuono degli aerei terrorizzasse i loro polli che, volando all’impazzata, andavano a morire schiantandosi contro le pareti del granaio, denunciarono il loro governo. La loro denuncia era basata su un’autorevole dottrina giuridica che sosteneva che il diritto di proprietà su un terreno si estende al di sotto della sua superfice, fino al centro della terra, e al di sopra, fino ad un’estensione indefinita. Pensavano così di poter impedire che gli aerei militari sorvolassero la loro proprietà a bassa quota causando la morte dei loro polli.

Vorrei far osservare che questa teoria, che Lessig sembra riportare alla legislazione americana, è in realtà ben più antica della stessa civiltà americana, discendendo infatti dal raffinato diritto romano secondo il quale la proprietà si estende usque ad inferos et usque ad sidera cioè fino alle estreme profondità del sottosuolo e alle estreme altezze dello spazio. Inoltre, da tale principio, assorbito da tutte le legislazioni occidentali, sono nate molteplici applicazioni, con i loro limiti e corollari, non ultima quella della libertà di attraversare lo spazio aereo sovrastante le proprietà private (impensabile per ovvie ragioni al tempo dei giuristi romani).

A tal proposito non deve sfuggire che un’estensione così ampia del diritto di proprietà trova quasi sempre il limite principale dell’interesse economico a sfruttare il sottosuolo o lo spazio sovrastante la proprietà. Quindi, se ricavo un vantaggio lecito dallo sfruttamento del mio suolo o dallo spazio ad esso sovrastante, ho anche diritto a non essere disturbato nelle mie attività, salvo che una legge mi limiti questo potere.

Nel caso proposto da Lessig (per sostenere che la legge nasce dal senso comune), però, il problema non era che tutti gli aerei volassero al di sopra delle proprietà private, ma che i soli aerei militari volassero troppo bassi, causando un danno patrimoniale. La Corte Suprema non trovò nessun argomento migliore per respingere il ricorso dei Causby, che affermare che il senso comune avrebbe contrastato col divieto di sorvolare la loro proprietà poiché l’aria era ormai concepibile come un’autostrada pubblica e su di essa solo il pubblico avrebbe potuto vantare diritti e non il singolo proprietario. Certo, nel 1945 c’erano esigenze di guerra, gli aerei militari statunitensi per qualche ragione dovevano volare a bassa quota e un singolo contadino, coi suoi pollastri morti, non sarebbe riuscito ad impedirlo. E non poteva impedirlo non per un principio di diritto o per una regola certa, ma solo perché, in caso contrario, il senso comune si sarebbe ribellato. Così i due contadini persero la causa non in base ad una norma giuridica o una legge speciale ma in base al senso comune, così come lo interpretava la Corte.

Ma in cosa consiste il senso comune? Sul punto vorrei far notare il grave pericolo che si nasconde dietro l’argomentazione della Corte e, di conseguenza, dietro il pensiero di Lessig : indicare il senso comune alla base di un comportamento che confligge con il resto dell’ordinamento e con antichi principi giuridici mette in pericolo la stessa democrazia di un paese. La legge non nasce per forza dal senso comune, si pensi alla legge sull’indulto che di norma non è voluta dal senso comune, eppure è votata dai parlamenti; si pensi ai molti abusi che i governanti potrebbero compiere facendo votare una legge che piaccia solo a loro, con la scusa che è il senso comune a volerla.

Meglio sarebbe stato, nel caso dei Causby, spiegare loro le vere ragioni per cui gli aerei militari dovevano volare a bassa quota. Così pure nella tragedia del Cermìs, qualcuno se la sente di dire che per il senso comune o per qualche altro valore astratto gli aerei militari americani potessero legittimamente volare tanto a bassa quota da trascinarsi dietro le cabine di una filovia?

07 marzo 2007

Il transfer money nei prossimi obiettivi delle Banche


Le indagini della Guardia di Finanza hanno sgominato un circuito di abusivismo finanziario sequestrando oltre 400 agenzie di trasferimento transnazionale di denaro, ritenute irregolari e così foriere di traffici di riciclaggio o di finanziamenti al terrorismo internazionale.
Sono state coinvolte circa il 50% delle subagenzie presenti sul territorio italiano, che fanno capo alle tre grandi agenzie mondiali della Western Union, MoneyGram e Travelex, con l’accusa di esercizio abusivo di attività finanziaria e di mancata istituzione dell’Archivio unico informativo.
Il sospetto è che queste agenzie costruivano dei canali di trasmissioni del denaro paralleli a quelli ufficiali, ossia quelli del circuito bancario, al fine di evadere tutte le misure dell’antiriciclaggio e i controlli anti-terrorismo. In ogni caso, più di 1,5 miliardi di euro di rimesse verso l’estero hanno evaso i controlli dell’Ufficio Italiano Cambi.

Fermo restando l’indiscutibile reato dell’abusivismo finanziario delle agenzie non registrate, questo tipo di indagini hanno un obiettivo ben mirato che va al di là dei controlli antiterroristici, che spesso rappresentano solo dei pretesti formali e mediatici di misure di invasione della privacy o del controllo della moneta in circolazione. Questi tipi di canali paralleli possono essere creati mediante delle infiltrazioni informatiche, in quanto i programmi che usano queste subagenzie mediante i quali effettuano i trasferimenti, appartengono a poche società che conservano così il controllo dell’intero circuito. Le procedure di sicurezza si attivano non appena vi è una eccessiva fuoriuscita di denaro dal sistema o una massa di circolante che non passa per il canale bancario. In coincidenza infatti del picco delle rimesse dall’Inghilterra verso l’estero nel mese di agosto scorso, vi è stata una diffusa campagna (mediatica più che altro) del pericolo di attentati che impediva a migliaia di emigranti di far ritorno in patria con il proprio gruzzolo di risparmi. Ricordiamo che l’esportazione di denaro in massa in periodi di crisi economica ( nel mese di agosto era in corso la guerra in Libano) potrebbe causare una crisi di liquidità e un vero crack economico.

Esiste dunque una chiara minaccia tra le entità bancarie che ha come obiettivo quello di controllare tutte le agenzie di transfer money, per impossessarsi di tutta la liquidità, divenuto un bene scarso, in modo da incanalare nel circuito bancario tutto il contante. Quello del transfer money è l’unico sistema che oggi consente di trasferire del denaro che sia poi immediatamente ritirabile e disponibile senza che siano praticati giorni di valuta. Le banche praticano una grande truffa sul denaro altrui, lucrando soprattutto su quello delle transazioni mediante i giorni valuta, ossia i tempi che la banca dice di aver bisogno per trasferire il denaro durante i quali i soldi vengono addebitati ma non accreditati, restando così nel limbo. I soldi che possono essere lucrati sul denaro trasferito durante i giorni di valuta ammonta a diversi miliardi ma scompaiono dai circuiti ufficiali, si perdono nel traffico elettronico e non ancora ritirati, perché non risulterà in alcun luogo che questo denaro è stato trasferito. Questo sistema si chiama “roll program” e permette di trasferire ingenti somme di denaro all’interno dei circuiti finanziari mediante dei programmi specializzati in tecnica monetaria, non commerciabili e dal valore inestimabile. Una di queste macchine è posizionata proprio in Lussemburgo e consente di immagazzinare le informazioni di tutti i conti correnti, tracciando ogni singola operazione finanziaria. Il sistema appena avverte un pericolo, lo segnala ai guardiani del palazzo che si adoperano per far rientrare l’allarme di crisi di liquidità o altro.
Tra il 1991 e il 1993 i casi di usura erano tantissimi, ma era un modo per sviare l’attenzione dall’anatocismo, che è un crimine contro l’umanità nascosto dai media e dai nostri politici, ci sono voluti anni prima che fosse scoperto proprio perché i meccanismi dei programmi non sono chiari né controllati.

Sarebbe interessante allora sapere quali mezzi ha la Guardia di finanza per capire le falle del sistema, visto che questi programmi non hanno una disciplina nazionale, hanno una struttura che non viene certificata o controllata da nessun organo statale, quando invece un programma deve essere omologato da un ente, da un’università, in modo che sia etico. Nessun magistrato ha fatto mai una vera inchiesta perché sono troppo occupati ad indagare sugli schiamazzi notturni e i crimini degli immigrati.

È comparsa dunque l’ennesima storia che ha come obiettivo quello di criminalizzare l’utilizzo del contante, come le vecchie notizie che affermavano che sulle banconote vi fosse cocaina, o virus per attacchi batteriologici. Oggi se un'impresa usa il contante, il suo commercialista è obbligato a controllare e a segnalare quella transizione come sospetta di violazione delle norme antiriciclaggio.
Con l’avvento della moneta elettronica, pian piano, ma sistematicamente, ogni settore verrà controllato e studiato attentamente per essere convertito alla virtualizzazione, dove tramite questi sofisticati sistemi si impossessano del nostro tempo,e della nostra intelligenza. Scambiare beni contraffatti non implica l’arresto immediato, ma lo scambio di questi beni su un sistema elettronico implica il blocco immediato dell’accesso al sistema, e presto anche dei conti correnti.
Noi non possiamo combattere se non capiamo, ma noi oggi crediamo in un bene materiale, come il possesso, perché siamo già all’interno di un sistema diverso da quello che ci dicono e che viene protetto dalle religioni. Il lavoro di Tesla viene sabotato e nascosto perché un domani crolla tutto se crolla la moneta del petrolio, crolla il sistema economico e le religioni. I Francesi,capirono e cercarono di fare la rivoluzione, ma fu falsata per il semplice fatto che anche le rivoluzioni servono, perché fanno credere alle persone di aver vinto, fanno costruire mausolei in onore dei criminali in modo da suggellare nella storia la sua memoria e impedire che la questione si riapra.

05 marzo 2007

La rivendicazione della sovranità monetaria in Europa


Si accende in Francia il dibattito elettorale per le presidenziali, in uno scontro per la rivendicazione della sovranità monetaria degli Stati Europei che unisce così i principali schieramenti. La chiara contrapposizione di Sarkozy e Royal nei confronti della BCE e della sua politica monetaria che non risponde alle esigenze degli Stati, è la prova incontrovertibile che all’interno dell’Unione Europea si sta creando una voce politica che vuole rimettere in discussione la questione monetaria.

Mentre in Italia costituisce ancora un forte tabù, in Francia, così come in altri stati europei, si pone al centro dei dibattiti la questione del ruolo istituzionale della Banca Centrale Europea e della sottrazione da parte di Maastricht della sovranità monetaria. Nicolas Sarkozy e Ségolène Royal, sebbene siano rivali nella competizione alle presidenziali, sono assolutamente concordi nell’attaccare la BCE, che usa la politica monetaria esclusivamente per contrastare l’inflazione a scapito della crescita e del benessere dell’economia. La spinta al rialzo del tasso di interesse per ridurre la circolazione monetaria, e rendere l’euro sempre più forte nella competizione con il dollaro per attirare capitali, sta impoverendo sempre più le imprese e le famiglie, riducendo le esportazioni e la competitività dell’Europa sul mercato internazionale. A questo non è poi corrisposto una riduzione del costo dell’energia, che è la principale componente delle importazioni, perché esistono ancora i cartelli petroliferi che sostengono i prezzi nonostante che con l’euro riusciamo a comprare più barili di petrolio. Ribadiscono la necessità di diversificare la politica monetaria a seconda degli Stati e della congiuntura, che può avere effetti diversi sui singoli Paesi, e che considerare il costo del denaro e del credito come indicatore del credito è molto riduttivo, perché il costo dei beni e dei servizi cresce in maniera differente. Bisogna poi considerare che l'internazionalizzazione dei mercati rende praticamente impossibile controllare la liquidità al livello regionale: i finanziamenti possono essere fatti globalmente, perché la creazione di base monetaria in Cina può confluire come deposito in una banca americana, ciò avendo più depositi può aumentare anche i crediti.

Andamento dei tempi di rimborso dei
titoli di debito pubblico, che rischiano di protrarsi
a causa dell'aumento dei tassi di interesse


Ségolène Royal vuole una BCE "sottomessa alle decisioni politiche", in modo da riportare nella sfera delle decisioni degli Stati la politica monetaria, che è infatti uno strumento per governare l’andamento e la crescita della nostre economie. llo stesso modo Sarkozy parla di “autismo della BCE”, così isolata e sorda alle richieste dei governi, proponendo che si discuta questo problema nel Parlamento Europeo per arrivare a modificare il Trattato Europeo che, attualmente, garantisce l'indipendenza del BCE rispetto ai governi. Entrambi chiedono che sia rivisto completamente il ruolo di questa entità, e che, si arrivi a pensare dei modelli economici che siano di un’epoca post-petrolifera.
Trichet invece si difende a queste legittime richieste dicendo che le preoccupazioni dei governi sono effettivamente immotivate, in quanto la BCE sta portando avanti una politica in linea con quella della Federal Reserve, e che i cittadini europei percepiscano l’inflazione in maniera eccessiva rispetto a quella reale. La strategia di difesa della BCE sembra tuttavia molto scarna rispetto agli attacchi mirati e motivati della Francia, che vuole riaffermare il suo ruolo politico in Europa, cercando di esportare il suo modello economico per certi aspetti molto etnico.
La Francia è uno dei pochi Stati europei a rendersi conto di cosa sia la Costituzione Europea, rigettando la sua approvazione, di quanto importante sia la politica monetaria e che si avvicina sempre più il momento della recessione economica degli Stati. Le società occidentali infatti da tempo stanno sfruttando le risorse altrui avendo prosciugato le proprie, hanno alimentato la loro economia con moneta senza alcuna copertura, hanno costruito i mostri di Basilea 2 e della borsa paneuropea per nascondere la virtualizzazione del denaro, per poi delegare alla BCE del controllo assoluto sulla moneta. Il crack delle borse asiatiche ha già mostrato che il fallimento è più vicino di quel che si crede in quanto l’economia è volatile, gli investimenti possono venire meno da un momento all’altro, e se gli Stati non riprenderanno almeno il controllo della politica monetaria non potranno contrastare questa crisi mondiale.

Attualmente, in un’epoca di transizione del sistema economico che si prepara ad entrare nella virtualizzazione totale, si sta svolgendo anche una guerra monetaria. La Cina sta affermando sempre più la sua posizione nel non rivalutare lo Yuan, mentre la Russia chiude accordi sulla convertibilità del rublo per lo scambio delle risorse energetiche, e infine l’Iran lancia una moneta per la promozione del nucleare. La moneta del nucleare iraniana rappresenta qualcosa di più di una trovata pubblicitaria anti-inflazionistica, perché dichiara che il sistema monetario iraniano avrà una convertibilità e una riserva che non sarà il petrolio, ma un’energia diversa.

L’Italia invece è sempre più impegnata a discutere per le leggi elettorali, per le coppie di fatto o per trovare un accordo di stabilità tra i senatori, mentre molti si scandalizzano sulle insinuazioni conto il Vaticano e i suoi crimini commessi mediante lo IOR. Per quanto assurdo possa sembrare ma questa entità è legata molto alla questione monetaria, perché lo IOR è legato alla Banca Centrale Europea senza che esistano leggi che disciplinano questo rapporto, né uno statuto che indichi chiaramente chi controlla o possiede la Banca. Lo IOR costituisce un’istituzione di uno Stato sovrano (riconosciuto in quanto tale dai patti Lateranensi) che non ha leggi finanziarie e né segue quelle comunitarie, non facendo parte della Comunità Europea: risulta così essere al di sopra delle leggi comunitarie (si veda Interrogazione E-1914/02) . Molti sono pronti a rinnegare i dogmi o la verità storica del cattolicesimo, così come attaccano l’ingerenza politica sul governo italiano, ma nessuno si interroga sul perché una Banca Centrale di uno Stato non abbia delle leggi finanziarie e né segua quelle comunitarie, trovandosi in una dimensione che sovrasta gli Stati.

02 marzo 2007

Telecom: a cosa serve un contratto?

di Avv. Massimo Di Pasquale

Nella nuova era degli utenti, le imprese e le famiglie devono confrontarsi con la burocrazia delle grandi società, che spesso per la sua complessa assurdità crea delle vere e proprie truffe contro cui è impossibile difendersi.
Le compagnie di telecomunicazione in questo sono foriere dei casi di errori legali più assurdi, e spesso ci si trova a sottoscrivere dei contratti le cui clausole vengono puntualmente disattese dalla società, oltre a rivelarsi spesso vessatorie per gli utenti.
A dimostrazione di ciò basta considerare l’iter burocratico che si deve seguire per ricevere la documentazione dettagliata delle misteriose voci di spesa che compaiono nelle fatture, come quella di “ telefonate non fatturate in precedenza”. Pur richiedendo nei tempi e nei modi indicati nel contratto, di disattivare questi servizi, di cui non si è mai chiesta l’attivazione o che comunque sono mai stati utilizzati non otterrete nessuna risposta. Dopo aver reclamato con telefonate, fax, lettere raccomandate per ottenere la disattivazione di servizi mai chiesti e la restituzione delle somme pagate ingiustamente, Telecom non risponde o, quando lo fa, parla di tutt’altro!
Si passa così all’attivazione della procedura prevista dallo stesso contratto che ci autorizza a non pagare quelle voci della bolletta che non si ritengano giustificate e a spiegare con una raccomandata i motivi del nostro rifiuto. Cosa ne deriva? Innanzitutto Telecom non risponde spesso nei termini stabiliti dal contratto, facendoci credere che abbiamo ragione, ed invece, con ampio ritardo ed ermetica risposta, ci “condanna” a pagare le somme contestate…con gli interessi! In secondo luogo non prende più in considerazione i nostri reclami perché ha riscontrato…delle morosità.
Ma è logico che poi questo accada, perché se per sapere quanto e perché pagare dobbiamo aspettare una risposta che non arriva nei termini, la bolletta contestata scade e causa automaticamente la morosità. E’ un cane che si morde la coda. Inutile dire che il contratto obbliga comunque Telecom a rispondere per iscritto entro 30 giorni dal ricevimento del reclamo. E allora a cosa serve aver sottoscritto un contratto? Ad obbligare solo noi ad ogni richiesta di pagamento che Telecom ci indirizza? Non serve anche a ricordare quali sono gli obblighi a cui Telecom è tenuta nei nostri confronti? Ma la situazione è addirittura peggiorata: chiedendo di declassare la linea telefonica (cioè di registrarla come una utenza privata e non più come un’utenza commerciale) per risparmiare circa 15 euro a bolletta, Telecom naturalmente non risponde né provvede a quanto richiesto. Possiamo decidere allora di chiedere il rimborso di quanto ci spetta mediante un’azione legale e qui arriva un’altra sorpresa. Un incoraggiamento alla strategia della scorrettezza arriva a Telecom dal giudice di pace chiamato a decidere la controversia, il quale decide che…non può decidere. Già, perché secondo lui prima di citare in giudizio la società telefonica, l’abbonato deve - per contratto - attivare prima una procedura di conciliazione. E ci risiamo: il contratto ci dà ragione sulle cose che reclamiamo e Telecom non lo rispetta; chiediamo a un giudice di pace che condanni Telecom a rispettarlo e il giudice dice che siamo noi a non rispettare il contratto se non tentiamo prima la conciliazione. Informandoci su questo cavillo legale abbiamo scoperto l’assurdità di questa situazione: l’ufficio regionale incaricato di organizzare la conciliazione nella Regione NON ESISTEVA all’epoca dei fatti, e forse non esiste ancora…però la conciliazione andava fatta lì! Che ci sia una dimensione parallela per gli affari di telefonia, con uffici-fantasma e conciliatori immateriali?
Ma c’è di più: in via del tutto facoltativa si può tentare la conciliazione davanti la Camera di Commercio, con altre spese e altri mesi di attesa. Ormai pronti a tutto possiamo seguire anche questa via e qui Telecom tocca davvero il fondo. Il rappresentante di Telecom spesso non è preparato alla discussione e non sa neanche di cosa si doveva parlare. Inoltre, nonostante tutte le prove documentali (copie dei fax e delle raccomandate a/r) e l’assenza di documenti della controparte, quest’ultima non ammette neppure la più piccola mancanza: come dire…tutto regolare secondo loro! Il contratto, ormai è chiaro, non obbliga Telecom ad alcunché, ma serve solo a subire le loro angherie!
Allora, cara Telecom, noi abbiamo deciso di non pagare più le voci che non ci sembrano giustificate nelle tue bollette, come ad esempio le misteriose “telefonate non fatturate in precedenza”, l’attivazione di servizi mai chiesti, la linea “affari” invece di quella residenziale, etc. etc., senza spiegarti più nulla. Toccherà a te da adesso in poi citarci in giudizio e dimostrare che hai diritto a prenderti i nostri soldi.

I capitali russi per risolvere la crisi delle telecomunicazioni?


Le crisi e gli scandali che si sono abbattuti sulle telecomunicazioni porteranno presto a notevoli cambiamenti nei gruppi societari, a conferma che l'ago della bilancia del potere sta veramente mutando a favore dei nuovi capitalisti emergenti. D'altro canto, il clima di instabilità politica che si abbatte sui governi non ferma certo le manovre di risiko societario tra i grandi operatori delle reti, e per certi aspetti accelera la chiusura di molti accordi rimasti in sospeso.

In Italia si stanno alternando vari eventi, che portano tutti verso la destabilizzazione dell'equilibrio società-potere per consentire l'ingresso di nuovi operatori che premono con accordi e trattative riservate. Protagonista è come sempre Telecomitalia, che, dopo aver superato il ciclone degli scandali delle intercettazioni che avrebbe portato alla cessione di TIM oltre che ad un piano di totale ristrutturazione del gruppo, ha aperto le trattative per la cessione di parte dell'azionariato di Olimpia ad un operatore estero, ed in particolare alla spagnola Telefonica, mantenendo solo sul piano probabilistico l'accordo con il gruppo russo Sistema AFK.
Arriva ieri tuttavia un brusco stop da parte di Telefonica, che congela per il momento gli accordi per acquisire parte delle partecipazioni di Olimpia, e sollevare Tronchetti Provera dai debiti che ha verso le Banche. Non dimentichiamo che le Banche, su Telecomitalia, sono sempre in prima linea perché grazie al loro credito di 40 miliardi possono arrivare a conquistare un potere che non ha eguali, una vera intelligence di informazioni riservate. Intesa Sanpaolo sta cercando di portare a termine la fusione tra Mittel e la Hopa, che possiede circa il 3,7% di Telecom, mentre diventa sempre più attuale la probabilità di un'entrata di Santintesa in Olimpia con il 20% di capitale.
L'interruzione improvvisa degli accordi con Telefonica sono stati motivati dal timore per l'instabilità politica italiana, che metterebbe in discussione anche la stabilità del gruppo.
Le perplessità di Telefonica a nostro parere sono immotivate perché è stato ufficialmente reso pubblico l'accordo tra il governo italiano e quello spagnolo per l'acquisto di Endesa da parte di Enel, a fronte della cessione di Autostrade ad Abertis: mentre viene rilanciata al 25% l'offerta di acquisto del capitale di Endesa, Banca Craixa, azionista di Abertis, acquista il 2% in Autostrade. Tra le due offerte esiste sicuramente reciprocità, ed un vero accordo si è avuto proprio grazie a quella crisi di governo che ha costretto tutti i piccoli partiti a firmare un vero patto di stabilità e ha tenuto impegnato molti dei personaggi che prendevano forse "troppo sul serio" il loro ruolo.
Se i timori di Telefonica sono fondati, temendo di essere stata un diversivo dell'unione tra Spagna e Italia per consentire una certa riservatezza sull'accordo Autostrade-Enel, allora forse esistono altri operatori che con grande discrezione stanno prendendo accordi con Telecomitalia.
A questo punto potrebbe andare alla ribalta il gruppo russo Sistema, il cui nome non è stato più pronunciato dal momento dell'inizio delle trattative con Telefonica, ma rappresenta una controparte da non sottovalutare perché è un gruppo finanziario che ingloba al suo interno un vasto portafoglio di attività: distribuzione commerciale, immobiliare, bancario, energia, assicurazione. Sistema, gruppo diretto dal miliardario Vladimir Evtouchenkov che controlla anche l'operatore MTS, infatti sarebbe interessata dall'acquisizione di una partecipazione minoritaria in Telecom Italia, che comprerebbe tramite Pirelli che intende cedere la partecipazione minoritaria che detiene direttamente in Telecomitalia - oltre all'80% di Olimpia, holding che controlla Telecom.
Allo stesso modo, Sistema ha lasciato intendere di voler acquisire, attraverso la controllata Sitronics, una partecipazione rilevante in Deutsche Telekom , anch'essa fortemente indebitata e con un utile in crescente contrazione. A fronte di un acquisto di 600 milioni di azioni, acquistando così il 25% del capitale di Deutsche Telekom, cederebbe MTS, prima nel settore delle telecomunicazioni russe. Un'operazione questa che sarebbe possibile solo se il governo tedesco, che controlla il 30% di Deutsche Telekom tramite la banca pubblica KfW, accettasse i capitali russi, cosa alquanto difficile vista la situazione di freddo che si è venuta a creare a causa della crisi energetica.
Inoltre Alfa Group, il primo gruppo privato russo con interessi anche nel settore petrolifero, insieme con Sistema AFK, sarebbe pronto ad acquisire delle partecipazioni in un operatore occidentale o creare una filiale comune con un partner. Mikhail Fridman avrebbe l'intenzione di acquisire il 20% del capitale di Vodafone, e il 10% in Telekom France, nel tentativo di aprire in ogni stato un punto di riferimento per il monitoraggio del mercato europeo nel suo complesso.

Le telecomunicazioni si apprestano ad essere controllate da forti operatori internazionali, per lo più Banche, che possono così consolidare un certo ruolo politico all'interno dell'economia europea, e da un insieme di regolamenti uniformi a livello europeo, sul cui rispetto vigilerà un'Authority paneuropea.

Il piano della Commissione Europea prevede l'istituzione di un'Authority paneuropea di controllo e vigilanza del settore e dell'attuazione negli Stati membri delle norme comunitarie, per creare un sistema europeo di regolatori indipendenti. Le Authority nazionali sulle telecomunicazioni verrebbero in ogni caso inglobate all'interno del progetto paneuropeo, come le regole tariffarie, la concessione delle licenze, le condizioni contrattuali, saranno disciplinate dalle direttive comunitarie. Notevoli dubbi su tali misure sono state già sollevate dagli stessi parlamentari che temono la creazione di cartelli tra le compagnie telefoniche che possano poi influenzare la stesura della direttive, o comunque falsare i meccanismi di concorrenza.