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21 dicembre 2010

Djukanovic cade in Montenegro ma i misteri restano

Sono tutti a lavoro in Montenegro per destabilizzare la situazione interna e riportare a galla delle storie appartenenti al passato, per sdoganarle o manipolarle. Tra queste vi è senz'altro il cosiddetto "Caso Mattei" che oltre a descrivere strane faccende finanziarie, affonda le radici in una realtà molto più profonda, che ha un inizio storico sin dagli anni '80, e in cui il traffico di sigarette è solo uno dei pochi strumenti utilizzati per rastrellare denaro e controllare il territorio. Nel corso dell'inchiesta della DIA di Bari, il Procuratore Scelsi ha dato per buone le dichiarazioni di Pukanovic e Knezevic. Signor Procuratore, lei veramente crede che questi personaggi fossero venuti a conoscenza dei traffici del tabacco in un aereo, nel corso dei colloqui con una cantante Folk? Pensa davvero che il Ministro degli interni croato non sapesse nulla? E di fatti gli inquirenti non hanno preso in considerazione il fatto che dietro un'organizzazione così complessa non vi fossero entità di potere molto forti.

Il contrabbando di sigarette era il pizzo che si doveva pagare, avendo alle spalle una triangolazione di armi e pratiche finanziarie destinate a finanziare un grande progetto. Milo Djukanovic è figlio del KOS, erede storico di un accordo siglato da due Paesi. La mafia italiana fu usata solo da deterrente in una rete che si espandeva oltreoceano, e non faceva solo traffici. Questi sono solo brevi stralci di una lunga indagine, durante la quale l'Osservatorio Italiano ha spiegato il cosiddetto 'Caso Oriano Mattei' ( si veda Dossier Oriano Mattei ) , pubblicando documenti molto significativi, tra cui la sentenza ufficiale emessa dal Tribunale Civile di Zurigo, che condannava la Repubblica del Montenegro e la Podgoricka Banka attuale Gruppo Société Generale ( Sentenza n. U/EQ990238 28 august 2000 Bezirksgericht Zurich Podgoricka Banka). Questa sentenza conferma che nel 1996 la Repubblica del Montenegro riceveva finanziamenti per circa un miliardo di dollari americani in titoli collaterali, portando così a termine un'operazione finanziaria durante l'embargo imposto alla Jugoslavia.

Stranamente, dopo tanti anni di silenzio, giornali come il Vijesti di Podgorica si preparano alla pubblicazione di una storia intricatissima, un affare che sfiora un iceberg molto pericoloso e che porta dritto alle porte di una grandissima banca e della CIA stessa. Sono state assoldate anche le associazioni e le organizzazioni, come la Rete per l'affermazione delle ONG (MANS), che ha sferrato un'agguerrita campagna di lotta civica, tanto da compiacere i padroni di Washington. I media internazionali sono alla ricerca di informazioni ben pagate, tanto per creare caos e confusione. Pronti anche i file di Wikileaks sul Montenegro: altro giro altra corsa. Si sta quindi dispiegando un esercito di giornali e associazioni, pronti ad agire in tutta la regione, per portare a termine una sorta di lustrazione silenziosa, mascherata da campagne di lotta alla corruzione.

Dopo Sanader in Croazia e Thaci in Kosovo, vediamo cadere Milo Djiukanovic in Montenegro. Ognuno di essi si porta dietro un gruppo di 'amici occidentali' che vengono screditati di conseguenza. Si sgretola così la cooperazione Zagabria-Carinzia (vedi scandalo Hypo Bank), l'amicizia Thaci-Blair (denunciata ora come insana dai media britannici) e ora è stato inflitto un duro colpo a Djukanovic ed indirettamente alle entità che vengono in qualche modo associate alla sua figura. Quei giornalisti che per anni hanno taciuto sugli scandali e sulle gravi pratiche illecite in corso, sembra si siano svegliati. C'è da chiedersi chi ha bussato alla loro porta offrendo così una ricca ricompensa, in nome della libertà di stampa. In realtà è in atto un crimine ben peggiore che rivela le molteplici sfaccettature del potere e della mafia: le strutture criminali vengono create per scopi ben precisi, e poi distrutte per obiettivi altrettanto ambiziosi.

15 dicembre 2010

Traffico d'organi: strategia per sabotare negoziati Serbia-Kosovo

Banja Luka - Le elezioni anticipate in Kosovo, la pubblicazione di cablogrammi delle ambasciate americane di Pristina e Belgrado, ed infine il rilancio della relazione del Consiglio d'Europa sul traffico di organi di Dick Marty, dimostrano in maniera sempre più evidente che è in atto una strategia volta a destabilizzare il Kosovo, e soprattutto a compromettere i negoziati con Belgrado. Le forze in gioco sono molte, ma l'obiettivo resta quello di allontanare il Kosovo dalla sfera dell'Unione Europea e della Serbia, che stanno cercando di raggiungere un compromesso storico per la stabilizzazione del Kosovo. Stati Uniti ed Inghilterra non sembrano accettare l'uscita di scena con il definitivo ritiro della NATO e il trasferimento dei poteri ad una classe politica che veda la partecipazione di serbi ed albanesi, insieme per garantire la sostenibilità del Kosovo. Tolte le mira politiche, restano solo lobby e sciacallaggio, visto che mentre il Governo cadeva, gruppi di interesse e società internazionali hanno privatizzato società strategiche e sottoscritto contratti senza appalti pubblici.

Sembra quindi strano che, concluse le elezioni e pronti i negoziati per creare il Governo che dovrà dialogare con la Serbia , viene rispolverato il rapporto del Consiglio d' Europa sul traffico di organi. Come più volte ribadito dall'Osservatorio Italiano ( si veda Disinformazione e insabbiamento sulla pulizia etnica del Kosovo La 'Banda Kouchner' e la piaga dei Balcani ) il dossier del traffico di organi è stato studiato ed elaborato ad hoc, confondendo informazioni reali e disinformazione per inquinare le prove su reati realmente commessi e creare casi che, di volta in volta, si prestano a strumentalizzazioni politiche. Le dichiarazioni del Procuratore Carla del Ponte, dopo i controlli degli inquirenti dell'Eulex, sono state dichiarate infondate e senza alcun seguito giuridico, a differenza invece del caso della clinica Medicus, per il quale vi sono fatti e prove circostanziate. Per quanto riguarda invece il famoso collegamento con l'Albania - intrecciato di proposito per sabotare la riconciliazione storica tra Belgrado e Tirana, promossa con grande impegno dal Premier Berisha e dal Presidente Tadic - non esiste alcuna prova che dimostrerebbe un coinvolgimento albanese nel fantomatico traffico di organi. "La Procura Generale di Tirana in Albania non ha attualmente nessuna informazione su quanto citato nel rapporto di Dick Marty e del Consiglio D'Europa. Per indagare sulle rivelazioni della Carla del Ponte è giunta in passato una delegazione della Procura dell'Aja che, in cooperazione con la Procura dell'Albania, ha effettuato le dovute indagini senza individuare alcun elemento che dimostri l'esistenza di un traffico di organi sul territorio albanese, in connessione ad organizzazioni criminali del Kosovo". Questo quanto dichiarato da Plator Nesturi, consigliere del Procuratore Ina Rama che, interrogato dall'Osservatorio Italiano, ribadisce quanto in questi mesi ha sempre detto il Governo albanese e tutte le istituzioni competenti.

Nonostante tutto, il caso è stato rimesso in pista proprio dall'intervento del Consiglio d'Europa, organizzazione internazionale costituita da oltre 47 Paesi, che non ha una diretta connessione con l'Unione Europea bensì con il Club di Londra, che lo utilizza spesso per esercitare pressioni su Bruxelles o altri Stati, in nome della difesa dei diritti umani. Non è infatti un caso che accanto al CoE si schiera un quotidiano britannico che oggi viaggia sulla cresta dell'onda, grazie ai cablogrammi di Wikileaks, accreditandosi così come 'strumento di diplomazia'. Invece il Guardian, come tutti i grandi media internazionali, sono uno strumento mediatico delle lobbies, e dietro di essi vi è un grande conflitto di interesse. Vogliamo così ricordare come in passato, la Serbia e altri Paesi, hanno messo in guardia la Comunità Internazionale sui crimini e le pericolose organizzazioni che si erano venute a creare in Kosovo, ma i loro appelli sono rimasti inascoltati, definiti complottisti e fuorvianti. Thaci era allora un paladino di democrazia, avendo al suo fianco la mano di Kouchner e della Allbright, mentre adesso è definito un trafficante e un guerrigliero.

"Dov'è la credibilità di un quotidiano che non ha memoria storica, che agisce dietro le 'veline' del Club di Londra e occulta la verità? 

14 dicembre 2010

La Meico e il traffico di armi di Slobodan Tesic


Vengono alla luce i primi documenti sui Balcani estratti dal ricco database di Wikileaks. Essi fanno riferimento al traffico di armi gestito da Slobodan Tesic, il cui nome appare sulla "lista nera" degli Stati Uniti. A causa del piccolo peso dell'Albania sulla scacchiera internazionale, il suo ruolo non viene toccato dalla pubblicazione dei dispacci 'segreti' pubblicati dai quotidiani più prestigiosi del mondo. Comunque, anche se l`Albania è coinvolta direttamente o indirettamente in affari come contrabbando di armi e droga ed nel sostegno a gruppi terroristici, d`importanza più che regionali, viene citata in maniera velata. Nei due documenti in questione, solo casualmente compare il coinvolgimento dell'Albania nel contrabbando delle armi della Serbia verso lo Yemen e il Medio Oriente. Si tratta del telegramma con data 14 dicembre 2009 ore 05:30 contrassegnato come 'secret nonforn' , e quello del 15 gennaio 2010 ore 12:34, elaborato dal funzionario Margharet Mitchell, che fanno riferimento alle informazioni fornite dal servizio segreto bulgaro in merito ad un contrabbando di armi del valore di circa 95 milioni di dollari che dalla Serbia avrebbero dovuto giungere nello Yemen attraversando il transito dal porto di Durazzo. Infatti quella operazione è fallita dietro l'intervento degli americani e degli stessi servizi segreti bulgari.

Tuttavia, da un'inchiesta di Investigim, vengono messi in evidenza due elementi. Il primo è che Slobodan Tesic, cittadino serbo considerato come uno dei più grandi esponenti del contrabbando d`armi nei Balcani. Il secondo è che l'impresa statale albanese MEICO, diretto dal Ministero della Difesa, ha fornito le munizioni di produzione albanese a Tesic, sottoscrivendo persino un contratto di vendita. L'accordo è stato firmato con il Governo albanese nell'ottobre del 2009 e le munizioni vengono esportati dalla Serbia nel gennaio 2010. Oggetto del contratto missili per artiglieria pesante, fucili snayper M70 Nagant 8mm, cannoni obuz, artiglieria contraerea, munizioni per armi leggere e esplosivi. Come compagnia di intermediazione è stata individuata la "Melvale Corporation LTD" di proprietà di Slobodan Tesic. Questa compagnia è registrata in vari stati, rispettivamente:

- a Belgrado, con indirizzo Ulica Tadeusz Koscuska 56, tel 038112920200;

- alle isole Seychelles, all' indirizzo suites 25&27 second floor Olea Trade Center Francis Rachel street P.B. 1312 Victoria, Mahe Island Tel. 0099532220934 (stranamente il numero del telefono della compagnia registrata alle Seychelles appartiene ad un ente statale della Repubblica della Georgia),

- in Svizzera e a Cipro.

I documenti americani cancellano il nome della società ma Investigim è riuscita ad identificare l'impresa e a fornire un'ampia documentazione della società. In questi documenti viene menzionato anche il partner di, Tesic Messure Sharenach Nenad, che godeva oltre della cittadinanza serba anche di quella britannica , ma non possedeva nessuna licenza rilasciata da parte del governo britannico per il commercio di armi.



Il servizio segreto bulgaro sabotò la vendita delle armi serbe, perché la Bulgaria intendeva entrare lei in affari con lo Yemen, al fine di assicurare dei profitti per le imprese statali bulgari. L'ex partner bulgaro di Slobodan Tesic, Todorov, sembra abbia fornito al servizio segreto le informazioni necessarie relative all'operazione di esportazione. Ma Slobodan Tesic, inserito anche nella lista nera delle autorità americane, è stato anche in altri casi un partner del Ministero albanese della Difesa, a partire dal 2003. Ricordiamo che le autorità bulgare, sotto la pressione americana, essendo quest'ultimo un Paese membro della NATO, nel 2005 vietò l'ingresso di Tesic in Bulgaria. Lo Stato serbo, a sua volta sotto le identiche pressioni americane, nel 2007 revoca la licenza per il commercio di armi alla compagnia di Tesic. I bulgari lo definiscono così persona non grata, e persino il servizio d`intelligence serbo gli crea degli ostacoli. Solo in Albania Tesic viene accolto senza ostilità. Così nel 2006, su richiesta del Ministero della Difesa, il Capo Commissario della Polizia, Albert Dervishi, diede a Tesic, presso l'aeroporto di Rinas, un visto albanese ( il passaporto di Tesic recava il numero 004812551 ). Assieme a lui, vengono dotati dei visti albanesi anche il cittadino georgiano Iason Chikhladze, della Mingrelia, e il cittadino armeno David Galstyan. Durante la sosta di due giorni in Albania, il contrabbandiere visita i depositi di armi e i reparti militari albanesi a Qafemolle (Tirana), Vertop (Berat) e Ullishte (Elbasan).


Così nella notte del 16-17 maggio del 2009, attraverso il Porto di Durazzo, Tesic riesce a spedire in Medio Oriente una discreta quantità di container contenenti armi. Questa operazione fu documentata completamente dagli organi legislativi americani, anche se per varie ore il Porto di Durazzo fu colpito da un improvviso black-out. Al contrario, nel gennaio del 2010, il tentativo di utilizzare ancora Durazzo come piattaforma per il contrabbando delle armi serbe fortunatamente fallisce, grazie all'intervento americano. Tuttavia Tesic riuscì in vari casi ad utilizzare l`Albania per il contrabbando delle armi senza problemi . Durante questo periodo, si sono succeduti presso il Ministero della Difesa Fatmir Mediu, Gazmend Oketa e Arben Imami, mentre il Premier è sempre stato Sali Berisha.

Ci si chiede ora perché Slobodan Tesic è un personaggio problematico per le autorità americane. Ricordiamo che nel 1992 Tesic aderì all'organizzazione “Beli Orlovi” (Le Aquile Bianche) la quale fece rinascere la tradizione cetnica nella guerra civile in Jugoslavia negli anni `90. Tesic è anche inserito nella US Security Council’s travel ban list, dopo aver violato la risoluzione ONU 1521 per l'embargo verso la Liberia, continuando ad intrattenere dei contatti dì'affari con i governi sanzionati. Gli Stati Uniti sembra che siano intervenuti più volte per evitare che le armi serbe giungessero all'esercito dello e nelle mani di organizzazioni terroristiche nello Yemen, ma anche in Iraq, persino anche grazie all`aiuto della MEICO albanese. Interessante rimane il fatto che nel febbraio del 2009, la BIA - servizio segreto serbo, sotto la forte pressione americana, fu obbligato a bloccare un contratto di fornitura d`armi della compagnia Melvale di Slobodan Tesic con la Libia della cifra di 50 milioni di dollari americani.

Gjergi Thanasi
giornalista di Investigim

08 dicembre 2010

La cybernetica e la nuova era della difesa nazionale

"In un futuro, saranno gli attacchi cybernetici ai sistemi elettronici delle strutture di difesa nazionale od istituzionali ad essere definiti terroristici. Allo stesso tempo, la difesa dei propri dati e delle informazioni degli Stati potrà essere considerata un'operazione di anti-terrorismo. [si veda La macchina pensante ] Questa è una guerra sotterranea e i Governi dovranno ammettere che esiste veramente il crimine invisibile, contro il quale sono ancora totalmente impreparati. Oggi è possibile creare un buco all'interno della rete con domini di vari livelli e scomparire in un labirinto, che è possibile attaccare un server senza essere rintracciati, perché basterà modificare qualcosa all’interno di un pc e trasferire un server". [si veda Il potere ortodosso avanza e Barack lancia la guerra cybernetica ]

Questo quanto nel 2008 scriveva l'Osservatorio Italiano, preannunciando la nuova era delle guerre elettroniche, che sostituiranno gradualmente i confronti diretti tra gli Stati. Oggi, dopo il caso Wikileaks, vi è senz'altro un nuova consapevolezza nella necessità di munirsi di un sistema telematico proprio, controllato dalle istituzioni pubbliche e non da entità private, che possa proteggere i dati dei cittadini e dello Stato. Le analisi e gli studi della Tela Italiana consentiranno di aprire una nuova era, perché molti hanno creduto nel messaggio tracciato in anni di lavoro.

06 dicembre 2010

Lo scontro tra potere ortodosso e lobbies della cybernetica

L'offensiva sferrata da Wikileaks ha catturato l'attenzione del mondo diplomatico e politico internazionale, insinuando così il dubbio che gli equilibri che oggi reggono le relazioni bilaterali e mondiali siano più instabili e precari di quel che si pensava. Una fuga di informazioni dalla rete delle ambasciate e del Departement State degli Stati Uniti apre molteplici scenari su cui gli analisti si interrogano. Tra le teorie più accreditate vi è quella secondo cui Wikileaks sia davvero una rete che vuole sabotare Washington, o l'amministrazione Obama, ed in particolare il sistema diplomatico americano: mostra com'è cinico, che agisce come se i Paesi fossero un suo dominio, ed i governi dei burattini, mostra che gli ambasciatori sono ambigui e doppiogiochisti, insomma che non sono più una controparte da ascoltare nel tutelare l'ordine mondiale. Da qui l'idea che Wikileaks voglia una nuova era, in cui mettere a nudo i potenti del passato. In secondo luogo, vi è la teoria del sabotaggio, ossia che la stessa amministrazione americana abbia creato un sistema per sabotare gli accordi con la Russia, e così la sua tela di Stati che la rendono sempre più forte ed un'inattaccabile controparte della NATO, oppure per isolare l'Iran all'interno del mondo arabo e continuare la strategia della tensione.

Questione energetica è un bersaglio. Entrambe le tesi sono verosimili, perché spiegano le reazioni degli Stati e della stessa America, rendendo perfetto questo teorema. Wikileaks attacca Berlusconi, e Hillary Clinton chiede scusa, mentre alle forti critiche dei rapporti interconnessi con Putin tutto tace da Washington. Tuttavia Russia e Italia rispondono con il rafforzamento della partnership energetica e del progetto del South Stream, che assume così aspetti sempre più complessi. Il Governo italiano e quello russo hanno confermato gli accordi di costruzione e dato a tale unione un nuovo volto, in considerazione di due operazioni societarie strategiche. Viene ratificato in primo luogo l'accordo trilaterale tra Russian Post, Poste Italiane e Finmeccanica per l'ottimizzazione della rete logistica (technology, operating and logistic system) e lo sviluppo di servizi innovativi (financial services and treasury, products and services supply) - senza però dimenticare che l'autorità postale controlla parte dello scambio dell'informazione sulla rete internet. In secondo luogo, Eni avvia il processo di vendita dei gasdotti Tenp e Transitgas, ossia la rete di interconnessione rispettivamente con Germania e Olanda, e con Svizzera e Francia, in cui si potranno probabilmente inserire 'partner terzi'. Allo stesso tempo, la Cassa Depositi e Prestiti, controllata del Tesoro e da un gruppo di Banche, diventa il nuovo socio dell'Eni, attivando lo swap delle partecipazioni detenute in Poste, Enel ed Stm. Le Banche italiane sembrano lasciare le Poste per privilegiare l'Eni e i suoi progetti nel settore del gas.

Intanto, Turchia e Russia confermano la loro volontà a costruire l'oleodotto Samsun-Ceyhan (dalla costa del Mar Nero al Mediterraneo) e così lo stesso South Stream, che necessita pure sempre del via libera di Ankara per la sua realizzazione. Non dimentichiamo infine la Bulgaria, altro Stato strategico per il gasdotto russo, che ha confermato la sua 'fedeltà' a Mosca, suggellando anche l'accordo sulla centrale nucleare di Belene, e i Balcani dove Gazprom miete consensi dalla Croazia sino all'Albania per la gassificazione della regione. Rapporto Mitrokhin: un precedente. E' proprio sulla questione energetica che ruota il 'caso Wikileaks', perché tra mito e realtà esiste la linea invisibile del vero braccio armato degli Stati, che sono le intelligence-ombra, che si sono già scontrate con il famoso caso del Dossier Mitrokhin. La raccolta di 3.500 report, destinati a 36 nazioni, e redatti dal servizio di controspionaggio inglese - SIS sulla base delle note manoscritte da Vasilij Nikitič Mitrokhin, ex archivista del KGB, fu esattamente 'una fuga di notizie segretissime' relative ad un arco temporale abbastanza ampio, che mostrarono i lati oscuri dei rapporti con la Russia. Una parte di questi erano relativi all'Italia e vennero consegnate al SISMI dal 1995 fino al 1999 (fine guerra in Bosnia - anno del bombardamento NATO alla Serbia) e corrispondono a un arco temporale che va dal 1917 al 1984. Oltre a causa della complessità della verifica dei singoli eventi e della comprensione della sua realizzazione, l'importanza del Dossier Mitrokhin è stato messo in dubbio anche perchè parte delle informazioni erano vere e già note ai servizi italiani, poste poi accanto a molte che erano false e che hanno contribuito a creare caos, in un periodo di transizione per il blocco sovietico. Lo stesso meccanismo è venuto alla luce nel 2006 , con la morte dell'ex agenteAleksandr Litvinenko e la riapertura del caso del dossier Mitrokhin, che parlava di un gruppo di agenti speciali russi (spetsnaz) definito "Dignità e onore". I 'documenti segreti' accennavano all'esistenza di ex agenti del Kgb che stavano conducendo la loro guerra fredda "contro i dissidenti del regime di Vladimir Putin". Stiamo parlando di un periodo in cui l'Italia, con Romano Prodi, poneva le basi per la costruzione del South Stream e dell'alleanza tra ENI e Gazprom, per fare del gas la fonte energetica del futuro. Il servizio segreto ortodosso. Allora, un'analisi lucida e sistemica  (si veda; "Dignità e onore": la copia strumentalizzata del Servizio Segreto Ortodosso) ha rivelato come il dossier Mitrokhin e il servizio parallelo di "dignità e onore" non era altro che una tecnica per colpire in realtà è il 'servizio segreto ortodosso'. Stiamo parlando di un'entità, la cui struttura è stata descritta per la prima volta proprio , che rappresenta un "servizio segreto parallelo che riunisse in sé i dissidenti del servizio di spionaggio al solo scopo di formare una forza invisibile e interna agli Stati". Si definisce "giusto" perché va a colpire un personaggio debole e ricattabile del sistema, costruendo su di lui un dossier e fruttano la sua posizione di debolezza per raggiungere determinati scopi. In questo modo il servizio ortodosso ha costruito una rete di contatti parallela agli Stati, in modo da collocare all'interno di ogni struttura strategica, società o istituzione, un proprio uomo fidato e dare vita ad una zona di influenza. È su questo sistema che la Russia ha creato sulle proprie ceneri un impero economico, posizionando in ogni stato e all'interno delle più grandi società un proprio contatto in modo da ottenerne il controllo. "Chi ha creato il servizio segreto ortodosso è stato intelligente perchè aveva già predisposto meccanismi che impedissero che il nemico potesse pronunciarlo e farlo uscire allo scoperto. Questo sistema esiste ed è ben saldo, ha il potere di usare tutti i mezzi per la razionalizzazione di tutte le società più importanti, in modo da colpire l'economia di uno Stato attraverso il controllo dei suoi politici o delle persone che contano davvero", 

Mitrokhin è stato un dossier studiato in ogni suo aspetto, in modo che nessuno potesse risalire alla verità proprio perché è stato scritto da fonti anonime, gestito da commissioni anonime create ad hoc per fare un po' di scena e far rientrare il caso nell'immaginario collettivo. Dell'esistenza del servizio segreto ortodosso abbiamo prove ogni giorno, ed è quello che crea alleanze tra società e gruppi, che crea progetti per pipelines ed infrastrutture, è l'anticamera degli incontri più critici, è ciò che alcuni definiscono lobbying. Esistono infatti dei 'collegamenti non convenzionali', costruiti da elementi dei servizi segreti che hanno un ruolo ibrido, a metà strada tra sfera interna ed esterna, essendo legati principalmente a lobbies. Una società ha una fascia non convenzionale che prende contatti con la sua controparte russa, ed inevitabilmente durante la gestione di tali rapporti si verificano delle distorsioni. Tuttavia nessuno può individuarli o in maniera diretta, perché scontrarsi con questo sistema sarebbe come fare la guerra totale e decretare la fine delle stesse lobbies che tentano di far cadere i governi. Forse è ciò che cerca di fare l'America ancora una volta con il suo progetto cybernetico.

Wikileaks e il crimine invisibile. In tale ottica, Wikileaks è la versione evoluta del Dossier Mitrokhin, avendo a disposizione nuovi strumenti di comunicazione ed una tecnica più affinata. E' oggi un sistema congeniato nei minimi dettagli che segue uno schema ben preciso, un progetto di propaganda per il controllo dell'internet - massima espressione del coinvolgimento delle masse all'interno della rete - che, sdoganando il segreto, attua una sorta di vaccinazione delle persone. Il crimine invisibile dell'eliminazione del segreto porta all'accettazione delle scelte difficili, di un evento non condivisibile ma necessario. Questo è ciò che l'Osservatorio  ha affermato prima della pubblicazione dei documenti, ben sapendo che all'interno dei famosi dispacci delle ambasciate vi sarebbero state inserite solo mezze-verità, che dovevano fare da veicolo per le falsità più grandi ed innestare nelle persone un'idea, in modo da poter manipolare di nuovo gli eventi a proprio favore. E' questa la nuova frontiera del contro-spionaggio, per la produzione del consenso e il controllo del dissenso, per servire gli interessi della classe dirigente. Wikileaks è una 'macchina dei messaggi' e ha al suo interno delle intelligenze artificiali, visto che i suoi fautori sono anche i proprietari delle lobbies dell'informatica e dell'informazione, costituite da software, server, motori di ricerca, computer non convenzionali, intelligenze artificiali, data center, società di elaborazione di dati statistici. Utilizzare le vecchie tecniche di base come la propaganda e il complottismo, cattura ogni singolo messaggio, inserendolo in un comando unificato che è a sua volta diviso in compartimenti e cellule (camere stagne), tale che tutti finiscono per essere inghiottiti da questa macchina di intelligence, senza essere consapevoli di essere fornitori "delle proprie idee", mentre sono soprattutto i dissidenti i soggetti interessanti.

Lo strumento ideale per l'attuazione resta quella classica del 'Dossier Mitrokhin': divulgazione di segreti ufficiali, semplicemente perché la classificazione su un qualsiasi pezzo di carta come "top secret" rende vero tutto ciò che è falso . Ad esempio, il rapporto segreto della missione NATO International Security Assistance Force nel 2006 individua Bin Laden come leader dei talebani e Mullah Omar leader della città pakistana di Quetta. E' questo un sillogismo anti-dissidenza dell'11 settembre , in quanto accreditando come vera al figura di Bin Laden, in un documento segreto, si va a confermare l'esistenza della guerra al terrorismo. Usare quindi il segreto per giustificare indirettamente un conflitto è un crimine invisibile. Il ruolo dei media e dei social networks è quello di essere il centro-accreditamento bugie, in virtù della regola "tutto ciò che si vende si può pubblicare". Il sillogismo anche stavolta è semplice. "Si tratta di notizie vecchie che confermano solo ciò che "tutti" sanno già. E' contrassegnato come segreto, ma gli eventi sono veri e anche i nomi dei relatori, quindi non è un complottismo. Si parla contro i politici quindi è libertà di stampa, in nome di una causa più grande" .

Nuovi scenari. L'intelligenza artificiale che sta dietro questo grande progetto non può certo appartenere ad un'organizzazione che agisce senza scopo di lucro, è chiaro che è invece espressione di quelle che potremo chiamare le 'Nuove Banche', ossia entità che possiedono dati e strumenti forti a sufficienza per sferrare le loro guerre. Ciò che unisce i vecchi conflitti congelati con la nuova era è proprio lo scontro tra le lobbies della Cybernetica, che fa delle informazioni e della speculazione un mezzo di ricchezza, e il potere ortodosso, simbolo dell'alleanza tra la Chiesa Ortodossa e del Vaticano, tra l'Europa dell'Est e Italia con la Russia, e che utilizza l'energia come motore dell'economia. Alla sconfitta del petrodollaro e al fallimento delle speculazioni finanziarie, gli Stati Uniti rispondono con la guerra al terrorismo, con l'invasione di Iraq e Afghanistan e con la guerra invisibile, dichiarata proprio con la creazione del nuovo consiglio presso la Casa bianca della sicurezza "cibernetica". Uno scenario che l'Osservatorio  aveva teorizzato e dimostrato in tutti i suoi aspetti, avvertendo come gli Stati non possiedono ancora gli strumenti per contrastare il crimine invisibile. E' infatti una guerra sotterranea, che parte da un server pirata e viene sferrata da computer , facendo tutti bersaglio di ritorsioni o rapine mascherate da "false collaborazioni", da dossier e files che gettano discredito sui Governi.


25 novembre 2010

La Confindustria batte cassa al Governo


Banjaluka - Nello scontro tra politica e lobbies industriali si possono nascondere molteplici sfumature che portano ad un sodalizio che ha come scopo quello di avere accesso alle casse dello Stato, ed in particolare ai cosiddetti fondi pubblici per l'internazionalizzazione. Dopo le lunghe polemiche sull'adeguatezza della struttura dell'Istituto per il Commercio Estero rispetto alle nuove sfide di espansione e protezione del 'made in Italy' nel mondo ed in Europa, la Confindustria decide di prendere una posizione e si schiera contro quel carrozzone statale che il Governo non è ancora riuscito a toccare.

Un chiaro schieramento degli industriali che vogliono così sostituire lo Stato ad iniziative private, per aver così accesso all'esclusivo diritto di condurre le imprese italiane nella loro internazionalizzazione. Non a caso, proprio per l'area del Sud Est Europeo, che ha al suo interno molte imprese italiane oltre che un vasto mercato di consumatori, la Confindustria si propone con un progetto balcanico, ossia la Confindustria Balcani che si pone come obiettivo quello di mettere sotto lo stesso ombrello, tutte le piccole aziende che si sono sviluppate dal Mar Nero all'Adriatico. A nostro parere, l'unificazione e la protezione degli investimenti delle aziende italiane sono sempre stati dei cavalli di battaglia vincenti, ma alla fine si è sempre alla caccia di agevolazioni e fondi di sviluppo, per poi rilanciare non appena la situazione diventa 'incerta': altro giro e altra corsa. Le grandi parole degli incontri e delle conferenze si riducono come sempre a pochi e vuoti progetti, che girano nelle mani del solito gruppo di burocrati e funzionari. Agli imprenditori resta ben poco, solo le briciole dei grandi capitali che si preparavano ad essere investiti, e sostanzialmente servono solo a fare numero all'interno delle campagne di grandi gruppi di interesse.

Per quanto riguarda poi il Ministero allo Sviluppo, che ora si fa portavoce di questa nuova tendenza pro-soppressione ICE, ricordiamo che prima ha finanziato Balcanionline.it - che è costato milioni di euro e avrebbe dovuto diventare 'la Camera di Commercio' per eccellenza dei Balcani - ed ora lo abbandona insieme ai vecchi progetti, per sposare la causa della Confindustria. Insomma, da un'associazione di italiani residenti in vari stati balcanici, si è pensato di passare ad un progetto in grande stile, tale che "l'unione fa il bottino" dei fondi statali. Una realtà alquanto contraddittoria, se si pensa che i tanti piccoli uffici, divisi tra Sprint, Camere di Commercio e Desk, dicono di non avere soldi per pagare abbonamenti o consulenze esterne. Quindi, a quanto sembra, mentre si abbandonano i vecchi progetti che non sono più attrattive per i cosiddetti fondi all'internazionalizzazione, dall'altra parte ci sono nuovi slanci per promuovere dei progetti milionari. Riteniamo, tuttavia, che prima di organizzarsi in un'altra armata, occorre chiudere i conti di bilancio e far realmente luce sull'impiego dei fondi pubblici. In tal senso è necessario creare una commissione di inchiesta, anche a livello parlamentare, per indagare su quanto queste strutture hanno percepito, quali sono i progetti ed i risultati che sono stati conquistati, non in termini di 'conferenze e seminari organizzati' ma in termini di imprese create e prodotti venduti.

Quanti dipendenti abbia l'ICE, come essi siano ripartiti gli stipendi tra i cosiddetti 'dipendenti di ruolo' e quelli 'locali' o stagisti, quanti fondi abbia ricevuto per le fiere e le missioni, resta tutt'oggi avvolto nel mistero. Cominciamo quindi ad aprire i fascicoli e chiudere i conti, prima di buttarsi nell'ennesima avventura irresponsabile e disorganizzata, come molte ve ne sono nel mondo dell'Italia all'estero. La vergogna dell'ICE (si veda Il Made in Italy in Croazia: saccheggi e falsi patrioti ) è stata quella di aver chiuso la porta alle aziende all'estero lasciate nel baratro, e quello di non aver sbattuto il pugno sul tavolo quando si doveva , per dare alle imprese solo flash di agenzie e recensioni celebrative dei propri seminari. Vergognoso è ad esempio il caso Dalmatinka in Croazia dopo un silenzio durato otto anni ( si veda La diplomazia italiana 'fai da te' ) .

La verità è che i Balcani e la regione del Sud Est Europa (che poi sono le più attraenti e più prossime all'Italia), sono destinatarie di fondi di stabilizzazione e preadesione, a cui hanno accesso solo i grandi colossi, mentre la piccola e media impresa, se non organizzata in consorzi e cooperative, può solo contribuire a fare numero. Vi è quindi una mercificazione delle PMI, che si contrappone agli interessi di Banche ed Industriali, che sono poi il cuore della Confindustria. Questa grande contraddizione del mondo industriale e della politica economica italiana, inevitabilmente si ripercuote sulle strategie dell'internazionalizzazione, e così sulla gestione da parte degli enti pubblici degli affari sul territorio. E' chiaro che negli uffici ICE e nelle ambasciate entrano i grandi gruppi industriali, mentre il piccolo business rimane nell'ombra perché non ha una guida. Dare una soluzione a questo problema è quello che si pongono molti, ma senza successi nonostante le grande risorse assorbite. Rilanciare sempre la 'sistematizzazione' delle PMI all'estero è solo un espediente per portare acqua al proprio mulino, ma la realtà è ben diversa. Sta ora allo Stato italiano vigilare sull'operato delle sue strutture, a cominciare da chi beneficia dei fondi strutturali e del denaro pubblico. Gli occhi della Commissione Europea - e così dell'esercito di lobbies che presiedono Bruxelles - sono costantemente puntati su questa regione, ed ogni passo falso sarà pagato a caro prezzo dall'Italia, soprattutto in caso di abusi nell'utilizzo dei fondi UE. Bisogna stare quindi attenti a non attirare molto la curiosità dei media e degli enti di controllo a Bruxelles, perché altrimenti cadrebbe questo castello di parole di 'integrazione translocale' o di 'internazionalizzazione dal basso' che si sta cercando di mettere su.


Osservatorio Italiano



*in risposta alla 'Lettera aperta a Mercegaglia' di Cisalp Fialp >>>

23 novembre 2010

Una marea di rifiuti seppellisce la costa croata

Le centinaia di chilometri quadrati di rifiuti, che da sabato hanno sommerso la costa della penisola della Peljesac e il mare nel canale di Mljet, lunedì sono arrivate fino a Korcula, molto probabilmente provenienti dal porto albanese di Durazzo, o da quello di Valona, dove vengono scaricati in grandi quantità. Si presuppone che i rifiuti siano di origine albanese perché la maggior parte delle bottiglie di plastica galleggianti hanno le etichette scritte in albanese e le correnti marine che possono trasportare i rifiuti fino alla costa croata arrivano dall’Albania. Infatti la spazzatura è stata trasportata dalla corrente ciclonica dell’Adriatico orientale, che nel territorio di Dubrovnik si rigira verso le acque croate, e per mezzo del forte Jugo (vento che spira da sud), ha raggiunto le coste croate. Visto che tra i rifiuti si trovano una gran quantità di canne, si presuppone che una parte della spazzatura possa provenire dalla foce del fiume Bojana, in Montenegro.

Come dichiarato per il Jutarnji List, secondo l’oceanografo Ivica Vilibic, la spazzatura ha impiegato circa un mese per raggiungere la Croazia, trasportata dalla corrente ad una velocità tra i 10 e i 30 centimetri al secondo. Questa non è la prima volta che i rifiuti invadono la zona di Mljet e della Peljesac, ma raramente ciò era avvenuto con tali quantità. Nenad Smodlaka, direttore del Centro di ricerca marina dell’Istituto “Rudjer Boskovic”, ricorda che, senza considerare il brutto impatto visivo di tutte queste tonnellate di spazzatura, questa non causerà danni maggiori alla vita nell’Adriatico. L'Agenzia per la protezione e il soccorso ieri ha avvertito i cittadini di non ripulire autonomamente le zone con i rifiuti per possibili ripercussioni sulla salute. “Le enormi quantità di rifiuti non rappresentano un pericolo immediato per la flora e la fauna della penisola, piuttosto si tratta di inquinamento delle spiagge, della cui rimozione sono responsabili i comuni locali. Non sappiamo ancora quanta sia la superficie coperta dai rifiuti, e l’intervento è complicato anche dalla dispersione spaziale della spazzatura”, ha dichiarato il governatore della Contea Nikola Dobroslavic.

Tomislav Jurjevic, sindaco del territorio comunale che amministrativamente appartiene a Trstenjak na Peljescu, con lo sguardo fisso sui cadaveri galleggianti dice di non aver mai visto in vita sua un incidente del genere e una tale quantità di spazzatura. “La pulizia inizierà non appena le condizioni atmosferiche lo permetteranno, al più tardi martedì”. “L’ufficio veterinario fornirà le istruzioni su come procedere. La pulizia sarà avviata dagli addetti comunali quando riceveranno le sufficienti istruzioni, perché si dovrà tener conto anche della loro sicurezza, perché ci sono siringhe e rifiuti ospedalieri”, ha dichiarato il sindaco del comune di Orebic. “Questo è terribile, i cittadini sono indignati e sorpresi. Ci serve aiuto”, ha concluso. I cittadini sono stati avvertiti di non toccare i rifiuti perché potenzialmente pericolosi.

Oltre ai rifiuti un’ulteriore preoccupazione per la pulizia dell’Adriatico è stata provocata dalle affermazioni del giornalista italiano Gianni Lannes direttore di Italiaterranostra.it , che a “Glas Istre” ha detto che in Serbia e in Kosovo sono in corso operazioni dell’aviazione NATO e i piloti, di ritorno alle basi, scaricano bombe e missili nell’Adriatico, nelle acque interne dell’Italia e della Croazia. Secondo lui la NATO mente quando afferma che nell’Adriatico ci sono cinque zone in cui si scaricano le bombe inutilizzate. Egli afferma che le zone siano 24 e si estendano da Trieste, quindi dal nord fino al sud, fino a Santa Maria di Leuca, città davanti alle porte di Otranto. La NATO in seguito a forti pressioni mediatiche ha ammesso che nel 1999 nell’Adriatico sono state scaricate bombe a grappolo, ma che la maggior parte di queste sono state successivamente recuperate. Dalla NATO affermano che le bombe sono state gettate in acque internazionali. Lannes sostiene che le bombe abbiano drasticamente inquinato l’Adriatico. “Sul fondale davanti alla costa pesarese, una cinquantina di miglia dalla costa istriana, si trova un enorme arsenale della seconda guerra mondiale e della missione militare NATO del 1999. La concentrazione di iprite, fosforo e degli altri veleni chimici è spaventosa, mentre le bombe sono soggette ai cambiamenti delle correnti marine. Si tratta di un arsenale mobile di morte”, ha detto Lannes.

16 novembre 2010

G20: troppe le risorse destinate a progetti inutili


Un altro summit G20 è fallito, ancora una volta sono stati spesi soldi inutilmente. L'ennesimo tentativo di risolvere la crisi economica globale non è servito a trovare una soluzione comune. Si è parlato di una produzione globale esposta a “gravi rischi”, ma nessuno ha espresso la disponibilità per un accordo preciso sulla produzione o sull'imposizione di regole valide per tutti. Gli ottimisti che riponevano speranze nel G20 di Seul hanno dovuto accontentarsi degli “ orientamenti indicativi”, anche un più serio aiuto alle zone più povere è stato disatteso, in quanto “non ci sono i soldi”. Tuttavia è dimostrabile che “i soldi ci sono”, ma sono spesi male come sottolineano media britannici, tra cui The Daily Mail.

L'UE ha stanziato fondi per progetti come “Fitness per i cani”, “Lo sviluppo del hip-hop nella cultura europea" e macchine di lusso, spendendo cifre intorno ai 35 milioni di euro. I dati sono stati pubblicati in seguito alla riunione dell'organizzazione Open Europe, durante la quale si è parlato del budget europeo. Mentre in tutta Europa gli scioperi dei lavoratori imperversano nelle piazze, la Commissione Europea valuta un aumento salariale annuale dello 0,4% per i funzionari dell'apparato europeo. Per lo sviluppo dell'agricoltura, invece, sono stati speso 415 000 euro. Il progetto denominato “Miglioramento dello standard di vita dei cani” ha assorbito ingenti risorse, ma un anno dopo la sua approvazione, il palazzo per la SPA per cani, progettato in Ungheria non è ancora stato costruito. Allo stesso modo vengono finanziati progetti come quello sul hip-hop, con 50 000 euro. In Francia, a Lion, è stato aperto un laboratorio della musica di hip-hop, mentre vengono finanziati concerti di gruppi come i “Flying Gorilass” con 415 000 euro, oppure un progetto di un gruppo dei nomadi austriaci con 2,6 milioni di euro. Alcuni progetti, inoltre, vengono finanziati ma finiscono per non sortire gli effetti sperati: come i 12.15 milioni di euro spesi per l'industria del riciclaggio dei rifiuti in Spagna, che in realtà ricicla solo un terzo del materiale e sotterra tutto il resto. La promozione turistica dell'Andalusia è costata 7.66 milioni di euro, le macchine per i ministri europei hanno gravato sul budget europeo per circa 5,1 milioni di euro. Si sono finanziati corsi di golf, caccia, moto e sportivi di vario genere.

I soldi dedicati per lo sviluppo dei beni culturali della regione Campania, in Italia, sono stati spesi per l'organizzazione di concerto di Elton John a Napoli, del valore di 750 000 euro. Si è finanziato anche il progetto chiamato “le piscine virtuali”, per l'insegnamento delle lingue tramite un corso online, per consentire ai nuotatori di comunicare tra loro durante le competizioni internazionali di nuoto. Sono stati stanziati anche 1.6. milioni coprire le perdite finanziarie della corona svedese. Tale somma è stata destinata all'azienda agricola svedese affittata nel Flen in Sormland. La corona, che ha una ricchezza di circa 30 milioni di euro derivanti dai canoni di locazione di 2200 ettari per un importo simbolico di 108 euro all'anno, senza pagare tasse, nel 2009 ha ricevuto 209 000 euro di sussidi agricoli dalla UE, la cifra è stata confermata dalla Commissione Swedish Board of Agriculture. In base al rapporto della TV svedese, la società del re ha subito perdite, tra il 2000 e il 2006, per 4.6 milioni di euro.

Un altro progetto considerato da molti inutile è stato quello per il Cercle Culturel des Institutions Européen, costato 5,1, milioni di euro, per l'istituzione di un club culturale per i dipendenti delle istituzioni europee. Il club include anche uno Scottish Highland Dancing club and un wine-tasting club. Ma i dipendenti delle istituzioni europee sono abituati a trattarsi bene, lo testimonia la Beach City nel Venetian Lake, vicino Budapest, costato 5,5 milioni di euro, la struttura dovrà contenere una spiaggia artificiale, un centro commerciale, un complesso alberghiero sulle rive di lago , show room con fontane e un ponte pedonale. Sette milioni euro sono stati stanziati per lo ZOO di Hannover, in Germania, e 44000 euro per il cocktail party per la celebrazione del Europe Day. La lunga lista di altri porgetti include anche i 2.7 milioni per il tour virtuale in 3D delle isole mediterranee e l'aircraft landing simulations. Molti capitali dei cittadini europei, che ogni giorno affrontano i problemi della disoccupazione e della crisi economica, dovrebbero essere spesi con molto più criterio dalla CE, guardando alle esigenze dei cittadini. Naturalmente una parte dei fondi europei finanziano anche progetti di primaria importanza come la ricerca medica, che ha portato al test EarlyCDT-Lung, disponibile nel 2011 in Inghilterra o un progetto per un ospedale in Ungheria completamente alimentato a pannelli solari. Il prossimo summit, quindi, potrebbe occuparsi proprio dei metodi per eliminare gli sprechi e le spese inutili, per utilizzare i capitali risparmiati in soluzioni reali di contrasto alla crisi economica.

Biljana Vukicevic

04 novembre 2010

Ladini: fermare la vendita illegale della Dalmatinka

Zagabria/Croazia-Italia - Le società “La Distributrice Srl” e “La Distributrice Investments Srl”, di proprietà dei F.lli Ladini, hanno depositato la scorsa settimana al Tribunale Commerciale di Spalato un esposto per bloccare la vendita della Dalmatinka. La richiesta è stata sottoposta sia al Presidente del Tribunale di Spalato che al Ministero della Giustizia della Croazia, sottolineando come gli atti compiuti dal tribunale risultano illegali e discriminatori nei confronti degli imprenditori italiani. Esso ha infatti agito con parzialità, disattendendo l’autorità della Corte Superiore di Zagabria che aveva sentenziato, oltre sette mesi fa, il diritto all’ammissione nel credito. Ci si aspetta ora una risposta equa e coerente da parte delle autorità croate, e delle stesse istituzioni italiane affinchè intervengano presso gli organi competenti croati per garantire il rispetto della legge. Un'aspettativa nei confronti dello stesso ambasciatore italiano a Zagabria, il quale aveva garantito di seguire il caso con molta attenzione, dopo mesi di trafila presso tribunali ed uffici amministrativi, tra legali e diplomatici. Il caso Ladini continua così ad essere un tragico esempio di quanto le nostre aziende all'estero siano indifese, nonostante tentino di portare avanti l'economia italiana e diffondere il Made in Italy di eccellenza. Ai nostri diplomatici chiediamo una decisa presa di posizione, per far valere i diritti sanciti non solo dagli accordi bilaterali, ma anche dal diritto europeo ed internazionale. Chiediamo, quindi, un'azione che va oltre la mera rappresentanza dei grandi gruppi industriali che hanno conti alle Cayman, perché si schierino stavolta accanto alle piccole e medie imprese, cuore dell'economia italiana.

20 ottobre 2010

L'invasione non ortodossa

Mentre continuiamo ad indire conferenze ed incontri in atmosfere para-istituzionali, dall'estero ci invadono tramite una guerra silenziosa, la cybernetica. Le nostre aziende muoiono, scompaiono, il lavoro di 50 anni viene divorato dai debiti, mentre le associazioni di industriali si riorganizzano in nuove assemblee, per nascondere tra i numeri gli interessi di poche ed elette lobbies. Figli dei raccomandati del passato siedono sulle poltrone da 8 mila euro al mese che dovrebbero tutelare l'economia italiana: non bevono acqua troppo gassata, e neanche liscia, hanno la barca e appena si alzano sono già stanchi. I loro interlocutori sono le Ong, quelle piene di umanità,quelle dell'accoglienza e dell'integrazione, quelle che fanno parte del Potere dei Buoni "con i soldi degli Italiani". In realtà siamo in guerra, Signor Ministro Frattini,e lei non se n'è neanche accorto.

Non sono un disfattista,ma sono un figlio di emigranti, con una storia di anatocismo bancario, e conosco bene le vicissitudini del nostro Bel Paese degli ultimi trent'anni. La mia storia non è diversa da quelle di migliaia di famiglie e piccole imprese. Lei sa quante aziende Italiane sono state saccheggiate, Lei sa quanti imprenditori italiani si sono cacciati in guai grossi, come traffico di droga o criminalità organizzata, solo perchè le autorità italiane dormivano sulle loro scrivanie? Siamo stati costretti a stringere le mani ai trafficanti di droga, per avere un'Italia come la conosciamo adesso. Chissà se ciò che abbiamo oggi vale il sacrificio degli italiani venduti e dimenticati... Leggiamo ogni giorno affari di milioni di euro che si preparano per l'Italia. Energia, centrali nucleari, gas russo… Ma in realtà non c'è nessun grande affare per l'Italia, bensì un gruppo ristretto di industriali o banchieri che fanno sopravvivere il loro 'impero economico' grazie ai soldi dello Stato. Dietro di essi vi sono solo multinazionali che usano l'Italia e gli italiani per servire i loro interessi lobbysti: questa è la verità. Speculazioni, disinformazione, propaganda: un'Italia irreale, non sono più italiani quelli che vedo, ma burattini in nome dello share televisivo. Internet è usato come medicinale, come sfogo, e sfogliando le pagine di facebook o dei netmeeting troverermo un popolo che vive di frustrazioni ed è insoddisfatto. Al contrario i polacchi hanno creato la logistica, i rumeni si autogestiscono e i cinesi l'esportazione diretta senza intermediari, mentre macedoni e albanesi sono pronti a partire con i loro pullman invadendo le città.

Le nostre associazioni dislocate all'estero per l'internazionalizzazione, sottoscrivono le convenzioni con gli alberghi per uno sconto del 10%: un servizio offerto da qualsiasi agenzia di viaggio online. Ma di cosa stiamo parlando, qual è la consulenza che questi esperti dovrebbero dare? Seminari con slides copiate ed incollate sulle diapositive, e poi al ristorante con le ragazzine parlando dell'Italia. E neanche dell'Italia vera, ma della pasta, della pizza, della polenta, mentre albanesi o bulgari ci chiamano "terroni" o "maccaroni". Questa è la vera integrazione che i contribuenti pagano a peso d'oro. Una politica estera fatta da gente con piercing e rasta, che lavora per hobby, e pensa che nei Balcani o nell'Europa dell'Est vi sia gente con l'anello al naso a cui insegnare la civiltà. Respiriamo un'atmosfera che fa paura, circondati dal fallimento e dalla criminalità, che avanza divorando le macerie della crisi economica. Noi 'società dell'anti-corruzione e dell'anti-corruzione" non facciamo che usare gli 'Stati canaglia' per far sopravvivere il nostro sistema marcio. È questo il frutto della cannibalizzazione delle privatizzazioni selvagge, troppo spesso associate a guerre al terrorismo, ai cosiddetti giochi sporchi di denaro. Di questo passo andrà sempre peggio, perché l'industria è morta e le multinazionali hanno comprato i nostri marchi e sarà impossibile riavere indietro una tale ricchezza. Lo Stato italiano deve smetterla di finanziare scheletri e fantasmi, sono degli anacronismi, non è questo il loro tempo e la loro occasione è miseramente fallita. Strutture come l'ICE, sono uffici che la precedente finanziaria voleva eliminare, semplicemente perché potevano fare il lavoro che fanno oggi anche seduti ad una scrivania a Roma, rinunciando ovviamente agli stipendi d'oro attuali. Il Ministero dello Sviluppo ritiene che queste strutture servono, ma ho dei forti dubbi, perché nella realtà perdiamo sempre più terreno, visto che sono occupati a fare' grandi contratti' che non portano a nulla.

Questo perché tutte le grandi società di cui parliamo sono in perdita, mangiate dalla quotazione in borsa e dalle speculazioni. Dunque il Sistema-Italia può lavorare con il Fondo Monetario o BERS alla caccia di appalti, oppure può barcamenarsi per prendere le briciole, tra gli uffici degli studi legali e commerciali di Milano e Roma. Ma l'Italia non è 'studi commerciali o legali', bensì 8800 comuni, dove risiete l'intelligenza di tante piccole e medie imprese, gente che ha 30 anni di esperienze storiche, tramandate di padre in figlio, che fanno dei prodotti che i cinesi non posso fare. Il made italy è la storia italiana, e noi abbiamo abusato in questi anni di questa eredità inestimabile, abbiamo vissuto di rendita grazie ai sacrifici dei nostri emigranti, degli italiani all'estero, che ora rinnegano quella patria parassita che ha sciupato il loro lavoro. I risultati non ci sono, le statistiche sono manipolate, le banche hanno dovuto fare imbrogli e accettare i collaterali, e far ingoiare alle amministrazioni e alle società a partecipazione statale i derivati. D'altro canto, le aziende non si sono informatizzate, mentre quelle che sono nate nell'era post comunista hanno cominciato da un pc e una piccola fabbrica: stanno diventando più competitive, ci invadono dei loro prodotti con internet ed un'ottima logistica. Bisogna velocizzare la nostra economia, rendere le nostre imprese penetranti ed efficaci dando loro una struttura cibernetica che non si possono permettere, un trampolino di lancio per dei prodotti che si vendono da soli, per il semplice fatto che sono italiani. L'Italia ha il dovere di costruire strutture in cui inserire piccole aziende, istituzioni statali ed apparati di intelligence economica, che proteggano il loro mercato e forniscano loro sempre nuovi scenari. Un progetto tra l'altro già realizzato nei Balcani, pensate dagli inglesi, che hanno costruito un'agenzia con le imprese locali, per diramare website, prodotti e notizie all'interno di una rete. Non capisco cosa stiamo aspettando noi...


18 ottobre 2010

Esplosivo trovato a Gioia Tauro: partita venduta all'IRAN dalla MEICO

I servizi d`intelligence occidentali scoprono un carico spettacolare di esplosivo in un container del porto di Gioia Tauru. Si tratta di 7 tonnellate di materiale esplosivo del tipo “esogeno” (RDX o T4 noto anche come C4 ) che, secondo gli inquirenti, proviene dall'Iran e sarebbe destinato alla Siria. Oltre ai sospetti, il settimanale "Investigim" ha accertato mediante fonti attendibili che si tratta di una produzione albanese, venduta all'Iran quattro anni fa dall'impressa MEICO del Ministero albanese della Difesa. Il settimanale pubblica oggi documenti esclusivi sul commercio di armi con uno degli Stati definiti come parte dell' "asse del male". Viene così alla luce una transazione su come la MEICO vende a Iran 100 tonnellate di esplosivo tra i più potenti.

Il tritolo proveniente dall'Iran: il percorso del container. Con circa un mese di ritardo, Roma rende pubblica la grande operazione sulla prevenzione degli attentati terroristici. Così il 21 settembre la Guardia di Finanza italiana scopre in uno scanner che un container del porto di Gioia Tauro trasporta due tipi di carichi, uno del quale si sospetta sia esplosivo. Una volta aperto il container viene rilevato che dietro il carico di 800 sacchi di iuta con latte in polvere, vi sono circa 7 tonnellate di materiale esplosivo di tipo esogeno, che è diversamente noto come “RDX” oppure anche “T4”. L`esplosivo era imballato in sacchi di plastica e tessile con un peso di circa 10 chili ciascuno. Le autorità italiane, dal questore di Reggio Calabria Carmelo Carbone fino al direttore delle Dogane di Gioia Tauro Saverio Marrari, descrivono ampiamente il ritrovamento dell'esplosivo in due conferenze stampa. Chiarimenti furono dati anche dal procuratore Giuseppe Pignatone, dal colonnello della Guardia di Finanza Albert Reda, dal questore di Reggio Calabria Carmelo Casabona, e dall`ex generale del Genio Fernando Termentini. Questi spiegano che, infatti, la genesi del successo è stata la collaborazione con i servizi d`intelligence israeliani, in particolare lo “Shin Bet” (Servizio sicurezza interna di Israele). Sui "radar" israeliani, alla fine del luglio 2010, vengono tracciati i dati sui carichi di materiale militare. La “Quds Force” (unità speciale dell'esercito iraniano alle dirette dipendenze di Ayatollah Khomeini, per operazioni extra-territoriali) avrebbe inviato del materiale esplosivo all'inizio di agosto in Libano, destinato all`organizzazione palestinese “Hezbollah”. Un numero di container sospetti furono caricati su una nave la prima settimana d`agosto.

Bander Abaas-Amburgo-Gioia Tauro-Pireo-Latakia. Il container viene caricato su una nave cargo e parte dal porto iraniano di Bandar-Abbas (Bandar Khomeini) il 6 agosto. Non desta l'attenzione delle agenzie anti-terrorismo questo container che, secondo il documento e la polizza di carico, aveva come destinazione il porto d`Amburgo, nella Repubblica Federale di Germania. Le agenzie d`intelligence tedesche furono quindi urgentemente allertate, anzi fu informato anche il capo leggendario, Reinhard Kesselring. Così furono informati anche gli altri funzionari del MAD (Militärischer Abschirmdienst), il servizio del controspionaggio dell'esercito tedesco. Il container con l'esplosivo non uscì dalla zona fiscale del Porto di Amburgo, anzi fu trasbordato sulla nave cargo "MSC Finland” battente bandiera liberiana, proprietà di una compagnia italo-svizzera. La nave scaricò il container nel Porto calabrese di Gioia Tauro in attesa di essere caricato a bordo della nave cargo di 26.000 tonnellate, la DWTMSC Malaga”, battente bandiera tedesca. La destinazione era il porto greco di Pireo. Secondo i servizi d`intelligence italiana, dopo Pireo, la destinazione dell'esplosivo sarebbe stata il Porto siriano di Latakias, poi il T4 sarebbe stato caricato a bordo di una nave di carico generale verso il porto libanese di Tarabulus.

Gli analisti: RDX è albanese. Le agenzie dell'anti-terrorismo sono allarmate, perché pensano che il carico di 7 tonnellate non sia l`unico, ma parte di una partita di cento tonnellate in mano all'Iran. Il settimanale "Investigim" è venuto a sapere che, dopo le analisi urgenti svolte in Italia dagli esperti nazionali e dagli specialisti statunitensi, presso il laboratorio della NATO in Germania, la quantità di circa 7 tonnellate di esplosivo è risultata essere di produzione albanese, in particolar modo dello stabilimento di Mjekesi. L'RDX albanese è a sua volta una produzione di tecnologia svedese "Bofors". L`Iran ha due stabilimenti di materiali esplosivi uno di tecnologia statunitense, e l`altro di tecnologia cinese della compagnia “Norinko”. L`esplosivo albanese di brevetto “Bofors” ha come specifica caratteristica una composizione all' 1 percento. Questa quantità di esplosivo è stato oggetto di una transazione tra la società della difesa albanese di import-export di armi, la "MEICO", rappresentata dal direttore Ylli Pinari (ora agli arresti), e la società militare iraniana “MODELEX”, rappresentata da R. Rahmani. Secondo documenti esclusivi che dispone il settimanale, la quantità dell'esogeno esportato in Iran dal Ministero albanese della Difesa era di circa 100 tonnellate.

Le 4 date dell'affare Teheran-Tirana:
- Il 15 febbraio 2006 fu concordata la vendita di una quantità di 100 tonnellate di RDX, da trasportare con un imballaggio in sacchi da 10 chili, per un totale di 4 pezzi, in una cassa di legno. Il prezzo stabilito era di 5000 dollari a tonnellata, da pagare attraverso la Banca Americana d`Albania.
- L'8 marzo 2006 viene chiesto con fretta dal partner iraniano l`adempimento del contratto e così la spedizione dell'esplosivo albanese in Iran.
- Il 14 marzo 2006 vengono discussi i problemi delle compagnie di spedizione iraniane, che avrebbero curato il trasporto, dando nuovamente priorità all'esplosivo RDX.
- Il 19 aprile 2006, viene sottolineato l`alto costo di trasporto aereo per una quantità così grande di esplosivo. Una sola tratta Teheran-Tirana costava trenta mila dollari. Lo stesso costo viene stabilito anche per merci militari albanesi da Tirana verso l`Iran. Il dato interessante non è il costo del trasporto delle 100 tonnellate di esplosivo, ma il fatto che armamenti e munizioni albanesi, o transitate attraverso l`Albania, finiscono nelle mani di Stati definiti "canaglia" con il coinvolgimento di una dozzina di servizi segreti provenienti dai tre continenti (Europa, Asia ed America).

Lo stabilimento di Mjekesi
. Lo stabilimento per i materiali esplosivi, (ULP) Mjekes-Elbasan, è la più grande fabbrica nei Balcani per materiali esplosivi, costruita nel 1963 dai cinesi, e poi ristrutturata nel 1981 dagli svedesi . Nel 1982 ha inizio la produzione di esplosivi potenti dietro il brevetto della più famosa compagnia al mondo, la svedese “BOFORS”. Vi sono in totale 6 stabilimenti posti nelle vicinanze della città di Elbasan. Mjekesi è un'impresa statale che ha prodotto esplosivi e propellenti già dal 1963. Produce dinamite, munizioni, polvere nera di sparo, micce di sicurezza, TNT, DNT, RDX, propellente (NG/NC) a basa singola e doppia, e nitrocellulosa, competendo con i mercati esteri. Dopo il 1990 lo stabilimento ridusse al minimo la produzione e nel 2000, andando verso la chiusura. A partire dal 2001 fu utilizzato per lo smantellamento delle munizioni dell'esercito.


La scoperta del T4 a Gioia Tauro e l'interrogazione al Ministro Maroni. Lo scorso 21 settembre, fa il giro del mondo la notizia sul ritrovamento di 6,7 tonnellate di esplosivo del tipo RDX - T4, trovato in un container del porto di Gioia Tauro in Calabria. La scoperta è stata fatta il 27 agosto e fu resa nota solo un mese più tardi. Il maxi sequestro (così definito dai media italiani) di una quantità di un così potente esplosivo fu considerato uno straordinario successo delle autorità italiane: dogana, polizia di frontiera, guardia di finanza e innanzitutto, i servizi d`intelligence. La notizia è stata pubblicata su decine di agenzie di notizie, giornali, televisioni e portali internet, tra i più prestigiosi al mondo. Una tale considerevole quantità di materiale esplosivo, di una potenza estremamente grande, è "una caccia" molto rara per le forze di sicurezza e dovrebbe segnare una prima vittoria nella guerra globale dell'anti-terrorismo. L`allarme innescato nelle strutture della sicurezza dei Paesi occidentali , viene confermato dal fatto che il Ministro italiano degli Esteri, Franco Frattini ha parlato direttamente con il Segretario di Stato americano Hillary Clinton. “E` una scoperta di grande importanza - ha sottolineato Frattini, parlando della collaborazione con i servizi segreti esteri - che pone la guerra al terrorismo al centro della collaborazione transatlantica" tra l`UE e gli Stati Uniti. Il risvolto dell'operazione non è riuscito a calmare l'opposizione italiana. Dopo la scoperta del container contenente materiale esplosivo a Gioia Tauro, Emanuele Fiano, Presidente del Forum della Sicurezza del Partito Democratico italiano ha chiesto dal Ministro degli Interni Roberto Maroni di dare delle spiegazioni, se oltre alla destinazione di Libano o Siria, possa essere esclusa il coinvolgimento delle strutture del crimine organizzato italiano. La domanda posta fu: 'Perché le organizzazioni terroristiche avevano scelto Gioia Tauro per il transito del materiale esplosivo?'.

Tanto esplosivo da distruggere l'intero porto. L`itinerario del container con il carico dell'esplosivo è una vera e propria dimostrazione della globalizzazione delle reti terroristiche all'inizio del XXI secolo. Tutti i media parlano del fatto che l`esplosivo è stato utilizzato maggiormente nel 1992, per gli omicidi dei giudici dell'antimafia, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Le autorità italiane sospettavano inizialmente che nel contrabbando d`esplosivi fosse collusa la 'Ndrangheta, che ha infiltrato il Comune e il Porto di Gioia Tauro. Sospetti poi esclusi. “Noi crediamo che la grande quantità di esplosivo - afferma il questore della Reggio Calabria, Carmelo Casabona - non fosse destinata ad attuare i piani criminali delle cosche locali . La quantità davvero impressionante che abbiamo trovato ci ha condotti all'ipotesi che il destinatario possano essere organizzazioni criminali internazionali forse legate a movimenti terroristici". L`ex Generale del Genio, Fernando Termentini, uno dei principali esperti italiani di esplosivi, suppone che il T4 - presente in una quantità tale che avrebbe distrutto l`intero porto di Gioia Tauro - "poteva essere utilizzato per testate di razzi, bombe d`aviazione o missili di artiglieria di grande calibro, senza escludere, naturalmente la possibilità di utilizzo parziale per la produzione di "IED" (improvised explosive device - bombe artigianali)”, come quelle che furono usate negli attentati contro i giudici dell'Antimafia, Falcone e Borsellino. ”Gioia Tauro era solo una tappa del viaggio dell'esplosivo", ha confermato Casabona, parlando con i giornalisti. Egli ha così messo in luce aspetti dell'operazione comune della squadra mobile di Reggio Calabria e della Guardia di Finanza. E' stata in realtà un'informazione passata dal servizio segreto israeliano che comunicò ai "007" italiani il nome della nave su cui era caricato il container pieno di esplosivo che fa riferimento alle dichiarazioni delle autorità. Le inchieste hanno come fine quello di scoprire se a Gioia Tauro vi fosse un solo container con T4, o ve ne fossero altri, o ve ne possa essere qualcuno ancora in viaggio. Così, come per le grandi quantità di droga, spiegano gli esperti, anche per le armi non esiste un solo carico.

Gjergj Thanasi e Thanas Mustaqi
Giornalisti del settimanale albanese "Ivestigim"
diretto da Alket Aliu

08 ottobre 2010

L'Osservatorio Italiano chiede trasparenza nei conti del Seenet 2

Nel tentativo di fare una seria inchiesta sulla destinazione dei fondi che il Ministero degli Esteri aveva destinato al progetto del Seenet 2, l'Osservatorio  ha avuto modo di vedere come la famosa trasparenza della pubblica amministrazione sia un dogma, dietro il quale si nascondono pratiche burocratiche tutt'altro che chiare. La nostra richiesta, sin dall'inizio, era quella di poter accedere alle voci di spesa del progetto per i Balcani che costerà agli italiani 11 milioni di euro, di cui 8 previsti dalla Farnesina. Ci è stato detto 'verbalmente' che non possiamo accedere al progetto originario in quanto protetto dalla legge sulla protezione degli atti amministrativi (Legge 241/90) e che occorre dimostrare di avere un 'interesse qualificato' che giustifichi la consultazione. A meno che non sia protetto da segreto di Stato, l'Osservatorio Italiano e i suoi giornalisti hanno pieno di diritto di accedere alle voci di spesa del singolo progetto del Seenet, perché rientra nel suo dovere ad informare e a condurre indagini giornalistiche, in maniera scrupolosa e con fonti attendibili, come il denaro pubblico viene impiegato.

Un diritto che diventa un interesse legittimo che qualsiasi TAR riconoscerebbe, come già avvenuto in altri casi simili, come quello del "Tar Toscana, SEZ. II - sentenza 18 novembre 2005" e del ricorso del quotidiano Sicilia Informazioni in un caso analogo. E così c'è chi grida in onore della trasparenza , e chi dall'altra parte non risponde alle lettere e alle telefonate, chi ti fa aspettare settimana per una risposta negativa e chi rinvia ad oltranza nella speranza che prima o poi lasceremo la spugna. Persino l'Ufficio della Cooperazione allo Sviluppo, nella persona del Dottor Francesco Forte, in un primo momento ci aveva dato delle garanzie di sorveglianza, deviando la nostra richiesta ad un suo assistente, e poi è caduto in un silenzio preoccupante. Alla sua attenzione abbiamo portato in secco rifiuto del funzionario della Regione Toscana a voler fornire qualsiasi tipo di documentazione se non dietro una richiesta in carta bollata del nostro 'interesse qualificato'. Questo quando non esisteva neanche il portale web pubblicizzato alla presentazione in conferenza stampa del Seenet nel mese di giugno, ma pubblicato dopo le nostre ripetute insistenze a settembre. Finalmente si è arrivati alla messa in rete di una serie di documenti tra cui una sintesi generale del progetto e circa dieci sintesi delle strategie di intervento , che fungono da macrocategorie per 47 progetti, non ancora pubblicati, destinati alle singole municipalità. In ognuna di queste sintensi non compare mai il costo e il budget di ogni progetto specifico. Sarebbe invece logico indicarlo, come avviene per ogni altra spesa e voce di un'opera pubblica o di un'istituzione amministrativa, e come prescrive la legge. Il continuo rinviare da parte dei burocrati che si nascondono dietro le leggine, non fa altro che alimentare dubbi ed ulteriori domande sul perché non è possibile sapere quanto costano i progetti e come viene ripartito tale ammontare. D'altro canto, un clima di tensioni, di silenzio e di indifferenza sta alla base della piramide della cattiva gestione pubblica. Ed è proprio questo che combattiamo, anche se ci diranno che siamo polemici, nazionalisti o scorretti, va bene tutto se questo serva a tirar fuori i conti, perché è nel nostro pieno interesse 'qualificato'. Noi non viviamo con fondi pubblici, non portiamo avanti una lotta politica, non siamo espressione di nessun partito, noi siamo l'esempio di giovani ragazzi che vivono da 15 anni nei Balcani, e conoscono la storia italiana nei Balcani e il motivo per cui l'Italia è in queste terre inesistente. E' ora giunto il momento di essere davvero trasparenti e far conoscere le reali attività di questa "comunità italiana istituzionale" che si trova nei Balcani e che da troppo tempo vive di espedienti, di fatture gonfiate - come quelle dei taxi, che da 7 euro diventano 25, o degli hotel - di progetti mai portati a termine, di budget che prima di arrivare a destinazione si perdono per strada. Questi sono anche i motivi per cui, rispetto ai progetti tedeschi, ai francesi e agli inglesi, i progetti italiani sono una goccia in un mare. C'è da chiedersi perché ci siamo ridotti così, perché lo Stato si nasconde e crea un clima di omertà.


07 giugno 2010

SEENET2: un programma da 11 milioni di euro per i Balcani

E' stato presentato venerdì a Sarajevo il programma “SEE.NET 2: una rete trans locale per la cooperazione tra Italia e Sud Est Europa”, la cui finalità è quella favorire il processo di integrazione nell’Unione Europea dei Paesi Balcanici. Un progetto che, stando alla nota riportata dal Comitato di Direzione del programma, ammonta a circa 11 milioni di euro, nell'arco del periodo che va dal 2009 al 2012, e che avrà accesso a quanto pare a fondi comunitari di preadesione per la regione dei Balcani. Il progetto vede il coinvolgimento di molte istituzioni italiane, quali le Regioni Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Veneto, Marche, Toscana, Provincia Autonoma di Trento, assistiti da 14 partner tecnici come ANCI, ERVET, CeSPI, ALDA, UCODEP, insieme ad enti locali dell'Area del Sud Est Europeo (46 autorità di 6 Paesi diversi: Albania, Bosnia Erzegovina, Croazia, Macedonia, Montenegro, Serbia). Della Bosnia-Erzegovina sono coinvolti i Cantoni di Sarajevo, Tuzla, Zenica-Doboj, cantone Erzegovina-Neretva, le città di Mostar e Sarajevo, il comune di Livno, Trebinje, Nevesinje, Sanski Most, Prijedor, Tuzla, Trebinje, Zavidovici, Hadzici, Pale, Travnik, Tarnovo, la Republica Srpska e la Federazione di Bosnia ed Erzegovina, Zenica e la Città Vecchia di Sarajevo.

Il costo totale del Programma SEENET è di Euro 11.040.000,00 per una durata triennale. Il Comitato Direzionale per la Cooperazione allo Sviluppo del Ministero degli Affari Esteri ha approvato, con delibera n. 100 del 31 luglio 2008, il finanziamento dell'iniziativa, per un valore di € 8.280.000,00, pari al 75% dell'importo totale del progetto, che verrà erogato per il tramite della Regione Toscana. La Regione Toscana, capofila ed ente responsabile nei confronti del ministero degli Affari Esteri, parteciperà con un finanziamento di Euro 407.000 euro nei tre anni, mentre le Regioni Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Marche e Veneto e la Provincia autonoma di Trento parteciperanno ciascuna con un finanziamento di Euro 360.000,00 nei tre anni, di cui Euro 300.000,00 di co-finanziamento regionale ed Euro 60.000,00 di contributi figurativi (c.d. contributi "in kind" ).

Complessa e articolata la struttura amministrativa che dovrà dirigere l'intero progetto. Infatti, il programma prevede un sistema di gestione capace di garantire, in tutte le sue fasi, un continuo e costante coinvolgimento dei diversi soggetti della rete, sia a livello politico che tecnico. La struttura organizzativa sarà composta da un Comitato di Direzione, formato da un rappresentante politico per ogni partner istituzionale locale e italiano e del ministero degli Affari Esteri, con il compito di assicurare la direzione e l'indirizzo strategico del Programma, un Comitato di Pilotaggio, organo tecnico che assicurerà l'attuazione del Programma secondo gli indirizzi del Comitato di Direzione, un Nucleo Tripartito, che assicurerà il raccordo tra il livello decisionale e quello amministrativo del Programma, un direttore, nominato dalla regione Toscana in accordo con le altre Regioni ed il ministero degli Affari Esteri, ed un segretariato operativo, che riunirà tutti i soggetti tecnici attuatori responsabili della gestione operativa delle azioni orizzontali e verticali ed il coordinamento d'area.

“L’Adriatico deve essere un mare che unisce, non che separa”, ha affermato l’assessore regionale alla cooperazione transnazionale e transfrontaliera, Roberto Ciambetti, intervenendo a Sarajevo , alla riunione di insediamento del Comitato di Direzione del programma “SEE.NET 2". “A questa iniziativa – spiega l’assessore – a cui aderiscono numerose istituzioni ed enti italiani e dell’Europa Centro Orientale e Balcanica, la Regione del Veneto è stata designata capofila nella specifica Azione di valorizzazione dei beni culturali, ambientali, naturalistici e storici tra Istria e Varaždin. Siamo chiamati a coordinare e implementare le attività di marketing territoriale, coinvolgendo amministrazioni pubbliche e operatori locali del settore: una gestione che ci vedrà impegnati sia a livello tecnico sia a livello politico”. Al centro della strategia, "la continuità dei partenariati territoriali costruiti dal sistema italiano della cooperazione decentrata, proponendosi di sostenere il processo di integrazione nell'Unione Europea dei Paesi dei Balcani Occidentali", nonché di unire le due coste del Mare Adriatico a sostegno del processo d’integrazione nell'UE dei paesi della regione Nel corse della conferenza stampa è stato precisato che SeeNet si prefigge l'obiettivo di aiutare il processo di integrazione europea, promuovere lo sviluppo locale ed includere tutti i partner della rete in una serie di attività congiunte, che contribuiranno a rafforzare l'auto-gestione territoriale e la creazione di possibilità concrete in conformità alle norme europee. Allo stesso modo, la cooperazione italiana offrirà la sua consulenza per aumentare le opportunità di usare fondi dell’UE di pre-adesione, per fornire informazioni più dettagliate sul Sud-Est Europa, incoraggiare le indagini orientate verso il miglioramento della gestione delle comunità locali e la capitalizzazione delle buone pratiche, nonché per creare una maggiore coesione tra le autorità locali dell'Europa Sud-orientale. Nel corso delle attività di nove reti diverse, SeeNet incoraggerà lo sviluppo di politiche locali in relazione alle esigenze territoriali, con una valutazione del patrimonio culturale e il rafforzamento delle risorse turistiche, rafforzerà la catena produttiva di piccole e medie imprese, promuoverà le risorse agricole e alimentari, nonché darà un sostegno istituzionale al processo di decentramento della politica sociale. Complessa e articolata la struttura amministrativa che dovrà dirigere l'intero progetto. Infatti, il programma prevede un sistema di gestione capace di garantire, in tutte le sue fasi, un continuo e costante coinvolgimento dei diversi soggetti della rete, sia a livello politico che tecnico. La struttura organizzativa sarà composta da un Comitato di Direzione, formato da un rappresentante politico per ogni partner istituzionale locale e italiano e del ministero degli Affari Esteri, con il compito di assicurare la direzione e l'indirizzo strategico del Programma, un Comitato di Pilotaggio, organo tecnico che assicurerà l'attuazione del Programma secondo gli indirizzi del Comitato di Direzione, un Nucleo Tripartito, che assicurerà il raccordo tra il livello decisionale e quello amministrativo del Programma, un direttore, nominato dalla regione Toscana in accordo con le altre Regioni ed il ministero degli Affari Esteri, ed un segretariato operativo, che riunirà tutti i soggetti tecnici attuatori responsabili della gestione operativa delle azioni orizzontali e verticali ed il coordinamento d'area. Il programma è stato promosso e coordinato dalla regione italiana Toscana, finanziata dal Ministero degli Affari Esteri italiano, e co-finanziato da tutte le regioni italiane partner. Il progetto è stato elaborato nel corso di numerose riunioni dei partner ed è stato presentato al Ministero degli Affari Esteri italiano ed ai partner balcanici durante una conferenza che si è svolta in Istria a Rovigno il 6-7 dicembre 2007.

Nuovi fondi per una 'zavorra' Altro giro e altra corsa: arrivano 11 milioni di euro per un progetto destinato all'integrazione dei Balcani, ma che tutto sommato servirà solo a dare altri soldi alle 'vacche grasse' e ai bilanci senza fondo degli enti fantasma. Il nuovo progetto per la cosiddetta "cooperazione transnazionale tra enti locali" darà infatti vita ad una struttura burocratica che ha le sembianze dei carrozzoni statali di nostra conoscenza, con segretariati, comitati di pilotaggio, organo tecnico, nucleo tripartito, e quant'altro, per dare così lavoro ad una schiera di consulenti e analisti che già affollano gli uffici di ICE e degli Esteri. In cosa consiste il loro lavoro non è ancora molto chiaro, ma sembra che devono "rendere sfruttabili gli IPA", quindi faranno un'assistenza all'assistenza all'adesione, un concetto piuttosto contorto per mascherare il fatto che saranno mere attività di formazione, seminari e campagne di marketing per spiegare ai balcanici come si diventa europei. Siamo alle solite, e possiamo assicurarvi che negli ultimi 15 anni ne abbiamo visti tanti di questi progetti nascere e morire nel silenzio. Da parte nostra continueremo a monitorare che razza di integrazioni saranno capaci di fare questi grandi strateghi, che non sono riusciti a dare una parvenza di sviluppo alle comunità locali italiane per avere accesso ai fondi europei, figuriamo cosa faranno nei Balcani. "Il Ministro degli Esteri ha commesso un vero e proprio crimine - afferma  - deve vergognarsi perché butta soldi dei contribuenti italiani in tempi di ristrettezze, di tagli, di crisi economica. Oggi lanciano un altro progetto per fare l'integrazione, per fare informazione, intenti assolutamente ridicoli. Pensate che sono centinaia le piccole imprese che vengono a bussare ai nostri uffici per avere informazione, e il più delle volte li rimandiamo all'ICE, perché è questo l'ente tenuto a dare informazione, come le stesse ambasciate, che mantengono chiuse le loro porte . Poi succede che occorre l'intervento del Primo Ministro in persona per rappresentare le grandi aziende e chiudere i contratti sulle concessioni. E' chiaro che poi non si rilasciano le interviste e gli investimenti italiani nei Balcani si raccontano a denti stretti: cosa devono dire, che hanno privatizzato un'impresa a quattro soldi?", afferma critico D'altro canto, la verità è che mentre questi signori lanciano i loro progetti milionari, un manipolo di personaggi continua a chiamare i nostri uffici chiedendo di avere l'informazione gratuita a nome della Presidenza del Consiglio o del Senato. Ma non si vergognano a parlare di milioni, se non riescono a sostenere una piccola agenzia di informazione? "Hanno finanziato dei morti che camminano - afferma ancora  - ma state pur certi che, fin quando continueremo ad ingrassare questi personaggi, conteremo meno di nulla nei Balcani, ad essere affossati e ignorati sia economicamente che politicamente. Gli inglesi e i tedeschi hanno scavato ormai il loro fossato, mentre cinesi ed emiri si preparano a drogare i governi con veri petro-dollari. Una cosa a dir poco assurda, se si pensa che condividiamo con questa regione confini territoriali e marittimi. Quando finirà questo scempio?", conclude.

04 giugno 2010

Europa senza Balcani: solo vacche da mungere


Roma - Il Parlamento italiano, alla vigilia del Summit di Sarajevo del 2 giugno, approva la risoluzione della Commissione Affari Esteri, con la quale chiede al Governo di aprire un dialogo con gli Stati UE per accelerare le procedure di integrazione dei Balcani. Essa autorizza inoltre il Ministro degli Affari Esteri italiano Franco Frattini a proporre un preciso piano d'azione, una mappa per l'integrazione europea dei paesi dei Balcani occidentali. Una risoluzione che però giunge con scarsa tempestività da parte delle istituzioni italiane, visto che è stata elaborata dopo 3 mesi dalla missione della Commissione Affari Esteri nei Balcani, oltre al fatto che non aggiunge nulla di nuovo rispetto ai testi e ai comunicati diramati dalla Commissione Europea. Ciò che forse sfugge ai parlamentari italiani, è che in questi mesi è stato imposto un freno alle trattative diplomatiche con Balcani, visto che sono scomparse ormai le date e le scadenze, ed ogni termine viene citato in maniera molto vaga, ma soprattutto molto attenta.
Risoluzione 25.Maggio Stefani-Fassino
La risoluzione del Parlamento Italiano chiede la liberalizzazione dei visti per Albania e Bosnia Erzegovina. Il Parlamento italiano ha espresso il proprio sostegno per l'apertura dei negoziati di adesione con la Macedonia e l'approvazione dello status di candidato al Montenegro e all'Albania per l'adesione all'Unione Europea. I parlamentari italiani hanno sostenuto l'integrità territoriale della Bosnia Erzegovina, invitando i politici locali ad accelerare il processo di riforme. Riconosce nella Serbia un ruolo centrale nella regione, per cui chiede al più presto la sottoscrizione dell'ASAe l'apertura dei negoziati per lo status di candidato. Incoraggia Belgrado e Pristina a intavolare negoziati bilaterali su problemi reciproci, e l'intera regione dei Balcani occidentali a trovare soluzioni ai problemi comuni attraverso i negoziati e il raggiungimento del consenso. (versione PDF)

E' quasi certo che prima di dicembre non vi sarà nessun passo in avanti per nessuno dei paesi balcanici. Questo non per colpa del singolo Paese che, purtroppo, è schiavo anche dei problemi del passato, ma perchè l'Unione Europea stessa è in crisi su tutti i fronti. Crisi economica (recessione), crisi finanziaria (indebitamento continuo) e crisi monetaria (speculazioni sull'euro). In tale situazione conviene sempre non fare passi avanti, ma soprattutto conviene mantenere la regione del Sud-Est Europeo nel limbo, per godere del vantaggio del "nuovo mercato extraeuropeo" a due passi da casa, del basso costo della manodopera, della disponibilità di questi paesi ad indebitarsi per le grandi opere e gli investimenti esteri, delle monete deboli e fragili rispetto all'euro, di un'immigrazione più specializzata ma controllata ai confini. Per non parlare poi del gusto che si prova a ricattare i Governi per ottenere le concessioni, le licenze aeree, bancarie e di telefonia. Insomma la lista è infinita, ed è reale, perchè risponde al principio economico del cash-cow, o meglio "vacche da mungere": pochi investimenti e grandi guadagni, che sono assolutamente garantiti fino a quando anche questo mercato va in declino. Allora l'Italia cosa fa? Invece di continuare a fare da precursore di un'integrazione positiva, si unisce al ballo di inglesi e americani? Non va bene, non va proprio bene... Tanto poi si fa una bella risoluzione, in ritardo ovviamente, giusto per salvare la faccia con gli amici balcanici, a cui sono state fatte tante promesse...

02 giugno 2010

Festa del 2 Giugno: lettera aperta al Ministro Frattini

In occasione della Festa del 2 giugno e del Summit che si tiene oggi a Sarajevo pubblichiamo una lettera aperta rivolta al Ministro degli Esteri italiano Franco Frattini e alle istituzioni che egli rappresenta. Oggi l'UE vorrebbe salutare i progessi della regione dei Balcani a 10 anni dal vertice di Zagabria che ha aperto questa strada di integrazione, ma questi Paesi si aspettavano qualcosa di più di una semplice stretta di mani e 'tanti complimenti'. Volevano una risposta, delle certezze, ed in cambio hanno avuto la solita "da destinarsi, causa forza maggiore". Ma d'altro canto, come dare a loro una sicurezza, se neanche noi europei l'abbiamo per noi stessi.

Egregio Ministro Frattini,

i Balcani Occidentali hanno finalmente avuto il Summit per l'integrazione che aspettavano da tempo, mentre UE e Stati Uniti vantano soddisfatti la loro ennesima vittoria vuota. L'Italia ci sarà, con la presenza del Ministro Frattini, che ha tenuto a precisare quanto ha fatto per realizzare questo evento. Non dice però che l'Italia ha perso la sua posizione nella diplomazia estera sui Balcani, mentre i vecchi volponi come Paddy Asdwoun si stanno 'leccando i baffi'. Poche sere fa si trovava a cena con Hague e la baronessa Ashton, forse ha brindare per il nuovo insediamento dell'ex Alto Rappresentante della Bosnia come inviato speciale dei Balcani. Gli inglesi saranno ben contenti di aver ripreso le redini delle sorti della regione, così come di aver quasi messo le mani sui Terminal petroliferi di Ploce. E l'Italia cosa fa in tutto questo? E' derisa da questi baluardi della vecchia politica, che speravamo di averci lasciato alle spalle, che ritornano come fantasmi.

L'Italia ha perso la sua occasione, il vertice non serve, nessuno si aspetta qualcosa, perchè a denti stretti si insulteranno tutti. Ma cosa possiamo aspettarci, del resto, dai nostri ambasciatori, da quei poltronissimi, politichesi, tuttologhi e grandi strateghi. Finché si danno stipendi a raccomandati, questo è il risultato che dobbiamo aspettarci. Tutti occupati a non fare nulla, ogni giorno perdiamo terreno, mentre si lanciano le statistiche dell'export, tanto ci pensano poi greci, romeni e cinesi a usare i nomi italiani sulle loro merci, perchè noi mettiamo quelli in inglesi per darci un tono. Non esiste una strategia economica per gli investimenti esteri, non esiste un coordinamento, non esiste neanche un'Italia degna di definirsi 'Sistema'. Avevamo (forse) un piano energetico per fare dell'energia rinnovabile inesplorata dei Balcani una nostra e loro ricchezza, un prodotto interno lordo per la ripresa economica, un bene vitale ed essenziale da incanalare in una rete di trasmissione regionale con un progetto italiano. Dico avevamo, perchè non so bene se esiste ancora, visto che dopo il primo cavo sottomarino subito sono partite le teorie complottiste e sterili della 'mafia dell'energia'. Insomma creiamo e distruggiamo con le nostre stesse mani, e nessuno si chiede quanto è costato creare un progetto, implementarlo e svilupparlo, basta poco a distruggerlo se c'è un'altra forte lobby che risorge.

Egregio Signor Ministro,
oggi possiamo salutare il nostro tricolore, è la festa della Repubblica...ma è solo scena, come lo sono le medaglie date dalla Presidenza del consiglio. Son tutti eroi pagati con 10 mila euro al mese. Per molto di meno ci sono eroi sconosciuti, che Roma neanche sa il loro nome e nessuno può immaginare che esistono. Il risultato è che abbiamo preso schiaffi da tutti,solo per compiacere le multinazionali. Comprano con soldi degli italiani, e poi privatizzano con quelli dei baroni, dei salotti e di quelli che fanno beneficenza con i diamanti.

Osservatorio Italiano