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23 ottobre 2014

Caso Dalmatinka: La Distributrice vince causa contro l'espropriazione illegale

Trieste - Una grande vittoria dopo anni di lavoro, boicottaggi e disinteresse da parte delle istituzioni italiane. Il Tribunale di Spalato, presieduto dal Giudice Vukovic, ha emesso questo lunedì 20 ottobre la sentenza che accoglie, in ogni sua parte, il quadro di argomentazioni de La Distributrice, dei F.lli Ladini, riconoscendo tutti i crediti impugnati, per un totale di 44.459.783,26 kune (circa 6 milioni di euro), relativi alle forniture di merci alla Dalmatinka Nova (si veda anche Intervista a Gianfranco Ladini). Un verdetto che abbatte l'intero castello di accuse della controparte di Spalato che, dal 2009 ad oggi, ha impedito alla Distributrice di agire in difesa del patrimonio dell'azienda, nonostante fosse il maggiore creditore, con diritto di controllo e di veto, saccheggiando e vendendo tutte le attrezzature. Questo costituisce un grande successo per la tenacia e determinazione degli imprenditori italiani, nonché un alto riconoscimento dell’impegno dell’Osservatorio Italiano per aver difeso un’azienda, che vedeva rinviare ed accantonare il proprio fascicolo nella dispendiosa e contorta macchina burocratica della Farnesina.

Possiamo, senza dubbio, affermare che l’Intelligence economica dell’Osservatorio Italiano ha portato a termine una dura lotta, nonostante molti abbiano nutrito forti dubbi in merito alle ragioni degli imprenditori italiani, senza mai smettere di denunciare alle autorità gli abusi subiti in violazione della Convenzione italo-croata di tutela degli investimenti. Sono stati superati grandi ostacoli, ma soprattutto il disfattismo di quei funzionari che non hanno avuto la forza di difendere un’azienda in difficoltà, che rivendicava legittimamente i propri diritti. Siamo ormai dinanzi ad una casta che vive di parassitismo, che utilizza le inaugurazioni e le presentazioni di grandi progetti per pavoneggiarsi ed aprire le strade della propria carriera. Il percorso condotto per raggiungere un tale risultato, sarà uno dei tanti tasselli che si unisce al patrimonio di conoscenze che l'Osservatorio Italiano metterà a disposizione delle imprese, nella difesa del loro mercato e della loro ricca esperienza.


Intervista a Gianfranco Ladini su "Caso Dalmatinka"  

15 ottobre 2014

Le tifoserie come eserciti clandestini delle lobbies

Banja Luka - Soci nella criminalità, divisi nelle parole. Sono i nazionalisti dell'ultima ora, spalleggiati da pseudo-analisti che agitano le folle per avere un po' di gloria, romanzando una storia interminabile di bugie e di ignoranza, intessuta al punto da far dimenticare i problemi reali di entrambi i Paesi. In realtà, questa partita è "grasso che cola" per entrambi i governi che, presi dalla loro brama auto-celebrativa, drogano e inflazionano quella che è la realtà dei fatti. Lo si avverte dall'evidente ipocrisia delle dichiarazioni che giungono sia da parte albanese che serba, non essendo riuscite ad intervenire in maniera politica per evitare questo infimo spettacolo. Le tifoserie balcaniche sono note per essere tra le più violente, ma anche quelle finanziate da chi gestisce interessi economici e affari, e probabilmente hanno voluto lanciare un monito a chi stringe troppo in fretta le mani e non mantiene le distanze, oppure non rispetta gli accordi.

In questi giorni, la stampa ha continuamente alimentato odio e violenza, mentre i politici promettono integrazione e progresso economico. Un'ipocrisia pagata "a suon di ossa" lanciate dai primi ministri, costringendo le piccole aziende a pagare gli sponsor ai giornali amici, per poi andare in Russia ad abbracciare la fratellanza russa, dopo aver stretto le mani ai tecnocrati europei. Lo stesso può dirsi per l'Albania, dove addirittura il Governo ha approvato l'aumento delle tariffe energetiche e un pacchetto di leggi che introduce doppie istituzioni, nel silenzio degli ambasciatori e della Comunità Europea. Sembrano essere tutte notizie "banali" dinanzi all'avvicinarsi della partita Serbia-Albania, divenuta ben presto unico fatto di discussione pubblica. All'indomani dello spettacolo a cui abbiamo assistito, possiamo affermare che non ha alcuna importanza di come siano andati davvero i fatti, perché i media non aspettavano altro. La situazione era tesa ormai da mesi e l'esito era tutt'altro che inaspettato, mentre quella della bandiera della 'Grande Albania' è stata una bravata di singoli gruppi, un gesto fine a se stesso. Un gesto che la dice lunga sulla follia di Paesi ancora ostaggio dei meccanismi delle tifoserie, dei tycoon e delle mafie locali, nonostante gli sforzi di occultare i problemi con stucchevoli programmi di democrazia. Infatti, la classe politica, sia serba che albanese, non ha perso tempo a cavalcare l'onda mediatica nazionalistica ed inscenare una misera propaganda, che si sta già gradualmente spegnendo all'ombra di un nuovo spettacolo. Per Belgrado questa vicenda è già acqua passata e si prepara ad accogliere Putin, mentre il Premier albanese ha colto l'occasione per far passare indisturbato l'aumento delle tariffe energetiche, lasciando i "media amici" speculare all'infinito sulla partita.

Ovviamente se la stessa partita fosse stata sospesa per incidenti tra tifoserie in Italia o in Inghilterra, la notizia non avrebbe provocato lo stesso scalpore. L'esasperazione dei toni "nazionalisti" è stata sapientemente voluta da entrambe le parti, che hanno avuto l'occasione di riversare su un banale evento di cronaca la responsabilità della cronica incapacità a cambiare. L'Europa dovrebbe invece riflettere bene su quale sia il ruolo della Serbia e dell'Albania in questo momento: due Stati falliti, che organizzano tour diplomatici per racimolare soldi, lasciano saccheggiare le proprie aziende e organizzano traffici per far quadrare il bilancio. C'è da chiedersi quanti soldi ha speso l'Europa con i suoi piani per l'integrazione, se poi basta "una bandiera" per scatenare un caso diplomatico. In tal senso, lo sport è stato il campo di azione degli eserciti delle lobbies, servendo il "nobile scopo"  di mettere in discussione dei progetti energetici che stavano unendo due nazioni. Ancora una volta, è un gasdotto a compromettere l'equilibrio interno delle nazioni.