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29 dicembre 2008

Facebook e il mondo degli inutili


Nato come social-network destinato a riprendere i contatti con i propri amici, ben presto Facebook è diventato un ossessivo fenomeno di massa. Dimenticando ogni preoccupazione sulla possibile violazione della propria privacy, la popolazione di Facebook è divenuto il gruppo di campionamento ideale per ogni società di ricerche di mercato, in quanto a titolo totalmente gratuito si ha accesso ad una massa di dati senza alcun limite.

Il fenomeno "Facebook" è divenuto ormai una moda ossessiva, trasformandosi da un social-network ad un’anagrafe elettronica senza essere sottoposta ad alcuna normativa internazionale o nazionale. Entrare a far parte del sistema "Facebook" è una routine, mentre scambiarsi i dati della propria identità elettronica è oramai una regola non scritta, quasi obbligatoria, e non avere dati registrati equivale ad essere considerati come asociali e disadattati nella società. Facebook è l’immagine più triste di una società che non riesce a comunicare, che riduce le persone a filtrare i contatti esterni attraverso una chat globale, a parlare attraverso una piattaforma. È divenuto un giornale telematico in cui le persone sono ormai completamente ipnotizzate dai meccanismi e dai labirinti di un sistema che ha alla base delle grandi falsità. Studenti, dipendenti e professionisti restano incollati per ore alla loro pagina di Facebook per aspettare messaggi e e-mail da amici e colleghi, scrivendo ogni banalità che in quel momento pensano, partecipando agli eventi e creando gruppi di discussione. Assistiamo alla formazione di "stanze" che seguono eventi spesso di una degradante inutilità, ma anche di bande virtuali che inscenano una guerra tra di loro per il "controllo del territorio", insomma una serie di stratagemmi che hanno come scopo quello di fare degli utenti dei "ricettori di informazioni sempre accesi". Non è assolutamente esagerato dire che questo tipo di rete crea una sorta di dipendenza in chi lo utilizza, al punto che sono già tante le amministrazioni che hanno deciso inserire il sito di Facebook nelle block list, perché la maggior parte dei dipendenti perdono il loro tempo a scrivere i loro "stati d’animo" o ad inserire le proprie foto.

Nei fatti, i creatori di Facebook sono riusciti a manipolare le masse ottenendo un controllo totale e un accesso ad una base di dati infinito completamente gratuito. Nessuno era infatti riuscito, sino ad oggi, a creare una chat on-line in cui le persone scrivessero i loro veri dati, in quanto vi è sempre l’istinto a proteggere le proprie informazioni e tutto ciò che riguardi la propria identità. Le società che fanno ricerche di mercato sanno benissimo che le fasi più difficili - nonché le più costose - sono quelle che riguardano il campionamento della popolazione, in quanto le persone sono restie a comunicare i propri dati per partecipare a dei sondaggi, e molto spesso tendono a mentire suggestionati dalla paura della violazione della propria privacy. Al contrario Facebook, sulla falsa riga dell’obiettivo di incontrare o conoscere degli amici, ha spinto le persone ad inserire dati reali, e non solo le proprie generalità, ma anche i propri interessi, i propri gusti musicali, film preferiti, sport abituali, hobbies, ed ogni altra informazione da condividere con i propri amici e l’universo "FB". Stranamente, immersi in questa bolgia di utenti mitomani, le persone perdono ogni freno inibitore, e mettono a nudo la propria persona, dimenticando ogni preoccupazione sulla possibile violazione della propria privacy. La popolazione di Facebook è diventata, in questo modo, il gruppo di campionamento ideale per ogni società di ricerche di mercato, in quanto a titolo totalmente gratuito hanno accesso ad una massa di dati che può essere ritenuta attendibile e veritiera. Per ogni città sono inseriti dati per un insieme di persone che può essere ritenuto un campione rappresentativo della popolazione, per un’età compresa tra il 15 e i 40 anni, ossia la fascia di consumatori più ambita.

È ovvio che una piattaforma di questo tipo si presta facilmente a divenire un mercato che può essere sfruttato commercialmente sotto ogni punto di vista. Dopo che il "censimento" virtuale potrà dirsi completato, inizierà la campagna promozionale di prodotti, servizi, sondaggi, campagna elettorali, che in quel contesto saranno sempre ben accetti, essendo una fascia di consumatori che, per definizione, sono predisposti ad interfacciarsi con tali sistemi. Dunque, se inizialmente poteva sempre un social network di utilità collettiva, in realtà è divenuto uno strumento di grande degrado umano. Viaggiando in questa intranet, ci accorgiamo che ha dato vita ad un nuovo settarismo cibernetico, dove i giovani raccontano ogni cosa di loro stessi, si scambiano messaggi, tutto questo nell’orario di lavoro. Le comunità virtuali sono state spesso manipolate per scagliare messaggi di razzismo, per insultare altre etnie, creando delle forti divisioni nei fatti, e il primo contrasto è proprio tra "utenti di facebook" e "non utenti di facebook", ossia tra il campione da classificare e quello che non viene classificato. Prende forma quello che abbiamo chiamato dimensione degli "internetiani", che hanno un proprio linguaggio e un loro modo di essere che supera l’ordinamento e la legislazione degli Stati e delle istituzioni di diritto internazionale. E’ davvero sorprendente come questa mania planetaria abbia infettato come un virus il mondo dei sognatori, che sperano di trovare la soluzione ai loro problemi costruendosi una vita artificiale, una doppia o tripla identità. Ecco i risultati di un lavaggio di cervello di massa, in cui scompaiono ogni remora ed ogni ostacolo alla violazione dei dati personali, perpetuando un’appropriazione indebita a fronte della concessione dell’accesso ad un paradiso virtuale. C’è da chiedersi invece quali sono le società che hanno creato "Facebook" e per quale motivo offrono un servizio che ha drogato le persone? E’ ovvio che dietro un sito che può sembrare di intrattenimento, si nascondono delle entità che hanno affinato così bene questi strumenti per chiuderci definitivamente in una bottiglia senza via di fuga.

23 dicembre 2008

La Guerra per l'Unione Europea


Continua la guerra "per l’UE" tra Slovenia e Croazia, a causa delle controversie per la decisione delle frontiere dopo la frantumazione della Jugoslavia. Gli sloveni, mantenendo sempre un atteggiamento di superiorità rispetto ai cugini balcanici, hanno cominciato a mettere in atto pressioni e ricatti, dimenticando che il loro successo dipende proprio dal tessuto economico dell'intera regione. Allo stesso tempo, eleggono la Serbia come "meta di solidarietà" : dalla Slovenia partiranno lunghi treni diretti verso grandi feste a prezzi scontanti, che non troverebbero in a nessun altro posto dell’UE. (Foto: Lubiana, festeggiamenti per l'adesione UE)

La guerra "per l’UE" in atto tra Slovenia e Croazia vede schierate le stessi armi che Lubiana ha usato negli ’90 per la frantumazione della Jugoslavia. Non appena è entrata nell’UE, in maniera sempre prepotente e senza considerarsi mai un paese balcanico, ha cominciato a mettere in atto pressioni e ricatti. La vittima stavolta è stata la Croazia con la quale non ha mai avuto dei buoni rapporti, a causa delle controversie per la decisione delle frontiere dopo la frantumazione della Jugoslavia. I problemi tra pescatori sloveni e croati esistono da anni, e molti in passato hanno cercato di risolvere le questioni irrisolte, come l'ex Premier Ivica Racan e Janez Drnovsek, tramite un arbitraggio coinvolgendo la stessa Comunità Europea. A tutto questo dobbiamo aggiungere anche la questione della centrale nucleare a Krsko, che si trova sul territorio comune dei due Stati, e il cui capitale e la cui produzione di energia vengono ripartiti in pari uguali.

La guerra per l’adesione potrebbe dunque diventare un nuovo campo di scontro "nel cuore dell’UE". A questo punto, sia la Commissione Europea che l’UE hanno capito cosa ha significato accogliere la Slovenia nel loro stesso gruppo, e mentre il Commissario per l’allargamento dell’UE Olli Rhen chiede di "controllare le emozioni forti" per calmare la situazione e che, dopo le feste natalizie - che portano a tutti "pace e serenità" - occorrerà discutere per risolvere la situazione. La superficialità intellettuale slovena forse non era conosciuta dagli europei, ma sicuramente da tutti i popoli che hanno convissuto con loro nella Jugoslavia, e sanno bene cosa vuol dire essere sempre offesi dagli sloveni con epiteti come "stupidi balcanici". La loro intelligenza è servita solo per trasformare le risorse delle terre slave in un perfetto prodotto di marketing sloveno, imbrogliando il mercato europeo con immagini manipolate per vendere i miglior prodotti dell’intera regione come di proprietà esclusiva.

Cartello: "Non si vende birra slovena"
Il loro brand Lesnina cerca di imitare la Ikea, utilizzando il legname delle foreste della Bosnia e della Croazia; l’industria di elettrodomestici Gorenje utilizza componenti prodotti in Serbia e comunque non è mai riuscita ad essere come la Elektrolux; la frutta e l’uva serba è diventa "Fructal" e i vini "made in Slovenia". In questo modo, gli sloveni della ex Jugoslavia si sono arricchiti alle spalle delle altre regioni "più balcaniche", in cui però vi sono tutte le industrie produttrici dei prodotti che loro vendono soltanto. La Slovenia è diventata la "piccola svizzera", con stazioni sciistiche di lusso e turismo di élite, ma sempre con l’occhio sveglio per scorgere se riescono ad imbrogliare ancora qualcun altro al di fuori del loro confine. Essere parte della Jugoslavia è sempre stato motivo di insoddisfazione per gli sloveni, sentendosi intellettualmente superiori, "al pari degli europei". Invece nel Sud-Est Europeo sono meglio conosciuti come servi fedeli degli austro-ungheresi, coloro che sono riusciti, più di tutti, ad adeguarsi alle regole dei colonizzatori che altri hanno sempre cercato di combattere. In questo modo hanno imparato bene la lezione su come usare gli altri, mentre non hanno dimenticato i loro complessi di schiavitù.

Le patologiche conseguenze di una politica interna ed estera senza orientamento viene subita ora dalla Croazia, dopo che per molti anni sono stati i serbi i principali bersagli, e in questi anni non hanno ancora imparato la lezione come ci si deve comportare con i propri vicini. Guardando la Slovenia si può capire bene come si comporta un Paese che esce da una guerra e entra in Europa prima di ogni altro Stato della regione. Gli sloveni hanno imposto il veto all'integrazione croata, e non vedono in esso un atto "poco europeo" e "poco civile". "Non siamo in una situazione in cui dobbiamo ascoltare le lezioni su come ci si deve comportare in Europa", dichiara il Presidente sloveno Danilo Turk, con la speranza che il loro veto sia presto supportato anche dagli altri Stati membri. Il Presidente Turk forse è troppo sicuro che ogni mossa slovena venga accettata senza discussione, dimenticando che gran parte dell’economia slovena è proprio in funzione dell'esistenza dei mercati degli Stati che tanto snobbano e disprezzano. Il Premier Ivo Sanader e il Presidente Stipe Mesic sono rimasti loro stessi sorpresi del fatto che, i loro amici di indipendenza, hanno chiesto una parte del territorio croato per continuare il percorso dell’integrazione europea della Croazia. Secondo il Premier Sanader il veto non fermerà la Croazia, forse rallenterà le negoziazioni ma non bloccherà certo l’adesione di Zagabria, mentre Mesic ha sottolineato che "la Croazia deve comportarsi civilmente, risolvere i problemi e allo stesso tempo non deve rifiutare alle prove evidenti che dimostrano le sue ragioni".
Da parte nostra, rimaniamo sempre senza parole su come i croati ragionano in maniera civilizzata, come ad esempio con la Serbia, quando, dopo aver cacciato dal Paese circa 250.000 serbi per creare un Paese pulito, hanno accusato i serbi per genocidio. Allo stesso modo rimaniamo increduli del fatto che la Serbia come non ha reagito in nessun modo, ha chiesto scusa, e non ha posto nessun divieto alla aziende croate di entrare nel mercato serbo, anche dopo che la Croazia ha riconosciuto il Kosovo.

È ovvio che l’ "alta diplomazia" ha sempre una doppia faccia, e prima delle parole arrivano i fatti. La Croazia in questi giorni sta minacciando di imporre alla Slovenia il blocco commerciale, ma in realtà la chiusura delle dogane è già cominciata. Lungo i confini verso l’Unione Europea le auto croate sostano ore ed ore, subendo inutili e minuziosi controlli, smontando persino le ruote solo per provocare un disagio e creare interminabili code per i passeggeri diretti in Europa. Nei negozi di arredamento sloveni Lesnina della capitale croata, la gente non vuole comprare più "i prodotti sloveni", mentre si stanno riducendo anche le commesse croate verso la Slovenia. Stessa situazione nei bar del centro, dove si espongono cartelli "non si vende la birra slovena Lasko". E così, mentre i croati fanno il vero boicottaggio della merce slovena, i serbi con il loro "patriottismo masochista" accolgono l’ennesimo centro di grande distribuzione croato, Pevec. Dopo le accuse di genocidio e le scuse di Tadic, dopo l'indipendenza kosovara e il Pevec, la diplomazia serba fallisce ancora una volta.

Al contrario, la Serbia diventa "meta slovena" di solidarietà, e dalla Slovenia partiranno per Capodanno lunghi treni diretti verso grandi feste a prezzi scontanti, che non troverebbero in a nessun altro posto dell’UE. L’agenzia turistica slovena Supertrevel è la capofila della campagna pubblicitaria "Belgrado, il posto più vivace d'Europa", confermando che i cari sloveni considerano Belgrado una città europea "senza prefisso balcanico". Al contrario, altre agenzie stanno preparando "Capodano 2009 alla maniera balcanica", dove Belgrado diventa la città più divertente con le donne più belle: un treno-disco con 600 persone partirà da Lubiana diretto ai grandi party di Belgrado, mentre una guida condurrà i turisti anche nei luoghi bombardati dalla NATO. L’assurdità dei Pesi balcanici la si può descrivere ammettendo che la loro bizzarria ha un certo fascino. Scadarlia, Terazie e Kalemegdan, le perle di Belgrado dove il "fiume Sava bacia il Danubio", nella notte di Capodano saranno dei luoghi incantati dove si dimenticheranno tutte le diversità e le divisioni politiche, e si sentiranno solo risate e clamore di quei popoli che sono, nonostante tutto, sempre vicini. La Serbia è sempre stata vera Europa, e la cultura millenaria serba potrà essere vista anche in questa, nella sua capacità di chiedere scusa e di accogliere nella propria terra "familiari e vicini".

22 dicembre 2008

Il Cremlino contro la destabilizzazione per la crisi


Il Governo russo ha imposto l'aumento delle imposte sulle importazioni di automobili straniere, al fine di sostenere la produzione interna. Tuttavia, non sono tardate ad arrivare le manifestazioni di piazza, con sparsi focolai da Mosca a San Pietroburgo, sino all'Estremo Oriente e alla costa russa del Pacifico. Proteste che hanno avuto ovviamente una eco anche sui media esteri, dove già si parla di crisi interna derivante dal pericolo di recessione per la Russia. Il monito del Cremlino è invece volto ad anticipare le gravi conseguenze della crisi che potrebbero ripercuotersi sulla classe media e destabilizzare l'ordine sociale.

Le ripercussioni della crisi economica ed in particolare del settore automobilistico sembra che stiano arrivando anche in Russia, e dopo i primi segnali di rallentamento della produzione industriale di società estere, il Governo decide le prime misure protezionistiche. Il Cremlino ha imposto infatti l'aumento delle imposte sulle importazioni di automobili straniere, al fine di sostenere la produzione interna, e di andare incontro al rischio dell’aumento dei prezzi sul mercato nazionale. La norma protezionistica impone così il doppio delle tasse per l’importazione di vetture e il triplo di quelle relative ai camion. La manovra, dal punto di vista della Russia, ha comunque una motivazione razionale di fondo: aumentando i tassi sulle importazioni, si andrebbe a rendere più competitive non solo le automobili di produzione russa, ma anche quelle degli stabilimenti di investimenti diretti esteri. Inoltre, la spinta inflazionistica dei dazi, potrebbe anche tenere alto il livello dei prezzi, evitando la deflazione sul mercato automobilistico. Il Primo Ministro russo Vladimir Putin ha riconosciuto che la decisione va a colpire gli interessi degli abitanti dell'Estremo Oriente, dove le automobili russe sono due o tre volte più costose di quelle vendute nella regione europea della Russia, in relazione alla differenza connessa ai costi di trasporto. Di conseguenza, Putin ha annunciato che, in sostegno di tale regione, verranno annullati i costi del trasporto ferroviario per le auto dirette dell’estremo oriente russo, promettendo di rivedere le spese di bilancio per compensare le ferrovie in Russia.

Tuttavia, non sono tardate ad arrivare le manifestazioni di piazza, con sparsi focolai da Mosca a San Pietroburgo, sino all'Estremo Oriente e alla costa russa del Pacifico, dove il 90% delle auto usate sono d'importazione giapponese. Nella capitale russa sono stati dispiegati più di 1200 poliziotti per prevenire la degenerazione della manifestazione. Nel corso del fine settimana a Sakhalin, Vladivostok e Irkutsk si sono tenute molte manifestazioni non autorizzate dalle autorità, che sono degenerate come sempre in scontri, tafferugli e arresti, considerando che i manifestanti avevano bloccato le principali arterie della città. A Primorsky (costa russa del Pacifico), nonostante gli scontri del fine settimana, i manifestanti si stanno preparando per nuovi presidi volti a paralizzare il traffico di Vladivostok. Allo stesso tempo, il Partito comunista della Russia ha organizzato questa domenica una protesta contro il governo, l'aumento della disoccupazione e il vertiginoso aumento dei prezzi di prima necessità, chiedendo così le dimissioni dell’esecutivo. La manifestazione si è svolta a Teatralnaya di Mosca, vicino al monumento eretto a Karl Marx: secondo la polizia vi hanno preso parte 35 persone, mentre secondo l’organizzazione erano presenti circa 500 persone.

Le proteste russe hanno avuto ovviamente una eco anche sui media esteri, dove già si parla di crisi interna derivante dal pericolo di recessione per la Russia. In verità, il rischio reale che potrebbe destabilizzare la Russia non è molto diverso da quello che si abbatterebbe sull’Europa o sull’Italia qualora il blocco industriale diventi inevitabile. Il monito del Cremlino è infatti volto ad anticipare le gravi conseguenze della crisi delle case automobilistiche estere che potrebbero ripercuotersi sulla classe media operaia, e rafforzare movimenti popolari, che costituiscono un grave precedente per l’ex federazione comunista. Il controllo della stabilità del settore industriale è, infatti, sempre direttamente proporzionale a quello dell’equilibrio sociale. Così Vladimir Putin ha avvertito le società russe di non far ricorso al licenziamento di massa come forma di leva morale da utilizzare nei confronti dello Stato. "Il Governo non può garantire il benessere delle imprese a spese dei contribuenti - afferma Putin - non siamo in grado di acquistare immobili ai prezzi precedenti senza considerare le esigenze sociali. Il nostro compito è quello di minimizzare la perdita di aziende, e di mantenere la sua capacità di sopravvivenza, ma non di garantire le prestazioni", ha avvertito Vladimir Putin. Pone dunque i primi limiti all’attuazione delle misure a sostegno dell’economia, dopo che autorità finanziarie russe si sono dette pronte ad immettere sul mercato 150 miliardi di rubli (4,116 miliardi di euro), aumentando l'importo degli aiuti per l'economia reale a 325 miliardi di rubli (8,918 miliardi di euro). Il piano economico prevede infatti il graduale ingresso dello Stato all'interno del capitale azionario delle società, con la condizione che la partecipazione statale verrà dismessa dopo la crisi, a condizioni eque onde evitare manovre speculative. Ovviamente, secondo molti, dietro tale manovra si nasconde l’obiettivo della Russia rafforzare il ruolo dello Stato, dal momento che quasi tutte le risorse naturali sono concentrate nelle sue mani. Se da una parte una tale eventualità non è certo da escludere, dall'altra occorre ammettere che il Governo russo sta cercando di giocare d'anticipo su una crisi che rischia di compromettere il lavoro di stabilizzazione dopo il crollo sovietico. Sicuramente, la crisi potrebbe rallentare la marcia di espansione della Russia, ma nei prossimi due anni di recessione diffusa, prevarrà non chi aumenta la produzione, bensì chi arresta il declino e comincia a ripartire. E oggi, mentre Mosca avverte sulle speculazioni e l'abuso del sostegno dello Stato, gli Stati occidentali alimentano questo tipo di distorsioni senza arrestare quelle manovre scorrette che, in fin dei conti, ci hanno trascinato nella situazione attuale.

19 dicembre 2008

Recessione e deflazione: l'industria rischia il blocco


Dopo lo scoppio della bolla dell’inflazione, siamo dinanzi al pericolo della contrazione deflazionistica derivante dalla recessione. Gli Stati Uniti hanno già preso una prima posizione, decidendo di azzerare i tassi della Fed e dei Fed Funds, per rilanciare investimenti e consumi. Dall'altra parte, il cartello dell'OPEC ha deciso di contrarre la produzione di petrolio per sostenere i prezzi. Entrambe le misure possono essere efficaci nel breve periodo, ma lo saranno anche tra alcuni mesi?

I primi segnali del tracollo del prezzo del petrolio e del dollaro non sono bastati a mettere in allarme le Banche Centrali e i Governi sull’immediato cambiamento dello scenario economico. La bolla dell’inflazione è subito scoppiata, e ora siamo dinanzi al pericolo della contrazione deflazionistica derivante dalla recessione in cui l’economia è entrata. In realtà gli Stati Uniti sono già nell’occhio del ciclone della deflazione, dopo che nel mese di ottobre si è assistito ad un calo dell'1% dei prezzi al consumo, la più alta che sia stata mai registrata su base mensile in questi ultimi sessant’anni. I prezzi al consumo sono diminuiti quasi della metà, mentre le quotazioni immobiliari, dopo un crollo del 17% in un anno negli Stati Uniti, cominciano a ridursi anche in Europa dopo la crescita incontrollata di soli pochi mesi fa. L’iperinflazione ha infatti reso domanda e offerta eccessivamente sensibili, creando speculazioni e bolle finanziarie destinate a mantenere sollevato solo artificialmente il mercato. Questa fase è stata, tuttavia, solo temporanea in quanto dopo pochi mesi si sono azionate le dinamiche di stagflazione, che hanno invertito i processi dell’inflazione: l’aumento dei prezzi non ha spinto ad un aumento della produzione in quanto la domanda si è rallentata sempre di più, considerando che il potere d’acquisto dei salari non è cresciuto di conseguenza. L’indebitamento generalizzato delle persone e delle imprese, se in una prima fase ha alimentato un consumismo sfrenato, successivamente ha avuto un’onda d’urto spaventosa.

Ed è proprio il blocco della produzione e la liquidazione dei debiti a creare questa spinta deflazionistica. Gli operatori economici sono troppo indebitati e vendono i loro beni a basso prezzo, mentre, dall’altra parte, difficilmente troveranno qualcuno disposto ad acquistarli, in quanto l’accesso al credito è scarso e manca liquidità nelle casse dei Governo e delle imprese. Pian piano le persone vedono i propri beni svalutarsi con il logorio della riduzione dei prezzi generalizzata, e dunque le proprietà, le case, le auto perdono man mano il loro valore, dopo che lo stesso mercato le aveva sopravvalutate. A questo punto però subentra un’altra dinamica, che è quella psicologica del consumatore, che continua a rinviare i propri acquisti per via della crisi o perché spera che si riducano ancora di più, e delle imprese, che rinviano gli investimenti o le assunzioni, perché temono delle conseguenze rischiose o sperano di ottenere manodopera a più basso prezzo. La caduta dei prezzi aumenta, inoltre, anche l'onere del debito, che, quando i prezzi diminuiscono, è sempre troppo costoso. Ed è proprio sul costo del debito che le Istituzioni finanziarie possono far leva, in maniera da annullare anche il costo del denaro, il quale dovrebbe divenire neutrale rispetto alla dinamica degli acquisti. In tale direzione va la decisione del Governatore della Federal Reserve Ben Bernanke, che ha deciso di azzerare i tassi della Fed e dei Fed Funds ( il tasso del mercato interbancario americano ) stabilendo una forchetta che va dallo zero allo 0,25%, proprio come fece la Banca del Giappone (Boj) negli anni ’90 portando il costo del denaro a quota zero . Allo stesso tempo, annuncia che la Federal Reserve acquisterà titoli pubblici a più lungo termine, al fine di stabilizzare anche in futuro i tassi di interessante, riducendo l'aspettativa di un rialzo nei mesi successivi. Tuttavia, come la storia recente insegna, tali misure possono rivelarsi anche inefficaci, come accaduto in Giappone, che dopo una breve ripresa dell’economia è caduto di nuovo nella spirale deflazionistica, sulla spinta delle dinamiche globali.

A muoversi contro la deflazione, sono anche i produttori di petrolio che, allarmati dalla continua riduzione della quotazione del barile di greggio, hanno ufficialmente annunciato un calo della produzione di 2,2 milioni di barili al giorno, mentre a partire da settembre l’offerta di petrolio sarà pari a 4,2 milioni di barili. A muoversi con l’OPEC è anche la Russia, che annuncia una riduzione di 485-488 milioni di tonnellate entro la fine del 2008, decidendo di non aderire al cartello - in quanto il suo meccanismo non è direttamente applicabile alla Russia - e di limitarsi alla semplice stabilizzazione della produzione. Riteniamo, però, opportuno osservare che questa contrazione del prezzo del petrolio non dipende dal mercato del petrolio, bensì da quello della produzione e dell’economia reale. Se il prezzo del petrolio diminuisce è perché si sta riducendo la domanda, e non perché c’è un’eccessiva offerta che va a rendere il prezzo della materia prima più conveniente. Come l’aumento del costo del greggio era stato indotto, nei mesi scorsi, dalla speculazione del dollaro, così oggi la sua riduzione deriva da dinamiche esterne, come la riduzione degli acquisti a causa del rallentamento dell’economia, o magari della stessa crisi, che spinge gli Stati ad utilizzare maggiormente le proprie scorte o fonti di energia diverse. Il rallentamento della produzione industriale non è da sottovalutare, considerando che rappresenta il risultato di una dinamica che, a catena, coinvolge molti settori. Basta prendere in considerazione il blocco del settore automobilistico, che ha provocato non solo la riduzione della produzione di veicoli, ma anche delle componenti, della distribuzione e dunque della logistica, per non parlare dell’impatto sul settore siderurgico ed estrattivo. Proviamo adesso a sommare il calo di produzione di ogni settore, e a moltiplicarlo per la relativa domanda di energia: otterremmo di conseguenza una riduzione degli acquisti di petrolio. Solo l’industria dell’acciaio ha ridotto la sua produzione del 20%, con maggiori conseguenze per la Cina (-12%) e il Nord America (-38,4%), per un volume di 89 milioni di tonnellate. La crescita della produzione nei primi undici mesi del 2008 è stata ridotta allo 0,9%, pari a 1,224 miliardi di tonnellate, secondo il World Steel Association (ex International Iron and Steel Institute, IISI). Il calo ha raggiunto il 24,8% nell'Unione europea, 16,1% nel resto d'Europa, 17,8% in Sud America, il 35% in Africa e 9,2% in Oceania. E così, mentre il gigante dell'acciaio Arcelor Mittal sta progettando significativi tagli e riduzioni significative nella produzione, il gruppo svedese SSAB (acciai speciali) ha recentemente annunciato che si sarebbe eliminare 1.300 posti di lavoro a causa del forte rallentamento della domanda.

Ciò premesso, i cari produttori di petrolio potranno solo contenere nel breve periodo le loro perdite, ma se non vi sarà una ripresa dell’industria, non ripartirà neanche il mercato del petrolio. In tal senso, forse la Russia ha preso una saggia decisione nel non aderire al cartello e di mantenere una propria indipendenza, in quanto in questo modo avrà la possibilità di negoziare sulle singole trattative a seconda della reale domanda. Ad ogni modo, è in questa fase delicata per le economie dei Paesi più industrializzati e di quelli in via di sviluppo, agire sugli investimenti energetici, in particolar modo nelle fonti rinnovabili. In tal modo sarà possibile far ripartire la produzione industriale, creare occupazione e dare ossigeno all’intero sistema del credito e del consumo. Si potrà anche frenare quelle dinamiche di deflazione indotte dalla "svendita" delle risorse e dei beni, in quanto si andrà a creare una prospettiva futura di crescita.

18 dicembre 2008

Banche e crisi economica: un alibi per tutti


Dinanzi ad un debito incalcolabile, la Federale Reserve e le Istituzioni americane hanno intrapreso una "caccia alle streghe" per dare all’opinione pubblica un colpevole. Allo stesso modo, la stessa campagna giustizialista contro le Banche è divenuta una manovra di propaganda, in quanto sono già pronte le Fondazioni per far ripartire la macchina del debito e della produzione di ricchezza.

Giornali, associazioni di consumatori, istituzioni di vigilanza, tutti si scandalizzano dinanzi alla truffa delle piramidi di Madoff, della bancarotta dei collaterali e il graduale fallimento delle Banche. Dinanzi al crollo di un sistema concepito sull’inganno e sull’incontrollata "creazione" di denaro, è ovvio che a tutti conviene gridare allo scandalo e arrestare il capro espiatorio di turno, perché altrimenti bisognerebbe ammettere che i sistemi di controllo sono inesistenti ed inadeguati, o addirittura chiedere il fallimento degli Stati che hanno costruito su tali meccanismi il proprio potere economico. E infatti, quando alcuni mesi fa venne sollevata la questione dei collaterali e dei titoli derivati sulla base dei quali le banche costruivano e concedevano capitalizzazioni, le alte autorità di vigilanza, come la Federal Reserve o il Dipartimento del Tesoro americano, non intervennero in maniera drastica. Dunque, affermare oggi che Bernard Madoff ha costruito una truffa in un clima di grande tensione e di allarme, quando lo stesso sistema bancario stava già vacillando, è solo uno sciocco tentativo di procurarsi un alibi e non rispondere delle proprie responsabilità.

D’altronde, i buchi del sistema finanziario sono sempre esistiti, soltanto che veniva dato per scontato che stampando denaro senza controllo, e obbligando i governi più deboli ad acquistare i titoli di debito del Tesoro americano, il sistema avrebbe retto ancora per molto tempo. Questo potrebbe essere anche vero, ma bisognava considerare che prima o poi le regole del gioco sarebbero cambiate. Così, dinanzi ad un debito incalcolabile, la Federale Reserve e le Istituzioni americane hanno intrapreso una "caccia alle streghe" per dare all’opinione pubblica un senso di giustizia che non esiste, e guadagnare altro tempo per costruire le nuove alleanze. Venuta meno la fiducia e la credibilità nelle istituzioni - e il lancio di una scarpa contro Bush del giornalista iracheno ne è la dimostrazione - si è preferito mandare in prima linea Barack Obama, nel tentativo di arginare la totale disfatta. L’amministrazione Obama, da parte sua, è un semplice prodotto di marketing, una maschera da porre sul viso del vecchio e fallimentare partito democratico di Clinton, progettata proprio per evitare che lo stesso popolo americano si rivoltasse contro il proprio Presidente. Allo stesso modo, la stessa campagna giustizialista contro le Banche è divenuta una manovra di propaganda, in quanto sono già pronte le Fondazioni per far ripartire la macchina del debito e della produzione di ricchezza, magari sotto altre forme.

Il vero problema, invece, è il blocco del sistema produttivo, considerando che le aziende, che hanno bisogno di liquidità, si trovano in forte difficoltà e sono in cerca di espedienti che possano aiutarli a coprire almeno le spese e a chiudere questo biennio tragico. Anche in questo caso, tuttavia, bisogna fare una giusta distinzione tra piccole e medie imprese - la maggior parte delle quali a rischio fallimento - e le grandi società (ex) capitaliste, le quali camuffandosi da "socialisti" continueranno a rimanere in piedi, attuando delocalizzazioni e parziali nazionalizzazioni. Tutto, ovviamente, a spese dei cittadini e dei lavoratori, a cui viene chiesto un sacrificio eccessivo per garantire a se stessi e alle proprie famiglie il sostentamento. Ad esempio, pian piano vedremo come i primi stabilimenti italiani verranno chiusi, per direzionare gli investimenti in economie più giovani, in via di sviluppo, che beneficiano dei fondi per la ricostruzione, nonché di quelli del riciclaggio delle attività illecite perpetrate nelle economie "apparentemente" di diritto e dalla criminalità organizzata, tenuta in vita dalle nuove classi politiche democratiche.

Ad ogni modo, quelle istituzioni incrollabili ed eterne ben presto non esisteranno più, saranno solo dei concetti astratti che possono essere anche cambiati. Così, il Presidente Bush sarà ricordato per il lancio della scarpa di un umile giornalista iracheno, Barack Obama sarà l’uomo del cambiamento e dell’avvento dell’era cibernetica, le fonti di energia fossili saranno considerate degli ottimi sintetici di quelle rinnovabili "in tempo di crisi", mentre la "grande crisi globale" sarà l’alibi del fallimento del sistema capitalistico e degli Stati Uniti. Infine, la grande conquista dell’umanità, l'internet, sarà la nuova "gabbia d’oro" della nostra economia, dove vi è già un monopolista che si è impossessato di tutta l'informazione. In questo modo, apparentemente perfetto, nasceranno presto gli invisibili, la classe dei "clochard e dei mendicanti" cibernetici, che tuttavia non vedremo, perchè nel nostro cinema non potete vedere mai quello che c’è dietro il palco: questa è la nuova frontiera dell'internet.

17 dicembre 2008

ISP e informazioni: banche centrali e moneta del futuro


Mentre il sistema economico occidentale di sgretola, i nuovi "banchieri" preparano i caveaux delle Banche Centrali del prossimo futuro. È facile dedurre, chi saranno le entità detentrici degli strumenti che tutti utilizziamo ed utilizzeremo per lavorare, comunicare e vivere. Google, You Tube, Yahoo, Facebook, Skype, sono la nuova lobby cybernetica, che non ha bisogno di petrolio perché è cambiato il controvalore economico.
Se il sistema economico occidentale sembra sgretolarsi sotto i colpi dello scandalo delle "piramidi" di Bernard Madoff, dall’altra i nuovi "banchieri" preparano i caveaux delle Banche Centrali del prossimo futuro. Quando il panico e la propaganda della crisi economica avrà smesso di fare le ultime vittime, distruggendo i cocci della vecchia economia del "dollaro di carta", il passo successivo sarà quello di imporre nuove regole per ricostruire il mercato e far ripartire l’economia. È facile dedurre, a questo punto, chi saranno le entità detentrici degli strumenti che tutti utilizziamo ed utilizzeremo per lavorare, comunicare e vivere, perché saranno dei mezzi indispensabili. Google, You Tube, Yahoo, Facebook, Skype, etc., sono la nuova lobbies cybernetica, che non ha bisogno di petrolio perché è cambiato il controvalore Economico. La crisi è proprio questo, è la distruzione del controvalore numerario di oro e valuta, per far posto all’unità di valore intellettuale cibernetico, che può essere il "click" dei banner, la "impressione della pagina", il "download" e il numero delle "ricerche": questi saranno i parametri che misureranno le nostre prestazioni intellettive, la compravendita di servizi e merci, e la stessa visibilità sociale. Quello di cui parliamo è reale, e non è molto lontano dal presente in cui viviamo, la teoria della cybernetica nasce agli inizi del 1900 e in questi 100 anni si è sviluppata nelle sue forme per divenire "attuabile" ai meccanismi biologici e sociali dell’umanità.
Conoscere la cybernetica ci fa capire anche il vero significato del progetto OpenEdge di Google, la dimensione parallela dell'internet con contenuti fruibili a pagamento, che andrebbe a concretizzare anni di lavoro di preparazione e darebbe un senso a questo enorme sistema informatico creato per monopolizzare e mappare l’informazione nel web. Il progetto di Google prevede infatti di collocare i propri server all’interno delle farm dei fornitori di connettività, e su questi server verrebbero collocate informazioni e servizi, che usufruiranno di una corsia privilegiata e a banda larga, previo pagamento di un canone a Isp o compagnie telefoniche. E’ ovvio che, in tal modo, verrebbe stravolto l’intero sistema su cui è stato costruito Internet, perché non si avrebbe più il World Wide Web, bensì un sistema a due velocità, per due classi separate di utenti. Il progetto è tutt’ora in trattativa, e Google sta cercando di trovare il modo per scavalcare quelle norme di Antitrust e di "Net Neutrality" (la neutralità della rete), utilizzando però gli strumenti di sempre, ossia la lobby.

Ed è davvero strano che il direttore esecutivo di Google Eric Schmidt sia uno dei consiglieri di Obama: ma Obama non era l’uomo venuto dal basso che non aveva lobbies dietro di sé? Il grande inganno della gente, è proprio l’illudersi che questo tipo di "potere forte" non sia dannoso come una compagnia petrolifera o di produzione di armi. Tuttavia - come da noi spiegato in precedenza, e si veda La macchina pensante - per stabilire se un potere sia pericoloso o meno, bisogna anche stabilire che tipo di crimine commette, e dunque se intacca la sfera materiale, o quella intellettuale. In quest’ultimo caso si parla infatti di "crimine invisibile" compiuto da "macchine pensanti", che sono in grado di monitorare non solo l'accesso e il flusso di informazioni alle masse, ma riescono ad ostacolare le forze intellettuali e materiali dell’uomo.

Richard Whitt, dirigente di Google preposto ai rapporti con gli operatori TLC, per sgomberare ogni dubbio, ha precisato che si tratta solo di un’operazione di collocazione dei server, una pratica legale, che permette di ridurre i costi della banda, e lo staff di Obama, ha già trovato delle giustificazioni secondo cui "la velocità delle informazioni va pagata di più". Ma, comunque la si metta, la neutralità del web rispetto ai contenuti sarebbe comunque violata, in quanto la "competitività" di un sito sarà dettato dalla sua capacità di “viaggiare” a velocità superiori, cosa che andrà anche ad influire sulla qualità dei servizi forniti per le comunicazioni, le videoconfenze, l’accessibilità di più utenti. D’altra parte, gli Isp diventeranno come le Banche Centrali, mentre non tutti gli Stati potranno avere la possibilità di sviluppare una tecnologia che utilizza il sistema satellitare o cavi di interconnessione. È su questo dunque che si giocherà la guerra cybernetica, sull’accesso alle reti e alle informazioni, mentre la lotta agli hacker servirà solo per il sabotaggio o per coprire forme di spionaggio, come d’altronde accade oggi con il terrorismo. In questa guerra, gli Stati Uniti continuano a viaggiare dietro i contractors ( come Google o IBM) e ancora una volta imporranno un sistema di potere e di scambi che non tutelerà la sovranità del popolo, essendo sempre nelle mani di privati.

In un futuro non tanto lontano, vedremo come hacker, virus e spyware diventeranno i nuovi terroristi o i patrioti - a secondo dei punti di vista - che lotteranno contro il "signoraggio" imposto sulle informazioni e l’accesso alla rete. I primi segnali di questa guerra già esistono, e il messaggio proviene proprio dalla Russia. Gli agenti del Servizio federale di sicurezza della Russia (FSB) hanno individuato 38.000 spyware nella regione di Saratov contro solo 700 nel 2007, come se fosse avvenuto un massiccio attacco. Gli esperti dell'FSB hanno già detto che i servizi segreti stranieri e le organizzazioni terroristiche possono utilizzare alcune di queste applicazioni come "armi di informazione". Nel caso specifico, gli hackers della regione di Saratov hanno una reputazione a livello mondiale per le loro capacità di deviare i fondi da banche e bloccare i siti stranieri per riscatto, e sembra che i servizi segreti stranieri siano interessati anche al loro know-how. Questo deve far riflettere tutti su cosa stanno costruendo i pilastri della società e dell’economia: praticamente sul nulla, su sistemi elettronici e software che possono davvero imporre un controllo di massa.

12 dicembre 2008

Automobili: un altro fallimento controllato


La crisi finanziaria ha avuto come prima grande vittima privilegiata il settore automobilistico. Non vi sono dubbi, però, che questa grande bolla propagandistica della crisi finanziaria, costerà molto di più ai lavoratori, che alle grandi industrie. Da una parte potranno cancellare i propri debiti grazie al "fallimento assistito" o ai finanziamenti statali, e dall’altra apriranno la strada a nuove dinamiche di concentrazione dei mercati, con scalate e fusioni. ( Foto: stabilimento GM di Detroit in rovina)

È ormai certo che la crisi finanziaria ha avuto come prima grande vittima privilegiata il settore automobilistico. Comunque la si veda questa recessione dell’industria dell’automobile, le sue cause possono essere facilmente ricondotte ad una pessima gestione "diversificata" delle risorse finanziarie delle industrie, e solo in minima parte alla riduzione delle vendite, all'aumento costo della manodopera e delle materie prime. Il primo terremoto finanziario delle banche, ha inevitabilmente portato con sé nel baratro anche quelle società che avevano fatto dell’attività speculativa la loro gestione caratteristica, mentre quella produttiva era passata sicuramente in secondo piano. D’altra parte, il crollo della produzione nel mondo occidentale porterà probabilmente ad una ripresa della delocalizzazione nei Paesi che dispongono di un mercato di consumatori più ampio e di un accesso alla manodopera specializzata a basso costo, e in questo i mercati dell’est offrono interessanti scenari. I casi noti sono molti, e vanno dalla Ford e Renault in Romania, alla Fiat in Serbia, considerando che in questi mercati, la minaccia di ritorsione della crisi occidentale sugli investimenti diretti esteri, renderà i Governi più flessibili.

Non vi è alcun dubbio che questa grande bolla propagandistica della crisi finanziaria, costerà molto di più ai ceti medi e ai lavoratori, piuttosto che ai grandi magnati delle industrie che, da una parte, potranno cancellare i propri debiti sulla scia del fallimento o grazie ai finanziamenti statali, e dall’altra apriranno la strada a nuove dinamiche di concentrazione dei mercati, con scalate e fusioni. Ritornano, in questo senso, le parole dell’amministratore delegato Fiat Sergio Marchionne che, nella sua analisi sul futuro del mercato dell'automobile, ha chiaramente affermato che "fra i costruttori di massa potrebbero sopravviverne solo sei : uno statunitense, uno tedesco, uno franco-giapponese con una possibile ramificazione in Usa, uno in Giappone, uno in Cina, e infine resterebbe spazio per un altro soggetto europeo". "I costruttori potranno sopravvivere solo con una produzione superiore ai cinque milioni e mezzo di auto l'anno - continua - un target che attualmente è raggiunto a livello mondiale solo da General Motors, Toyota, Ford, Volkswagen e Renault-Nissan", afferma Marchionne. Peccato che tra quelli citati vi siano molti operatori già in grande difficoltà come GM, Ford e Volkswagen. Per cui, siamo sempre più convinti che, se il mercato lo faranno le imprese con maggiori "utenti" (consumatori), l’attuale crisi su cui si specula tanto è solo un modo per superare il fallimento e non pagare i propri debiti.

Ad ogni modo, bisogna fare le dovute distinzioni ed analizzare in maniera distinta i casi dei costruttori americani e di quelli europei. GM, Ford e Chrysler si trovano in una posizione particolarmente delicata, avendo chiesto un'assistenza da parte del Governo americano di 25 miliardi di dollari, durante la metà di novembre, e di aiuti di emergenza di 15 miliardi per questo fine settimana. GM attualmente ha bisogno di un miliardo di euro al mese, Ford di circa 700 milioni di euro; tra un po' di tempo, o almeno entro la fine dell 'anno, GM avrà bisogno di 4 miliardi di euro, e Chrysler di 7 miliardi di euro. Le voragini all'interno dei loro bilanci derivano più da una catastrofica gestione finanziaria oltre che industriale, considerando che al di là del calo delle vendite, pari forse al 40% rispetto al 2006, devono fare i conti il crack delle tecniche di finanziamento a cui hanno fatto ricorso, come ad esempio una politica di finanziamento delle pensioni estremamente costosa. Questo è il caso della General Motors, all'interno della quale è fallito il fondo pensioni dei suoi ex lavoratori e la compagnia assicurativa finanziaria, sacrificando così il comparto industriale.

Ufficialmente, tuttavia, la causa del fallimento GM è il calo dei consumi, il caro petrolio, la crisi globale. Ed infatti, poco importa ai grandi costruttori americani se il Senato approvi o meno il piano di salvataggio dell’industria automobilistica, in quanto rimane sempre la possibilità di entrare in amministrazione controllata, e dietro il fallimento, evitare di pagare i propri debiti. Resta pur sempre l'ipotesi di attingere ai fondi del piano del Tesoro da 700 miliardi di dollari destinati al salvataggio delle banche. I repubblicani sembrano comunque più favorevoli ad un passaggio al "Chapter 11", considerando che sotto la protezione del fallimento, si potrà congelare le passività sociali e finanziarie e migliorare le condizioni per una possibile ristrutturazione. Poco importa se il fallimento causerà più di 600.000 disoccupati diretti, e milioni di disoccupati indiretti, tra linee di subappalto per le forniture e distribuzione, con una perdita di redditi pari a centinaia di miliardi di dollari, oltre ad una perdita di 80 miliardi di euro. Infine, il fallimento sarebbe certamente dannoso per creditori, debitori e concessionari, con la conseguente scomparsa di clienti o fornitori comuni ad altre società. C'è dunque da decidere - come spesso accade, e l'Italia in questo senso insegna molto - tra provocare una reazione a catena dalle conseguenze disastrose, o concedere un aiuto immeritato, verso imprese gestite male, con strutture troppo grandi e non efficienti.

Occorre inoltre considerare l'impatto anche all'estero, visto che la crisi del settore automobilistico statunitense non sembra necessariamente limitata al suolo americano. Si pensi al caso della filiale tedesca di GM, Opel, cerca ora l'aiuto dei Governi dell'Europa centrale e orientale, mentre alla Germania ha già chiesto un finanziamento immediato di un miliardo di euro. Così mentre Opel ha trasferito in passato miliardi di euro alla sua società madre, GM viene meno alle sue responsabilità e continua a battere cassa anche in Europa. Lo stesso sta accadendo in Russia, dove, anche se il mercato automobilistico russo cade meno rapidamente, alcuni impianti sono fermi, come lo stabilimento Ford di San Pietroburgo. Per i lavoratori della Ford Vsevolozhsk la società ha annunciato un taglio sui salari degli operai di circa un terzo, mentre il piano di produzione per il 2009 passerà da un aumento del 2,4% (2008) ad uno del'1,9% (125.000 unità).
Allo stesso modo, sul fronte europeo non vi sono prospettive più rosee e la paura del blocco industriale sta provocando non poche distorsioni, perchè indurrà i Governi e prendere decisioni un po' troppo impulsive. In realtà, ciò a cui assistiamo sul mercato automobilistico lo abbiamo già visto con il settore bancario: la minaccia del fallimento delle banche non solo ha mobilitato i Governi e le Banche Centrali, ma ha provocato una completa riconfigurazione delle quote di mercato. Molte banche sono sparite, altre sono state accorpate in altri gruppi, ma i debiti comunque non sono stai pagati. Ancora, molti dipendenti sono stati licenziati, mentre sono cambiate le politiche del credito, la concezione del prestito-mutuo e i finanziamenti del credito al consumo. Nulla di diverso accadrà per le industrie delle automobili, le quali non si faranno scrupoli di mettere a repentaglio i propri lavoratori pur di non pagare di tasca propria i loro errori. Allo stesso tempo, chi si sentirà più forte comincerà a "mangiare" il pesce grande in difficoltà, usando la delocalizzazione come strumento di difesa, e perchè no, di finanziamento. I nuovi mercati saranno disposti ad accogliere investimenti e nuove industrie, nonchè ad offrire loro i finanziamenti attribuiti dai fondi di sviluppo europei ed internazionali, e a creare condizioni agevoli per l'insediamento. Ecco, dunque, che è iniziata la nuova corsa alla conquista del controllo dei mercati.

11 dicembre 2008

La macchina pensante


Il massiccio controllo del sistema d'informazione è nelle mani di macchine pensanti. Queste sono in grado di monitorare non solo l'accesso e il flusso di informazioni alle masse, ma riescono ad ostacolare le forze intellettuali e materiali dell’uomo. Le macchine pensanti possono controllare i movimenti e le scelte dei consumatori, degli elettori e dei cittadini, fino ad indurre la "morte intellettuale" della società.

La classe media, il popolo, la massa sembra sempre uniformemente identica e omogenea, e, anche se gli esseri umani che popolano questo pianeta aumentano, l’élite resta la stessa, con un rapporto rispetto all’itera popolazione ormai costante. Allo stesso modo, l'accesso all'informazione è talmente basso da incidere in maniera rilevante sullo sviluppo e l’evoluzione dei popoli, e provocarne così il suo appiattimento. Nel corso della storia, i popoli hanno creato dei fenomeni di massa quando hanno fatto delle rivendicazioni sindacali, oppure quando avvertivano che delle determinate situazioni non erano a loro favorevoli, e dunque per ottenere potere d’acquisto e diritto al "consumo", che oggi è alla base della economia mondiale del processo di espansione del capitale delle nostre società. Oggi senza questo processo di contrapposizione tra massa-capitale, i popoli sono considerati "sottosviluppati".

Le masse occidentali credono di avere un potere e dei diritti, ma è così solo in apparenza; forse lo hanno avuto in passato, e con il tempo le loro prerogative sono passate nelle mani di speculatori, dei gruppi industriali e dei capitalisti. Questi, tramite il loro potere di comunicazione-informazione, muovono le masse facendo leva sui loro consumi. Gli "invisibili" - come chiameremo le entità economiche che gestiscono questo sistema vitale - hanno capito che, nutrendoci con dei beni materiali e culturali medio-bassi, possiamo essere manipolati mediante un piccolo slogan e dei discorsi politici. Le masse, oggi, non fanno altro che alimentare i potenti, e trasmettere ancora potere a nuovi gruppi di speculatori. Questo ci fa capire come "emigrano" gli interessi delle grandi multinazionali che portano il cosiddetto sviluppo economico, ossia verso il consumo, oltre che verso le risorse da sfruttare. Quando un Paese diviene consumatore di un prodotto, su di lui si concentra anche un grande interesse: dove ci sono miliardi di consumatori oppure di individui, i distributori riescono a trarre un vero potere dalle loro materie prime.

Ciò che lubrifica questa macchina è proprio il sistema informativo, mediante il quale manipolare le masse dove si vuole che esse vadano: l’informazione diventa la chiave dello sviluppo dei popoli, e per questo si apre con il contagocce. Le televisioni, con centinaia di canali televisivi e milioni di telespettatori non hanno per nulla progredito le masse, anzi le hanno condotte verso il vicolo cieco dell’ignoranza e del consumismo. Immaginate che se qualcuno cerca qualche informazione del 1968 consultando giornali o libri, non troverà nessuna informazione culturale e storica, che possa essere considerata come una prova documentale su cui uno storico può lavorare. È chiaro che gli invisibili esistono, e si nascondono dietro la politica, le banche, il segreto, la scienza, il giornalismo. Tuttavia, dobbiamo considerare che non ci possono essere degli uomini che controllano tutto questo, non vi sarebbero risorse o uomini a sufficienza

Esistono per questo delle macchine pensanti, che ostacolano le forze intellettuali e materiali dell’uomo che vogliono contribuire a cambiare la società. Le macchine pensanti si mobilitano per la non-mobilitazione delle masse. Tramite sistemi di dati statistici, algoritmi, catalogazioni speciali e super computer, nasce la biometria, che poi sarebbe il metodo Bertillonage, un sistema di identificazione rapidamente adottato in tutta l’Europa continentale e inseguito anche a Londra. Il primo metodo d’identificazione scientifico biometrico fu sviluppato nei laboratori del carcere di Parigi da Alphonse Bertillon (23 aprile 1853 - 13 febbraio 1914). Il suo metodo consisteva nella rilevazione delle misure fisiche dei detenuti, in quanto l’ossatura umana non cambia più dopo il ventesimo anno d’età ed ogni scheletro è diverso per ciascun individuo. Da qui, si è giunti ad elaborare un sistema volto ad incamerare dati sulle persone, imponendo la biometria con l’introduzione dell’identità elettronica, e dunque con i passaporti e i documenti personali che conservano le informazioni dell’individuo che le possiede.

Le macchine pensanti possono dunque controllare i movimenti e le scelte dei consumatori, degli elettori e dei cittadini, ma la loro pericolosa funzione si spinge ben oltre. Possono infatti "uccidere" il piccolo e il grande rivoluzionario, tale che, gli uomini che hanno creatività, tramite questo sistema, vengono pian piano consumati fino a farli morire. Bisogna considerare il fatto che la morte di un essere umano avviene in due tempi, dove l'atto terminale è la morte fisica, quasi sempre preceduta da un'azione intellettuale. Questo significa che un uomo, che ha fatto dei progetti e tanti sacrifici per migliorare se stesso, in un certo momento della sua vita comincia a considerare il tempo come se si fosse fermato. Decide così di invertire la tendenza del suo vivere quotidiano, sia gradatamente che bruscamente, ed è costretto in questo a fare delle valorizzazioni dei risultati ottenuti, dei tagli per approdare all'abbandono progressivo dello sviluppo del suo avvenire.
L'individuo va dritto verso la morte fisica. Questa lunga agonia incosciente è una sclerosi intellettuale, che annuncia inevitabilmente la morte fisica dell'individuo. Se si riporta questo fenomeno su un’ampia scala, e dunque ai gruppi, ai partiti e persino alle nazioni, si può osservare la dinamica dell’arresto dell’evoluzione della società. Molte volte viene organizzata una rivoluzione per non cadere in questa situazione, com’è accaduto per la rivoluzione francese, la rivoluzione russa e anche quella cinese. Ma, riflettendoci, quante solo le vere rivoluzioni a cui assistiamo oggi? Nonostante il mondo sia tormentato da migliaia di conflitti e guerre, pochi di questi sono delle rivoluzioni volte ad evitare la morte intellettuale di un popolo. Il crimine invisibile dunque esiste, perchè esiste non solo la morte fisica, ma anche quella intellettuale. Non è un caso che l’etnocidio è stato cancellato dai codici giudiziari, come crimine compiuto per la distruzione di una cultura, di una lingua o di una etnia. Questo perchè ci hanno sempre mentito sulla vera esistenza dell'uomo, da dove proviene e qual è la sua naturale evoluzione. Conoscenze, tuttavia, che sono state sfruttate dalle generazioni di speculatori che si sono alternati nei secoli, e hanno imbrogliato l'evoluzione umana.

La nostra umanità, con l’avvento della cibernetica può solo cambiare, in meglio o in peggio, e anche questa volta lo decideremo noi. Entrando nella cybernetica, inserendo la società in tutte le sue sfumature in un sistema elettronico, è possibile eliminare la minuziosa classificazione dei crimini. Le macchine pensanti analizzano statisticamente i comportamenti umani, arrivando ad una classificazione di tipi di individui molto precisa e anche inesorabile, con la creazione di liste di gruppi di criminali ben scanditi (liste nere, liste rosse, liste bianche, etc. ). Le persone vengono controllate, circoscritti e resi immuni da una struttura appositamente creata. Tuttavia, continueranno a prevalere determinati reati, come ad esempio il terrorismo: la sua categoria giuridica di solito è molto vaga, riesce ad inserire molte fattispecie, imponendo inoltre regole molto severe. Attentati o guerriglie di disordine sociale, anche per una banale partita di calcio, vengono facilmente equiparati ad una sparatoria all’interno di una banca o di un supermercato. In un futuro, saranno gli attacchi cybernetici ai sistemi elettronici delle strutture della difesa nazionale o della polizia, ad essere definiti terroristici. Allo stesso tempo, la difesa dei propri dati e delle informazioni degli Stati potranno essere considerate operazioni di anti-terrorismo. Se la cybernetica possa o meno evolvere l’umanità dipende dalle regole che verranno create per il suo utilizzo, che saranno i nuovi codici giuridici e le nuove costituzioni. Non vi è dubbio, tuttavia, che la nostra umanità cambierà, e noi siamo testimoni della nuova era.

10 dicembre 2008

Il potere ortodosso avanza e Barack lancia la guerra cybernetica


Il Patriarcato Ortodosso russo otterrà presto l'assegnazione della Chiesa russa di Bari, che sarà consegnata dal Governo italiano alla presenza delle alte istituzioni di Italia, Russia e Vaticano. Dietro questo evento di "comunione ecumenica" tra le religioni cristiane, vi è un profondo significato politico. Mentre la Russia avanza nella sua guerra economica, gli Stati Uniti si preparano alla nuova guerra cibernetica, con l'istituzione di una Commissione di Cibernetica, che coordinerà tutti i dipartimenti di sicurezza e di difesa del Paese.

La morte del Patriarca Alessio II, ha solo rinviato temporaneamente la consegna da parte del governo italiano al patriarcato ortodosso di Mosca, e dunque alla Russia, della Chiesa russa di Bari. Si tratta della storica Chiesa ortodossa che lo Zar russo fece costruire agli inizi del XX secolo per accogliere i pellegrini russi che si recavano a Bari per adorare le reliquie di San Nicola. La cerimonia, che si doveva tenere lo scorso 6 dicembre, avrebbe visto la partecipazione del Presidente russo Dmitri Medvedev, il Presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano, alcuni rappresentanti del Vaticano e del Patriarcato di Mosca. Dietro questo evento di "comunione ecumenica" tra le religioni cristiane, vi è un profondo significato politico, giunto a termine interminabili negoziati che, probabilmente, riscriveranno la storia del Sud Italia. Nel 1937, l'edificio divenne proprietà del comune di Bari, ma solo nel marzo del 2007, in occasione della visita dell'allora premier russo Vladimir Putin a Bari, sono state intraprese le trattative per la consegna della chiesa ai russi. Inoltre, molto presto verrà edificata a Roma la prima chiesa ortodossa russa, tra l’altro molto vicina alla grande Basilica di San Pietro.

Sono segnali questi molto importanti, che indicano come il Governo italiano e lo stesso Vaticano hanno raggiunto uno storico accordo con la Russia e la Chiesa Ortodossa, che farà da ponte per una nuova alleanza economica e politica. Un’alleanza che era stata preannunciata proprio dal nostro media e dalla Etleboro ONG, il primo ad aver parlato dell’esistenza del servizio segreto ortodosso e del pericolo ortodosso, dinanzi al quale la chiesa cattolica italiana doveva necessariamente fare un accordo. La presenza di una voce russa così forte sul territorio italiano, come quella del patriarcato russo, farà da vettore politico per riunire questi due mondi così lontani. Il Sud Italia diventerà destinazione di investimenti ma anche origine di nuovi flussi migratori verso la Russia, e non più verso l’America, e la storia potrà ancora cambiare. Già oggi avvertiamo i primi segnali di cedimento di un’Europa che si sta spaccando in due parti, sono i colpi delle nuove alleanze che si sono formate accanto alla Russia, che portano alcuni degli Stati Europei sempre più lontano dall’America. Così mentre Berlusconi va in Albania promettendo l’ingresso in Europa, la Commissione sconfessa le grandi promesse e avverte Tirana sulla necessità di prestare attenzione alle regole per l’integrazione.

Nel frattempo, oltreoceano, i vertici USA preparano a tavolino la nuova Guerra, che sarà sempre più invisibile ma non meno inesorabile. Il Presidente Barack Obama ha annunciato infatti la creazione di un nuovo consiglio presso la Casa bianca, il Consiglio della sicurezza "cibernetica", per combattere - come riportano le fonti ufficiali - contro gli "hackers, i pirati di internet, le spie nemiche" . Questa commissione, a cui parteciperanno tre suoi uomini fidati già operanti nell’Amministrazione Clinton ed esperti di elettronica, dovrà ideare una "rete difensiva" dei ministeri e delle agenzie americane, contro ogni violazione esterna. In realtà sarà uno dei dipartimenti più importanti della difesa americana, in quanto coordinerà le difese di tutti i ministeri e le agenzie statali, dalla Cia al Pentagono e dall’Fbi al Tesoro. Il sistema "cibernetico" che verrà creato sarà una vera arma "offensiva" che l’America utilizzerà per imporre la nuova guerra virtuale, e continuare a perpetuare un controllo delle risorse mondiali, che questa volta saranno misurate in "dati e informazioni". Questa rappresenta non solo la prova dell’esistenza della nuova guerra, ma anche del "crimine invisibile" che è stato da sempre denunciato dalla Etleboro come la forma di crimine più pericolosa, perché gli Stati non possiedono ancora gli strumenti per contrastarlo.

Non solo non vi sarà alcuna riforma del sistema economico e finanziario globale, ma la Federal Reserve rimarrà comunque ad imperare, mentre accanto ad essa verrà costruita la nuova Banca Centrale Mondiale e il Ministero della cybernetica, mediante il quale difendere ma anche violare i sistemi informatici ed elettronici degli "Stati nemici". E quando parliamo di sistemi, ci riferiamo non solo a quelli che controllano i dati delle Agenzie di sicurezza e dei Ministeri, ma anche quelli delle banche, degli Istituti di Statica, del Genio civile, dei CNR e delle infrastrutture energetiche. Questa è una guerra sotterranea, aspettando la nuova Guerra cybernetica americana, che partirà proprio da server pirata, proprio come al tempo delle navi. Dinanzi a tali nemici, non esistono armi o sistemi di difesa, né si potrà distinguere tra amici e non amici, saremo tutti bersagli di ritorsioni o rapine mascherate da "false collaborazioni". Sarà allora che capiremo la differenza tra una tela e una rete, e se i Governi ammetteranno che esiste veramente il crimine invisibile, contro il quale sono ancora totalmente impreparati. Noi sappiamo cosa significa "crimine invisibile", e che oggi è possibile creare un buco all'interno di questa rete con dei domini di vari livelli, e scomparire in un labirinto, che è possibile attaccare un server senza essere rintracciato, perché basterà modificare qualcosa all’interno del pc. I criminali saranno come inesistenti, irrintracciabili e persi nel labirinto elettronico. Allora non potranno certo dare la colpa ai Casalesi, alla mafia, ad Al Qaida, non sarà neanche colpa dei serbi, o di Mladic e Karadzic che stanno attentando alla sicurezza dei server da un bunker con qualche pc pirata. Obama se la vedrà "nera" quando sarà costretto a dire, proprio come ha fatto Bush, che il nemico invisibile è ancora Bin Laden, che bisogna scatenare una nuova guerra per catturarlo e giustiziarlo.

Così, quello che si preannunciava come il Presidente del cambiamento e della rivoluzione del mondo, si è rivelato ben presto un’arma ben più pericolosa, perché è riuscito ad ingannare le masse facendo credere di essere la risposta al fallimento degli Stati Uniti. Dopo la festa, l'ubriacatura di massa, tutti acclamavano la venuta del Presidente venuto dal basso, dal web, l’uomo che avrebbe pagato i debiti e salvato il popolo americano. Alla fine non accadrà nulla di tutto questo. Cosa farà allora Obama quando la Guerra sarà planetaria e invisibile?Obbligherà la gente ad impiantare un microchip sottopelle, in nome e per conto della guerra alla cybernetica? Ne abbiamo visto di guerre umanitarie, dittatoriali, terroristiche, ma quella per un chip sarà la Guerra di un Presidente che non ha assolutamente il pensiero e gli ideali di Martin Luter King, bensì quello di un googliano, di un uomo che sta creando una nuova civiltà umana attraverso il web. Questa è la risposta degli Stati Uniti al fallimento e alla paura del crollo del sistema globale, mentre la Russia avanza nel Mediterraneo inesorabilmente, cambiando gli equilibri interni in Europa e nelle Nazioni Unite: due strategie che viaggiano senz'altro con una forte differenza temporale, che vede purtroppo l'America fallita di Obama in netto vantaggio nella guerra cybernetica, mentre la Russia ha già vinto la guerra economica risollevandosi da un fallimento.

09 dicembre 2008

Mi chiamo Popov, Dusko Popov


Per molti anni ci siamo chiesti se il personaggio di James Bond fosse solo frutto della fantasia di uno scrittore inglese o se fosse esistito veramente. A queste domande troveranno una risposta nella vita dell'agente Dusan Popov, un cittadino serbo nato in Jugoslavia nel 1912, vissuto a cavallo della seconda guerra mondiale e del dopoguerra. Un super agente segreto, con qualità al di sopra della media, intelligente e affascinante, con tutte le capacità per poter entrare nel mondo dell’alta diplomazia. Il suo nome in codice era "triciclo", perchè lui era per le intelligences la "tripla fonte".

"Nessuno vi potrà imporre nulla, dovete accettare tutto da soli. Forse vi sembrerà che contraddico me stesso quando dico che non credo nei segreti, dato che sono stato un agente segreto. Ma io davvero non ci credo nell'esistenza dei segreti e della necessità che esistano, sopratutto quando si tratta dei segreti di Stato. A volte la funzione dei segreti è proprio quella di lasciar fare un lavoro nel migliore dei modi, ma tutti devono essere classificati come ‘non duraturi’. Ogni uomo ha diritto di essere informato, sia per rispetto ai diritti e alla dignità umana, che per altre situazioni, ma ognuno deve sapere da che cosa dipende il proprio destino. Oggi nella maggior parte degli Stati esistono delle leggi che definiscono la scoperta dei segreti un crimine. I segreti a volte nascondono dei crimini, mentre altre volte la burocrazia prolunga la loro vita anche dopo la scadenza dei tempi per la loro esistenza". Queste le parole di Dusko Popov, uno dei più importanti agenti del servizio segreto britannico MI5, tratte dal suo libro "Spia contro spia pubblicato nel 1974", la cui diffusione tra il pubblico è stata a lungo ostacolata dalla CIA. Popov non fu un agente come tutti gli altri, e la sua fanstastica vita è divenuta fonte principale di ispirazione per i romanzi dei Ian Flaming, che ha dato vita al famoso personaggio di James Bond. Un super agente segreto, con qualità al di sopra della media, intelligente e affascinante, con tutte le capacità per poter entrare nel mondo dell’alta diplomazia: questo il personaggio del più famoso ciclo di letteratura che, dopo oltre 50 anni, continua a produrre film e fare il giro del mondo.

Per anni molti si sono chiesti se il personaggio di James Bond fosse solo frutto della fantasia di uno scrittore inglese o se fosse esistito veramente, ma queste domande troveranno una risposta nella vita dell'agente Dusan Popov, un cittadino serbo nato in Jugoslavia nel 1912, e vissuto così a cavallo della seconda guerra mondiale e del dopoguerra. Ewen Montagu, amico di Popov, lo descrive come una persona incredibilmente felice, sorridente, con il dono del coraggio e di grande sangue freddo. Spesso ha criticato i colleghi degli altri servizi segreti dicendo: “Non devono credermi e dire che io sono "OK" perchè sono britannico, ma nel loro sospetto sono davvero stupidi e incapaci. Mi hanno circondato di microfoni, ma in maniera così ridicola che li potrebbe trovare anche un bambino. Questi G-man sono muscolosi e hanno un corpo eccezionale, ma quando si tratta di pensare, fanno davvero pietà". Dusko Popov aveva un corpo scultoreo, dopo aver praticato diversi tipi di sport come un vero professionista, ma allo stesso tempo il suo pensiero elaborava concetti come delle mappe mentali, rendendo invisibile ogni tipo di segreto all’interno della vita quotidiana, senza che nessuno si accorgesse che fossero esistiti. Chi potrebbe mai credere che grazie a Dusko Popov si avrebbe potuto salvare centinaia di migliaia di vite nell’operazione "Pearl Harbour", se avessero ascoltato ciò che diceva. Non lo ha ascoltato neanche J.Edgar Hoover, allora capo della CIA, che non poteva credere alle parole di un "uomo balcanico", come non poteva credere che i giapponesi sarebbero stati in grado di attaccare in maniera massiccia la base americana nel Pacifico. Dopo l’attacco, Hoover ha capito di aver sbagliato, e lui e Popov non si sono mai più incontrati.

La carriera di spia del giovane studente serbo inizia quando decide di continuare gli studi con un master presso la prestigiosa Università di Freiburg. Anche se è sempre stato dedito ai suoi studi, non mancava a nessuna festa organizzata dai suoi colleghi studenti. Niente di nuovo per Dusko, che comunque frequentava le feste sia a Dubrovnik che a Belgrado, dove ha vissuto nella sua giovinezza. Gli piacevano le belle donne, le macchine lussuose, le feste con champagne e caviale, e tutto quello che una bella vita e delle origini benestanti potevano offrirgli: ad un figlio di ricca famiglia, che gestiva grandi affari, non sono mai mancati i soldi. Anche durante i suoi studi, ha avuto la possibilità di vivere in un appartamento tutto suo, cosa davvero rara per quei tempi, e fu proprio il suo stile di vita ad attirare l’attenzione dei giovani nazisti, nati da pochi anni come organizzazione. Dusko è sempre stato aperto e sempre pronto a dire tutto quello che pensava, ma le sue idee non sono mai piaciute alla Gestapo che lo ha arrestato, cacciato dall'Università e poi deportato dal Paese. Se non fosse stato per l’intervento di un suo amico, Johan Jebsen, sarebbe stato sicuramente rinchiuso in uno dei campi di concentramento della Germania. Fu proprio allora che comincia la storia di "uno dei più importanti agenti segreti della Seconda guerra mondiale che lavorava per la Gran Bretagna", come lo ha definito lo scrittore inglese Graham Green.

Così, dopo essere stato espulso dalla facoltà, Popov ritorna a Belgrado ma con la promessa che sarebbe accorso in aiuto del suo amico, in qualsiasi momento ne avesse avuto bisogno, per ripagare così il gesto che gli aveva salvato la vita. Tutto cominciò nel bar di Belgrado "La corona serba", dove incontrò di nuovo, dopo tanti anni, Jebsen, che gli racconta di essere diventato un agente per i servizi segreti tedeschi e gli propone di divenire un suo collaboratore. Non potendo rifiutare, accetta, portando così con sé un'angoscia che cresceva giorno dopo giorno, vedendo che quel regime per cui lavorava stava distruggendo il suo Stato, bruciando le case e uccidendo il suo popolo. A quel punto, decide di recarsi presso l'ambasciata britannica e di confessare cosa gli avevano proposto i tedeschi. Diventa così un agente di controspionaggio per la Gran Bretagna fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale.Come copertura, svolgeva la professione di avvocato presso un'azienda navale che esportava merce dalla Jugoslavia in Gran Bretagna. Il nome codice per il servizio segreto britannico era "triciclo", mentre per i tedeschi era semplicemente Ivan. Durante la collaborazione con Sir Stewart Menzies, capo dei servizi segreti britannici che dipendeva soltanto dal Presidente Winston Churchill, lavora contemporaneamente per due dipartimenti, MI5 e MI6. Un fatto davvero eccezionale per quel periodo, e solo per lui hanno creato il Comitato CC.

Tra spionaggio e diplomazia, Dusan Popov è stato un vero personaggio, come testimoniato dai suoi colleghi, lavorando con leggerezza e divertimento, nessuno è riuscito a corromperlo, i soldi non gli interessavano perchè li aveva da sempre.Le amicizie e le conoscenze che aveva presso le famiglie di conti e di re diventarono una carta in più per poter portare a termine il suo lavoro nel migliore dei modi. I suoi collegamenti presso i alti livelli diplomatici sono stati parte del suo "albero genealogico" mentre la sua forma fisica lo ha aiutato a riuscire nelle situazioni più pericolose in cui si è trovato. Era il prototipo ideale dell'agente segreto, con la sua intelligenza, la sua capacità di ascoltare nei dettagli più sottili di ogni discorso, ma soprattutto con il suo sguardo profondo, ipnotizzava ogni persona, in particolar modo le donne. Alcuni dicevano che la Gestapo lo ha arrestato non per le sue idee avanzate, ma perché è stato trovato a letto con la figlia di un generale nazista. Che sia vero oppure no, la verità è che durante la sua carriera come agente, è riuscito a costruire la sua immagine da play boy, sempre ricercato dalle donne, tra cui anche l’attrice Simon Simon. Tra le sue passioni vi era anche il gioco, e anche in questo ha ispirato uno dei romanzi di Ian Flaming, e poi il film Casino Royal. Ebbe infatti la missione di trasportare 80.000 dollari, che aveva avuto dai tedeschi destinati ad una operazione in America, ma decise di giocare quella somma sulla roulette. Flaming e gli altri presenti, scioccati alla vista di una tale somma di denaro, si sono subito tirati indietro dal gioco e Popov, giocando sempre con il suo stile impeccabile, ha potuto aumentare il proprio capitale.
La sua carriera di agente si è protratta fino alla Seconda Guerra Mondiale, dopodichè si è ritirato ad affari privati, firmando contratti per le grandi compagnie del commercio di acciao, carbone e rame tra due Paesi Europei. Diventa così - come conferma anche suo figlio - il primo Segretario Generale di un’organizzazione che in futuro si chiamerà Unione Europea, nata proprio da un accordo post-bellico sul carbone e l’acciaio.

Tutto questo accadeva oltre cinquant’anni fa, quasi anni luce dall’attuale diplomazia serba. Tutti i servizi segreti al mondo sanno bene che diplomazia significa intelligenza, ma i diplomatici serbi non sono stati capaci di sfruttare al massimo le proprie forze. La Serbia ha regalato alla storia grandi menti come Nikola Tesla, Mileva Maric, Mihailo Pupin e tanti altri. Una vera e propria tempesta si è abbattuta sul popolo serbo, da una generazione all'altra e sempre si sta allargando quell’abisso dell’ignoranza in cui cade l'intera nazione. Purtroppo, anche per questo alcuni diplomatici serbi sono convinti di essere dei veri James Bond, ma in realtà sono immaturi e impreparati ad affrontare certe situazioni, affidandosi alle informazioni passate dalle donne a cui interessa solo viaggiare e i "passeggeri per caso", dimenticando il concetto della propria intelligenza, e danneggiando così un intero popolo. Tanti di loro assumono come consiglieri vecchi diplomatici ammalati di alzheimer, che non ricordano neanche i loro nomi, figuriamoci fatti di massima importanza nazionale. Alcuni pensano che basta essere giovane ed avere "idee fresche" per andare avanti, senza avere degli obiettivi prestabiliti. In questa situazione, le rare intelligenze non riescono a far fronte agli auto-proclamati James Bond.
Dusko Popov invece è riuscito a portare avanti una politica parallela nel periodo più difficile della storia mondiale, destreggiandosi tra diplomatici e uomini di Stato con grande abilità, senza essere un indottrinato accademico ha intuito subito di cosa si parlava nel mondo.

02 dicembre 2008

La Camorra e il sistema


Gli Stati-nazione, la Camorra, la Mafia, il "governo delle Banche", il comunismo. Questi sono i sistemi che governano i nostri popoli. Oggi combattiamo la criminalità organizzata, le banche, chiediamo sovranità monetaria o indipendenza energetica. In realtà non ci rendiamo conto che stiamo creando un altro sistema che ci governerà. Cos'è dunque la Camorra e cos'è Google?

Ho guardato il film di Gomorra di Roberto Saviano con tanto entusiasmo, e fino alla fine cercavo di capire dove fosse la novità di quello spettacolo. Aspettavo la scena risolutiva e tutto ad un tratto il film è finito. Pensavo in cuor mio di aver visto non so quante volte quelle scene di omicidi, di giovani ragazzi che muoiono per la conquista e il rispetto dei territori, e mi chiedevo il motivo per cui tutti si sono scandalizzati e hanno deciso di portare queste immagini sino alla corte di Cannes e forse anche di Hollywood. Per rendere ancora più credibile la tesi dello scalpore e dello scoop, il giornalista Saviano è ora sotto scorta come se fosse agli arresti domiciliari, e qualcuno ha già proposto la sua candidatura. Anche in questo, mi chiedo francamente, dove sia la novità. Come se fosse strano per gli italiani, e per gli stessi popoli del Sud Italia, vedere come determinate famiglie mafiose o camorriste vengono portate allo scoperto per far posto ai nuovi poteri. Questa volta non è intervenuta la polizia, non sono stati necessari dei pentiti o dei giudici, ma un semplice giornalista infiltrato, e che volutamente è stato protetto in quel mondo affinchè potesse far scoppiare il grande scandalo della Camorra. E così è stato, perché il clan dei Casalesi è stato decimato da lotte intestine e retate della polizia, mentre i nuovi "mafiosi" stanno prendendo già le posizioni.
Il vero scandalo, di cui però nessuno si meraviglia, è il suicidio di un Assessore che ha cercato di avvertire la popolazione sui rischi delle soluzioni "rapide e indolori" di Roma e di Milano, e voleva continuare la sua lotta, magari "parlando" semplicemente con i giudici, per spiegare cosa era accaduto e che forse, i Casalesi, non hanno tutta la colpa del male in cui brucia Napoli. Avrei preferito che qualcuno si indignasse per questo strano suicidio, per la morte di un altro innocente, massacrato dai media e delle pressioni politiche che, in un momento così delicato per la chiusura del piano sui rifiuti, erano sicuramente molte. Giorgio Nugnes è morto come molti prima di lui sono morti a causa delle tangentopoli e dei colpi di Stato. Lo Stato italiano è sempre stato un grande artista nell’utilizzare la mafia come capro espiatorio dei suoi delitti, alimentando e viziando quel mostro che lui stesso ha creato. La mafia esiste, sono cose che si conoscono già da parecchi anni, ma nessuno dice che gli Stati sono nati proprio così, gestiti da traffici, con morti, eserciti di schiavi, storie di venduti e di emigrazioni.
In realtà, il concetto è ben diverso e nessuno vuole che si dica. Prima di condannare delle persone che "tirano a campare" e sono stremati dai debiti, bisogna chiedersi da dove arriva la spazzatura, e se arriva proprio dalle ricche città del Nord, dalle imprese e dai distretti industriali della "ricca Italia" che getta i suoi rifiuti in quella che considera "discarica". La nostra società si sta così spaccando e tra le due entità si sta creando un abisso, perché se da una parte vi è il "poveraccio" che rapina le banche o i supermercati, dall’altra ci sono i "ladri di dati", i truffatori finanziari, gli usurai con i colletti bianchi, e così vi sono i reati immateriali che non sporcano e non lasciano tracce. Sicuramente essere minacciati con una pistola sulla tempia fa un effetto diverso alla televisione, mentre il povero artigiano strozzato dai debiti che si spara da solo, descrive una scena molto più patetica, non cinematografica, anche perché non c’è neanche un nemico da combattere. Anche la scelta dei nomi è importante: "'O maiale", "gino ’o pazz", "dente stuort", fanno molta più scena. Con un nome così, si diventa subito protagonisti della scena.

Immaginate ora che un film o un libro, che mette in mostra le cose più abiette e infime di cui sono capaci le persone, viene diffuso e pubblicizzato come la "verità di Napoli" o dell’Italia, e lo Stato finanzia, assiste e tutela chi fa questo stillicidio del popolo italiano. Per "denunciare" un crimine - è giusto ricordarlo - bisogna raccontare la storia per intero, e non solo quello che fa comodo dire, nascondendo tutto il resto. Diciamo la verità, gente che non sa né leggere e né scrivere non crea imperi economici dal nulla, non riesce ad ottenere gli appalti o ad investire nell’alta Finanza. Credete che legali, avvocati, banche si facciano usare così facilmente da dei criminali ignoranti in cambio di nulla e senza un giusto accreditamento da parte dei vertici politici? Sinceramente, credete davvero che la Camorra sia più potente di loro, o invece è un semplice strumento per controllare le masse in un territorio povero, per raccogliere liquidità e smaltire il marcio dei ricchi?
Non capite, è un’altra stupida commedia che vi chiamano a recitare per dar loro importanza, e senza questo stormo di "utili idioti" tutto questo cinema cade in pochi secondi. Per questo poi servono Beppe Grillo, Travaglio, Saviano, per continuare la propaganda. Alla fine però, agli occhi del mondo, le grandi aziende e i grandi imprenditori del Nord saranno l’Italia sana, mentre il Sud Italia sarà sempre "complice" della mafia e della camorra. E poi, se noi viviamo in uno Stato che chiede il pizzo ai cittadini e poi non riesce a garantire ciò che ha promesso perché è fatto da una banda di incapaci, dopo non bisogna fare tanto rumore per nulla, non è dignitoso.
Anche se è vero che tutti noi combattiamo questa farsa del sistema e nessuno può dirsi contrario a queste campagne di solidarietà, in fin dei conti anche a noi fa comodo avere un nemico su cui scaricare le nostre colpe. Siamo disposti a fare le grandi rivoluzioni contro le mafie, ma una volta adagiati sul "seggiolone" ci piace dire che, tutto sommato, si sta bene. Dopo la camorra sarà la crisi finanziaria, e poi non ci sarà mai una fine a questo scarica barile infinito. Ricordate che alla base della criminalità, vi è malessere economico, mentre i veri colpevoli sono coloro che possiedono tanto denaro: cercate il denaro, e troverete il vostro assassino, come diceva il Generale Dalla Chiesa. Oggi l’Italia vuole combattere i suoi fantasmi, ma usa un esercito inutile ed inesistente, che parla di cose inattuabili, e diventano così solo disinformazione. Avere un'indipendenza monetaria, una sovranità energetica oggi significa avere eserciti di pace e fare guerre perpetue al terrorismo, perchè è necessario rubare petrolio o colonizzare per il mantenimento delle materie prime. Anche la crisi, le carte di credito, il fine mese, sono puri concetti nelle nostre menti perché non si accetta il cambiamento dello stile di vita: la crisi non è il non poter andare 4 volte in vacanza, oppure non uscire tutti i sabati, la crisi non è non poter giocare alle scommesse oppure non potersi permettere un amante. La crisi è rimettere in discussione un sistema di potere, è sedersi ad un tavolo e parlare, e non parlare di "democrazia dal basso", di "rete", perché queste sono droghe: il Presidente Obama non è venuto né dal web e né dal basso, è arrivato da casa sua, ed è inutile fare propaganda assolutamente non credibile.
Oggi cambiare il sistema avrà certamente una ripercussione mondiale e planetaria, e determinati poteri devono cessare di esistere, come quello di Washington, delle Holding di Lussemburgo, e perché no, come quello delle criminalità di bassa leva. Oggi i giustizialisti ,gli anti-berlusconiani, i grillini, gridano semplicemente perché vogliono potere e mirano a creare la loro casta, per buttare giù quelle esistenti e imporre quelle nuove. In realtà non sono niente, sono solo un bit che viaggia sulla rete. Riflettiamo però che, se ieri internet era libertà, oggi è lo spazio del motore di ricerca indiscusso, Google. Se sparisce Google, sparisce il mondo di internet, e anche Obama. Allora qual è il nostro sistema ? E' lo Stato italiano, la camorra, la mafia, o un'entità invisibile?