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20 dicembre 2009

L'Emirato islamico dell'Afghanistan vive su Internet


Kabul - Nonostante la censura degli americani, i talebani sono ancora online con il sito Internet dell'Emirato islamico dell'Afghanistan. La "Voce della Jihad", la "guerra santa" contro gli infedeli occidentali, è infatti reperibile attraverso alcuni siti Internet non ancora oscurati dai servizi statunitensi. I talebani, infatti, sono costretti a cambiare continuamente indirizzo Dns (domain name system), a causa dell'oscuramento da parte dei servizi di intelligence occidentali. Sul sito alemarah.info, aggiornato da Helmand, nell'Afghanistan meridionale vicino a Kandahar, al confine con il Pakistan, i seguaci del mullah Omar e di Bin Laden continuano a proclamare la guerra santa contro l'invasore occidentale, ed a comunicare i loro successi.

Ieri, ad esempio, hanno annunciato che i mujahedeen hanno distrutto 5 carri armati degli "invasori" nei distretti di Nad Ali e Now Zad della provincia di Khanshin, e che 5 militari britannici sono stati feriti dall'esplosione di una bomba nel distretto di Sangeen vicino a Shakar Shilia. I talebani rivendicano anche la distruzione di due carri armati della Nato nel distretto di Bakwa, appartenente alla provincia di Farah, di due blindati della polizia nei distretti di Gailan e Andaro nella provincia di Ghazni, e di due tank statunitensi colpiti da un razzo nell'area di Khaiwa nel distretto di Nangarhar, avvenuta sabato notte, oltre all'uccisione di 14 soldati dell'esercito afghano a Kunduz. Nonostante l'impegno delle forze Nato e degli Usa, i talebani continuano a cambiare l'indirizzo del loro sito Internet "ufficiale", utilizzando la Rete per pubblicizzare i loro successi militari, e per incitare alla guerra contro l'Occidente. Non ci sarà da stupirsi se presto sbarcheranno anche su Facebook.

15 dicembre 2009

Corridoio VIII: progetto vitale per l'UE e i Balcani

Si è tenuta ieri a Tirana la conferenza su Trasporti europei e il Corridoio VIII, indetta nell'ambito del progetto "Italbalk", volto favorire l'integrazione e la logistica dei trasporti dell'Italia e le relazioni con i Balcani. Alla conferenza hanno partecipato il Vice Ministro dei Trasporti, Ernest Noka, che ha esposto uno dei progetti attualmente in corso, e l'ambasciatore italiano a Tirana Saba D'Elia. Quest'ultimo ha ribadito la centralità del Corridoio VIII per il Governo italiano, e la criticità dello sviluppo del progetto per collegare i Balcani all'Unione Europea occidentale.

Il Corridoio VIII, che collega l'Italia con la Regione dei Balcani e la Bulgaria, resta il progetto che ha maggiore priorità per i Governi dell'area del Mediterraneo. Il completamento del corridoio è chiesto sempre più a gran voce dal Governo italiano, che ogni anno perde 1 miliardo di euro facendo passare le proprie merci attraverso la rotta di trasporto che attraversa Salonicco, in Grecia. Per questo motivo, e conoscere da vicino l'andamento del processo di costruzione di tali infrastrutture, si è tenuta domenica la conferenza indetta nell'ambito del progetto "Italbalk", per favorire l'integrazione e la logistica dei trasporti dell'Italia e le relazioni con i Balcani. Alla conferenza hanno partecipato il Vice Ministro dei Trasporti, Ernest Noka, che ha esposto uno dei progetti attualmente in corso, e l'ambasciatore italiano a Tirana Saba D'Elia. Quest'ultimo, in particolare, ritiene che il progetto di collegamento tra i quattro paesi e la sua espansione in altre linee è molto importante per il ravvicinamento per Paese all'Unione Europea.

"Credo che l'Albania abbia fatto dei grandi progressi e abbia creato delle condizioni più favorevoli rispetto ad altri paesi", ha detto l'ambasciatore italiano. Dagli interventi dei convenuti è emerso chiaramente l'importanza del Corridoio VIII per il governo italiano, soprattutto per la Regione Puglia, principale promotore del commercio con i Paesi dei Balcani, sino alla Grecia e alla Turchia. Il Corridoio VIII viene considerato non solo un progetto infrastrutturale stradale, ma anche per il trasporto ferroviario e marittimo, nonchè energetico. Ciò significa che i quattro Stati partecipanti hanno bisogno di più fondi e sicuramente di un maggiore supporto da parte dell'Unione Europea. "Alla fine dell'aprile 2010, si terrà una grande conferenza per il settore dei trasporti europeo, che avrà come protagonista, ancora una volta, il Corridoio VIII. Ora è il momento che una parte del finanziamento del progetto sarà coperto da altre istituzioni finanziarie", ha detto l'ambasciatore italiano, aggiungendo che l'Italia non esclude la possibilità di estendere la percorrenza del corridoio sino a Napoli, al fine di congiungere il corridoio a Berlino, Germania. "Senza questo asse, l'Europa avrò molte difficoltà a mantenere unita questo spazio comune commerciale", ha detto D'Elia.

Per quanto riguarda la parte albanese, l'asse Elbasan-Tirana potrebbe in futuro essere considerato parte integrante di altre strade che collegano il Porto di Durazzo alla Repubblica di Macedonia (FYROM). Per cui, stando alle parole dei rispettivi interventi, il Corridoio VIII non è solo un progetto che ricalca le vecchie rotte tracciate dai Romani per portare verso i Paesi dell'Est i loro affari, ma si tratta di uno strumento economico razionale ed efficiente per promuovere la cooperazione commerciale, non solo tra i Paesi interni alla Regione, ma anche verso il resto del mondo. Il corridoio nasce a Bari, attraversa il Mare Adriatico e giunge nel Porto di Durazzo, poi Elbasan, sbuca al valico di frontiera di Qafe-Thana verso la Fyrom-Macedonia, arriva a Skopje, Sofia e termina nel porto di Varna, Bulgaria. Praticamente il progetto tocca quattro stati, due dei quali sono membri dell'Unione europea e altri due che aspirano a diventare al più presto dei candidati. "Finora abbiamo lavorato per l'ammodernamento della rete stradale, parte del Corridoio VIII. Ciò che rimane da fare è l'adattamento del tratto stradale Elbasan-Tirana, che richiede un investimento di circa 150 milioni di euro, abbastanza per ridurre la distanza di 35 miglia", ha detto il vice Ministro dei Trasporti, Ernest Noka. Egli stima che da questo progetto trarranno vantaggio circa 1,5 milioni di abitanti, visto che i lavori di costruzione comprendono non solo la modernizzazione del tratto stradale, ma anche l'espansione dei punti di frontiera e la messa in funzione di ferrovie e porti.

14 dicembre 2009

La privatizzazione del Porto di Bar e il Corridoio XI

Il Montenegro continua ad essere destinazione finale di investimenti e progetti esteri, anche in virtù della sua strategia posizione geografica che lo pone a metà strada tra i Balcani continentali e il Mediterraneo. Di grande attenzione e richiamo è il tender per la privatizzazione del Porto di Bar (Luka Bar), sulla quale sono caduti gli occhi non solo di molti Paesi europei, come l'Italia, ma anche di oltreoceano come Cina e Stati Uniti. Tuttavia, la Serbia è senz'altro tra i primi Paesi sulla lista che vorrebbe poter sfruttare il porto di Bar per sviluppare la propria economia, in quanto attraverso di esso potrebbe completare la costruzione di un’autostrada che attraversi la Serbia e il Montenegro , e potrebbe avere uno sbocco sul mare, senza poi contare gli enormi vantaggi economici e commerciali che offrirebbe il porto stesso.

Già all’inizio di settembre, quando doveva essere inaugurata la prima gara d’appalto per la privatizzazione del Porto, il Sindacato ha fatto sentire la sua voce sottolineando il fatto che occorreva trasparenza nonchè il rispetto delle condizioni per l'attuazione del contratto collettivo. Nonostante tutte le riserve e le precauzioni, la prima gara d’appalto è stata dichiarata non valida e quindi annullata. Nelle offerte per la seconda gara d’appalto si sono mostrati molto interessati gli investitori italiani i quali, dopo il summit intergovernativo tra la Serbia e l’Italia di Roma, hanno annunciato la possibilità di creare un nuovo corridoio transeuropeo per collegare il Porto di Bari a Timisoara (Corridoio 11), sfruttando così l'ottima posizione geografica e dando impulso all'interscambio per entrambi i Paesi. Il Governo serbo si è già attivato per la sua realizzazione, e pochi giorni fa il Governo serbo ha espresso la sua intenzione di sostenere gli investimenti in Montenegro e così la partecipazione di aziende serbe alla privatizzazione del Porto di Bar. Proprio per tale ragione, il Governo si è assunto l’incarco di sostenere le cosiddette “aziende offerenti” e divenire proprietario di minoranza di Luka Bar, come affermato dal Ministro serbo per l’economia e lo sviluppo regionale, Mladjan Dinkic, il quale ha sottolineato come "il progetto serva degli interessi bilaterali, in funzione dello sviluppo economico". Secondo Sasa Jovanovic, esperto del settore portuale ed infrastrutturale, al progetto parteciperanno anche degli investitori italiani, "ma ciò non diminuisce il rischio di fallimento della gara. La partecipazione di un partner straniero è necessaria ma non basta. I partner stranieri non devono limitarsi ad ottenere la concessione di sfruttamento dei terminal portuali, come la sola motivazione per fare degli investimenti", osserva Jovanovic. Egli spiega che, al fine di ottimizzare al meglio l'uso di risorse finanziarie in questo tipo di investimenti, occorre fare un confronto con la situazione catastrofica dei porti sul Danubio. "Nessuno mette in dubbio che la Serbia diventerebbe molto importante se avesse uno sbocco sul mare, però bisogna tenere anche conto dei costi, che non sono da poco. E’ vero anche il fatto che, se la Serbia avesse i soldi, avrebbe delle grosse potenzialità perché lì è in gioco non solo il Porto, ma anche il trasporto aereo, il corridoio 7 e il corridoio 10. Sono stati aperti molti progetti ma nessuno di loro è stato completato definitivamente", afferma Jovanovic.

Benché il Ministro non abbia rivelato i nomi delle aziende che sono interessate al progetto e quanti soldi il Governo serbo abbia stanziato, dalle parole del Ministro Dinkic si può dedurre che la Serbia avrebbe tra le mani due progetti che sono strettamente collegati tra di loro, ovvero l'acquisto del Porto di Bar di conseguenza la costruzione della ferrovia Belgrado–Bar. Esso ha inoltre lanciato l'iniziativa di creare, con le più grandi società di esportazione della Serbia, un consorzio che, secondo le prime informazioni, sembra sia già fallito. Nikola Vujacic, direttore del Victoria Group spiega che la Serbia deve trovare una strada alternativa per poter esportare i prodotti, e questo proprio in vista del suo ingresso nell’Unione Europea. Finora la Serbia esporta grazie al porto di Costanza, perché il prezzo è ragionevole, ma Vujacic ritiene che gli uomini d’affari serbi abbiano la necessità di usufruire del Porto di Bar; in caso contrario, se si guarda al volume di esportazioni grazie ai porti di Kopar o Fiume, il prezzo sarebbe molto più alto. Vujacic dice che per lui è molto meno costoso esportare attraverso il porto di Costanza che dal Porto di Bar, dato che la sua azienda si trova a Novi Sad. Nonostante il Governo della Serbia all’inizio non ha rivelato quanto abbia messo da parte per questo progetto, si è venuto a sapere che esso ha stanziato 500 milioni di dinari come azionista di minoranza nella gara. Niente è ancora definitivo, perché se partecipassero le aziende serbe, allora parteciperà anche il Governo. Lo stato incentiverà anche l’anno prossimo progetti così importanti e strategici per le compagnie serbe nella regione, per le quali sono stati stanziati 1,5 miliardi di dinari.


Agenzia Balcani


Nota: l'articolo è un estratto di quello pubblicato su Rinascita Balcanica.
Per ulteriori approfondimenti leggi: http://www.rinascitabalcanica.it/read.php?id=40957

02 dicembre 2009

Il Baltico-Adriatico si schiera accanto alle imprese

Il portale di Rinascita Balcanica sarà parzialmente chiuso, con la possibilità di sfogliare le notizie dell'Agenzia Balcani accedendo ad un'area riservata. Questo è l'inizio per lo sviluppo di una élite di aziende, che vogliono contribuire alla realizzazione dell'Osservatorio Italiano, ma anche di giovani studenti o neolaureati che vogliono creare una loro professionalità lavorando a progetti di internazionalizzazione e di cooperazione transnazionale.

Come noto, a partire dal 1° dicembre, il portale di Rinascita Balcanica sarà parzialmente chiuso, con la possibilità di sfogliare le notizie dell'Agenzia Balcani accedendo ad un'area riservata. E' stata una decisione a lunga discussa ma fortemente voluta dalle aziende, dai giornalisti e da tutti coloro che contribuiscono a creare il progetto del Baltico-Adriatico, di cui Rinascita Balcanica, e lo stesso Osservatorio Italiano, fanno parte. Le imprese e tutti coloro che ci leggono da anni hanno creduto in questo progetto editoriale, perché fornisce un'informazione trasparente e molto vicina al reale contesto della regione dei Balcani, aiutando così a proteggere ed incrementare gli investimenti transnazionali. Esso infatti sostiene la cooperazione ma anche la comunicazione tra le due regioni europee, andando a colmare un vuoto e spesso la disinformazione che la guerra e l'isolamento hanno creato. Ora i Balcani sono vicini all'Europa, e così quel progetto "ambizioso e lontano" della Rinascita Balcanica sta diventando reale a tutti gli effetti, sia per noi che per i popoli di questa regione. Viste le nuove esigenze di espansione e di sviluppo di questo progetto, è ora necessario creare una vera e propria "agenzia di informazione" che sia davvero al fianco delle imprese con maggiore professionalità. Tutto ciò che vedete è stato creato sino ad oggi con autentico lavoro e sacrificio, e con i soli contributi delle imprese che hanno visto in noi un punto di riferimento ed una porta sui Balcani a cui accedere con molta facilità. Per il resto, questo portale non ha avuto finanziamenti da istituzioni, ed è il frutto dell'iniziativa di un gruppo di ricercatori e professionisti nato in seno alla Etleboro ONG.





Per tale motivo, vi sono state delle difficoltà, derivanti anche da una sorta di "embargo" a cui hanno sottoposto questa struttura perché troppo efficiente rispetto ad altre realtà ben più grandi e pagate profumatamente. Allo stesso tempo, le nostre informazioni sono state spesso copiate, senza mai menzionare la fonte, allo scopo di lucrarvi sopra. Da tale pratica "poco professionale", ma purtroppo diffusa tra i media italiani, sono nati tanti piccoli progetti, mensili e riviste che hanno elegantemente "rivenduto" il nostro lavoro, nonostante già percepiscano dei contributi. Senza voler entrare nel merito della gestione dei fondi per l'editoria o della gestione delle informazioni con la citazione o meno della fonte, abbiamo deciso di fare un taglio netto, e mettere l'Agenzia Balcani a pagamento, nel nostro diritto d'iniziativa imprenditoriale. Questo sarà anche un modo per creare una élite di aziende, che vogliono contribuire alla realizzazione dell'Osservatorio Italiano, ma anche di giovani studenti o neolaureati che vogliono creare una loro professionalità lavorando a progetti di internazionalizzazione e di cooperazione transnazionale. Così, le nostre imprese potranno sentirsi in qualche modo protette e sostenute nella loro ricerca "intelligente" di nuove soluzioni per l'espansione del loro mercato. D'altro canto, sappiamo bene che il "made in Italy" sia il prodotto maggiormente falsificato all'estero, e che spesso non vengono sufficientemente valorizzate le loro capacità.

Dunque, noi continueremo ad informare ogni giorno le imprese che hanno investito in noi, perché è giusto che debbano essere informate su quello che succede. Il pagamento di un abbonamento non cambierà certamente la vita di queste imprese, perché l'accesso a questa informazione non è irraggiungibile o gravoso. Di fatti, abbiamo deciso di fornire varie tipologie di servizi, differenziate a seconda delle esigenze di ognuno dei nostri lettori. Accanto a Regioni, Comuni e Camere di Commercio, vi sarà un'informazione per centri di ricerca e università, per professionisti, quotidiani e e media. Cercheremo di produrre dossier e rapporti di approfondimento, contribuiremo a sviluppare le informazioni di base per le riviste, nonché consulenze per iniziative di cooperazione ed in internazionalizzazione nella regione. Le imprese, invece, avranno la possibilità di ottenere, con un'unica soluzione di abbonamento, più servizi, in modo da venire incontro alle loro esigenze e bisogni. Per cui daremo sempre la nostra rassegna stampa dei quotidiani locali, selezionata anche sulla base di parole-chiavi o per singoli Paesi. Inoltre scriveremo per loro dei servizi giornalistici, delle interviste o dei reportage sulle loro attività e i loro prodotti. Esse avranno la massima visibilità all'interno dei 12 portali del Baltico-Adriatico, uno per Paese, in cui vedranno pubblicato il loro articolo nonché una pagina totalmente dedicata alla loro azienda. Esse avranno a disposizione una pagina elettronica in cui potranno descrivere brevemente la loro attività, fornire dati e contatti utili e pubblicare una presentazione dei prodotti offerti. Saranno inoltre inserite in una database che classifica le diverse attività economiche in categorie professionali e merceologiche. Alla fine, dovremmo realizzare con la vostra cooperazione una “camera di commercio virtuale” in cui ogni impresa potrà reperire agevolmente materie prime, prodotti, servizi e partner con cui comunicare, condividere esperienze e risorse. Speriamo così in una seria adesione a partecipazione di tutti coloro che amano le terre dei Balcani e soprattutto non si arrendono dinanzi alla crisi al disfattismo, perché credono nella forza dell'economia italiana e delle piccole imprese che la costituiscono.

27 novembre 2009

La guerra delle reti tra Italia e Slovenia


Il Sottosegretario all'Ambiente, Roberto Menia, ha accusato il Governo sloveno di opporsi alla realizzazione del terminal di gas di Trieste per interessi meramente economici, e non per motivazioni ecologiche e climatiche. La Slovenia, infatti, si oppone contro questo progetto, minacciando di portare l’Italia davanti alla Corte Europea, ma sostiene il terminal GNL di Krk, promosso dalla Croazia.

Il Sottosegretario italiano all'Ambiente, Roberto Menia, ha accusato il Governo sloveno di opporsi alla realizzazione del terminal di gas di Trieste non per "le conseguenze ambientali che ci potrebbero essere in Slovenia", ma per interessi meramente economici. "La Slovenia utilizza le motivazioni ecologiche e climatiche perché come un velo copre certe cose, anche loro stanno nascondendo delle ragioni economico-commerciali", afferma Menia, sottolineando che l'Italia costruirà questo terminal e che la politica energetica europea dovrebbe tener conto dei vantaggi che esso comporta in termini di riduzione dei rischi del clima e dell'aumento della sicurezza energetica della regione. Il Governo italiano ha approvato la costruzione di un terminal del gas e di un rigassificatore, secondo il progetto della compagnia 'Gasnaturale', che dovrà essere realizzato a Zaule, vicino Trieste, al confine con la Slovenia. I lavori dovrebbero iniziare il prossimo anno, e i costi si aggirano intorno ai 600 milioni di euro; la sua capacità potrebbe raggiungere gli 8 miliardi di metri cubi di gas all'anno. La Slovenia è contro questo progetto e ha fortemente protestato, minacciando di portare l’Italia davanti alla Corte Europea per la violazione delle norme ambientali e della tutela del territorio. Menia, nelle sue parole, allude alla recente dichiarazione da parte del ministro sloveno, Matej Lahovnik, secondo la quale la Slovenia, dopo il contratto firmato con la Russia sulla cooperazione per la costruzione del 'South Stream' non vuole avere più compratori. "Penso che chiarisce molte le cose la dichiarazione pubblica che la Slovenia ha interesse a cooperare alla costruzione del terminal croato di Krk", ha detto Menia alludendo alla recente dichiarazione del ministro sloveno Matej Lahovnik secondo cui la Slovenia è interessata al terminal croato per garantire la diversificazione delle fonti di approvvigionamento. Lo stesso Lahovnik ha confermato che Lubiana non ha alcuna opposizione nei confronti del progetto croato, e che già in passato ha espresso il proprio interesse contribuendo a questo progetto con la partecipazione della slovena Geoplin sloveno dell’uno per cento.

Storia diversa per il rigassificatore di Zaule, visto che il Governo sloveno continua a ribadire che ci sarebbero delle conseguenze catastrofiche sia per il mare che per la terraferma. Negli incontri avvenuti in precedenza per stilare l'accordo era stato definito che tutta la documentazione avrebbe dovuto passare il vaglio degli sloveni affinchè potessero analizzarla nel dettaglio. Lo stesso Ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, ha affermato che la Slovenia non ha prove per portare l'Italia davanti alla Corte europea e che l’Italia farà dei trattati con la Slovenia essendo sua vicina di casa. "L'Italia rispetta le regole del suo vicino e per questo ci consulteremo, ma la consulenza non è la stessa cosa se teniamo conto della decisione congiunta. In veste di giurista, non vedo alcuna base giuridica per poter fare una causa contro l'Italia e spero che ciò non accada", ha affermato alcune settimane fa Frattini. La Slovenia si oppone fermamente al progetto, e il Ministro dell'Ambiente, Karl Erjavec, in caso di realizzazione del progetto, è pronto ad accusare l'Italia presso la Corte Europea perché ritiene abbia sottovalutato gli impatti negativi sull'ambiente e i fattori di sicurezza del Terminal. Ha richiesto ulteriore documentazione al Ministro dell'ambiente italiano, che ha rilasciato la licenza per la prosecuzione della costruzione. Ciò in considerazione del fatto che, come ricorda anche Frattini, il terminal ha lo scopo di garantire la sicurezza energetica nazionale in modo che l’Italia raggiunga gli standard degli altri Paesi europei. Per Frattini l’interesse nazionale non deve essere sopraffatto da quello locale e i procedimenti in corso nei tribunali italiani, data l’opposizione di alcune regioni, presto saranno conclusi e così si potranno avviare i lavori.

Dalla Slovenia arrivano invece le seguenti parole: “Questo è il momento giusto per dimostrare l'importanza della Slovenia nell’UE; l’Italia per costruire ha bisogno del nostro appoggio“. E’ legittimo porsi una domanda: dietro l’opposizione ci sono degli interessi economici? Analizzando tutte le carte in tavola emergono due punti di vista fondamentali: esiste senz'altro un interesse economico della Slovenia a spostare il suo polo energetico verso i Balcani e non verso l'Italia, ma vi è anche un interesse politico come desiderio di riaffermare il proprio ruolo in Europa e nell'Adriatico. Dinanzi a questi due aspetti, quello ecologico-ambientale sembra passare in secondo piano. Il problema energetico però resta, considerando che ai paesi dell'UE serviranno molti investimenti pubblici e privati per collegare le diverse reti nazionali del gas. La crisi russo-ucraina, che ha avuto come risultato l’interruzione della fornitura per la gran parte dei Paesi dell'Unione Europea, dovrebbe far riflettere sulle esigenze dell'intera regione e disincentivare coloro che vorrebbero utilizzare il gas come arma. Evidentemente, si è innescata invece da tempo la guerra delle infrastrutture, delle reti, dei gasdotti. Vediamo Paesi che si schierano dalla parte del Nabucco o del South Stream, altri sui rigassificatori o i terminal, in quanto è la rete la chiave della sicurezza energetica, rete intesa sia a livello politico (per la ricerca delle fonti) sia a livello economico-infrastrutturale.


24 novembre 2009

L'influenza suina tra vaccini e corruzione internazionale


Come in tutto il mondo, l'influenza suina giunge anche nei Balcani, innescando i primi segnali di un terribile scandalo a sfondo umanitario. Il Ministero della salute serbo ha già acquistato migliaia di dosi dei vaccini contro l'influenza suina, scegliendo non a caso la Novartis, la società farmaceutica svizzera che ha monopolizzato la fornitura dei farmaci nelle zone colpite dalla pandemia. Dietro la mera distribuzione di farmaci, vi è però un mondo corrotto che baratta la vita delle persone con "benefit e viaggi premio" per i dottori e i funzioni della sanità pubblica.

Il mito della misteriosa influenza A-H1N1, o “influenza suina”, ha generato il panico in ogni parte del mondo. Scoperto in Messico, il virus si è diffuso in altri Paesi subendo una mutazione resistente alle medicine “miracolose”, come il Tamiflu e i vaccini proposti dalle varie lobbies farmaceutiche. Molti esperti confermano che si tratta di un virus creato nei laboratori per far guadagnare le stesse lobbies, come spiega la giornalista austriaca Jane Burgermeister. La Burgermeister lancia un'accusa contro l'Organizzazione Mondiale della Salute e le Nazioni Unite, così come le alte cariche delle organizzazioni farmaceutiche e dei governi, tra cui lo stesso Presidente americano Barak Obama. L' accusa è di pianificazione della distruzione di massa. La stessa giornalista indirizza l'accusa anche alle compagnie Baxter e Avir per i vaccini avvelenati. Questo ci riporta a ciò che è avvenuto in Bosnia, nell'aprile 2009, quando dei bambini sono stati avvelenati dai vaccini donati dall'UNICEF. Una storia mostruosa, dietro la quale si nascondono gli uomini del profitto e del denaro, che circola sempre tra Federal Reserve, WHO, UN e NATO, insomma coloro che guadagnano dalle guerre, dalle malattie e dalla povertà della gente. In quest'ambito, rientra anche la storia in cui sono coinvolti medici di Croazia, Serbia, Slovenia e Albania, corrotti dall`azienda farmaceutica Novartis, pur di inserire i suoi medicinali sul mercato farmaceutico dei Balcani e nelle strutture ospedaliere.

La documentazione di questo scandalo è stato depositato presso il Tribunale di Zurigo, di cui ne era a conoscenza lo stesso direttore della Novartis, Daniel Vasel. Gli ispettori interni dell'azienda svizzera di Basel e della filiale in Slovenia sapevano della corruzione già dal 2007. Tutte le famiglie dei dottori venivano pagati con viaggi e vacanze a Dubrovnik: così sono stati corrotti oncologi serbi e i funzionari della salute albanesi. L'Avvocato sloveno, Zoran Hajtnik, ha denunciato al tribunale di Lubiana e agli organi internazionali per la lotta contro la corruzione che, durante il 2002, tre dottori della clinica di oncologia di Belgrado, tra cui Zoran Bekic, Zoran Tomasevic, sono stati pagati con 10.000 euro per inserire nel protocollo della clinica il medicinale 'aredia'. I media sloveni non hanno fatto i nomi dei 15 dottori che con i loro familiari hanno goduto dei viaggi a Dubrovnik, né il nome del Ministro della salute albanese, pagato con 3.000 euro dalla Novartis, tramite la filiale “Novartis pharma services”, per mettere il medicinale “Glivec” sulla lista dei farmaci consentiti. Lo stesso hanno fatto i dottori sloveni accettando il farmaco Ehiade e portando famiglie e amici ai simposium a Dubrovnik. In questo modo, questi luminari della medicina hanno venduto il Desferal come farmaco nuovo, 15 volte più costoso di quello già usato negli ospedali. A pensarci bene le destinazioni per i dottori serbi erano migliori, come Thailandia, Brasile, Cina, Florida, dove partecipavano ai “congressi” offerti dalle aziende farmaceutiche.
D'altro canto, la corruzione in tale campo non è un fatto esclusivo dei Paesi Balcanici ma anche della EU stessa. In Germania, come si legge nel giornale tedesco Spiegel, è in corso il processo che coinvolge 480 dottori per i regali ricevuti dalla Concern Tromsdorf. Un dottore, che ha prescritto il medicinale almeno 5 volte poteva scegliere tra un Ipod e un televisore al plasma. Per 7 ricette si offriva un lettore dvd e per 14 un navigatore satellitare, con 18 ricette la scelta era tra un laptop e pc con stampante.

La storia tra medicina e corruzione continua con cifre esorbitanti per i weekends, regali, vacanze e congressi. “Che le aziende farmaceutiche comprino i dottori non è un fatto nuovo. Tutto viene fatto sempre più alla luce del sole. Ai dottori vengono pagati viaggi per partecipare ai miglior congressi mondiali, il cui costo si aggira intorno ai 10.000 euro. Vengono organizzate presentazioni dei loro lavori scientifici, pagando dai 500 ai 700 euro per un intervento che dura dieci minuti”, dichiara uno dei dottori di una clinica privata a Belgrado, il quale sottolinea come le pressioni siano molte, sopratutto nei confronti dei direttori delle cliniche, dei primari nei reparti di oncologia, ginecologia, cardiologia e diabetologia. Non è, poi, strano che nell'elenco dei dottori partecipanti al congresso, sia presente in aula solo 1 su 10 degli invitati, e tutti gli altri a fare shopping. Shopping di medicinali, senza alcuna preoccupazione delle controindicazioni che tali farmaci provocano sui pazienti già indeboliti dalla malattia. Tuttavia, secondo il Ministero della Salute serbo, la legge consente che l' azienda farmaceutica provveda alle spese di viaggio dei dottori per il congresso o all'onorario per il lavoro svolto. L'Albo dei dottori ritiene che il problema sia molto complesso, essendo stato redatto su tale tema un documento con cui si disciplina l'organizzazione dei congressi con fine educativo, specificando che non possono essere organizzati dalle case farmaceutiche.

Ciononostante, nulla ha fermato il Ministro della salute serbo nell'acquisto di migliaia di dosi dei vaccini dell'influenza suina, scegliendo non a caso la Novartis, perché "nel corso della gara di appalto, ha presentato la documentazione più completa”. E così il Ministero della salute serbo ha ordinato 3 milioni di dosi di vaccino dalla Novartis, escludendo così il vaccino preparato in patria e prodotto dall'Istituto Malattie Infettive di Torlak, a Belgrado, considerato uno dei migliori per la qualità dei suoi sieri, senza controindicazioni pericolose e additivi, indicato per i soggetti più a rischio come donne incinte, bambini e pazienti con malattie croniche. Inoltre, il vaccino della Torlak costa la metà. Il Ministro polacco, Eva Kopac, diveramente da quanto deciso dal Ministro della salute serbo, è diventata un'eroina "per una sola notte" dopo aver rifiutati i vaccini offerti dalle grandi società farmaceutiche. "Non autorizzerò dei vaccini che potrebbero causare più morti della stessa influenza”, aveva affermato. Si tratta infatti di un vaccino testato solo su 160 volontari tra i 20 e i 60 anni di cui nessuno infetto. Le statistiche pubbliche hanno dimostrato finora che sui 42 milioni di persone vaccinate, sono state registrate 750 controindicazioni, mentre nessuno ha parlato, in modo approfondito, dei casi di sindrome Guillen Barre a seguito delle vaccinazioni avvenute in Francia. La mutazione del virus resistente al Tamiflu esisteva già in Brasile, Cina ,Giappone, Messico, Ucraina, USA, Norvegia e Gran Bretagna. Quel tipo di virus entra a fondo nel sistema respiratorio e provoca gravi problemi. Novartis, Sanofi Aventis e Glaxo Smith Clain approfittano del panico, della disinformazione e dell'ignoranza della massa, dimostrandosi addirittura dei filantropi e donando le dosi alle popolazioni più povere del mondo. Sarà una donazione come nel caso dei vaccini avvelenati in Bosnia, in nome della loro opera “umanitaria”?

La sola pediatra dell'ospedale Starigrad a Belgrado, la dottoressa Micovic ha caldamente sconsigliato il vaccino, se non prescritto dal registro pubblico dei medicinali. "Non sono d'accordo con la vaccinazione contro la nuova influenza perchè l`immunità ad esso dovrebbe svilupparsi in natura, per essere più forte. Vaccinarsi non significa esserne totalmente immuni. Per questo credo che i bambini sani debbano sviluppare naturalmente le loro difese immunitarie. Credo che ogni genitore debba decidere se vaccinare o no il proprio figlio. Ai genitori spiego sempre che il vaccino è solo uno dei modi per evitare la malattia ma sicuramente non l'unico. L`immunità aumenta grazie ai cibi sani, l'attività fisica e l'igiene”, afferma la pediatra. Ma come sempre, in tutti i mercati in cui manca un prodotto sicuro, cresce il mercato nero che offre a cifre esorbitanti roba di qualità discutibile. I dottori serbi che viaggiano all'estero portano nelle loro valigie un vaccino dal costo di soli 7 euro, e forse dimenticano che i vaccini devono essere conservati in condizioni ottimali, alla giusta temperatura. Il vaccino contiene una componente chiamata MF-59, che provoca malattie di natura autoimmune come la sclerosi multipla, lupus e artriti reumatoidi. Il vaccino può avere anche effetti collaterali simili alla sindrome della guerra del golfo. Il sistema immunitario che colpisce è quello più forte, ed è questa la ragione per cui i casi mortali sono maggiori tra i giovani e non tra coloro che hanno un sistema immunitario più debole. Wayne Madsen, ex colonnello dei Marins, ora giornalista investigativo come Jane Burgermeister, conferma, sulla base delle dichiarazioni tratte dall' ONU, che il virus H1N1 è geneticamente prodotto come arma biologica. Ed è qui che salgono sul palcoscenico i grandi mercanti come Novartis che - e non dobbiamo dimenticarlo - è controllata dall'ex cartello farmaceutico dei nazisti di IG Farben, dall'oscuro passato collegato con gli esperimenti effettuati nel campo di concentramento di Auschwitz. Strane coincidenze che ritornano dal passato...

20 novembre 2009

L’Unione Europea rinasce ad Est


I Balcani hanno pian piano riacquistato la loro importanza di area sensibile del continente europeo, sia per le rotte dell’energia che delle merci. Se diamo uno sguardo all'Est ci accorgiamo che questi Paesi sono molto più europei di quanto possano essere l'Islanda o l'Estonia. Essi sono un patrimonio culturale europeo, ma anche una grande risorsa economica.

L'anniversario della caduta del Muro di Berlino è stato senz'altro un momento di grande riflessione per i vertici dell'Unione Europea, che, a distanza di vent'anni, hanno visto questo continente trasformarsi radicalmente. La crisi economica e le divisioni interne ereditate dagli anacronismi e dai residui della Guerra Fredda, hanno messo a dura prova questa "Europa democratica" che stava per spaccarsi proprio sulla firma del Trattato di Lisbona. Dinanzi al rischio di implosione, Bruxelles cambia rotta, dimentica la guerra con il "blocco sovietico" e decide di aiutare l'Europa Occidentale con un'espansione programmata verso il Mediterraneo e verso l'Oriente. Infatti, in questi anni abbiamo assistito ad una rapida "esplosione" dei suoi confini, che ha portato l'Unione Europea ad espandersi sino ai confini della Federazione Russa e del Mare del Nord, lasciando però un buco nero nella cartina europea, ossia i Balcani Occidentali.
Le nuove generazioni sono nate con l'idea che oltre la Slovenia ci fosse deserto, distruzione, guerre e desolazione. Fin quando tutti noi stavamo bene e combattevamo l'immigrazione albanese o davamo la caccia ai criminali di guerra, rientrava tutto nella normalità. Ora, che non stiamo più così bene, diamo uno sguardo all'Est e ci accorgiamo che questi Paesi sono molto più europei di quanto possano essere l'Islanda o l'Estonia. I Balcani hanno pian piano riacquistato la loro importanza di area sensibile del continente europeo, sia per le rotte dell’energia che delle merci. Un primo evidente sintomo di questo cambiamento è stato sicuramente l'apertura nei confronti della Serbia che, dopo essere stata bombardata, divisa ed isolata, è ora divenuta partner strategico di Russia e Cina, e dalla stessa Italia, preparandosi ad entrare in Europa. E così, già dal 19 dicembre del 2009 la Serbia, il Montenegro e la Macedonia (Fyrom) hanno ottenuto il via libera per entrare nell'area Schengen (visa free per soggiorni di breve durata, da 1 a 3 mesi). Allo stesso tempo si sta preparando la 'road map' per l'adesione di Belgrado che, se tutto va bene potrà avvenire già nel 2014, mentre Podgorica, Skopje e Tirana hanno avuto il via libera per cominciare il loro "questionario per la candidatura".

Bruxelles, dunque, sta lavorando per avvicinarsi ai Balcani e per aprire questa porta d'Oriente che da sempre fa parte dell'Europa, solo che lo avevamo dimenticato: essa è la culla della cristianità e della multi-etnicità per eccellenza, in cui religioni ed etnie si sono fuse in una caotica armonia. I Balcani sono un patrimonio culturale europeo, ma anche una grande risorsa economica. Attraverso il territorio della Serbia passerà il grande gasdotto russo South Stream, che dalla Bulgaria giungerà a Belgrado per poi arrivare in Ungheria, Austria e Italia. A tale progetto si è unita anche la Slovenia, e la Croazia pensa ad una sua candidatura per evitare di rimanere isolata all’interno della regione, e troppo dipendente dalle importazioni. La regione balcanica è inoltre importante strategicamente anche per i corridoi che portano nell'Europa Orientale, lungo il Danubio e sino al Mar Nero. Oltre ai corridoi V, Vc e 10, l'Italia e la Serbia hanno ipotizzato di promuovere presso l'Unione Europea un nuovo corridoio (n.11), che dovrebbe collegare Timisoara al Porto italiano di Bari, attraverso Vrsac, Belgrado, Cacak, Boljare, Podgorica e Bar. L'Albania, da parte sua, lancia un'interessante iniziativa con i Governi di Azerbaigian, Turchia e altri paesi del Mediterraneo, per la costruzione dell'oleodotto che dal Caucaso giungerà in Albania e terminerà in Europa, conosciuto come "Transadriatik 1". Questo progetto ambizioso si svilupperà contemporaneamente alla realizzazione con il governo di Qatar di un impianto di rigassificazione e di una centrale termoelettrica a gas nella regione di Seman. Ad essi sarà connesso il progetto della compagnia "ASG Power" volto al trasporto di acqua potabile mediante cisterne verso i paesi del Golfo Persico. Infine, la costa adriatica di Croazia, Montenegro e Albania diventerà una costellazione di porti e diramazioni, per tracciare quelle che saranno le nuove rotte del Mediterraneo di merci ed energia. Le potenzialità di sviluppo sono immense, perché questa regione sarà in grado di spostare l'epicentro degli scambi commerciali da Rotterdam all'Europa Sud-Orientale, visti i suoi stretti legami con la Russia, con il mondo arabo e con la Turchia.

Possiamo dunque concludere che sta veramente nascendo una "nuova Europa", che cerca di allontanare l'influenza americana e il braccio armato della NATO, per creare una entità politica solidale e compatta. L'Europa occidentale ha bisogno di quella orientale, che non è un pozzo senza fondo ma un patrimonio da tutelare e valorizzare. Un obiettivo di cui si è fatta coerente interprete l’Italia, che cerca di esportare il suo modello industriale, fatto di medie e grandi imprese di successo, che propongono ai propri partner tecnologie utili a ricostruire il Paese con un’economia sostenibile. Un esempio è la cooperazione del Gruppo Fiat e il Governo serbo, il quale ha deciso di proporre alla Serbia non solo un investimento, ma un intero progetto industriale che va dalla predisposizione delle infrastrutture, alla logistica, così come alla costruzione ex novo della filiera produttiva. Allo stesso tempo, il sistema Fiat (il gruppo di Torino ma anche tutte le imprese della filiera della componentistica) ha tratto dei vantaggi, perché ha avuto accesso ad un nuovo mercato per alimentare la produzione nazionale, e non far morire l’industria dell’automobile in Italia. Tra Serbia e Republika Srpska vi sono centinaia di persone che desiderano avere una macchina nuova, che consumi poco e abbia standards europei, e che tra l’altro gode degli incentivi di Stato. Così le macchine assemblate con componenti italiane hanno trovato immediata collocazione sul mercato. Da parte sua, la Fiat ha investito la sua esperienza e la sua conoscenza per far rinascere la Zastava, dopo che i suoi stabilimenti sono stati bombardati. In questo caso le sinergie hanno aiutato entrambe le parti, con un equilibrio, e se tutto andrà come si spera, questa cooperazione porterà al benessere di entrambi i Paesi, come giusto che sia. E’ arrivato anche il momento di fare una giusta informazione su quello che sono i Balcani, sul vero volto di questa “Nuova Europa” che sta sorgendo e anche dell’opinione che l’Europa ha di questi Paesi. Anche se non lo dicono, sanno bene che hanno bisogno dei Balcani, che non vanno da nessuna parte senza la Serbia, né senza l’Albania o la Croazia. E’ questo il vero significato delle parole “integrazione”, anche se usata impropriamente per dire che i Balcani hanno bisogno dell’Europa, quando la realtà è ben diversa.

17 novembre 2009

Incendio alla Zastava: errore umano o sabotaggio?


Lo stabilimento della Zastava di Kragujevac è stato colpito da un grave incendio nelle prime ore della mattina di sabato. Secondo le prime stime non ufficiali, il danno è stato di oltre un milione di euro. L'incendio si è verificato nella parte vecchia dell'area di produzione, mentre in base alle prime dichiarazioni sembra che le fiamme siano state provocate da un errore umano.

Dopo delle lunghe trattative per iniziare la cooperazione tra la Zastava e il Gruppo Fiat, per la produzione integrata del modello Fiat Punto e l'apertura di un nuova linea di montaggio, nella mattina di sabato lo stabilimento di Kragujevac è stato colpito da un grave incendio. Le fiamme hanno provocato infatti danni per oltre 1 milione di euro, mentre, grazie al tempestivo intervento dei vigili del fuoco, non vi è stata alcuna vittima. La strana coincidenza temporale in cui l'incidente si è verificato, lascia aperti molti dubbi su quale siano le cause dell'incidenti, se si è tratto di un errore umano, oppure di un sabotaggio. Senza seguire alcuna retrovia complottista, sembra davvero strano che si sia verificato un incendio proprio nella parte della fabbrica dell'assemblaggio distruggendo così la linea di montaggio e il processo produttivo, proprio quando stava per partire la nuova produzione di auto a gas e il Governo serbo stava per chiudere l'accordo di vendita della Zastava. Secondo le prime stime non ufficiali, il danno è stato di oltre un milione di euro, mentre la produzione delle automobili Punto subirà uno slittamento di circa tre settimane. La squadra di esperti, dopo il primo sopralluogo, ha constatato che è stato bruciato l'impianto di assemblaggio, considerando che le fiamme si sono estese per circa 700 metri quadrati e ha distrutto parte del nastro trasportatore per il trasferimento dei veicoli, nove "Punto Fiat" che in quel momento erano al reparto di verniciatura e l'intero impianto elettrico e meccanico, nonchè 200 metri quadrati del soffitto. Insomma, una catastrofe evitata davvero per poco, grazie all'intervento dei vigili del fuoco di Kragujevac, ma un danno che ostacola la produzione che finalmente era ripresa, dopo che la fabbrica ha subito gravi danni dalla guerra e dalla fase di transizione del Paese. Come previsto dagli esperti, servirà almeno un mese per riprendere la produzione e riparare i macchinari che hanno subito delle gravi lesioni. I danni dell'incendio saranno probabilmente coperti dall'assicurazione, ma se fosse necessario, il Governo serbo contribuirà a restaurare la fabbrica di Zastava, perché è ancora nelle mani dello Stato. L'incendio si è verificato nella parte vecchia dell'area di produzione, in cui si trovano i reparti di verniciatura e i nastri per l'assemblaggio. In base alle prime dichiarazioni, le fiamme sono state provocate da un errore umano. Sul caso, sta indagando Suzana Grujovic, la quale ha affermato che "l'unico indizio da cui partire è che l'incendio si è verificato nella zona dove i dipendenti della compagnia Gosa di Smederevo hanno svolto i lavori di riparazione ai nastri trasportatori".

Il Ministro dell'economia, Mladjan Dinkic, subito dopo l'incendio si è recato a Kragujevac per visitare la fabbrica. “Nell'incendio è stata distrutta una parte importante del montaggio, la parte del meccanismo del trasporto della carrozzeria delle macchine. Spero che tutto sarà riparato entro due o tre settimane. Gli indizi ci portano a pensare che sia stato un errore umano la causa dell'incendio”, ha dichiarato il Ministro Dinkic. Egli ha sottolineato che tutti lavori nella fabbrica sono stati assicurati e che l'intero danno sarà risarcito. Anche lo staff dei tecnici della Fiat è pronto ad aiutare le operazioni di riparazione degli impianti danneggiati, ha aggiunto Dinkic, assicurando che la produzione della Punto continuerà al più presto possibile. Non si conosce ancora l'entità del danno, ma, come affermato dallo stesso sindaco di Kragujevac, Veroljub Stevanovic, il danno più grave è stato causato dal blocco della produzione della Punto. “Il danno è evidente, prima di tutto perchè la produzione si è fermata, ma credo che sarà riparata al più presto possibile. Conosco bene la fabbrica, perche ho lavorato il quello stabilimento, e se proprio doveva scoppiare un incendio, è stato meglio che si sia verificato sulla linea del trasposto e non dove si trovavano le materie chimiche”, dichiara il sindaco di Kragujevac. Secondo il direttore generale Zoran Radojevic, questo potrà essere un vero segnale affinchè anche le altre zone della fabbrica siano costruiti meglio, al fine di non danneggiare le altre linee produttive. “Queste cose capitano nel processo di taglio e saldatura, con la produzione di molte scintille, tale che questi processi devono essere affidati a dei professionisti. L'incendio è un messaggio rivolto a tutti noi di prestare più attenzione e più rigidità nella scelta delle persone per il lavoro. La fortuna è stata che l'incendio non si è esteso”, dichiara Radojevic. Gli operai di Zastava hanno confermato che anche prima si sono verificati degli incidenti, ma nessuno ha mai pensato ad un incendio di tali entità, in momento in cui lo Stato e il Fiat hanno preso l'impegno a modernizzare la produzione.

Occorre ricordare che, all'indomani del summit Italia-Serbia, i rappresentanti italiani della Fiat hanno confermato al Ministro dell'Economia Dinkic che nelle prossime settimane sarebbe stato presentato al governo serbo il business plan per il nuovo modello della Fiat, appena concluso il progetto con la Chrysler, concentrando tutte le forze e l'attenzione sulla Serbia. Allo stesso tempo, è stata annunciata la ratifica dell'allegato del contratto Fiat-Zastava, con il quale avverrà il trasferimento dei primi 100 milioni degli 800 pianificati per la Zastava, mentre sarà creata la joint-venture “Fiat automobili Srbija”. L'allegato sarà firmato entro dicembre, quando saranno anche chiariti i dettagli nel business plan, scoprendo così se nella fabbrica di Kragujevac saranno prodotte anche auto di classe A e B. Il 2010 sarà anche l`anno dell'installazione dei nuovi macchinari e della professionalizzazione dei dipendenti. “Il 98% delle auto prodotte nella Zastava saranno rivolte all'esportazione”, ha precisato il Ministero dell'economia serba. La compagnia Fijat automobili Srbija è stata fondata il 14 ottobre nell'anno scorso, ma ancora non sono stati stabiliti i dettagli su come funzionerà. Tutto questo andrà visto anche alla luce dell'ultimo incendio e degli sviluppi nei rapporti tra Serbia e Italia, che non sono stati ben accolti da alcuni. Accordi che, oltre all'industria automobilistica, riguardano anche lo sviluppo di un nuovo progetto infrastrutturale, il corridoio 11, che collegherà Timisoara, attraverso Vrsac, Belgrado, Cacak, Boljare, Podgorica e Bar, con il porto italiano di Bari.Tutto questo potrebbe essere interessante non soltanto per la Serbia ma anche per i cittadini italiani che sempre più spesso si trasferiscono nei Paesi dell'Est a causa della crisi economica. Lo stesso Premier italiano è stato molto sorpreso di apprendere dal Presidente Tadic che molti italiani residenti in Romania cominciavano a trasferirsi in Serbia.

13 novembre 2009

L'Albania lancia ambiziosi progetti energetici con Caucaso e Qatar

Un'importante iniziativa è emersa nel corso della II Conferenza Internazionale degli Investimenti Esteri in Albania, tenutasi la scorsa settimana a Tirana. Sali Berisha rende nota l'iniziativa in corso tra i Governi di Azerbaigian, Turchia e altri paesi del Mediterraneo, per la costruzione dell'oleodotto che dal Caucaso giungerà in Albania e terminerà in Europa, conosciuto come "Transadriatik 1". Questo progetto ambizioso si svilupperà contemporaneamente alla realizzazione con il governo di Qatar di un impianto di rigassificazione e di una centrale termoelettrica a gas nella regione di Seman. Ad essi sarà connesso il progetto della compagnia "ASG Power" volto al trasporto di acqua potabile mediante cisterne verso i paesi del Golfo Persico.(Foto: Trans Adriatic Pipeline (TAP) della Statoil norvese e la svizzera EGL)


Durante la II Conferenza Internazionale degli Investimenti Esteri in Albania, tenutasi la scorsa settimana a Tirana, il Premier Sali Berisha ha invitato oltre 100 imprenditori stranieri a sfruttare le potenzialità che il Paese offre nel settore del Turismo, dell'Energia e dell'infrastruttura. Nel suo discorso, Berisha ha messo in evidenza che oggi più che mai l`economia albanese ha la necessità d`investire in progetti decisivi per il Paese, garantendo al Governo un clima molto favorevole per gli affari e le imprese. "Oggi è un giorno speciale per l'Albania. Più di 100 investitori di Arabia Saudita, Kuwait, Bosnia e tanti altri Paesi, si sono riuniti a Tirana per conoscere e cercare le potenzialità dell'Albania, i bisogni e le opportunità che questo Paese offre", ha espresso Berisha. Il Premier ha inoltre valutato che la conferenza si sta tenendo in un momento molto importante, in cui l`economia albanese ha un grande bisogno di investimenti stranieri. "L`economia albanese ha bisogno di finanziamenti e progetti, decisivi per accrescere le aree scambio e creare un clima favorevole", ha sottolineato il capo dell'esecutivo, garantendo agli investitori stranieri che in Albania si troveranno delle straordinarie possibilità per sfruttare turismo, energia, miniere ecc. Il capo dell'esecutivo ha assicurato che il Governo non si fermerà nei suoi sforzi di agevolare il lavoro e la sua attività in Albania e che gli investimenti di ciascuno avranno una storia di successo.



Un'importante iniziativa è emersa nel corso della Conferenza, ossia quella relativa ad una iniziativa in corso tra i Governi di Azerbaigian, Turchia e altri paesi del Mediterraneo, per la costruzione dell'oleodotto che dal Caucaso giungerà in Albania e terminerà in Europa, conosciuto come "Transadriatik 1". Questo progetto ambizioso, che verrà costruito da due compagnie straniere, una svizzera e l`altra norvegese, si svilupperà contemporaneamente alla realizzazione con il governo di Qatar di un impianto di rigassificazione e di una centrale termoelettrica a gas nella regione di Seman, che dovrebbe ospitare un vero e proprio complesso energetico. Ad esso sarà connesso il progetto della compagnia "ASG Power" volto al trasporto di acqua potabile mediante cisterne verso i paesi del Golfo Persico. Si tratta di un progetto sostenuto direttamente dal Governo albanese, che sta svolgendo dei negoziati ad alto livello con il Qatar, uno dei Paesi tra i più importanti nell'esportazione di gas liquido a livello mondiale. Il Premier Berisha ha infatti tenuto a precisare che ha negoziato personalmente con il Qatar i contratti per la fornitura di gas all'Albania, sottoscrivendo lo scorso maggio un accordo di collaborazione economica, commerciale e tecnica tra i due Paesi. Attualmente, le negoziazioni sono ancora a livello d`intesa. “Tutta la pioggia che cade in Albania, cade invano dell'Adriatico senza essere utilizzata", ha dichiarato il direttore della compagnia Agim Gjinali, nel corso della presentazione del suo progetto.

Secondo Gjinali, il progetto vedrà l'utilizzo efficiente di navi cisterna che, oltre a trasportare gas dal Qatar in Albania, porteranno acqua potabile dall'Albania agli Stati del Golfo Persico. La compagnia “ASG Power” ha reso noto, inoltre, di aver svolto degli studi per la costruzione di un impianto di rigassificazione del gas liquido a Seman, con una capacità di 30 miliardi di metri cubi all'anno, affiancata da una centrale termoelettrica dalla potenza istallata di 1200 MW e due condutture, di cui una per portare una parte del gas verso l`Italia e l`altro per fornire il gasdotto "Nabucco" in Bulgaria. “Circa 150 navi all'anno arriveranno a Semar per trasportare nel Mediterraneo il gas del Qatar. Nel viaggio di ritorno, di solito, le cisterne vengono riempite con acqua di mare per garantire un equo bilanciamento della nave durante la navigazione. Secondo il piano, perciò, esse saranno riempite con acqua potabile in Albania, per poi essere consegnata ai Paesi del Golfo", spiega. Molti Paesi arabi utilizzano la tecnologia della desalinizzazione dell'acqua marina per produrre acqua potabile di pessima qualità, ad un costo di oltre 50-60 centesimi di dollari a metro cubo. Secondo Gjinali, tutto il complesso energetico di Seman aumenterà l`efficienza delle varie fasi di stoccaggio e trasporto del gas, il che rende il progetto attrattivo da diversi punti di vista. “La centrale termoelettrica produrrà energia termica, che verrà usata dall'impianto di rigassificazione per liquefare il gas. Il GNL importato verrà usato in Albania per la produzione d`energia elettrica: l`energia e il gas verranno esportati in due direzioni diverse", ha spiegato Gjinali. Alla Conferenza organizata dalla IDB (Saudi-based Islamic Development Bank) in Albania, erano presenti vari Ministri deI Governo albanese, il Presidente dell'IDB Muhamed Ali, il Direttore Generale dell'OPEC per lo sviluppo, Sulejman Jasir Al-Herbish, imprenditori nazionali, rappresentanti di istituzioni economiche internazionali, investitori stranieri, rappresentanti del corpo diplomatico.

12 novembre 2009

La fuga dei capitali russi dal Montenegro


L’amore storico tra Russi e Montenegrini, che dieci anni fa è stato concretizzato con l'arrivo di decine di magnati russi nell'Adriatico meridionale adesso in gran parte è svanito. Non è rimasto quasi nessun compratore russo di nuove ville, appartamenti e terreni, e sempre più spesso offrono di vendere quello che hanno comprato prima. La proprietà che hanno pagato a caro prezzo ora viene offerto a prezzi bassi. Tutto questo ha approfondito i sospetti che gli alberghi possono essere utilizzati per eventuali azioni illegali, come riciclaggio di denaro, ma non è mai stato provato.

L’amore storico tra Russi e Montenegrini, che dieci anni fa è stato concretizzato con l'arrivo di decine di magnati russi nell'Adriatico meridionale, tra il 2006 e il 2007, e così con l'acquisto di terreni e ville nonché grandi progetti di hotel e villaggi turistici, adesso in gran parte è svanito. La Riviera di Budva, il principale bersaglio dei nuovi miliardari russi, è stato il principale oggetto della discordia. Tutto è iniziato quest'autunno quando la "Guida per il Montenegro” ha definito i montenegrini di Miramax dei bugiardi, "perchè ancora tramandano l'antica tradizione dei ladri e dei predatori". Dei complessi di hotel di lusso dal marchio "Kempinski", "Sheraton", "Hilton", "Four Seasons" e tanti altri che avrebbero dovuto adornare la costa della Riviera di Budva, da Buljarice a Jaz, oggi restano solo i cantieri e gli edifici appena iniziati, hotel che non funzionano e un sacco di debiti, che i russi hanno lasciato dietro di sé. Non è rimasto quasi nessun compratore russo di nuove ville, appartamenti e terreni, e sempre più spesso offrono di vendere quello che hanno comprato prima. La proprietà che hanno pagato a caro prezzo ora viene offerto a prezzi bassi. Le informazioni sul fallimento del "Mirax Group", del miliardario russo Sergei Polonski, come riportato dalle agenzie internazionali lo scorso fine settimana, hanno agitato ancor più il mare di Budva. Questa società stava costruendo un villaggio turistico a Zavala, che ha ricevuto molta attenzione dai media. La Mirax dei Balcani nega la notizia giunta da Mosca, affermando che "molte altre aziende nel mondo che si occupano di affari immobiliari hanno dei problemi finanziari, ma non sono in bancarotta", promettendo poi di finire la costruzione di quaranta ville. L'ultima incomprensione giunge dell'hotel "Regina del Montenegro" di Becici, che quest'estate è stato rilevato dai russi del "Korston group” promettendo di creare un paradiso del gioco d'azzardo in una delle più belle spiagge del Mediterraneo. La settimana scorsa, però, hanno annunciato il licenziamento dei dipendenti stagionali, paventando anche la possibilità di chiudere l'hotel durante l'inverno, anche se la notizia sia stata poi rettificata. La situazione è stata ulteriormente complicata dall'annuncio della società "Jack pot", che ha una licenza per un hotel-casinò a Podgorica, di rischia di perdere la sua concessione non avendo ancora rispettato i propri obblighi.

Ovviamente il caso più eclatante è quello del grande oligarca russo, Oleg Deripaska, che ha abbandonato il cantiere vicino Jaz dove aveva iniziato la costruzione di alcuni Hotel. Resta, tuttavia, il progetto di "Metropol" di costruire a Sveti Marko decine di ville private di lusso. Anche il famoso "Sheraton" di Becici, che ancora non “esiste” tra l'albergo "Splendid" e "Naftagas”, dopo che la società russa Belon Group ha acquistato il terreno attraverso la sua società "Capital estate”. E' interessante ricordare la ricostruzione dell'ex "4 Luglio " e ora Hotel "Monte Casa" a Petrovac, è vuoto per due anni. I russi che nel frattempo sono falliti e hanno interrotto completamente i lavori, hanno solo iniziato a costruire 40 ville con 237 appartamenti, di cui quasi la metà sono state vendute, ma non hanno nemmeno pensato di costruire quell'hotel di lusso con 27 piani per cui gli è stato rilasciata la licenza. Dopo quattro anni di rinnovamento, è stato ufficialmente aperto nella metà di luglio 2007, e il proprietario della “Moskovskaja trastova Group“, attraverso la loro società in Montenegro "Petrohotel”, ha investito circa dieci milioni di euro in lavori di ristrutturazione. I russi più volte hanno prorogato il termine per il completamento degli investimenti, e il Ministero del Turismo ha ripetutamente ribadito sollecitando che l'hotel fosse inaugurato. Quando finalmente è stato inaugurato ufficialmente, è stato a lungo considerato un centro termale medico, ma è ancora vuoto. I lavoratori degli alberghi che erano stati assunti, avvertivano che qualcosa non andava, perché l'hotel non aveva ospiti, né pubblicità, anche de l’offerta per Petrovac rimane una delle più importanti.

Tutto questo ha approfondito i sospetti che gli alberghi possono essere utilizzati per eventuali azioni illegali, come riciclaggio di denaro, ma non è mai stato provato. Dal febbraio 2002 fino ad oggi, ogni anno arrivano russi che annunciano che nella prossima stagione di aprirà un hotel. Non vi sono dubbi però che questi "investitori" che sbarcano in Montenegro provenienti dalla Russia si sono rivelati assolutamente i più inaffidabili tra tutti gli investitori esteri. I cittadini di Budva non sono preoccupati che gli hotel non vengano costruiti, ma dei debiti che le società russe lasciano alle autorità locali. Solo Mirax deve pagare al comune di Budva quasi sette milioni di euro. Rilevando che "nessuno è stato ufficialmente informato del fallimento di Mirax", il sindaco di Budva, Rajko Kuljaca, ha detto ai giornalisti di non essere molto interessato. “Abbiamo reagito in tempo utile. La proprietà in capo alla "Mirax" non è stata registrata, e presto saranno venduti i loro appartamenti e la terra“, ha detto Kuljaca. Per la costruzione dell'hotel Zavala, per il terreno di circa sei ettari il comune non ha ancora trovato gli investitori. Ci si chiede, allora, qual è la causa del fallimento russo in Montenegro e della loro fuga , nessuno sa dirlo con precisione. La crisi economica potrebbe certamente essere uno dei motivi principali per il cattivo stato degli affari russo-montenegrini, come è stato detto per il caso della KAP e della miniera di Bauxite comprata dalla CEAc di Deripaska. Però è davvero molto strano che grandi quantità di denaro arrivano in Montenegro, girano un po' tra le banche e le agenzie immobiliari, e poi spariscono sia i progetti che gli investitori. Non possiamo allora dimenticare le parole di un nostro lettore che ha definito il Montenegro, una "piccola Columbia dell'Adriatico".

10 novembre 2009

Quel muro invisibile che continua a dividere Occidente ed Oriente



9 novembre 1989: cade il muro di Berlino ed inizia la fine della Guerra Fredda. Tuttavia, dopo l'ebbrezza dei festeggiamenti, ben presto è stato dimenticato il significato di quello storico evento, per preparare il mondo ad altri vent'anni di guerra, vissuti nell'ombra di quei due blocchi che hanno continuato silenziosamente a combattersi. Un conflitto silenzioso ha continuato in questi lunghi anni, e il fantasma del muro è ancora nel futuro di questa Unione Europea costruita sul concetto dell'emergenza

9 novembre 1989: cade il muro di Berlino ed inizia la fine della Guerra Fredda. Un conflitto nato dall'esasperazione del bipolarismo e dello scontro tra due sistemi politici ed economici opposti ma entrambi inefficaci e corrotti, i cui strascichi hanno causato altri vent'anni di guerra e di instabilità mondiale. La caduta del grande muro, costruito in una sola notte, è stata senz'altro la vittoria del popolo tedesco, del popolo europeo e di coloro che credevano nella scomparsa delle barriere e di confini, ed ipocritamente non parlavano di "unione europea" ma di un'unica nazione libera da ideologie e divisioni. Tuttavia, dopo l'ebbrezza dei festeggiamenti, ben presto è stato dimenticato il significato di quello storico evento, per preparare il mondo ad altri vent'anni di guerra, vissuti nell'ombra di quei due blocchi che hanno continuato silenziosamente a combattersi. La caduta e il fallimento dell'URSS non ha soddisfatto il blocco atlantico, che ha voluto schiacciare e frantumare la Jugoslavia, bombardare la Serbia e dissolvere una delle ultime vestigia dei Paesi socialisti. La Serbia ha perso parte del suo territorio per dar vita ad un protettorato della NATO. Negli stessi anni ha avuto inizio la guerra nel Golfo, preparando così, dopo il finanziamento al terrorismo nei Balcani e nello stesso Afghanistan, la guerra ad Al Qaida, la strategia del terrore e la nuova società del controllo delle masse. La spesa militare resta ancora un cardine fondamentale della politica estera americana, preparando un'offensiva contro l'Iran e la costruzione di uno scudo anti-missilistico nel cuore dell'Europa. Non si può dire, dunque, che il sacrificio e la lezione del popolo tedesco sia stato capito realmente dalle potenze del mondo, che hanno abusato negli anni della loro posizione di dominio per fare della guerra uno strumento di "esportazione della democrazia capitalista", e così di quella ideologia occidentale che veniva considerata come vero vincitore.

Il cambiamento del sistema economico e politico è costato centinaia di vite, con cifre non molto distanti da quelle causate dalla costruzione del muro, in quanto tutti i Paesi dell'Europa Orientale sono crollati nel caos e nella povertà, perdendo tutto dall'oggi al domani. La colonizzazione capitalista è stata selvaggia e senza alcuna regolamentazione, dando così vita a speculazioni e svendite del patrimonio di ogni Stato a favore delle logiche delle lobbies che avevano armato le potenze occidentali. La Russia, come la Germania, dal canto suo ha imparato dai suoi errori e ha ammesso il fallimento per cambiare il suo sistema economico e orientarlo allo sfruttamento dell'energia, come valore di garanzia della ricchezza e della solvibilità dello Stato. Ironia della sorte, mentre Mosca si è rialzata, l'America è caduta con l'abbattimento delle Torri Gemelle, un evento altrettanto catastrofico e scioccante, che ha segnato a 10 anni dalla caduta del muro di Berlino, l'inizio del crollo del mito americano. Dal 2001 ad oggi abbia assistito, senza neanche accorgercene, al fallimento silenzioso di una potenza colossale, e allo stesso tempo al suo tentativo di rialzarsi recuperando gli antichi valori patriottici. Senza dubbio, quella realtà bipolare basato sulla paura della mutua distruzione nucleare ha cessato di esistere, ma un mondo unipolare ha dimostrato la sua inconsistenza, com scrivono i quotidiani russi. Oggi, dinanzi a noi cittadini del mondo, vi sono delle grandi sfide, perché alle generazioni future viene chiesta la reale evoluzione della società moderna, con un'economia sostenibile, nuove fonti di energia, equilibrio tra le forze politiche internazionali, fine del mondo sottosviluppato e fine delle guerre. Vista la nobiltà dei nuovi propositi e il fallimento dei tentativi precedenti, è stato affidato al mutuo dialogo tra i vari Stati l'onere di dare una soluzione politica equilibrata per i Paesi. Di tale dialogo si fa principale interprete l'Unione Europea che, ispirandosi ad ideali di solidarietà, vuole creare una organizzazione sovranazionale di Paesi omogenei tra di loro, con un'unica moneta e nessun confine dettato da barriere, leggi o restrizioni.

Un modello che ha avuto sostanzialmente successo nella parte occidentale, essendo costituita da Paesi economicamente forti e simili tra di loro. Cosa diversa è l'ampliamento verso Oriente, dove le differenza diventano sempre più evidenti, e pregiudicano la stessa armonizzazione tra i diversi Stati, i quali non vogliono rinunciare alle proprie caratteristiche alle proprie diversità. Nel frattempo, per nostra fortuna, è fallito il progetto politico-militare dello scudo-missilistico americano, che avrebbe creato le basi per un'ulteriore divisione interna dell'Europa e profonde spaccature nel dialogo con la Russia. Su di esso ha vinto la cooperazione UE-Mosca, volta a guidare i Paesi dell'Est verso un modello europeo, nell'interesse di entrambi i blocchi: dell'Europa per poter crescere, e della Russia per poter vendere energia e fare da ago della bilancia degli equilibri internazionali. Principale esponente di tale strategia è proprio l'Italia che, per bocca del Ministro Frattini, si unisce alla voce del Cremlino per dare un messaggio al mondo in questo anniversario così importante. La «casa comune europea» ed il «nuovo ordine mondiale», restano due concetti nati dopo il muro di Berlino e ancora incompiuti, per dare così spazio "al rilancio politico del rapporto tra la Nato e la Russia sulla base di una partnership reale e tenendo conto degli interessi di sicurezza reciproca. In secondo luogo, la definizione, nel quadro del negoziato in corso, di un nuovo accordo tra Unione Europea e Russia, per dar luogo a un partenariato strategico non solo economico, ma anche politico. Infine, la creazione di una nuova architettura di sicurezza europea". Queste le parole del Ministro Franco Frattini e di Sergei Lavrov nel loro articolo che fa il giro del mondo e ricorda al mondo che non esiste un "ordine mondiale" così come lo ha pensato l'America e le organizzazione mondiali da essa monopolizzate, ma solo una giusta cooperazione tra i Paesi che non utilizzi un braccio armato come quello della NATO per la risoluzione delle controversie.

Un primo evidente risultato di tale strategia è sicuramente l'apertura nei confronti della Serbia, erede della storia recente e lontana della Jugoslavia, e ora divenuta partner strategico di Russia e Cina, e dalla stessa Italia, preparandosi a entrare in Europa e a partecipare alla pianificazione del nuovo piano per la sicurezza europea, oltre che alla strutturazione delle strade dell'energia. I Balcani hanno così riacquistato la loro importanza di area sensibile del continente europeo, accanto al Caucaso e alla stessa Turchia, nuovo astro ascendente, e spesso sottovalutato, del Mediterraneo. In tal senso va vista la riapertura delle trattative di adesione euro-atlantica per Ankara, l'attenzione degli Stati Uniti per la normalizzazione della Bosnia e le pressioni per una retrocessione della Russia nel Caucaso con la proposta di adesione alla NATO per la Georgia e dell'Ucraina. La situazione diventa ancora più complessa se si aggiungono le dinamiche che hanno coinvolto Iran, Iraq e Medioriente, sino alla lontana Cina. Ciò non significa che i Paesi, da quel 9 novembre del 1989, non abbiano fatto progressi nella ricerca della pace e della stabilità, abbattendo le catene delle dittature e delle ideologie. Tuttavia, non si può neanche affermare che la Guerra Fredda sia finita proprio con la caduta del muro, e con essa le divisioni tra Oriente ed Occidente. Un conflitto silenzioso ha continuato in questi lunghi anni, e il fantasma del muro è ancora nel futuro di questa Unione Europea costruita sul concetto dell'emergenza e dunque dell'ampliamento per far fronte la crisi, vedi caso Islanda. Se non si supera la vecchia concezione che l'Occidente è la parte sana e forte in cui l'Est deve entrare per salvarsi, rifaremo lo stesso errore commesso negli anni '90 con i Balcani, ossia quello di non voler comprendere, assorbire ed integrare le loro differenze (e non il contrario). Un domani vi saranno muri invisibili a dividere l'Europa occidentale e quella orientale, se non saranno ristudiate le politiche dello sviluppo dei Paesi e della valorizzazione delle risorse locali, affinché l'immigrazione non sia più una soluzione per fuggire dal proprio malessere, e il caso Romania ha molto da insegnare.

30 ottobre 2009

I Balcani restano un corridoio della criminalità transnazionale

Il rapporto Europol 2009 sul crimine organizzato parla dell`Albania come un Paese su cui transitano e nascono le più grandi organizzazioni criminali del Mediterraneo. I trafficanti albanesi controllano tutto il traffico della droga nella zona dell'Europa Sud-Orientale, sfidando anche le organizzazioni mafiose italiane. Però l'Albania resta un mero intermediario, e fin quando ci sarà richiesta e collusione nell'Europa occidentale ricca, il traffico non cesserà.

L'ultima relazione sulla minaccia della criminalità organizzata in Europa, l'organizzazione della polizia europea EUROPOL, mette Croazia e Albania al centro della struttura criminale dell'Europa sud-orientale. Secondo i dati analitici dell'EUROPOL, in Europa esistono 5 sedi di questo tipo: "Nord-ovest" (Olanda e Belgio); "Sud-ovest" (penisola Iberica), "Nord-orientale" (i confini orientali dell'Europa), "Sud" (Italia) e "sud-orientale" dove operano i gruppi criminali di Ucraina e Moldavia, Balcani occidentali e Turchia. La "Rotta dei Balcani" viene ancora usata per il contrabbando dal Mar Nero, dalla Romania e dal Mediterraneo, fino ai porti in Slovenia, Croazia e Montenegro, riporta la relazione. Questi porti, sono usati per il passaggio di immigrati clandestini, per la tratta di essere umani, di droghe, sigarette e armi. L'eroina, la droga più venduta, prima di passare sulla "Rotta dei Balcani" per essere distribuita in Europa, viene consegnata ai gruppi criminali olandesi, mentre, a livello regionale, cade nella zona d'influenza dei gruppi criminali albanesi. Il contrabbando delle sigarette parte dall'Ucraina e dalla Moldavia. Le sigarette prodotte legalmente nelle fabbriche regionali vengono indirizzate verso il mercato nero. "La liberalizzazione del mercato, la posizione geografica dei Balcani e la presenza dei gruppi criminali organizzati, contribuiscono alle attività criminali", spiega la relazione EUROPOL.

In particolare, il rapporto per il 2009 dell'Europol sul crimine organizzato, considera l`Albania come un Paese fonte delle organizzazioni criminali. Per di più il rapporto sottolinea che il traffico della cocaina è in crescita, e il mercato diretto verso i Paesi UE passa proprio attraverso l`Albania. La polizia europea, nel suo rapporto, cita anche i gruppi etnici albanesi come i principali collusi in questi traffici. Il rapporto va anche oltre, affermando che i trafficanti albanesi controllano tutto il traffico della droga nella zona dell'Europa Sud-Orientale, sfidando anche le organizzazioni criminali europee, ad esempio quelle italiane, che finora erano anche le più organizzate. Così, mentre da parte delle autorità delle forze blu albanesi affermano che il traffico di narcotici proveniente dall'Albania è al suo minimo storico, il rapporto Europol presenta tutt'altri dati. Come se non bastassero i rimproveri del rapporto della Commissione Europea, ci si mette anche l`Europol a mettere un grande punto interrogativo sull'affidabilità dello Stato albanese nella guerra contro il crimine organizzato, inserito tra i punti base per l`integrazione nell'Unione Europea. Inoltre, il documento afferma che i legami tra l`Albania e l`Italia sul traffico di esseri umani rimangono ancora molto forti.

L`Albania, per l`Europol, non solo non ha ridotto il traffico dei narcotici, ma il Paese è diventato una centrale per il trasporto e la distribuzione della droga, principalmente eroina, in tutti i Paesi dell'Unione Europea. “La distribuzione regionale sull'Europa Sud-Orientale sembra essere ancora nelle mani dei gruppi etnici albanesi, e l`Albania serve come centro accumulatore per il trasporto e la distribuzione dell'eroina in UE", viene citato dal rapporto elaborato da Europol. “I gruppi turchi stanno usando la Romania e la Bulgaria come punti d`ingresso dell`eroina verso l`UE e stanno collaborando con gruppi albanesi e serbi, che spesso trasportano attraverso l'Albania la parte che andrà distribuita. Così da Albania e Kosovo, la rotta continua in Austria e di conclude nell'Europa Occidentale", viene citato sul rapporto. Oltre al traffico di eroina, secondo questo rapporto, anche quello di cocaina è cresciuto sensibilmente attraverso la Turchia e i Paesi dei Balcani. Ciò è avvenuto grazie al rafforzamento dei gruppi di distribuzione turchi e albanesi. Il rapporto dà rilevanza anche al ruolo del porto di Costanza nell'aumento del traffico della cocaina, la quale proviene sempre più da Turchia e i Balcani, anche se esso potrebbe essere aumentato in seguito all`effetto del suo rafforzamento nell'Africa del Nord, come zona di transito. L`asse del traffico dei narcotici si focalizza attorno all'Italia, dove i gruppi italiani continuano ad essere attivi, ma su certi fronti vengono affrontati dai gruppi albanesi, colombiani, turchi, tale che per questa ragione sono obbligati a collaborare. “L`asse criminale si trova attorno alla posizione geografica dell`Italia, come una delle porte privilegiate verso l`UE, e al ruolo centrale dei gruppi italiani del crimine organizzato, con contatti in molti paesi e regioni del mondo. Tutti i gruppi principali del crimine sono nuovamente attivi sul traffico della droga, anche se in certi casi, essi sono sfidati da quelli emergenti, e per questo motivo sono obbligati a collaborare con albanesi, colombiani, turchi e criminali africani", conclude il rapporto Europol per il 2009.

Così l`Albania per la prima volta viene considerata come porta e centro per il trasporto dell'eroina, mentre la regione dei Balcani come zona d`origine e transito per il riciclaggio di denaro e traffico d`armi. In generale, Tirana viene ritenuta responsabile non solo come Paese, ma anche per la sua diaspora, un deja-vu per la vicina Italia, con cui condivide posizione geografica e storia di emigrazione. Intanto ne dovranno passare ancora di anni per vedere ammanettato qualche "Al Capone", perché i tempi non sono ancora maturi, per il semplice fatto che l`Albania è solo un paese di transito e poi produttore di cannabis. Si tratta perciò di questioni di base economico-politiche di domanda e offerta, e di conseguenza il traffico non cesserà fin quando ci sarà la domanda da parte dei Paesi UE. Le droghe come eroina e cocaina, sono definite come parte essenziale per l`alimentazione di una società debole di principi e fondamenti. Perciò l`Italia di una volta e i Balcani di oggi sono più sane su questo aspetto, e l`Albania è addirittura al primo posto per smercio, ma non per consumo. Si tratta di conseguenza della solita domanda retorica quella dell`Europol: vi facciamo entrare se fermate il traffico! Teniamo conto inoltre che la stessa UE si fonda in piena Guerra fredda, periodo in cui si vennero a creare le zone cuscinetto, come i Balcani.

In effetti, il traffico di droga nel Mediterraneo non si è mai fermato, proprio perchè esiste una forte domanda da parte dell'Europa Occidentale. Solo la scorsa settimana, l'operazione internazionale "Guerriero balcanico" sono state sequestrate oltre alle due tonnellate di cocaina sequestrate, con il coinvolgimento della mafia balcanica e transnazionale. Alle indagini sul contrabbando di circa tre tonnellate di cocaina scoperto dai servizi segreti serbi (BIA) e dall'Agenzia americana per la lotta contro la droga (DEA), si unirà anche il Montenegro. Podgorica, ufficialmente, potrebbe contribuire alla cattura degli organizzatori e dei partecipanti a tale rete criminale, anche perchè, nonostante siano poche le attività penali sul territorio della ex Jugoslavia che vedono il coinvolgimento dei cittadini montenegrini, essi sono comunque protagonisti nella costellazione della mafia balcanica. Questo è quanto dimostrato dagli ultimi casi di contrabbando di cocaina dal Sud America e degli omicidi in Serbia e Croazia. Citando fonti vicine alle indagini, i media nella regione hanno reso noto che l'acquirente di cocaina è un cittadino montenegrino, e che una parte della spedizione dal Sud America doveva entrare attraverso il porto di Bar. "Ciononostante le autorità montenegrine hanno taciuto, perché i cartelli della droga sono molto potenti", ha detto il Presidente del Consiglio nazionale per l'integrazione europea, Nebojsa Medojevic, aggiungendo che il Paese diventa un centro di criminalità logistica. "La mafia locale è diventata una minaccia per la sicurezza e la stabilità d'Europa e dei Balcani, ma anche una minaccia per lo Stato del Montenegro. Spesso questo tipo di azioni internazionali richiedono azioni concrete, come avviene anche nei confini nazionali, per arrestare i 'pesci grossi'. Essi forniscono i dati necessari operativi di intelligence alle basi del Montenegro; tuttavia non vi è stata nessuna azione da parte della polizia del Montenegro, nessuna condanna e nessun 'pesce grande' è in prigione", afferma Medojevic. La Commissione europea afferma che in Montenegro vi è un basso livello di sentenze passate in giudicato del tribunale per la criminalità organizzata e la corruzione. D'altro canto, precisa Medojevic, la Serbia e la Croazia cercano nel Montenegro una "pattumiera" affidabile per occultare le persone coinvolte nei crimini più gravi.

La tesi del leader dell'opposizione, è in parte confermata dalla struttura stessa dei traffici transnazionali di droga. Di fatti, l'operazione in Uruguay, ha consentito di espugnare la roccaforte dei boss della droga in America Latina, che nelle loro mani tengono le redini di una rete di contrabbando di cocaina verso l'Europa, ma anche ad una serie di omicidi, sequestri, estorsioni, riciclaggio di denaro sporco. I sistemi del contrabbando di cocaina dall'America Latina verso l'Europa sembrano essere piuttosto semplici, ma la creazione di tali contatti è finora riuscita solo ad alcuni dei leader più esperti. Ciascuno di loro ha il suo uomo in America Latina, con cui ha negoziato l'acquisto di cocaina, mentre la rete di trasferimento della droga fino all'Europa passa anche attraverso il vecchio percorso marittimo di Rotterdam, per essere poi smerciata nei paesi dell'Europa occidentale, mentre solo una piccola parte giunge in Serbia. Quantità più grandi di cocaina, che entrano in Serbia, attraversano il porto di Bar e un importo inferiore all'aeroporto di Belgrado, grazie a corrieri che portano dalle loro vacanze in Venezuela modeste quantità di droga con valigie con un doppio fondo.

21 ottobre 2009

Accordo Italia-Turchia- Russia su oleodotto Samsun-Ceyhan



Il Ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola ha siglato a Milano, congiuntamente al Ministro dell'Energia della Repubblica Turca Taner Yildiz, al vicepremier russo Igor Ivanovich Sechin, al Ministro dell'Energia russo Sergei Shmatk, una dichiarazione congiunta per la realizzazione dell'oleodotto Samsun-Ceyhan, che collegherà la costa turca del mar Nero con quella turca del Mediterraneo permettendo così di "bypassare" lo stretto del Bosforo e dei Dardanelli. Grazie al nuovo oleodotto, infatti, si garantirà una maggiore sicurezza nella navigazione, con un ulteriore contributo alla protezione dell' ambiente in un ecosistema complesso e delicato. "La dichiarazione - ha affermato il Ministro Scajola - conferma la valenza strategica del progetto come rapido strumento per lo sviluppo del Corridoio Sud di approvvigionamento di gas dall' area del Mar Caspio verso l' Europa attraverso la Turchia. L'accordo trilaterale è importantissimo perche' migliora la rete di trasporto di petrolio. Mi auguro che le trattative in corso possano portare il 16 dicembre, in occasione del vertice intergovernativo Italia-Turchia alla definizione degli ultimi accordi operativi". “Il pianeta ha bisogno di energia - ha spiegato Scajola - ogni infrastruttura energetica che va contro i cambiamenti climatici e' benvenuta. Questo oleodotto e' importante perchè evita il sovraffollamento di navi petroliere nel bosforo e nei dardanelli''. Scajola ha definito l' accordo trilaterale '' importantissimo, perche' migliora la rete di trasporto di petrolio''.


A seguito degli accordi di Ankara del 6 agosto scorso, insieme alla dichiarazione congiunta è stato firmato un protocollo d' intesa tra i rappresentanti di Eni, Calik Holding, Jsc Transneft e Rosneft (le compagnie energetiche coinvolte). Il protocollo prevede l'impegno a trattare, per definire le condizioni economiche e contrattuali, per l'ingresso delle imprese russe nel Samsun-Ceyhan, così da assicurare i volumi di greggio necessari a garantire la sostenibilità economica del progetto. E’ stato assunto inoltre l'impegno per l'accelerazione dei lavori sul progetto Itgi, l'interconnessione tra Turchia, Grecia e Italia per il trasporto del gas. Il progetto Turchia-Grecia-Italia si articola in tre sezioni:
-la rete nazionale dei gasdotti turca, che sarà potenziata al fine di consentire il transito dei volumi destinati ai mercati greco e italiano;
-l'interconnessione Turchia-Grecia (ITG), operativa gia' dal novembre 2007, e comprenderà inoltre una bretella tra la Grecia e la Bulgaria (IGB - Interconnector Greece-Bulgary) con una capacità di trasporto dai 3 ai 5 miliardi di metri cubi di gas all' anno;
-il gasdotto Grecia-Italia (IGI), che sarà lungo circa 800 chilometri, di cui circa 600 saranno realizzati in territorio greco e circa 200 nel tratto marino tra la costa greca e quella pugliese. L' Unione Europea ha riconosciuto la rilevanza strategica di ITGI come Progetto d' Interesse Europeo inserendolo nei progetti per lo sviluppo del Corridoio Sud dell' European Recovery Plan con una proposta di finanziamento di 100 milioni di Euro. Insieme al condotto Itgi, dal 2015 verrà realizzato il condotto Galsi, il nuovo gasdotto che collegherà l' Algeria alla Toscana via Sardegna.

Nella giornata di ieri, il Ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola ha partecipato anche all’inaugurazione del rigassificatore di Porto Levante, in provincia di Rovigo. “Con l’avvio operativo del rigassificatore di Rovigo – ha affermato il Ministro Scajola - l’Italia è più sicura e più forte dal punto di vista energetico: il gas naturale liquido (GNL) sarà importato per l’80% dal Qatar e l’impianto coprirà circa il 10% del fabbisogno nazionale di gas. Affrontiamo, perciò, il prossimo inverno con maggiore tranquillità: le “guerre del gas” tra Russia e Ucraina che lo scorso inverno, come nell’inverno 2006, hanno interrotto gli approvvigionamenti di gas dall’Est, ci fanno meno paura. Questa iniziativa, inoltre, rafforza i nostri legami economici con il Qatar”. Il rigassificatore di Rovigo, come spiegato dal Ministro, è stato realizzato da Edison (10%), ExxonMobil (45%) e Qatar Petroleum (45%), ed è anche un gioiello dell’ingegneria: è la prima struttura offshore al mondo, realizzata in cemento armato a 28,5 metri di profondità marina e 15 km dalla costa a largo di Porto Levante (Rovigo): la capacità di rigassificazione è di 8 miliardi di metri cubi all’anno. Il progetto, il cui costo è stato di € 2,5 miliardi, è incluso nella lista delle opere strategiche per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese. Il terminale, che sarà operativo al 100% entro la fine del 2009 (al 40% da settembre 2009) impiega nel complesso 100 persone .
L'Italia ha un'emergenza energetica e deve recuperare il tempo che ha perduto: per fare questo, è indispensabile il rigassificatore di Zaule, vicino a Trieste. C' e' un altro impianto pronto a partire a Priolo, in Sicilia, che diventerà un altro rigassificatore importante, anche se non come questo. Ci sono priorità richieste – ha concluso il Ministro - che stiamo valutando perche' mi pare evidente che, se non vogliamo squilibrarci da una parte o dall' altra e vogliamo mantenere un mix energetico equilibrato, dobbiamo valutare i diversi pesi”.

L'amicizia della Russia rilancia la Serbia

Con la visita a Belgrado del Presidente Dmitri Medvedev è stato confermato il progetto di inserire Belgrado all'interno di una lobby che contribuisca al nuovo progetto di sicurezza europea, non più basato sul braccio armato della NATO o su un organismo impotente come le Nazioni Unite. Dalla grande amicizia serbo-russa, nasce così una Serbia più forte, che rivestirà un nuovo ruolo all'interno della regione sia dal punto di vista energetico che politico.

La preparazione della visita del Presidente Dmitri Medvedev a Belgrado ha dimostrato che la perfetta cooperazione tra le forze russe e serbe ha fatto in modo che tutta la cerimonia si svolgesse senza alcun incidente. Durante il faccia-a-faccia a porte chiuse con il Presidente Tadic, i colloqui bilaterali hanno spaziato dal credito russo di un miliardo di dollari all'accordo del gas, sino alla nuova architettura della sicurezza europea, in cui la Serbia avrà un ruolo importante. Dai circoli diplomatici è stato confermato che l'idea del Presidente Medvedev è di inserire Belgrado all'interno di una lobby che scriva un nuovo concetto di sicurezza, non più basato sul braccio armato della NATO o su un organismo impotente come le Nazioni Unite. Su questa idea la Serbia è pronta a discuterne, ma bisogna fare accordi un po' con tutti. Un altro punto nevralgico è stato il credito di un miliardo di dollari che la Russia dovrà dare alla Serbia, a condizioni più agevolate rispetto a quelle pattuite con il FMI. In questa prima fase delle trattative è stato stabilito che 200 milioni di dollari andranno al budget di Stato, e altri 800 milioni di euro saranno spesi in investimenti per le infrastrutture stradali, energetiche e ferroviarie della Serbia. Come annunciato, i Presidenti Tadic e Medvedev hanno raggiunto un accordo anche per la fornitura di gas con un miglior regime, dando un ruolo strategico all'interno della regione alle aziende produttrici della Serbia. A tal fine, il direttore di Gazprom, Aleksei Miller, è rimasto a Belgrado dove, insieme con il direttore di Srbijagas, Dusan Bajatovic, hanno stilato una lista delle aziende di importanza strategica con cui pattuire prezzi migliori per le forniture per il prossimo periodo invernale.

Finalizzato accordo strategico Srbijagas-Gazprom
I rappresentanti di Srbijagas e Gazprom hanno firmato l'allegato del protocollo di costruzione del gasdotto South Stream e l'accordo per la costituzione della joint-venture partecipata dai russi sino ad un massimo del 51% e dai serbi per il 49%, con il diritto per Srbijagas ad acquistare le azioni di Gazprom e non viceversa, la quale realizzerà il deposito di stoccaggio sotterraneo di Banatski Dvor. Il Banatski dvor conterrà minimo 800 milioni di metri cubi di gas, con un contratto di fornitura di 25 anni. Gazprom investirà in tale progetto 25 milioni di euro, come dichiarato da Aleksei Miller, mentre non sono note le cifre che riguardano invece il gasdotto.

Lo studio di fattibilità del tratto serbo del gasdotto South Stream sarà completato entro la fine del 2010, e l'importo degli investimenti sarà determinata una volta terminato lo studio. Il CEO di Gazprom ha inoltre aggiunto che lo studio della sezione che passa sui fondali del Mar Nero e attraversa i territori dei Paesi di transito, è in corso di valutazione. Miller ha detto inoltre che Gazprom e la società pubblica serba Srbijagas hanno firmato martedì un protocollo che istituisce una joint venture responsabile della supervisione della parte serba del progetto South Stream. La joint venture sarà registrata entro 30 giorni, ha detto Miller, sottolineando che "il South Stream è un progetto di grande importanza strategica per la sicurezza energetica dell'Europa" e che "sarà attuato prima della fine 2015".

La sottoscrizione degli accordi bilaterali, non è stato il solo momento di incontro, in quanto la giornata è stata ricca di eventi, come gli omaggi al monumento alla liberazione della Serbia dal regime fascista, sino alla visita alle alte cariche della Chiesa serbo-ortodossa. Durante il pranzo, erano presenti anche vari imprenditori e i proprietari delle più grandi compagnie serbe, come Miroslav Miskovic della Delta, Zoran Drakulic di Ist point, del direttore di Hemofarm, Miodrag Babic, e del direttore di Sintelon Nikola Pavicic. L'atmosfera in cui si è discusso è stata positiva e rilassata, con sorrisi a parole di stima, in un ambiente molto informale. "Tra di noi ci capiamo molto bene, anche senza il traduttore" , ha dichiarato il Presidente Medvedev, accennando alla forte e storica vicinanza tra i due popoli. Anche per il vino serbo sembra sia piaciuto al Presidente Medvedev (Chardonet-Radovanovic e Aurelius –Kovacevic) dimostrando che la produzione dei vini serbi potrà avere ampio mercato in Russia.

Nel pomeriggio Medvedev è stato accolto all'interno del Parlamento serbo, come primo capo di Stato estero ad entrare ed intervenire nell'Assemblea nazionale della Serbia. Cosciente dell'onore che Belgrado ha voluto riconoscergli, Medvedev ha ricambiato con un discorso dalle parole incisive e significative. Egli ha infatti sottolineato che il ruolo della Serbia è molto importante, non ritenendo importante che "tutti i Paesi europei entrino nella NATO”, quanto più “progettare un nuovo quadro della sicurezza europea”. "Voi coraggiosamente avete combattuto contro il fascismo. Gli altri paesi hanno deciso di collaborare con il regime tedesco, e per questo hanno avuto una responsabilità. Questo deve essere conservato nella memoria, a monito di coloro che hanno intenzione di cambiare la storia per i propri vantaggi - afferma il Presidente russo, aggiungendo - gli insegnamenti della storia ci servono per imparare e non fare gli stessi errori, a non distruggere nulla ma a combattere contro i pericoli che sorgono dinanzi a tutto il continente europeo. Così - prosegue - è nostro dovere creare un nuovo sistema di sicurezza europeo, che deve essere indipendente dall'economia. Noi offriamo nuovi obblighi sulla base di principi internazionali, che dobbiamo decidere noi. Il nostro compito è ci occuparci delle questioni di sicurezza, e non dei danni che possiamo infliggere ad altri. Questa è la lezione della Seconda Guerra Mondiale, ma anche di tutti i brutti eventi degli anni novanta, come la crisi balcanica e l'aggressione del Caucaso”.

Il Presidente russo Medvedev si è però categoricamente rifiutato di tracciare un parallelo tra le vicende dei Balcani e quelle del Caucaso, ma da esse trae uno spunto per ribadire che tali tragici eventi hanno evidenziato l'inefficacia del sistema attuale della sicurezza europea e la necessità di una sua modernizzazione. "La preparazione e la firma del trattato di sicurezza europea avrebbe segnato l'inizio della formazione di un unico sicurezza nell'area euro-atlantica, fornendo garanzie di affidabilità, in maniera uguale e paritetica per tutti gli Stati, a prescindere dall'appartenenza ad un determinato schieramento politico ", precisa dinanzi al Parlamento serbo. Le autorità serbe - continua - sanno quanto sia importante creare nel futuro un trattato "con norme precise per la prevenzione e soluzione pacifica dei conflitti". Nel suo discorso accenna anche alla possibilità che russi e serbi costruiscano una base vicino Nis per far fronte a situazioni straordinarie, dalla quale i servizi serbi e russi aiuteranno tutti i Paesi della regione sottoposti al rischio di incendi e catastrofi naturali. Un progetto questo che risuona come una risposta alla base americana Camp-Bondsteel in Kosovo. Occorre inoltre ricordare che quell'accordo di cui parla il Presidente, include una collaborazione tra serbi e russi ratificata dal Ministro degli interni Ivica Dacic e dal Ministro per le situazioni straordinarie russo, includendo assistenza umanitaria, alle avarie tecnologiche e le loro cause.

Dal punto di vista politico, tuttavia, l'accordo che sembra essere più importante attualmente, è quello energetico, visto l'interesse russo di ottenere una corsia preferenziale nel controllo dei gasdotti della regione dei Balcani attraverso la Serbia. A quel punto lo stato serbo diventerà un centro energetico regionale a cui la Russia si appoggerà in futuro. Con l'accordo per l'acquisto di NIS e la costruzione del South Stream e del deposito di Banatski Dvor, la Serbia ottiene tutte le condizioni per diventare un punto d'incontro dei vari gasdotti che passano negli altri paesi, un crocevia energetico e parte fondamentale della zona d'influenza russa. Un ruolo importante non soltanto energetico, ma nello stesso momento anche politico, soprattutto in riferimento al piano di Medvedev di riscrivere la sicurezza europea. La Serbia potrà anche diventare un ponte tra l'UE e la Russia con il suo ingresso in Europa. D'altronde, come affermato dallo stesso Tadic, la Serbia nell'UE potrà portare solo vantaggi alla Russia. "Nella UE, la Serbia sarà il miglior amico di Mosca".