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14 dicembre 2009

La privatizzazione del Porto di Bar e il Corridoio XI

Il Montenegro continua ad essere destinazione finale di investimenti e progetti esteri, anche in virtù della sua strategia posizione geografica che lo pone a metà strada tra i Balcani continentali e il Mediterraneo. Di grande attenzione e richiamo è il tender per la privatizzazione del Porto di Bar (Luka Bar), sulla quale sono caduti gli occhi non solo di molti Paesi europei, come l'Italia, ma anche di oltreoceano come Cina e Stati Uniti. Tuttavia, la Serbia è senz'altro tra i primi Paesi sulla lista che vorrebbe poter sfruttare il porto di Bar per sviluppare la propria economia, in quanto attraverso di esso potrebbe completare la costruzione di un’autostrada che attraversi la Serbia e il Montenegro , e potrebbe avere uno sbocco sul mare, senza poi contare gli enormi vantaggi economici e commerciali che offrirebbe il porto stesso.

Già all’inizio di settembre, quando doveva essere inaugurata la prima gara d’appalto per la privatizzazione del Porto, il Sindacato ha fatto sentire la sua voce sottolineando il fatto che occorreva trasparenza nonchè il rispetto delle condizioni per l'attuazione del contratto collettivo. Nonostante tutte le riserve e le precauzioni, la prima gara d’appalto è stata dichiarata non valida e quindi annullata. Nelle offerte per la seconda gara d’appalto si sono mostrati molto interessati gli investitori italiani i quali, dopo il summit intergovernativo tra la Serbia e l’Italia di Roma, hanno annunciato la possibilità di creare un nuovo corridoio transeuropeo per collegare il Porto di Bari a Timisoara (Corridoio 11), sfruttando così l'ottima posizione geografica e dando impulso all'interscambio per entrambi i Paesi. Il Governo serbo si è già attivato per la sua realizzazione, e pochi giorni fa il Governo serbo ha espresso la sua intenzione di sostenere gli investimenti in Montenegro e così la partecipazione di aziende serbe alla privatizzazione del Porto di Bar. Proprio per tale ragione, il Governo si è assunto l’incarco di sostenere le cosiddette “aziende offerenti” e divenire proprietario di minoranza di Luka Bar, come affermato dal Ministro serbo per l’economia e lo sviluppo regionale, Mladjan Dinkic, il quale ha sottolineato come "il progetto serva degli interessi bilaterali, in funzione dello sviluppo economico". Secondo Sasa Jovanovic, esperto del settore portuale ed infrastrutturale, al progetto parteciperanno anche degli investitori italiani, "ma ciò non diminuisce il rischio di fallimento della gara. La partecipazione di un partner straniero è necessaria ma non basta. I partner stranieri non devono limitarsi ad ottenere la concessione di sfruttamento dei terminal portuali, come la sola motivazione per fare degli investimenti", osserva Jovanovic. Egli spiega che, al fine di ottimizzare al meglio l'uso di risorse finanziarie in questo tipo di investimenti, occorre fare un confronto con la situazione catastrofica dei porti sul Danubio. "Nessuno mette in dubbio che la Serbia diventerebbe molto importante se avesse uno sbocco sul mare, però bisogna tenere anche conto dei costi, che non sono da poco. E’ vero anche il fatto che, se la Serbia avesse i soldi, avrebbe delle grosse potenzialità perché lì è in gioco non solo il Porto, ma anche il trasporto aereo, il corridoio 7 e il corridoio 10. Sono stati aperti molti progetti ma nessuno di loro è stato completato definitivamente", afferma Jovanovic.

Benché il Ministro non abbia rivelato i nomi delle aziende che sono interessate al progetto e quanti soldi il Governo serbo abbia stanziato, dalle parole del Ministro Dinkic si può dedurre che la Serbia avrebbe tra le mani due progetti che sono strettamente collegati tra di loro, ovvero l'acquisto del Porto di Bar di conseguenza la costruzione della ferrovia Belgrado–Bar. Esso ha inoltre lanciato l'iniziativa di creare, con le più grandi società di esportazione della Serbia, un consorzio che, secondo le prime informazioni, sembra sia già fallito. Nikola Vujacic, direttore del Victoria Group spiega che la Serbia deve trovare una strada alternativa per poter esportare i prodotti, e questo proprio in vista del suo ingresso nell’Unione Europea. Finora la Serbia esporta grazie al porto di Costanza, perché il prezzo è ragionevole, ma Vujacic ritiene che gli uomini d’affari serbi abbiano la necessità di usufruire del Porto di Bar; in caso contrario, se si guarda al volume di esportazioni grazie ai porti di Kopar o Fiume, il prezzo sarebbe molto più alto. Vujacic dice che per lui è molto meno costoso esportare attraverso il porto di Costanza che dal Porto di Bar, dato che la sua azienda si trova a Novi Sad. Nonostante il Governo della Serbia all’inizio non ha rivelato quanto abbia messo da parte per questo progetto, si è venuto a sapere che esso ha stanziato 500 milioni di dinari come azionista di minoranza nella gara. Niente è ancora definitivo, perché se partecipassero le aziende serbe, allora parteciperà anche il Governo. Lo stato incentiverà anche l’anno prossimo progetti così importanti e strategici per le compagnie serbe nella regione, per le quali sono stati stanziati 1,5 miliardi di dinari.


Agenzia Balcani


Nota: l'articolo è un estratto di quello pubblicato su Rinascita Balcanica.
Per ulteriori approfondimenti leggi: http://www.rinascitabalcanica.it/read.php?id=40957