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28 dicembre 2006

Una strana serie di eventi che segna il cambiamento dell'economia


Le guerre che oggi gli Stati sono costretti a fronteggiare sono conflitti invisibili, che provocano vittime uccidono le economie in maniera silenziosa, senza che sia possibile rendersene conto. Il sisma che ha colpito Taiwan non ha provocato morti tra i civili, ma oltre ad aver scatenato la prima grande crisi internazionale di Internet, ha in realtà causato delle vittime, nuocendo all'intero sistema di telecomunicazioni e alla stessa economia. Nonostante, tuttavia, il grande impatto economico di tale evento, i media hanno censurato la notizia, rendendola irrilevante e sminuendola, senza riportare la necessaria attenzione sulle sue implicazioni economiche.
Ciò che è accaduto sulle coste del Giappone, sebbene ha l'apparenza di un disastro naturale, ha avuto gli effetti di un vero sabotaggio dal punto di vista economico, in quanto le transazioni e gli scambi finanziari sono stati rallentati e, in alcuni casi, completamente impediti, e le società hanno visto danneggiare la propria rete. In corrispondenza dei danni subiti, sono da rilevare i guadagni percepiti dalle borse occidentali, tutte infatti hanno chiuso in forte rialzo, e dalle società che si occuperanno della ricostruzione della rete. La Verizon Business ha subito firmato un contratto per la costruzione di un sistema cablaggio ottico sottomarino da Usa a Cina, con un consorzio che include China Telecom e China Netcom.
Parlare dunque di un disastro provocato potrebbe sembrare una deduzione forzata, tuttavia le tecniche di manipolazione del clima sono tecnologie poco conosciute ma utilizzate dalla Nasa e dalle forze militari. A dimostrazione di ciò, bisogna riflettere sul motivo per cui il governo cinese ha proibito alle organizzazioni non governative estere di raccogliere e utilizzare le informazioni meteorologiche senza approvazione. La legge entrerà in vigore a partire dal 1 gennaio e regolerà le concessioni per l'esplorazione meteorologica da parte di terzi delle aree militari e delle regioni di particolare sicurezza nazionale. La violazione di questi dati è stata considerata dal governo un pericolo per la sovranità della Cina e una minaccia alla sicurezza nazionale. Il centro statistico cinese ha già rilevato che ci sono state ben 20 violazioni da parte di organizzazioni straniere sino al 2005, per la maggior parte da parte di istituti anglosassoni e statunitensi. Il fatto che un governo dia alle informazioni sul clima una tale rilevanza significa che la manipolazione di questi dati può mettere seriamente in pericolo uno Stato perché possono essere utilizzati per influire sui fenomeni metereologici e naturali.

Ovviamente, senza che riusciamo ad accorgercene il modo di fare economia e di gestire le relazioni internazionali sta cambiando, i messaggi inviati alla controparte sono subliminali, e le conseguenze, sebbene non si vedano nel breve termine, si avvertono nel tempo. Tutti gli eventi sono legati da un filo conduttore, tracciato proprio dalle crisi delle borse, dagli incendi degli oleodotti, dalle guerre silenziose per il rialzo del prezzo del gas.
In questi mesi si è parlato molto di deregolamentazione del mercato energetico, di dismissione delle rete di distribuzione del gas o della privatizzazione delle società di energia, ma oggi l'Europa deve prepararsi ad affrontare la vera crisi energetica derivante dalla dipendenza. Sono infatti a rischio le forniture di gas all’Ue oppure si sta montando una propaganda e un clima di emergenza per alzare i prezzi: è ovvio che la guerra delle tariffe tra Russia e Bielorussia sarà invece pagata dall'Europa. Gazprom infatti ha dichiarato che forse non sarà in grado di compensare il gas prelevato eventualmente dalla Bielorussia in caso di mancata firma del contratto per il 2007 e di chiusura delle forniture. La Lituania, la Polonia e la Germania sono stati già informati di possibili problemi nel transito di gas attraverso la Bielorussia che potranno pregiudicare i depositi sotterranei di Gazprom in Europa. Già si teme dunque un nuovo caso come quello dell'inverno scorso dell'Ucraina, ma se ci sarà un taglio delle forniture di gas, sarà senz'altro utilizzato per speculare sulle tariffe: noi pagheremo le crisi diplomatiche e contrattuali per il transito del Gas, pagheremo con le privatizzazioni e l'invasioni sui nostri mercati.


La crisi economica internazionale innescata dalla svalutazione del dollaro, annunciata mesi fa, sta mostrando oggi la sua pericolosità, perché tutte le economie agganciate al dollaro stanno cadendo o si stanno convertendo per garantire la sopravvivenza agli Stati. L'instabilità delle Borse asiatiche sono il primo segnale che il nostro sistema economico sta cambiando, così come lo è il cambiamento della politica economica degli Stati produttori di petrolio.
Mentre l'Iran dichiara la sua preferenza per l'euro per concludere le transazioni, gli Emirati Arabi annunciando che sostituiranno l'8% delle loro riserve in dollari in euro. Una decisione questa che nei fatti farà solo accentuare un movimento di capitali osservato da parecchi anni. Secondo le ultime statistiche pubblicate dal rapporto annuo del FMI le riserve di euro dei paesi in via di sviluppo è passata dal 19,9% al 28,8%, mentre quelle in dollari è regredita dal 68,2% al 60,5%, cosa che invece non è accaduta nei paesi industrializzati essendo rimaste invariate. Il caso della Cina è emblematico perché la banca centrale della Cina, prima detentrice di riserve al mondo con più di 1.000 miliardi di dollari, sta anche lei progressivamente convertendo i suoi fondi, lasciando la notizia però ancora nascosta, per evitare ripercussioni su se stessa.

In questo quadro si inserisce l'annuncio del Consiglio di cooperazione del Golfo (CCG) del progetto di realizzare l'unione economica e monetaria per i sei paesi entro il 2010. Su consiglio della Banca centrale europea, il CCG ha accettato di completare con cinque paesi membri - Arabia Saudita, Bahrein, Emirati, Kuwait e Qatar - il processo di integrazione cominciato nel 1981 per creare una moneta unica. Le prime fasi prevedevano infatti di agganciare le transazioni al dollari, mentre nelle ultime vi sarà la completa indipendenza da questa moneta per coniarne una unica, probabilmente agganciata all'euro.

Tutti i nodi sembrano venire al pettine in queste ultime battute di fine anno, e ogni evento coincide in maniera così perfetta da non lasciare alcun dubbio sul fatto che senz'altro esiste un centro, con satelliti e computer, un comando centralizzato che non è governativo, da qualche parte nel Benelux. Solo mediante computer dotati di tecnologia non convenzionale è possibile coordinare con tale precisione e determinatezza questi eventi.
Chi ne subirà le conseguenze invece siamo noi, che siamo solo degli utenti, siamo pecore da tosare, in balia degli eventi. I giornali sono di loro proprietà, forniscono un servizio ai privati, ed è per tale motivo forse che è stata ventilata l'ipotesi di eliminare l'ordine dei giornalisti: evidentemente sono loro i principali colpevoli di questa situazione che si è venuta a creare. Allo stesso tempo i grandi professori, i pluridecorati sono persone solo indottrinate che non sanno come difendersi dinanzi alla verità, dinanzi alla scienza o alle nuove tecnologie che stanno per cambiare la nostra vita. Dietro di loro c'è il vuoto, e siamo profondamente convinti che non sanno più cosa dire, non sanno cosa rispondere alle nostre domande. È inutile cercare in loro la giustizia o le risposte, perché da un momento all'altro arriverà la beffa dopo il danno. Evidentemente questi "governi" fatti da premi Nobel sono tutti falliti, perché non esiste un solo Paese in cui sono stati, con eserciti e grandi marchi, che ha visto migliorare la propria vita. Hanno sempre saccheggiato e depredato, senza lasciare neanche le pietre e gli alberi, e ora tutto il sistema sta andando in crisi, perché non esiste soluzione ai danni che hanno potuto fare.

Terremoto sulle Borse asiatiche e sugli oleodotti: è la guerra


Due forti scosse di terremoto si sono abbattute su Taiwan danneggiando gravemente i cavi sottomarini del sistema delle telecomunicazioni, e provocando così un improvviso blackout nelle comunicazioni telefoniche e di Internet di Taiwan, Cina e Giappone. Il terremoto, senza provocare vittime, ha seriamente danneggiato società, imprese e Banche, impedendo operazioni finanziarie, in particolar modo nel mercato valutario e compromettendo così la stabilità delle Borse Asiatiche. Le isole colpite sono nevralgici centri finanziari rimasti completamente isolati, con il rischio che passeranno ancora diverse settimane prima di ristabilire i servizi di comunicazione, perché le principali compagnie telefoniche sono state duramente colpite. La società cinese Chunghwa ha ridotta la sua capacità di trasmissione al 50% rispetto a quella normale, come la PCCW Ltd. di Hong Kong, mntre la Telecom Singapore Ltd. è stata completamente isolata; danneggiate anche Francia Telecom SA e Telecom Pakistan Co., operatori nell'APCN2 che servono la rete che connette Giappone, Corea, Cina, Taiwan, Hong Kong, Filippine, Malaysia e Singapore inclusa Cina Unicom Ltd., StarHub Ltd., Telekom Malaysia Bhd. e Telstra Corp. L'intera regione è stata colpita, nonostante sia stata Taiwan l'epicentro, avendo azionato un effetto domino cha ha trascinato con sé tutte le altre società.

Ciò che deve riflettere è il modo in cui gli eventi naturali si sono così sincronizzati in modo tale da colpire le compagnie telefoniche e così i contatti telematici delle Borse asiatiche, per coincidere poi con l'apertura delle borse occidentali. I mercati di scambio asiatici aprono oggi con gravi crolli, considerando che la maggior parte delle società sono impossibilitate ad accedere al sistema, mentre Wall Street registra i massimi storici nelle contrattazioni di vendita. Una giornata davvero storica, con il blackout di Taiwan, Singapore, Seul e Tokyo, e le borse Statunitensi sulla scia dell'oro, senza che sia sicuro quando si riuscirà a ristabilire a pieno il servizio. È a rischio la stabilità stessa dei paesi asiatici colpiti, e l'allarme è già elevato considerando che la Banca Centrale Cinese ha proposto di intervenire sul mercato di Taiwan per assicurare con lo Yuan la circolazione della moneta. Nella giornata di domani gravi conseguenze potrebbero abbattersi sulle società che detengono attività sui mercati asiatici, persino le nostre imprese potrebbero subirne i gravi danni, perché molte vivono di quelle economie.
Eventi di tale portata sono senz'altro estremamente delicati e importanti, tuttavia è trascorso nel completo silenzio dei media in Italia, che hanno puntualizzato solo la naturale coincidenza della scossa con quella dello Tsunami, trattandosi sempre di una zona ad elevata sensibilità sismica, senza riporre la giusta attenzione sul pericolo del crollo delle borse asiatiche.


È ormai scoppiata in un conflitto totale la guerra fredda che da mesi ha messo in crisi l'economia mondiale e gli Stati, vittime dei sabotaggi e delle strategie per il controllo delle ultime risorse energetiche e dei mercati finanziari. Il dollaro tocca in questi giorni elevati picchi di svalutazione, mentre i dati sulle contrattazioni del petrolio finiscono per deprimere e abbattere sempre di più la valuta, dato che si stanno preparando "terremoti" ben più terribili per l'America con l'avvio di una Borsa energetica alternativa russa, che potrà contare sulla rete dei gasdotti e il controllo dei mercati produttori. Il mercato finanziario sorretto dai titoli azionari e valutari vacilla alla più piccola esitazione, mentre è l'energia il vero punto di riferimento delle società e delle Borse.

Oggi due grandi potenze si stanno scontrando per impadronirsi dei canali dell'energia e con essi per controllare gli Stati, ormai incatenati dalle lobbies che si sono impadroniti delle infrastrutture e dei canali di distribuzione. Da una parte la Russia, che in prima linea con le armi della dissuasione e della diplomazia, utilizzando grandi società nazionalizzate, si è costruita una rete di pipelines e di collaborazioni con i paesi produttori. Dall'altra le lobbies dell'Unione Europea, strettamente connesse al fronte atlantico, agganciate cioè all'economia del dollaro Fed, che stanno imponendo la loro presenza utilizzando come arma l'ampliamento della Comunità Europea.
Lo scontro tuttavia si è acceso, perché dopo le prime schermaglie nate in occasione della firma della Carta per l'Energia europea, la Commissione ha deciso di accelerare la realizzazione del progetto di un gasdotto, il Nabucco, che permetterà di aggirare il gigante russo, che assicura oggi il 25% delle importazioni europee. Il 26 giugno, i ministri dell'energia della Turchia, di Romania, della Bulgaria, di Ungheria e dell'Austria hanno firmato un accordo che mira a costruire un condotto per prolungare il gasdotto Bakou-Tbilissi-Erzurum (BTE) fino al polo di Baumgarten in Austria che concentra il più grande numero di incroci di pipeline in Europa, mediante una società a capitale misto che riunisce le compagnie di gas dei cinque paesi attraversati dal gasdotto. Il Nabucco viene definito uno dei progetti energetici europei più importanti, intrapreso dal 2007 da concludersi dal 2010, con un costo di 4,6 miliardi di euro e servirà particolarmente l'Austria, la Germania e l'Italia. Allo stesso tempo Gazprom lancia una contro-proposta che completerebbe l'accerchiamento dell'Ucraina, dalla quale la Russia dipende all'80% per il transito del suo gas, e costruendo un tunnel nel Mar Baltico che collega la Russia alla Germania.

Il progetto di Gazprom può uccidere il Nabucco semplicemente raggirandolo, perché i due progetti mirano agli stessi mercati, con la differenza che quello russo darebbe un importante ruolo all'Ungheria che diventerebbe un centro per la distribuzione del gas, come alternativa rispetto all'Austria. In realtà Budapest sta giocando un doppio gioco, perché la compagnia ungherese di gas Molle, che partecipa al Nabucco, ha sottoscritto questo 21 giugno un progetto per raddoppiare il gasdotto Blue Stream che collega già la Russia alla Turchia attraversando il mare Nero. A consacrare quest'alleanza con l'Ungheria è stato l'incontro a Sotchi tra Ferenc, primo ministro ungherese, e Putin, durante il quale la Russia ha dichiarato la sua assoluta volontà a non firmare alcun patto con l'Unione Europea, se non di libera collaborazione.
Gli interessi che si sono concentrati intorno all'Ungheria possono così spiegare il motivo della rivoluzione del popolo Ungherese all'annessione al progetto dell'Unione Europea: una manifestazione popolare sicuramente fomentata e manipolata per mantenere un certo controllo tra le fila del governo. Come l'Ungheria, anche la Turchia si è trovata a giocare un duplice ruolo strategico, essendo il crocevia obbligato di entrambi i progetti. Gli scandali e le polemiche sulle differenze etniche e religiose, sulle restrizioni a Cipro, e la stessa avversione verso l'Unione Europea, sono stati prima aizzati, per poi essere utilizzate e guadagnare terreno e tempo nel gioco degli accordi per il passaggio degli Oleodotti. L'Albania ancora subisce, nel silenzio della comunità internazionali, le dure conseguenze della guerra che si sta svolgendo sul suo territorio: gli oleodotti vengono sabotati e incendiati, le famiglie e le imprese non hanno energia elettrica da più di 6 mesi, l'economia è stremata dai fallimenti e dalla impossibilità di avere vie di sbocco.
Infine in Nigeria è ora in atto una vera e propria guerra, e il sabotaggio degli oleodotti è un chiaro segnale dato alle compagnie europee da parte di altri che hanno evidentemente grandi interessi, e utilizzano le rivolte popolari per assoldare mercenari e persone disposte a combattere per una guerra che non appartiene loro. I media stanno invece speculando su questa grave tragedia, alzando la tensione su una zona già martoriata dai conflitti etnici e religiosi, tanto che non tarderà a farsi sentire l'intervento dei mercenari islamici assoldati dalla Comunità Internazionale per portare la guerra e gli embarghi.

Il quadro si complica ancora di più se si pensa a quello che queste due forze stanno facendo per impadronirsi delle fonti di energia, dei campi di gas. Oggi le uniche le riserve disponibili per il Nabucco sono quelle dell' Azerbaïdjan, e lo saranno ancora solo per alcuni anni. Per tale motivo l'obiettivo è di canalizzare le ricche riserve del gas dell'Iran, secondo produttore mondiale di gas dopo la Russia, e del Turkmenistan, che ha dato la concessione della distribuzione del gas in monopolio a Gazprom e alla RosUkrEnergo, società creata da Gazprom ed i suoi partner per rifornire l'Ucraina. L'Unione Europea dunque intende innanzitutto rilanciare un gasdotto che attraversi il Mar Caspio, che si colleghi a quello che attraversa il Caucaso, per poi raccordarsi al Nabucco: si avrà così il completo raggiramento di Gazprom.
Ecco che si delineano i terreni di scontro: Iran e Turkmenistan, entrambi alleati russi sui quali si concentrerà l'attenzione della Comunità Internazionale nel tentativo di collocare al governo una classe politica fiduciaria.
Le lobbies europee faranno di tutto per impedire che la Russia conquisti una via di sbocco sul Mediterraneo, perché consentire al "rublo", a questa nuova "fonte di energia" di entrare nel mercato europeo o mondiale, significherebbe decretare la fine del dollaro e dell'euro stesso, considerando che molti Stati hanno un'economia agganciata al dollaro, come l'Italia. L'economia russa ha smaltito tutti i petrodollari che la avevano invasa, e ora sta per diventare un importante centro di affluenza dei capitali dall'estero, tanto che la attuale capitalizzazione di della borsa valori di 1000 miliardi di dollari, è destinata ad aumentare sicuramente, per costruire una vera potenza finanziaria, oltre che energetica.
Mentre Francia e Germania sembra che abbiano preso una posizione in questa guerra fredda, l'Italia resta il crocevia strategico logistico, che fa il buono e il cattivo gioco, stringendo collaborazioni con Gazprom e la convertibilità del rublo, e firmando dall'altra il piano europeo alternativo alla Russia. L'atteggiamento dell'Italia potrebbe sembrare una continua contraddizione, ma in realtà deriva da quell'ambiguità che ormai radicata nella storia della politica italiana, due linee di pensiero che riflettono due nature diverse. In Italia sono sempre esistite due "gladio", una rossa e una nera, i cdd. "rossi e neri": le due forze nel tempo si sono scontrate, per distruggersi a vicenda, e infatti all'interno dell'una vi erano degli elementi che agivano in copertura per far ricadere la colpa automaticamente sull'altra. Allo stesso modo si sono creati due Sismi, espressione di questa duplice natura dei servizi, come diversi sono stati i rapimenti in Iraq.

Oggi l'economia sta davvero cambiando, e dobbiamo prepararci tutti ad affrontare gli stravolgimenti che ne deriveranno, come il rincaro dei prezzi dell'energia, dei beni e delle merci, la dipendenza verso una nuova potenza, la disoccupazione e il fallimento delle nostre imprese. Ciò che oggi abbiamo in più è perché lo abbiamo rubato ad altri. Siamo noi i deboli se sulle nostre coste approdano barconi di clandestini, perché il contratto è stato firmato all'interno delle ambasciate con le porte blindate.

L'informazione adesso gioca un ruolo molto importante perché potrebbe anche cambiare le sorti della nostra economia, tuttavia occorre avere il coraggio di dire certe cose e in un certo senso di rischiare per anticipare gli eventi. Quando una notizia viene data è perché un evento si è già compiuto, e non si può fare altro che commentarla, mentre il preventivare, l'anticipare è la vera arma per dare una svolta, e fare una rivoluzione.

25 dicembre 2006

Pericolo di attentato all'Eurotunnel: un disastro annunciato


Minaccia di attentato al Tunnel della Manica da parte di un gruppo di militanti di Al Queda entro la fine dell'anno: è il comunicato della Direzione Generale di Sicurezza Esterna (DGSE) trasmesso il 19 dicembre, ricevuto in linea diretta dalla Cia. Viene così lanciato un allarme con elevato probabilità di rischio, accentrando l'attenzione su un obiettivo altamente delicato data la situazione attuale. La Etleboro da mesi ha preannunciato il Tunnel della Manica come obiettivo sensibile, e probabile bersaglio di un attentato, come evento eclatante per rispondere alla grave crisi finanziaria internazionale e della società Eurotunnel stessa ( La banda del Buco prepara il botto) .
Il tunnel che collega Francia e Inghilterra sta registrando forti perdite, e un “buco” al suo interno potrebbe risanarne la situazione grazie ai fondi della ricostruzione, e probabilmente aiutare a occultare delle prove pericolose, come delle scorie nucleari, giacenti sul fondo dopo l'affondamento di una nave che ha spinto i governi a bloccare la pesca in quella zona. La società Eurotunnel è in bancarotta, sta sfiorando da mesi il fallimento e solo l'approvazione del piano di ristrutturazione del debito da parte dell'assemblea degli obbligazionisti, dei creditori, soprattutto grandi banche d'affari, e degli azionisti è riuscito ad evitare il lastrico. Un piano questo per sanare un debito di circa 9 miliardi di euro, mediante la creazione di una nuova società, battezzata Gruppo Eurotunnel, che per l'87% sarà di completa proprietà dei suoi creditori. Questa lancerà un'offerta pubblica di scambio (OPA) sulle azioni dell'attuale struttura quotata e sottoscriverà un prestito di 4,16 miliardi di euro presso un consorzio bancario internazionale, e approverà l'offerta di finanziamento integrale da parte di Citigroup, di Goldman Sachs e Deutsche Bank. L'attuazione del piano è prevista per marzo dell'anno venturo, tuttavia il lancio di questo allarme provocherà un grande sconvolgimento dello stesso, forse un aumento delle quotazioni stesse, che diventeranno ancora più rischiose, e darà ai creditori diritto a maggiori interessi o maggiori quote di proprietà nel gruppo. La semplice notizia di un attentato, lanciata al mercato degli investitori in un momento così delicato per l'approvazione del piano di ristrutturazione, dà sicuramente adito a manovre speculative da parte delle Banche che intendono recuperare il loro investimento.

Se l'attentato andasse veramente in porto, costituirebbe quell'evento sconvolgente che potrebbe influire anche sulle sorti dell'economia internazionale. La vertiginosa caduta del dollaro non sembra arrestarsi, ormai la sua svalutazione è critica e preoccupante anche perché tutti gli Stati in contrapposizione agli Stati Uniti hanno cominciato a diversificare le riserve, ma soprattutto a cambiare la valuta di scambio per petrolio e gas. L'Iran ha ormai annunciato che scambierà petrolio solo con euro, e la sua posizione ferma e determinata è stata già condannata con sanzioni economiche pesantissime, nel tentativo di rimarginare le gravi conseguenze di tale scelta. Ormai la guerra strategica è stata da tempo combattuta, gli Stati si stanno scontrando sul campo diplomatico ed economico, e una prima battaglia è stata già vinta. La Russia ha annunciato la Borsa del Petrolio come centro nevralgico degli scambi di materie prime del Medioriente, avendo già accolto consensi e alleanze per la sua costruzione tra i principali produttori di petrolio e gas. L'Iran è riuscito a resistere alle minacce di un intervento armato da parte delle Nazioni Unite per le sue decisioni sulla politica energetica, e continua tutt'oggi a resistere alle pressioni internazionali. L'allarme terroristico lanciato dalle agenzie di intelligence anglossasoni e americane parlano di un attentato progettato in Pakistan, mediante cellule che si trovano in Iraq e in Siria: è ovvio che l'attenzione si riverserà sul Medioriente, su quegli "Stati canaglia" che covano fondamentalismi e piani terroristici.

Utilizzare Al Queda come strumento di guerra sortisce sempre un grande impatto mediatico, perché rappresenta un'arma invisibile, senza collegamento alcuno, capace di colpire ovunque e creare il panico diffuso mediante una semplice notizia. È chiaro invece che la politica e le forze internazionali e diplomatiche sono fallite dinanzi alla crisi economica internazionale, e ora non resta che osservare come gli Stati sono costretti a pagare la bancarotta delle società e di debiti delle Banche. I media tacciono, si parla di rumori di fondo, di velate rivelazioni di collaboratori delle intelligence: aspetteranno la fine dell'anno, nel pieno dei viaggi e delle vacanze "oltre-Manica", per lanciare ufficialmente l'allarme e creare il panico tra le persone. Dobbiamo aspettarci controlli e terrorismi psicologici ben peggiori dell'allarme di questo luglio in Gran Bretagna, e deliberatamente voluto per rendere l'evento ben più traumatico e sconvolgente.

21 dicembre 2006

La macelleria delle imprese italiane


Sono ormai quattro anni che circa 250 concessionari della Ford stanno subendo processi fallimentari e cause legali contro la multinazionale automobilistica, senza che alcuna testata giornalistica abbia accolto le innumerevoli richieste per portare il caso all'attenzione dell'opinione pubblica. Stefano Salvi, giornalista indipendente, dopo essere stato contattato poche settimane fa, ha aperto un'inchiesta per indagare e spiegare all'intero pubblico cosa stia accadendo in Italia nel mercato dell'automobile. La causa di Salvi, partendo da una grave tragedia che ha colpito i concessionari della Ford, è diretta infatti a richiamare l'attenzione su un qualcosa che si sta abbattendo sul settore automobilistico europeo, e in particolare in Italia. È stata messa in moto una macchina speculativa, un meccanismo da guerra, destinata a decimare ancora molte vittime, nel silenzio dei media, che dovrebbero vigilare sulla società, e delle Istituzioni, che invece dovrebbero controllare il sistema economico. Capiamo benissimo, che se sono impegnati con le "truffe di Affari tuoi" o "ai falsi dentisti" non possono certo occuparsi di casi in cui l'economia italiana viene massacrata dalle multinazionali e delle banche. Così come la Banca d'Italia, che è così preoccupata di scrivere bene il suo Statuto e di fare le giuste riforme, che non può fermarsi a controllare cosa fanno i suoi azionisti, le Banche, o i suoi padroni, i Banchieri.

Per circa 15 anni la Ford ha perpetuato una truffa da migliaia di miliardi di euro ai danni di piccoli imprenditori, mettendo in piedi un castello di finanziarie che ha fortemente indebitato i concessionari, creando un abnome debito inesistente, virtuale, dal quale trarre interessi perpetui.
In particolare, la Ford Italia aveva concluso dei contratti di concessionaria in base ai quali vendeva gli autoveicoli (emettendo fatture come se avvenisse una vendita definitiva) continuando a conservarne la proprietà fino al momento in cui non fossero venduti ad un consumatore. Questo sistema, assolutamente elusivo delle norme di trasparenza dei bilanci e delle norme tributarie, creava così degli utili fittizi, gonfiando i bilanci e i dati delle vendite: il fatturato saliva senza che fossero vendute sul mercato le auto, ma per il semplice fatto che uscivano dalla concessionaria. Inoltre, su questi bilanci così abbondanti, si è riuscito a piazzare sul mercato dei risparmiatori ad un ottimo prezzo i bond e le azioni emesse. Il reato di falso in bilancio e di false comunicazioni al mercato è di solito punito con l'arresto, perché con questo trucchetto si rischia di far cadere intere economie: non riusciamo neanche più a contare le truffe che si stanno abbattendo sulle borse e i mercati finanziari, e come soluzione hanno depenalizzato il reato.
Sebbene questo meccanismo costituisca un vero attentato agli Stati, non è niente in confronto a ciò che la Ford e la Ford Credit Bank hanno fatto a oltre 250 imprenditori, con una truffa di oltre 1500 miliardi di lire ( circa 750 mil di euro) . Infatti, nel momento in cui le auto venivano (falsamente) fatturate e vendute (realmente) ai concessionari, la Ford Credit Bank apriva un credito a carico del concessionario, senza neanche avvisarlo: si accumulavano così milioni di euro sui conti, senza che i concessionari ne fossero messi a conoscenza, non avendo neanche questo diritto. Il risultato è stato che quando i concessionari chiedevano un prestito alla propria Banca, arrivava un allarme dalla Centrali rischi della Banca d'Italia (in cui sono registrati i prestiti erogati alle Banche) che informava che il cliente aveva già un debito milionario da onorare, e spesso che era addirittura insolvente.
Gli imprenditori non solo si vedevano negare il prestito di cui avevano bisogno per la propria impresa, o per vivere, ma le Banche immediatamente congelavano i loro fondi ed espropriavano tutte le loro proprietà, restando sul lastrico in pochi secondi, con pochi battiti su una tastiera di un pc.
Centinaia sono falliti, completamente spogliati di ogni avere, senza neanche la possibilità di pagare spese legali, molti si sono suicidati, perché non riuscivano più a reggere la pressione da parte delle Banche per dei debiti milionari mai contratti, assolutamente inesistenti.
La Ford ha percepito interessi usurai su quei milioni di euro (al 10%) senza che i concessionari avessero mai richiesto il finanziamento o avessero ritirato poi quei soldi: erano solo virtuali, e costavano lacrime e sangue per il semplice fatto che un computer li aveva scritti su un display.
Allo stesso tempo Ford aveva accesso allo stesso credito milionario presso la Banca d'Italia, potendo così effettuare con questo fondo, e con gli interessi percepiti, delle belle manovre speculative. Insomma, così Ford si è trasformata in una società che incassa utili non producendo automobili ma facendo le finanziarie sulle vendite, sui servizi bancari, al punto che si fabbrica un'auto per promuovere le carte di credito e i finanziamenti.
Questa è la realtà del nostro sistema industriale, e Ford non è che uno dei tanti casi che vengono alla luce quando ormai il crimine invisibile ha già mietuto le sue vittime. La Ford, come General Motors e la stessa Fiat, sono società indebitate, possedute dunque dalle Banche che ne hanno fatto uno strumento per fare utili mettendo su dei sistemi di denaro virtuali. Non dimentichiamo, per esempio, che Fiat, dopo che è stata alimentata da anni dai fondi statali per la Cassa Integrazione, è divenuta di proprietà delle più grandi banche d'affari Internazionali, e ha chiuso recentemente una joint venture con Crédit Agricole per promuovere un sistema di finanziamento dei concessionari e dei consumatori.
La Fiat ormai non produce auto in Italia da anni, gli stabilimenti italiani sono di rappresentanza, perché ha delocalizzato tutto in Turchia, in Sudamerica e in India, è diventata una multinazionale sull'orlo del fallimento, grazie alle Banche che adesso la sostengono e la stanno usando per chiudere i loro affari.

Il caso della Ford fa capire a tutti cosa sia il crimine invisibile con un realismo terribile e sconcertante: una Banca, sul beneplacito della Banca d'Italia, ha creato 750 milioni di euro di debito inesistente, producendo interessi reali, fatto di vite umane, di imprese e di sacrifici. Le anime degli imprenditori sono state consumate dal debito, sono morte, sono state mortificate e umiliate. Un concessionario, in preda alla disperazione, ha deciso di togliersi la vita con un colpo al petto e uno alla testa, e della sua morte nessuno pagherà, nessuno indagherà perché la polizia è impegnata a scovare i ladri di telefonini, mentre la Guardia di Finanza a fare multe per scontrini. Se per caso non hanno idea su dove cominciare le indagini, possiamo suggerirlo noi, dare i recapiti degli uffici da perquisire e le banche dati da controllare. Non accettiamo alibi su queste cose.
Non temete, nessuna Associazione dei Consumatori, né Adusbef o Cadacons, difenderanno queste imprese, perché anche loro sono troppo impegnate alle truffe degli show televisivi. La scoperta della verità, la difesa dell'economia, è affidata alla libera e singola iniziativa di ciascun cittadino che deve vigilare sulle sue imprese, deve combattere per loro.
Porgiamo così i nostri complimenti a Stefano Salvi, alla sua iniziativa, indipendente e lucida, nella speranza che non siano i media ad ascoltarlo, ma i diretti interessati, le Banche, che capiscano che devono aver paura di noi e non delle Associazioni da casalinghe annoiate.

20 dicembre 2006

Makhonine: un nome che fa tremare i Banchieri


Questo secolo di storia segnato da conflitti perpetui e terribili ha senz'altro insegnato all'uomo che "ogni goccia di petrolio è una goccia di sangue", versata in nome del dio dollaro, del governo mondiale. Tuttavia non abbiamo mai imparato dai nostri errori, dalla scienza e dai grandi uomini che hanno dedicato la loro vita al progresso e all'evoluzione della società, lasciando una grande eredità rimasta sempre occulta.
Gli scienziati che hanno scoperto le armi per combattere il male che ci corrode sono stati sempre isolati e poi abbandonati a loro stessi, perché la loro grande rivoluzione era sconfiggere il dio denaro per contribuire al benessere e alla sopravvivenza delle civiltà.

Negli archivi sembra essere stato cancellato il nome di un ingegnere russo, Ivan Makhonine, forse perché ha fatto tremare i Banchieri e i Petrolieri delle Sette sorelle donando la sua invenzione alle Nazioni allora troppo dipendenti. Makhonine sperimentò nel 1917 un sistema per produrre il carburante ideale la cui caratteristica era quella di prendere solo i pregi delle benzine e dei gasoli, ma non i difetti, sia quelli fisici che economici e così politici. Contrariamente alla benzina, questo carburante non può infiammarsi a freddo, ma solamente a caldo, dunque non può scoppiare nei motori spenti, e permette di sfruttare completamente il rendimento dei motori a scoppio.
Tale scoperta fu applicata, verso il 1918, su una locomotiva a propulsione elettrica, in cui i motori che trascinano le assi delle ruote sono alimentati da un generatore di elettricità alimentato a sua volta da un motore ad esplosione con forte tasso di compressione: questo treno utilizzava idrocarburi messi in ebollizione in una caldaia, collegata ad un dispositivo che aspirava i vapori trattati e li trasformava in un vapore, un fumo spesso che alimentava direttamente il motore a scoppio del generatore elettrico. Iniettando tale "fumo" in un apparecchio di distillazione classica, si condensa in nel carburante Makhonine, che può essere stockato per una sua ulteriore utilizzazione.
La sua macchina riusciva dunque a trasformare i vapori di idrocarburo e i altri prodotti carboniosi - catrami di carbon fossile, i peggiori carboni, il petrolio grezzo, gli oli vegetali ed ogni scarto carbonioso - in un "fumo" condensabile che dà questo famoso carburante con un enorme rendimento, cosa che tuttora la tecnologia non è in grado di realizzare. I rendimenti di produttività nell'estrazione del carburante erano del 95%, ed parimenti eccezionale era l'efficienza dei motori che lo utilizzavano, che non producevano né emissioni né i soliti odori sgradevoli, ma solo un tipo di gas caldo con un leggero odore piacevole.

Procedimento meccanico per la trasformazione
degli idrocarburi prima di essere utilizzati
Brevetto N°622.036
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Il dispositivo di estrazione - descritto dal brevetto N°622.036 - è costituito da un cilindro di porcellana, al cui interno andava immesso il prodotto carbonioso, e aveva alla base un forno ad alta temperatura che manteneva un metallo allo stato di fusione (700°-1000°). Allo stesso tempo veniva emesso un getto di vapore all'altezza della sommità del forno con la materia fusa. Gettando il carbone in questo bagno di metallo in fusione, ossia una materia avida di carbonio, e iniettano sotto pressione del vapore acqueo, il carbone viene polverizzato e viene ricomposto al carbone sciolto dal metallo. Alla sommità del cilindro avviene la vera reazione, ossia si accumulano dei gas condensati, che vengono poi costretti ad attraversare un dispositivo - non descritto dal brevetto - che è collegato direttamente ad un motore di distillazione classica da dove esce il carburante. La sua meccanica era a dir poco perfetta, e particolare, e lo stesso Makhonine non rivelò mai con esattezza il segreto che stava alla base del dispositivo che produceva e trasformava questo carburante.
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Così riuscì a far funzionare col suo carburante ogni tipo di motore allora esistente, ad adoperarlo con successo in numerose esperimenti dalla Marina, dall'aviazione militare, ma non ha mai preso piede nella produzione su scala mondiale.
Makhonine lasciò la Russia nel 1922 per stabilirsi in Francia, a cui fece dono dell'invenzione come riconoscenza dell'asilo concessogli, e lì riuscì a costruire una realtà economica importante intorno alla sua invenzione, e la stessa seconda guerra mondiale, in seguito ai numerosi problemi di energia e la dipendenza economica, fece ritrovare un certo interesse agli industriali e ai politici francesi che detenevano la sua invenzione. Le industrie produttrici del carburante divennero grandi società per azioni, e cominciarono ad emettere le azioni della "Compagnia del Carburante", ossia delle vere e proprie monete, come lo erano le azioni delle "Compagnie delle Indie" la prima cartamoneta dei Banchieri di Londra. Il Makhonine si diffonde per essere una vera soluzione ai problemi della Francia martoriata dalle guerre mondiali, una moneta agganciata ad una fonte di energia largamente disponibile e soprattutto nazionalizzata, creando un circuito al cui interno non potevano entrare i Banchieri di Londra.
Come poteva dunque rimanere nella storia il suo nome, se era riuscito a sfiorare un traguardo che molti avevano agognato, ossia quello di creare la moneta anti-dollaro. Lo stesso De Mattei, chiamato il Banchiere di Guerra, cercò durante la seconda guerra mondiale di creare una moneta che desse pane e acqua agli italiani che non avevano "lire": la sua Eni doveva essere il mezzo per poter dare all'Italia energia nazionalizzata, e poi una moneta dotata di sovranità popolare.

La portata della sua invenzione era davvero rivoluzionaria, e lo è ancora di più se si riesce ad immaginare che tutt'oggi non si è riusciti a replicare con esattezza il brevetto, avendo delle parti volutamente incomplete. La tecnologia di oggi, ancora così agganciata al petrolio e agli idrocarburi potrebbe ancora conoscere una fonte di energia "alternativa" in grado di fare da catalizzatore in questa strana congiuntura di passaggio dal petrolio al nucleare, in cui è il gas ad essere una labile e temporanea soluzione. Perché allora non promuovere ancora una volta un consorzio, magari Franco-Russo, per la produzione del carburante Makhonine, per affiancare i biodiesel? Forse perché le attuali lobbies vogliono spingere gli Stati ad avere come unica alternativa esclusivamente l'energia nucleare a fissione o a reazione "termonucleare controllata".
Le vere energie alternative sono state occultate e lo saranno ancora, se la moneta non smetterà di essere un titolo di credito di una società per azioni e diventerà virtuale, inesistente, tale da far scambiare le merci senza il bisogno di toccarla o possederla.

19 dicembre 2006

La Nazionalizzazione di Bankitalia: il bidone agli Italiani

Tutti hanno ricevuto tramite una e-mail, il nuovo statuto della Banca d'Italia modificato per rispondere così agli scandali del sistema bancario e dare un nuovo assetto proprietario alla Banca centrale.

Molti si sono scandalizzati nel leggere il nuovo art.3, che non contiene più la norma che assicura che il controllo di Bankitalia sia assicurato agli enti pubblici, lasciando così il dubbio che possano essere anche privati. Tuttavia hanno preso una grossa cantonata, cadendo nella propaganda dei Banchieri volta a far riapprezzare le azioni della Banca d'Italia per poi venderle allo Stato. Infatti il nuovo statuto attua i principi della legge del risparmio che ha deciso che entro il 2008 occorre cedere le quote allo Stato, per una cifra da stabilirsi ma valutata intorno agli 800 milioni, per portare così alla nazionalizzazione di Bankitalia. Per cui, l'eliminazione dall'art. 3 di una norma che di fatto non veniva applicata, ha sicuramente cancellato ogni dubbio sulla proprietà privata di Bankitalia legalizzando così tale dato di fatto, ma non aggiunge niente di nuovo. Molti dunque si sono scagliati contro tale norma gridando allo scandalo, alla legalizzazione della proprietà privata della Banca di Italia, ma hanno tralasciato un piccolo dettaglio, ossia la nazionalizzazione della Banca Centrale prevista anche dallo statuto stesso. Questo infatti specifica che, in applicazione della legge del risparmio, le azioni saranno cedute agli enti pubblici elencati nel precedente statuto della Banca di Italia all'art.3, per cui il cessionario delle quote sarà comunque lo Stato (art. 49 Statuto). Mentre tutti guardano a destra e parlano di signoraggio e di proprietà della Banca di Italia, a sinistra i Banchieri sono pronti sin d'ora a cederla, ma non al prezzo che è stato proposto: voglio di più perché (a quanto pare) per le persone vale molto di più.

La propaganda in cui sono caduti non sta nell'intenzione o meno di nazionalizzare, per scontentare le lobbies bancarie che detengono il capitale, ma nel credere che questa sia la soluzione ai problemi del debito pubblico italiano, come molti sostengono, dando così molto più valore a quelle azioni possedute dai Banchieri. L'ex ministro Giulio Tremonti stabilì il valore della Banca d'Italia intorno agli 800 milioni di euro, sostenendo che la sua stima partiva dal valore dei dividendi, ma in passato l'Abi, l'ha sempre valutata sul valore del patrimonio netto di Bankitalia, ossia sui 20 miliardi di euro.

Per comprare questo bel gioiello occorrerà una manovra Finanziaria dedicata, proprio adesso che si parla di liberalizzazione dei servizi e di privatizzazione, e l'Italia fa una legge per la nazionalizzazione della Banca Centrale che, guarda caso, trova il pieno beneplacito della Commissione Europea e dei Banchieri. È ovvio che esiste un trucco in questo gioco di parole, in quanto "Nazionalizzazione della Banca Centrale" è un concetto vuoto di significato senza una norma che restituisce la sovranità monetaria allo Stato.

Per cui la Banca di Italia si prepara a ritornare nei forzieri del Tesoro dello Stato come pezzo d'antiquariato, vuoto e inutile, che i cittadini italiani dovranno pagare a caro prezzo con le tasse e i loro soldi.Come potrà lo stato Italiano acquista la Banca d'Italia se non ha i soldi, se continua ad indebitarsi per pagare un debito che praticamente non è estinguibile con moneta propria, perché l'Italia non ha la sovranità monetaria, ed è costretta a chiedere sempre e comunque in prestito il denaro per far fronte alle spese. A pagare la Banca di Italia di diritto e da sempre di proprietà degli Italiani, saranno i cittadini con le tasse, con il loro stesso lavoro.
Ritornerà di proprietà dello Stato un'entità che di fatto non ha poteri, in un momento storico in cui anche la stampa della moneta perderà ogni senso, perché ogni transazione sarà elettronica, sarà pagata con moneta elettronica. Il signoraggio non smetterà di autogenerarsi e sarà assoluto perché le Banche avranno potere di emissione di moneta infinita in maniera incontrastata. La moneta si perderà nei circuiti virtuali e telematici dei sistemi informatici delle Banche, e le Carte Visa diventeranno delle piccole banche emittenti che erogheranno soldi in relazione alla capacità di indebitarsi di ogni utente. Le Banche Centrali nazionali non serviranno a nient'altro che come enti amministrativi, come autority, ma non avranno alcun potere né sull'emissione del denaro né sui tassi di interesse, o quanto meno sulle fusioni bancarie.Per tale motivo le Banche si disfanno di questa partecipazione, che non avrà più significato in futuro, per entrare nel mercato virtuale e nel microcredito. Non dimentichiamo infatti che la legge del risparmio, e l'approvazione dello Statuto si accompagna ad un'altra decisione importante da prendere, ossia la deregolamentazione delle Banche popolari e cooperative.Stiamo per entrare nella nuova era in cui ogni Banca sarà libera di stampare la sua moneta ogni volta che dà una carta di credito, garantendo la presenza di una riserva minima. Il nostro sistema economico sta cambiando e, mentre i Banchieri sono coscienti di questo e adeguano i nuovi strumenti, noi continuiamo a viaggiare su quello vecchio che è ormai da rottamare.

18 dicembre 2006

Via la Vodafone dalla Comunità Europea

Qual è il vero colpevole delle intercettazioni illegali?

In seguito allo scandalo delle intercettazioni illecite che avevano colpito grandi personalità politiche, Vodafone Grecia è stata condannata a pagare una multa per 76 milioni di euro, ossia 500,000 euro per ciascuno dei 106 telefoni messi sotto controllo. Furono infatti intercettati illegalmente diversi membri del governo, tra cui il Primo Ministro, il Ministero della Difesa Nazionale, il Capo della Polizia, la squadra antiterrorista ed un gran numero di membri di greci di organizzazioni attiviste.

La Vodafone è stato accusata di non aver adeguatamente protetto le proprie reti e di ostruzione della giustizia per aver provocati ostacoli e ritardi nello svolgimento delle indagini al momento in cui le intercettazioni sono state scoperte. Stando alle indagini ufficiali, tra l'agosto 2004 e il Marzo 2005 alcuni hacker, ignoti o appartenenti a qualche agenzia, hanno installato un software illegale riuscendo ad aggirare il sistema di sicurezza dell'IMS (Interception Managment System) dell'Ericsson. A scoprire la manomissione del sistema è stato l'Ing. della Vodafone, Costas Tsalikidis, rivelando che aveva ritrovato delle tracce di un spyware straordinariamente sofisticato all'interno della rete, che trasmetteva informazioni e registrazioni al centralino di un ufficio dell'Agenzia di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti e alla stessa ambasciata americana ad Atene. La stampa greca hanno infatti mosso fondati sospetti sugli Agenti Americani e sull'Intelligence Britannica, probabili colpevoli del sabotaggio dei sistemi, tuttavia il Governo, temendo lo scoppio di una vera guerra diplomatica con gli Stati Uniti, ordinò di mettere silenzio su tale voce.
In ogni caso, furono manomesse circa 22 bobine di registrazioni, e gli strumenti di ascolto utilizzati erano sicuramente molto più sofisticati di quanto hanno affermato i responsabili della Vodafone. Secondo Kostas Tsalikidis solamente il personale dell'Ericsson avrebbe potuto installare tali sistemi ed eventualmente attivari su richiesta dell'Intelligence Britannica.
Alle domande della magistratura l'Ericsson ammise che il Sistema di Gestione delle Intercettazioni era stato installato nelle centrali della Vodafone, ma non era mai stato attivato, tuttavia qualcuno è riuscito con un software illegale ad aggirare l'intero sistema di sicurezza, dando origine al più grande bug dei sistemi di comunicazione a livello Internazionale perché si è originato all'interno della società stessa, cosa che non è mai accaduta in passato.
L'Ericsson tenne a tal proposito a chiarire che erano due i tipi di software sotto accusa: il primo, sviluppato da Ericsson, che era stato installato sui cellulari Vodafone ma non era ancora stato attivato, il secondo, di origini ignote, era stato installato illegalmente nel sistema di Vodafone per attivare un software legale ed annullare le tracce del tracciamento.
Vodafone, dal suo canto, ha precisato che non furono mai informati di questa "caratteristica" dei telefoni, contraddicendo la versione di Ericsson che affermò di aver messo a parte di questo la compagnia telefonica.

Sistema di Gestione delle Intercettazione dell'Ericsson

In seguito all'apertura dell'inchiesta ufficiale, l'ingegnere greco viene trovato morto nel suo appartamento in circostanze misteriose, ma secondo gli inquirenti si è trattato di suicidio, per cui la sua morte non ha alcuna correlazione con le dichiarazione rilasciate. Un verdetto questo che non è stato mai accettato dai familiari che hanno depositato una denuncia contro ignoti per appropriazione indebita e falsificazione di documenti appartenenti al defunto ingegnere. La morte di Kostas Tsalikidis ha posto così un grave dubbio sull'eventuale responsabilità della Vodafone, che probabilmente ha subito eliminato l'evidenza della prove, ossia le tracce dello spyware e il collegamento con le cellule spie, come hanno testimoniato alcuni degli agenti che hanno seguito il caso.

Un caso analogo, anche se non connesso è quello che ha travolto la Telecom, con la morte dell'Ingegnere Adamo Bove, anch'egli suicidatosi gettandosi dal cavalcavia della tangenziale di Napoli, dopo aver intrapreso una collaborazione con la Magistratura durante le indagini sullo scandalo delle intercettazioni. Come Kostas Tsalikidis, Bove avevano scoperto qualcosa di anomalo all'interno dei sistemi di comunicazione, anche in questo caso, un bug che aveva manomesso la sicurezza interna della Telecom.
Le testimonianze di Bove mettono luce sui rapporti della Telecom e della stessa Pirelli con i servizi segreti italiani e molte agenzie private, che avevano così accesso ai sistemi di ascolto della società di telecomunicazione.
Occorre tuttavia capire i confini delle responsabilità delle intelligence, e quelle delle società di telecomunicazione e di telefonia. Queste, in quanto produttrici dei software e dei sistemi di comunicazione hanno modo di agire alla base, sono i controllori e i detentori delle registrazioni telefoniche: le intercettazioni nascono con il sistema stesso, ogni informazione, ogni discorso viene captato e inserito in una banca dati il cui accesso è riservato ancora a delle società private. Affermare che le società di telecomunicazioni effettuano intercettazioni è una tautologia, è ovvio che lo facciano perché è un qualcosa che nasce con il sistema stesso di comunicazione.
Tali considerazioni sono, per tale motivo, importanti al fine di individuare invece il ruolo delle intelligence, al cui interno agiscono delle entità molto pericolose, perché agiscono da contractors per le società private. Per cui, non dubitiamo la necessità di fare delle centrali di ascolto per motivi di sicurezza nazionale, tuttavia questo strumento è oggi nelle mani di personaggi che usano il loro potere all'interno dei servizi come copertura per svolgere il loro vero lavoro, per fare gli interessi dei privati, e non certo quelli dello Stato.

Se è scoppiato uno scandalo sul caso Vodafone Grecia è stato grazie all'intervento del governo che ha agito nei confronti della società di telecomunicazione Britannica con un'accusa ben precisa. Non possiamo dire che sia accaduto lo stesso in Italia, dove tale identico episodio è stato strumentalizzato per ridiscutere tutti i vertici del Sismi e consentire il cambio di potere, e per portare a buon fine un'operazione societaria, con la vendita di parte della Telecom. Infatti oggi le multinazionali utilizzano le cellule di ascolto per boicottare un proprio diretto concorrente, per minare la sicurezza dello Stato e sottomettere al giogo della privatizzazione e della liberalizzazione le politiche economiche. Allora, non dimentichiamo che il Sig. Prodi ha privatizzato la Telecom, tutte le società italiane, ha fatto delle privatizzazioni la sua strategia vincente, ma ha commesso ciò che in alcuni Stati è ritenuto un attentato alla sovranità popolare.

Allo stesso modo, oggi la condanna di queste grandi multinazionali sono rimesse nelle mani di singole persone in grado di rivelarne il trucco, ma chiaramente ormai lo Stato e le autorità sono completamente impotenti.
Non è possibile che dall'oggi al domani viene scoperta una regia occulta all'insaputa di tutti, ed è per tale motivo che occorre interrogarsi primariamente chi ha permesso alla Eriksson di produrre determinati software, non condannare chi li utilizza perché è chiaro che le intelligence lo usano per raggiungere determinati scopi. La centrale di ascolto esiste, sicuramente, e al momento che ne è stata scoperta una, già un'altra è stata attivata.
È invece evidente che il Sismi ha avuto delle forti guerre intestine, che alcuni dei suoi membri fungevano da fusibile e trasmettevano a sua volta informazioni riservate a terzi, probabilmente all'intelligence statunitense, per essere utilizzati poi per altri scopi. Ciò che è stato scoperto dagli addetti ai lavori non era un'attività di intercettazione, di per sé scontata, ma delle operazioni anomale, forse proprio l'esistenza di entità estranee a quel rapporto fiduciario Telecom-Sismi. Tuttavia, al momento della fuoriuscita delle informazioni, un gruppo di intervento immediato è entrato in azione per evitare che l'intero sistema fosse messo in discussione. Le operazioni dei servizi si svolgono sempre sotto il massimo riserbo, vi è il "segreto" su tali azioni e se dall'oggi al domani, i nomi dei dirigenti dei servizi sono coinvolti in gravi scandali, vuol dire che da colpevoli di un reato nei confronti dello Stato sono divenute le vittime di un sistema di potere, che sacrifica delle cellule per non pregiudicare l'intero apparato.
Abbiamo visto morire Pignero nel silenzio della stampa e della Autorità, oggi invece i capi del Sismi sono stati messi resi i capri espiatori dell'intero reato: è chiaro che loro pagheranno una colpa che non è loro. I veri colpevoli sono i ladri e i manipolatori con guanti bianchi che individuano la loro vittima studiando attentamente le sue mosse, colpendo sempre quella pedina che non può difendersi, che non ha un alibi. Essere un fiduciario dei servizi significa anche agire senza un contratto vero e proprio, sulla base di istruzioni che partono dall'alto che dovranno essere ritenute affidabili a attendibili senza discutere, occorre eseguire un ordine prestabilito. È dunque lo schema di potere che permette di compiere queste azioni: agire sotto un segreto significa agire a proprio rischio e sotto la propria responsabilità, in quanto non esisterà giustificazione a cui appellarsi, né prove né documenti.

Mentre oggi la colpa viene addossata completamente ai servizi o al governo, noi chiediamo invece che la Vodafone sia messa sul banco degli imputati e venga radiata dalla Comunità Europea per aver attentato alla sicurezza nazionale e alla Costituzione di uno Stato membro dell'Unione Europea. La Commissione e il Parlamento europeo devono a questo punto intervenire e chiedere la nazionalizzazione delle società delle telecomunicazione, onde sottomettere alla sorveglianza dello Stato i servizi di comunicazione e la creazione delle banche dati.

14 dicembre 2006

La riforma delle Banche Popolari per accedere al Microcredito


La Corte di Brussel ha oggi archiviato l'indagine sulla normativa italiana delle Banche Popolari, accusata di restrizione alla libertà di circolazione dei capitali, prevenendo l'apertura di una vera e propria procedura d'infrazione contro l'Italia. La Corte ha dichiarato che non esiste una incompatibilità di fondo della normativa bancaria delle Banche cooperative e delle Popolari con la legislazione europea, ma rinvia la decisione ai giudizi nazionali e allo stesso governo.
Resta così un grande interrogativo su di una questione molto delicata, intorno alla quale si concentrano gli interessi delle grandi Banche d'Affari, che sperano di poter penetrare il mercato del "microcredito" proprio attraverso le Banche Popolari e le Banche Cooperative.
Le spinte alla liberalizzazioni del mercato dei beni e dei servizi travolgerà anche l'intero universo del credito, al fine di permettere l'ingresso dei grandi investitori nel mercato del piccolo credito, che rappresenta in un certo senso, un riferimento per il futuro.
Ma se la liberalizzazione del mercato del credito rappresenta il fine ultimo, lo scardinamento dei principi dell'ordinamento italiano sulle banche cooperative rappresenta il mezzo, da attuarsi mediante una reale e "volontaria" riforma del sistema bancario da parte dei governi nazionali, se non si riesce con l'imposizione dall'alto della Commissione Europea.
Commissario Europeo McCreevy
La procedura di indagine ha avuto inizio nell’ottobre del 2003, quando Fritzs Bolkestein, Commissario europeo al Mercato, apre un dossier sulla normativa delle popolari italiane con l’accusa di violare con il loro statuto le leggi del libero mercato europeo. In particolare vennero sindacate le norme sul limite al possesso azionario, pari allo 0,5% del capitale sociale della Banca, salvo una quota che va dal 4% al 15% per gli organismi di investimento collettivo: una norma questa che ha come scopo quello di evitare le concentrazioni bancarie, e mantenere una struttura orizzontale e paritaria tra gli azionisti. Stessa ratio la cdd. norma del "voto capitario", che dà un voto per ogni azionista, a prescindere delle azioni che detiene, e dunque anche una piccola impresa può avere un voto all'interno dell'Assemblea. Un principio che viene rispettando anche vietando la possibilità di delegare a persone esterne all'assemblea il proprio voto, che possono ricevere fino a 5 deleghe, e non di più. Le cooperative sono nate infatti per sostenere le piccole e medie imprese, per fare gli interessi dei soci e reinvestire gli utili all'interno dello stesso circuito non ammettendo la distrazione dei fondi verso banche che non hanno la medesima struttura. Inoltre la struttura dell'azionariato è chiuso, perché i soci hanno diritto a esprimere il loro "gradimento" all'ingresso di un nuovo socio. Ovviamente questo insieme di norme, coerente con i principi dell'ordinamento e con l'art.3 della Costituzione, impedisce che possano avvenire delle Opa o delle concentrazioni tra banche con ordinamenti diversi, così come l'ingresso di grandi soci al solo scopo di effettuare delle speculazioni.Nel 2003, l' "Associazione nazionale azionisti banche popolari" chiese di aprire una procedura, a carico dell'ordinamento italiano, rivolgendosi così alla Commissione Europea, accanita sostenitrice del sistema delle società per azioni.
La questione, sebbene non abbia avuto un seguito immediato presso la Corte, è divenuta con il passare del tempo ancora più problematica, perché la Commissione ha nel 2005 cominciato una vera pressione nei confronti del Governatore Fazio, intimandogli di non intervenire con alcuna agevolazione alla popolare di Lodi per acquistare Antoveneta, oltre a rimuovere gli ostacoli verso la fusione con BNL. Un caso questo noto a tutti, inquinato e ostacolato dall'uscita improvvisa delle intercettazioni e così dello scandalo di Fiorani e Ricucci, al fine di provocare la caduta dei vassalli e l'abdicazione del Governatore, che ha ceduto alle dimissioni dinanzi alla minaccia dell'apertura di un processo.
Lo scandalo di Antoveneta ha fatto poi da preludio a quello di Unipol, al fine di scardinare un vecchio sistema, forse troppo accentrato nelle mani del governatore, per proporre un sistema più flessibile, ossia la nomina di un dirigente con lo "spoil system": al cambio dei poteri e degli obiettivi, occorre il cambio dell'amministratore. È stata poi subito portata all'attenzione l'urgenza della riforma del risparmio e dello Statuto della Banca d'Italia, mentre ora è all'esame il decreto attuativo della direttiva sulle fusioni bancarie. In questo quadro si inserisce in modo machiavellico anche la revisione del sistema per le cooperative, considerando che la Corte ha lasciato un interrogativo a cui occorre dare una risposta, ossia se concretamente le banche cooperative continuino a soddisfare i bisogni dei soci. Il Governo italiano, nella persona del viceministro Pinza, da tempo infatti aveva annunciato il desiderio di esaminare la questione e di giungere a quella deregolamentazione che permetterà la fusione asimmetrica tra Banche.

Si sta preparando così la base della normativa per permettere l'omogeneizzazione dei servizi bancari, e la spersonalizzazione delle politiche del credito nei confronti delle imprese, che, di conseguenza, diventeranno sempre più degli utenti e l'accesso al credito sarà completamente automatizzato. Si andrà ad incidere su un settore che già oggi soffre molto, e che comunque ha perso da tempo quello spirito cooperativo che ha ispirato la normativa, le trasformazioni all'interno sono già avvenute.
Questo ovviamente perché il futuro del credito sarà su un sistema telematico ed elettronico, a cui sarà possibile accedere mediante un palmare, mediante internet, e il recarsi in banca sarà una routine superflua. Ogni operazione sarà automatizzata, dall'apertura dei conti alla chiusura del fido, fino al blocco di tutte le linee di credito. Un sistema questo che è già entrato nel settore del credito postale, anch'esso destinato a essere deregolamentato per lasciare spazio ai banchieri europei, in nome della legge di mercato della privatizzazione dei servizi pubblici.
Le porte del microcredito stanno per spalancarsi all'alta finanza, grazie alla virtualizzazione totale di ogni servizio e alla standardizzazione di tutte le procedure. Evidentemente, le parole di elogio al credito solidale come opera umanitaria, sono servite dunque solo a circoscrivere questo fenomeno ai paesi sottosviluppati o per incentivare la proliferazione di istituti come le Banche etiche, che per il loro carattere di credito cooperativo, saranno poi sicuramente inglobate nelle Banche d'Affari con fusioni e partecipazioni incrociate.
Non vi sono né vinti e né vincitori, ma solo una massa di utenti che rappresenteranno il nuovo mercato dei Banchieri.

13 dicembre 2006

Pronta ad entrare in Iran la resistenza finanziata dalle Lobbies


La ferita aperta in Medioriente con la guerra in Libano ha avuto senz'altro l'obiettivo di creare all'interno di tale regione, travagliata da conflitti secolari, una crisi internazionale che potesse estendersi poi a macchia d'olio in tutti gli stati circostanti. Il bersaglio che si voleva colpire è stato sin dall'inizio l'Iran, essendo una regione strategica sia dal punto di vista geopolitico che energetico, un cattivo alleato per le grandi potenze come Cina e Russia, ma pur sempre il crocevia di risorse essenziali e la porta verso l'Oriente. La guerra contro l'Iran è stata progettata molti mesi fa, e in tutto questo tempo abbiamo assistito ad un continuo altalenarsi di scontri e di risoluzioni, di giochi di guerre e di embarghi agli Stati circostanti, sino a distruggere totalmente un paese. Ora che le forze di interposizione e di ricostruzione hanno penetrato il Libano, l'attenzione della comunità internazionale si riversa di nuovo sull'Iran, che continua a rifiutare le risoluzioni Onu, sfidando l'America e cercando nella Russia e nella Cina, nonché nella Francia, degli alleati che possano esporsi onde prevenire un ulteriore conflitto. Chi pensa che l'Iran voglia questa guerra, commette l'errore di fare il gioco della propaganda dei Mullah, come in Libano quella degli Hidzbullah, entrambe organizzazioni che si propongono come "la Resistenza" ma sono il peggior nemico dei popoli libanesi e iraniani. I monologhi e le trovate a grande effetto di Ahmadinejad sono essenzialmente di difesa, volte a cercare una controparte che faccia l'errore di pronunciarsi pro o contro la sua tesi di lotta contro il sionismo. Le provocazioni dirette ad Israele e alla stessa America, sono dirette a provocare un clima di instabilità e di inquietudine nella regione, proprio per via delle attenzioni che richiama su di sé, nella speranza che un gigante come la Cina intervenga a difesa dei gasdotti e dei porti che portano dall'Oriente all'Occidente merci e petrolio. In realtà nessuno interverrà a viso aperto, perché dietro una guerra vi è sempre un accordo di fondo: la Russia ha condotto e condurrà anche in futuro una guerra diplomatica, continuerà a temporeggiare e a muovere tutte le sue pedine senza mai esporsi più di tanto, allo stesso modo la Cina, non può contravvenire agli stretti accordi con i Banchieri. Entrambi, con le loro dichiarazioni, hanno gonfiato in maniera artificiale la convinzione che avrebbero sostenuto in maniera incondizionata l'Iran, in nome di una forma di resistenza alle logiche occidentali, quando in realtà hanno strumentalizzato quella crisi internazionale per mostrare all'Occidente di non essere più degli Stati in decadenza, ma delle potenze mondiali.

L'orgoglio e il sentimento israeliano volto a difendere il proprio diritto all'esistenza viene ferito e rimesso in discussione continuamente, e per tale motivo una reazione a questo tipo di attacchi è quanto meno scontata. Tuttavia, anche le minacce di Israele di un intervento nucleare sono essenzialmente propagandistiche, perché non ha la bomba atomica, o comunque utilizza una tecnologia ormai obsoleta e strettamente controllata dall'America. A poche ore dall'attacco nei confronti del Libano, una delle prime mosse degli Stati Uniti fu proprio quella di presidiare le centrali nucleari per impedire il peggio, o forse per evitare che Israele scoprisse un suo punto debole. Le potenze mondiali, come America e Russia, non possono in ogni caso permettere che uno Stato come Israele, annientando l'Iran, decida il destino del mondo. Israele non ha più quella superiorità militare schiacciante sugli Stati vicini, come gli anni della guerra fredda: dopo il suo insuccesso in Libano, Israele non ha più la capacità di agire individualmente
Allo stato attuale degli eventi, Israele sicuramente deciderà di attaccare l'Iran, essendo lei il braccio armato della Comunità Internazionale, che da sempre orchestra guerre volte a cancellare gli stati-nazione utilizzando le armi della persuasione e del controllo mediatico. Un grande ruolo sta avendo l'Onu, entità foriera di odi e di scontri da sempre, la Nato, e la stessa Unione Europea che si propone come voce politica tra le forze di interposizione e come controparte per la ricostruzione delle zone di guerra. Brussel ha cominciato a finanziare le forze di opposizione ai governi ufficiali che oggi si trovano in esilio, e che sono pronti ad intervenire per creare un fronte interno e una guerra civile che distrugga così il paese facendolo collassare su se stesso, proprio come è avvenuto in Libano e in Iraq.

La Corte Europea ha infatti annullato la decisione dell'Ue del congelamento dei fondi posseduti dagli oppositori iraniani in esilio. Nel 2002 gli stati membri Ue avevano ordinato il congelamento dei fondi dei Mujahedin del Popolo (Ompi), il gruppo più importante fra le organizzazioni del Ncri (National Council of Resistance of Iran), perché definito un gruppo terroristico. La decisione della corte è stata giudicata dalla mancanza di motivazioni alla base della decisione della UE, accogliendo le ragioni della Ncri che sosteneva di non aver avuto diritto ad un equo processo e di essere stata poi vittima delle repressioni del regime. A questa decisione sicuramente seguiranno sconvolgenti scene di persone costrette a torture e maltrattamenti, vedremo donne che lamenteranno lapidazioni e violenze, i media architetteranno delle storie ingannevoli al solo fine di dare un'immagine di un paese sotto assedio, di una popolazione che subisce un regime, di un'economia protezionistica che affama i suoi cittadini e fa gli interessi dei petrolieri.
Quello che si sta muovendo è un vero governo in esilio, che sta per giungere in Iran a suon di dollari assistiti da decine di organizzazioni internazionali, pronti ad entrare in azione: basterà che un solo uomo si alzerà tra la folla per scatenare guerriglie e sommosse rigorosamente sotto gli occhi delle telecamere. I media saranno gli occhi e il fucile delle lobbies che vogliono creare un clima di guerra, per giustificare un intervento da parte di una forza internazionale, che, ancora una volta dirà di combattere per la carta dei diritti umani, contro la pena di morte.

12 dicembre 2006

La Costituzione Europea: l'alto tradimento dei politici


L'ampliamento dell'Unione Europea è giunto ormai in un momento molto critico, in quanto gli Stati che hanno aderito al progetto attraversano gravi problemi interni tra contestazioni popolari e scandali politici. Allo stesso tempo le negoziazioni con la Turchia hanno avuto una dura battuta d'arresto, nonostante le pressioni della Comunità Europa e le forti contraddizioni sul fronte cipriota, con continui capovolgimenti nelle trattative sulle reciproche concessioni da fare per entrare in Europa. In maniera invisibile, si è aperta un'evidente frattura anche tra gli Stati fondatori, come Francia e Germania inquadrando in maniera molto critica l'attuale politica monetaria della Bce, considerata ormai non più rispondente alle esigenze dei singoli Stati che vedono aumentare l'inflazione e contrarre le esportazioni e il potere d'acquisto dei loro salari. In tutta quest'alea di grave malessere e incertezza all'interno degli Stati, i Governi continuano a rilanciare il progetto della Costituzione senza mai promuovere un dibattito politico di analisi e di discussione critica degli articoli contenuti. Fatto sta che la Francia, il Belgio e l'Olanda hanno già detto no alla Costituzione Europa e, con essa, hanno detto anche no all'Europa della Commissioni e dei Banchieri. Questa Costituzione oltrepassa il ruolo normale che dovrebbe avere all'interno di una democrazia, inserendo degli articoli che fissano definitivamente degli orientamenti economici "liberalisti", qualunque siano gli eventuali cambiamenti di maggioranza politica generata delle future elezioni. La Costituzione rende definitive le politiche economiche del futuro, la cui scelta deve di solito dipendere dagli elettori, e può anche variare nel tempo: la politica economica e sociale è stata così "costituzionalizzata", cosa che non accade in alcuna carta costituzionale se non con espressioni e termini molto vaghi.
Questo è ciò che si rileva ad una lettura superficiale, ritrovando le stesse parole e gli stessi articoli di quelli che erano i Trattati del Mercato Comune e della costituzione dell'Unione monetaria, con la differenza che oggi si deve costruire un'unione politica, e lo si fa senza principi democratici.
Lo scopo di questa Costituzione è sicuramente quello di chiudere definitivamente i paesi europei in una camicia di forza liberale, senza nessuna possibilità di cambiare politica in seguito, nella maniera più assoluta, in quanto secondo l'art IV-443-3 ( allegato alla Costituzione) per modificarla occorrerà l'unanimità degli Stati (25 attualmente) cosa che è praticamente irrealizzabile.

Che la Costituzione Europea sia foriera di uno Stato Totalitario, non basato sul popolo né sulla democrazia, lo si intuisce subito, ma leggerla e studiarla dà un quadro del nostro imminente futuro ben più macabro di ciò che si può immaginare.
Molti dei suoi contenuti, che dovrebbero essere intoccabili e sacri, come i diritti fondamentali dell'uomo, sono soggetti ad interpretazione e ad eccezioni nel caso si verifichino determinati eventi.

Viene infatti stabilito che le spiegazioni per l'interpretazione della Carta dei diritti fondamentali ( parte II della Costituzione) devono essere seguite dalle giurisdizioni dell'Unione e degli Stati membri ( art. II-112, 7), ma la Costituzione viene tempestata di chiarimenti che alla fine non permettono di applicare la Carta dei Diritti fondamentali, perché vengono stabiliti dei casi molto particolari e dettagliati che gli Stati non possono far ricorso alla parte II del testo.
Si tratta degli allegati alla Carta dei Diritti fondamentali, che figurano all'art. 12 sezione A dell'atto finale" (parte IV) alla fine del testo costituzionale ma parte giuridica integrante (art. IV-442), che hanno lo scopo di indicare in che modo i differenti articoli devono essere interpretati ed applicati sia sai dai giudici che dai politici (art. II-112, 7).

Così mentre la Carta dei diritti fondamentali vieta la pena di morte ( art. II-61), l'articolo 2 par.3 dell'allegato 12 ("Dichiarazione riguardante le spiegazioni relative alla Carta dei diritti fondamentali", parte IV All'atto finale) detta una serie di eccezioni al diritto alla vita: ( art. 2, par. 2) afferma che la morte non è considerata come inflitta in violazione del diritto alla vita se è necessaria per assicurare la difesa di ogni persona contro la violenza illegale, per effettuare un arresto regolare o per impedire l'evasione di una persona detenuta, per reprimere una sommossa o un'insurrezione.
Un Stato, può prevedere nella sua legislazione la pena di morte per gli atti commessi in tempo di guerra o di pericolo imminente di guerra ( art. 2, par. b dell'allegato n° 6 ).
È stata così legalizzata l'omicidio per legittima difesa e la pena di morte, in casi molto generici e soggetti a troppa discrezionalità: oggi che non esistono più guerre in territorio europeo, un'insurrezione popolare è una contestazione violenza del popolo, mentre il "pericolo imminente di guerra", è una "minaccia di atti terroristici".

E ancora, la Carta dei diritti fondamentali stabilisce che i cittadini non possono essere sottoposti in stato di schiavitù o essere costretti a compiere o un lavoro forzato obbligatorio (art. II-65). Tuttavia gli allegati precisano che il lavoro forzato non è vietato se si applica ai prigionieri, e ci interroghiamo dunque su chi siano i nostri prigionieri in un periodo di pace controllata salvo le minacce di terrorismo. Inoltre autorizzano la requisizione di cittadini per il lavoro forzato nel caso "di crisi o di calamità che minacciano la vita o il benessere della comunità ( art. 5 par. 2 dell'allegato 12, parte IV), dove per "lavoro forzato obbligatorio" ogni lavoro che deve svolgere una persona detenuta è nel periodo di libertà condizionale, ogni servizio di carattere militare proposto in sostituzione della leva militare, ogni servizio richiesto nel caso di crisi o di calamità che minacciano la vita o il benessere della comunità, ogni lavoro o servizio che fa parte degli obblighi civici normali.

Infine è stato reso oggetto di variazione anche il "diritto alla libertà e alla sicurezza" (art. II-66), perché ( al par. 1 dell'art. 5 dell'allegato 12) la detenzione viene ammessa anche su semplice sospetto o in via preventiva, o per le persone "contagiose", "pazzi", "tossicodipendenti" o "vagabondi".
La Costituzione sembra inoltre proteggere il diritto alla privacy dei cittadini dallo spionaggio sulla linea telefonica e la posta elettronica, con microfoni e microtelecamere a domicilio (art. II-67, par.1), ma è possibile utilizzare lo spionaggio della vita privata è necessario per il benessere economico del paese, la difesa dell'ordine, la prevenzione delle infrazioni penali o ancora "alla protezione della morale" e la protezione dei diritti e della libertà altrui ( par. 2 dell'art. 7 dell'allegato 12 ). Ogni persona ha diritto alla protezione dei dati personali, che devono essere trattati in modo leale, sulla base del consenso del suo titolare che ha diritto alla rettifica degli stessi ( art. II-68), ma gli allegati ( art.7 allegato n.12 ) rinviano tutte le eccezioni del caso alla direttiva 95/46/CE e al regolamento n° 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2000 [?!]. Questo per dire che sicuramente questo diritto non solo ha eccezioni molto vaghe perché ci sono continui rinvii a fonti esterne per confondere le idee, ma infonde in dubbio che le stesse limitazioni saranno oggetto di continua revisione perché le direttive e il regolamenti cambiano ogni giorno.

Le restrizioni alla libertà di espressione e di informazione ( art. II-71) sono autorizzate quando sono "previste dalla legge" e sono misure necessarie "alla sicurezza nazionale, la sicurezza pubblica, la difesa dell'ordine e la prevenzione del crimine", alla "protezione della salute o della morale" (art. 11 dell'allegato 12).

Se quanto precede può sembrare antidemocratico, nel prosieguo degli articoli si parla di Clonazione Umana, perché mentre la Carta dei diritti fondamentali la vieta ( art. II-63 ), gli allegati ( par. 2 dell'art. dell'allegato 12 ) fanno non solo dei riferimenti ancora a fonti esterne, ma precisano che non è vietata la clonazione riproduttiva, e poi non autorizzano né proibiscono le altre forme di clonazione. Lasciare un così ampio spazio di valutazione su un tema di fondamentale importanza è un vero crimine, in quanto si rimette la decisione finale ai comitati bioetici, alle commissioni composte dalle stesse industrie farmaceutiche e biotecnologiche, ai consulenti privati che data la loro "preparazione tecnica" sono in grado di valutare con più saggezza cosa sia "bioetico" e cosa "non è bioetico".

Nulla di tutto questo è stato detto ai cittadini italiani, che non sono stati neanche chiamati con un legittimo referendum, ad autorizzare un simile sopruso dello Stato italiano, al contrario di quanto è accaduto in Francia, che ha fatto una completa campagna informativa. Le ragioni del No infatti hanno prevalso,grazie dunque ad un approccio completamente diverso della partecipazione politica, mentre in Italia una ristretta cerchia di persona hanno ratificato un impegno a nome di tutto il popolo senza aver prima sollevato la questione. Il trasferimento nelle mani di entità non elette di un potere così grande, con norme e regole inamovibili, che costituzionalizzano parte dell'intero futuro che ci attende.

La costituzione europea, così come è scritta, complessa, lunga e non trasparente, proprio in virtù di questi meccanismi di rinvio a fonti esterne e dell'esistenza degli Allegati di interpretazione quasi invisibili, è lo specchio dell'Europa che stanno costruendo. La costruzione comunitaria attuale è solo una costruzione intellettuale che fa leva sull'odio verso lo stato, ma non è mai sopravvissuta una federazione di Stati senza il rispetto dei singoli popoli. L'Europa liberale non farà altro che aggravare le disuguaglianze in seno ai paesi ed alimentare la violenza sociale, mettendo in pericolo la stabilità degli Stati che piano piano scompariranno perché ogni potere si concentrerà nelle mani delle commissioni di esperti dell'Unione.
Occorre essere ormai coscienti che i principali membri della "Tavola Rotonda Europea" e delle commissioni nominate in occasione della redazione delle direttive sono gli stessi consulenti delle multinazionali. Loro le infrastrutture e i corridoi da creare, i progetti da finanziare, le ricerche scientifiche da promuovere, le campagne dei vaccini, le politiche agricole, le società di consulenza che le Amministrazioni locali devono contattare. Le Banche e le multinazionali hanno fatto in modo che i loro consulenti, i loro avvocati siedano nei principali centri direttivi in modo da divenire il loro braccio armato contro le nazioni e la giustizia, il loro esercito. Così come le Associazione e le organizzazioni mondiali, come Transparency International, le associazioni dei consumatori, sono finanziate dalla Comunità Europea con i fondi dei privati.



La Tavola Rotorna Europea
Presidente: Helmut Maucher - Nestlé
Vicepresidenti:
André Leysen - Agfa-Gevaert
Davide Simon - British Petroleum

Membri:
Américo Amorin - Amorin Group
Percy Barnevik - ABB
Jean-Louis Beffa - Santo-Gobain
Marcus Bierich - Robert Bosch
Peter Bonfield - British Telecom
Corno Boonstra - Philips
Simon Caims - B.A.T Industrie
Bertrand Collomb - Lafarge
François Cornelis - Petrofina
Alfons Cortine di Alcover - Repsol
Gehrard Cromme Fried - Krupp
Etienne Davignon - Società Generale del Belgio
Carlo de Benedetti - Olivetti
Casimir Ehmrooth - UPM Kymmene
Jean-René Fourtou - Vivendi Universal
(anche ex-presidente di Rodano-Poulenc diventato Aventis prima di fondere con Sanofi-Synthelabo)
José Antonio Garrido - Iberdrola
Fritz Gerber - Hoffmann-la Roccia
Ronald Hampel - Qui, Internazionali Chemical Industrie,
Cornelio Herkströter - Reale Dutch Shell
Daniele Janssen - Solvay
Jak Kamhl - Profilo Holding
Davide Lees - GKN
Flemming Lindelov - Carlsberg
Pietro Marzotto - Marzotto
Jérôme Monod - lionese delle acque
Egil Myklebust - Norsk Hydro
Théodore Papalexopoulos - Titano Cement
Heinrich von Pierer - Siemens
Lars Ramqvist - Ericsson
Edzard Reuter - Aerobus Industria
Cesare Romiti - Fiat
Nigel Rudd - Oilkington
Richard Schenz - OMV
Manfred Schneider - Bayer
Jürgen Schaempp - Daimler Benz
Louis Schweizer - Renault
Mickael Smurfit - Jefferson Smurfit
Morris Tabaksblat - Unilever



Il preambolo

La carta dei diritti

La costituzione articolo per articolo

Testo integrale

Protocolli e allegati I e II

Dichiarazioni e Atto finale

11 dicembre 2006

L'alba del Totalitarismo invisibile

Gli eventi della nostra storia attuale, tra scandali di spionaggio, morti sospette, attentati e conflitti internazionali, non sono che i segnali di una guerra mondiale tra le grandi potenze che non è mai terminata, ed è sfociata in una guerra non convenzionale. Non esistono nemici ed alleati, le guerre non vengono dichiarate ma combattute al di fuori dei propri confini nazionali, in zone in cui già esistono conflitti sociali, con armi silenziose e biologiche, che perpetuano l'etnocidio dei popoli in silenzio e portano ad un totalitarismo che distrugge in maniera invisibile.
Si sono così creati i grandi blocchi di influenza con la creazione degli organismi sovranazionali, e il colonialismo economico, utilizzando il sistema economico come luogo di scontro e la ricerca scientifica la vera arma con cui creare il nuovo totalitarismo. La tecnologia è oggi nelle mani dei privati, essendo stata sottratta agli Stati, o delle istituzioni paramilitari fortemente centralizzate e sovranazionali. Le loro ricerche sono tenute in stretto riserbo, coperte da segreti di sperimentazione e la liceità delle scoperte e delle tecnologie viene giudicata solo dopo la loro introduzione sul mercato: dovrà essere la società, con i comitati bioetici e vari espedienti mediatici, ad adattarsi alle nuove tecnologie.
Uno Stato oggi impone il proprio dominio usando l'energia, la tecnologia, mentre il conflitto a fuoco è l'effetto di una guerra già dichiarata e già combattuta.
Gli Stati Uniti hanno dichiarato la guerra per il controllo dello spazio, vietandone l'accesso ai nemici dell'America e imponendone l'amministrazione, perché a partire dal 2008 cominceranno a costruire stazioni sulla luna e nel 2020 delle basi fisse, attrezzate di processi capaci di produrre acqua e dunque energia. Il potere dello spazio è parte integrante della strategia americana di "monitoraggio" in tempo reale del pianeta, e con il passare delle generazioni e delle possibilità offerte dall'evoluzione delle tecnologie, il suo dominio sarà incontrastato, perché al momento non esistono realtà paragonabili e altrettanto organizzate. Hanno infatti portato avanti una politica che mira a mantenere continuamente uno abisso tecnologico tra di loro ed il resto del mondo, per preservare il loro ruolo all'interno del sistema e promuovere un modello di società. È una politica questa molto efficace e ben pianificata a livello virtuale, perché è stata creata una rete solida e flessibile, coniugando innovazione tecnologica, attraverso mezzi finanziari privati, informazione ed intelligence economica, per poi gestire l'influenza politica e culturale mediante i media.

Il lancio della missione nello spazio Galileo ha in certo senso bruciato delle tappe, e posto l'America dinanzi ad ogni altro Stato nella corsa a raggiungere la conquista dello spazio, che sarà il trampolino di lancio per il controllo globale e la cattura dell'energia promanata dall'universo. La base sulla luna sarà un'importate stazione logistica per le esplorazioni nello spazio e i viaggi interstellari, un primo passo verso Marte che è sempre più vicina. L'Europa, dal suo canto, per tenere il passo, deve inseguire questa realtà ed emularla quanto più è possibile e in vista di tale prospettiva, sta costruendo l'apparato burocratico per concentrare le politiche energetiche e i laboratori di ricerca all'interno di istituti sovranazionali che seguiranno le direttive di istituzioni e comitati non eletti: in tal modo sarà possibile superare gli ostacoli sollevati dall'opinione pubblica e dalle singole e differenti legislazioni. Allo stesso modo la Russia sta facendo quadro intorno a tutte le sue risorse, per raggiungere, come in una escalation, obiettivi sempre più prestigiosi: utilizza la sua rete di intelligence per il controllo delle risorse, il gas e il petrolio per il controllo geopolitico dell'Europa, i profitti del mercato europeo per conquistare le multinazionali dei trasporti e aerospaziali. Il suo fine ultimo è quello di proporsi come Stato sovrano e indipendente rispetto ad una lobbies che vuole il totalitarismo di fatto, e per fare questo deve anche essere un'alternativa di potere rispetto all'altra.Il guasto delle reti elettriche europee ha messo già in evidenza i rischi della liberalizzazione sul buono funzionamento ed la sicurezza di un servizio pubblico essenziale. Lo logiche di profitto e di concorrenza sleale delle imprese private di produzione di energia o di distribuzione hanno messo a repentaglio la sicurezza pubblica, perché uno Stato senza energia è un focolaio di rivolte e guerriglie, alla disperata ricerca di risorse. L'Unione Europea dal suo canto, incentiva la liberalizzazione e promuove l'integrazione in una rete europea, che sottostà al controllo di commissioni e enti direttamente dipendenti dalla Commissione Europea, scavalcando la sovranità degli Stati e pretendendo un potere che non gli compete e non gli è stato mai attribuito. In questi settori strategici, sarebbe invece opportuno reintrodurre una gestione pubblica che ispirata a garantire a tutti l'accesso incondizionato alle risorse vitali all'innovazione a servizio della comunità. Questo però significherebbe delegittimare una Istituzione ormai già molto forte, che può avvenire solo mediante la difesa del diritto all'esistenza e all'accesso alle risorse vitali che è scomparso dalle Costituzioni.
Uno degli obiettivi strategici delle potenti lobbies che si nascondono dietro gli Stati è quello di giungere ad un controllo completamente automatizzato della produzione dell'energia e delle risorse. Controllando l'evoluzione delle classi inferiori, l'élite può giungere alla dominio dell'energia, in modo che la massa non avrà in sé importanza come risorsa energetica essenziale: le logiche di controllo mentale potranno non essere più utili, perché la necessità sarà la sola arma persuasiva da usare contro le masse. Fino a quel momento occorrerà conquistare il consenso del popolo a lavorare e a delegare altri ad assumere una decisione, per evitare che interferisca nel processo di trasferimento finale delle sorgenti di energia al controllo dell'élite. I dipendenti infatti hanno sempre meno margini di decisione, dovendo seguire alla lettera procedure rigide e predefinite , come i protocolli dell'informazione. Grazie alla robotizzazione, all'informatica, ed all'intelligenza artificiale, la produzione ed il trasporto dell'energia e delle merci saranno presto effettuati quasi interamente dai sistemi automatici: il numero di persone realmente necessarie al buono funzionamento del sistema produttivo sarà molto inferiore rispetto ai dipendenti attuali, portando all'eliminazione della popolazione inutile. Si tratta di una eliminazione invisibile, mediante la soppressione progressiva dell'accesso allo spazio vitale, al cibo, alla salute, all'educazione, alle informazioni e all'energia. E così il sistema economico porta al del 40% dei prezzi alimentari, la soppressione o la riduzione della sussidio di disoccupazione, l'abbassamento delle pensioni, lo smantellamento dei sistemi di educazione e di salute pubblica, e la privatizzazione del mercato dell'elettricità.
I potenti del mondo si creeranno i loro Stati personali all'interno delle acque territoriali internazionali mediante piattaforme mobili che emulano delle vere e proprie isole, attuando in grande stile quanto si fa con le piattaforme per l'estrazione del petrolio, già sedi di prestigiose università. Questo progetto è la realizzazione delle "l'isola ad eliche" immaginate da Julio Verne: 300 metri di larghezza per 400 di lunghezza, con 10.000 abitanti.
Sono già attuali i progetti per la costruzione di isole artificiali vaganti, raggiungibili solo con elicottero o nave, che potranno dichiararsi territorio autonomo e diventare paradisi fiscali, roccaforti invisibili ai radar per miliardari, centri del potere e delle decisioni fuori dal mondo e dalle leggi dell'uomo. Si stanno così sviluppando due universi paralleli che vivono un destino completamente differente: il primo ordine, quello proclamato ufficialmente, è applicato alla società che sta in basso, il pubblico, i cittadini ordinari; il secondo ordine è quello che regge realmente la società, applicato al "mondo in alto", i detentori del potere economico e le organizzazioni. In una posizione intermedia, fungendo da interfaccia, si imporranno le Associazioni e i Comitati di esperti, la cui opinione sarà interpretata dai "cittadini" come legge imparziale ed economicamente corretta. Si tratterà invece di un governo di "utenti" da parte di agenzie private, che erogheranno un servizio amministrativo e rappresentativo vero e proprio al posto delle autorità locali.Questa è l'alba del nuovo totalitarismo, con armi e strumenti non convenzionali, al servizio di lobbies potenti e invisibili, che sono così riuscite a realizzare l'ambizioso progetto di Hitler.