9 novembre 1989: cade il muro di Berlino ed inizia la fine della Guerra Fredda. Tuttavia, dopo l'ebbrezza dei festeggiamenti, ben presto è stato dimenticato il significato di quello storico evento, per preparare il mondo ad altri vent'anni di guerra, vissuti nell'ombra di quei due blocchi che hanno continuato silenziosamente a combattersi. Un conflitto silenzioso ha continuato in questi lunghi anni, e il fantasma del muro è ancora nel futuro di questa Unione Europea costruita sul concetto dell'emergenza
9 novembre 1989: cade il muro di Berlino ed inizia la fine della Guerra Fredda. Un conflitto nato dall'esasperazione del bipolarismo e dello scontro tra due sistemi politici ed economici opposti ma entrambi inefficaci e corrotti, i cui strascichi hanno causato altri vent'anni di guerra e di instabilità mondiale. La caduta del grande muro, costruito in una sola notte, è stata senz'altro la vittoria del popolo tedesco, del popolo europeo e di coloro che credevano nella scomparsa delle barriere e di confini, ed ipocritamente non parlavano di "unione europea" ma di un'unica nazione libera da ideologie e divisioni. Tuttavia, dopo l'ebbrezza dei festeggiamenti, ben presto è stato dimenticato il significato di quello storico evento, per preparare il mondo ad altri vent'anni di guerra, vissuti nell'ombra di quei due blocchi che hanno continuato silenziosamente a combattersi. La caduta e il fallimento dell'URSS non ha soddisfatto il blocco atlantico, che ha voluto schiacciare e frantumare la Jugoslavia, bombardare la Serbia e dissolvere una delle ultime vestigia dei Paesi socialisti. La Serbia ha perso parte del suo territorio per dar vita ad un protettorato della NATO. Negli stessi anni ha avuto inizio la guerra nel Golfo, preparando così, dopo il finanziamento al terrorismo nei Balcani e nello stesso Afghanistan, la guerra ad Al Qaida, la strategia del terrore e la nuova società del controllo delle masse. La spesa militare resta ancora un cardine fondamentale della politica estera americana, preparando un'offensiva contro l'Iran e la costruzione di uno scudo anti-missilistico nel cuore dell'Europa. Non si può dire, dunque, che il sacrificio e la lezione del popolo tedesco sia stato capito realmente dalle potenze del mondo, che hanno abusato negli anni della loro posizione di dominio per fare della guerra uno strumento di "esportazione della democrazia capitalista", e così di quella ideologia occidentale che veniva considerata come vero vincitore.
Il cambiamento del sistema economico e politico è costato centinaia di vite, con cifre non molto distanti da quelle causate dalla costruzione del muro, in quanto tutti i Paesi dell'Europa Orientale sono crollati nel caos e nella povertà, perdendo tutto dall'oggi al domani. La colonizzazione capitalista è stata selvaggia e senza alcuna regolamentazione, dando così vita a speculazioni e svendite del patrimonio di ogni Stato a favore delle logiche delle lobbies che avevano armato le potenze occidentali. La Russia, come la Germania, dal canto suo ha imparato dai suoi errori e ha ammesso il fallimento per cambiare il suo sistema economico e orientarlo allo sfruttamento dell'energia, come valore di garanzia della ricchezza e della solvibilità dello Stato. Ironia della sorte, mentre Mosca si è rialzata, l'America è caduta con l'abbattimento delle Torri Gemelle, un evento altrettanto catastrofico e scioccante, che ha segnato a 10 anni dalla caduta del muro di Berlino, l'inizio del crollo del mito americano. Dal 2001 ad oggi abbia assistito, senza neanche accorgercene, al fallimento silenzioso di una potenza colossale, e allo stesso tempo al suo tentativo di rialzarsi recuperando gli antichi valori patriottici. Senza dubbio, quella realtà bipolare basato sulla paura della mutua distruzione nucleare ha cessato di esistere, ma un mondo unipolare ha dimostrato la sua inconsistenza, com scrivono i quotidiani russi. Oggi, dinanzi a noi cittadini del mondo, vi sono delle grandi sfide, perché alle generazioni future viene chiesta la reale evoluzione della società moderna, con un'economia sostenibile, nuove fonti di energia, equilibrio tra le forze politiche internazionali, fine del mondo sottosviluppato e fine delle guerre. Vista la nobiltà dei nuovi propositi e il fallimento dei tentativi precedenti, è stato affidato al mutuo dialogo tra i vari Stati l'onere di dare una soluzione politica equilibrata per i Paesi. Di tale dialogo si fa principale interprete l'Unione Europea che, ispirandosi ad ideali di solidarietà, vuole creare una organizzazione sovranazionale di Paesi omogenei tra di loro, con un'unica moneta e nessun confine dettato da barriere, leggi o restrizioni.
Un modello che ha avuto sostanzialmente successo nella parte occidentale, essendo costituita da Paesi economicamente forti e simili tra di loro. Cosa diversa è l'ampliamento verso Oriente, dove le differenza diventano sempre più evidenti, e pregiudicano la stessa armonizzazione tra i diversi Stati, i quali non vogliono rinunciare alle proprie caratteristiche alle proprie diversità. Nel frattempo, per nostra fortuna, è fallito il progetto politico-militare dello scudo-missilistico americano, che avrebbe creato le basi per un'ulteriore divisione interna dell'Europa e profonde spaccature nel dialogo con la Russia. Su di esso ha vinto la cooperazione UE-Mosca, volta a guidare i Paesi dell'Est verso un modello europeo, nell'interesse di entrambi i blocchi: dell'Europa per poter crescere, e della Russia per poter vendere energia e fare da ago della bilancia degli equilibri internazionali. Principale esponente di tale strategia è proprio l'Italia che, per bocca del Ministro Frattini, si unisce alla voce del Cremlino per dare un messaggio al mondo in questo anniversario così importante. La «casa comune europea» ed il «nuovo ordine mondiale», restano due concetti nati dopo il muro di Berlino e ancora incompiuti, per dare così spazio "al rilancio politico del rapporto tra la Nato e la Russia sulla base di una partnership reale e tenendo conto degli interessi di sicurezza reciproca. In secondo luogo, la definizione, nel quadro del negoziato in corso, di un nuovo accordo tra Unione Europea e Russia, per dar luogo a un partenariato strategico non solo economico, ma anche politico. Infine, la creazione di una nuova architettura di sicurezza europea". Queste le parole del Ministro Franco Frattini e di Sergei Lavrov nel loro articolo che fa il giro del mondo e ricorda al mondo che non esiste un "ordine mondiale" così come lo ha pensato l'America e le organizzazione mondiali da essa monopolizzate, ma solo una giusta cooperazione tra i Paesi che non utilizzi un braccio armato come quello della NATO per la risoluzione delle controversie.
Un primo evidente risultato di tale strategia è sicuramente l'apertura nei confronti della Serbia, erede della storia recente e lontana della Jugoslavia, e ora divenuta partner strategico di Russia e Cina, e dalla stessa Italia, preparandosi a entrare in Europa e a partecipare alla pianificazione del nuovo piano per la sicurezza europea, oltre che alla strutturazione delle strade dell'energia. I Balcani hanno così riacquistato la loro importanza di area sensibile del continente europeo, accanto al Caucaso e alla stessa Turchia, nuovo astro ascendente, e spesso sottovalutato, del Mediterraneo. In tal senso va vista la riapertura delle trattative di adesione euro-atlantica per Ankara, l'attenzione degli Stati Uniti per la normalizzazione della Bosnia e le pressioni per una retrocessione della Russia nel Caucaso con la proposta di adesione alla NATO per la Georgia e dell'Ucraina. La situazione diventa ancora più complessa se si aggiungono le dinamiche che hanno coinvolto Iran, Iraq e Medioriente, sino alla lontana Cina. Ciò non significa che i Paesi, da quel 9 novembre del 1989, non abbiano fatto progressi nella ricerca della pace e della stabilità, abbattendo le catene delle dittature e delle ideologie. Tuttavia, non si può neanche affermare che la Guerra Fredda sia finita proprio con la caduta del muro, e con essa le divisioni tra Oriente ed Occidente. Un conflitto silenzioso ha continuato in questi lunghi anni, e il fantasma del muro è ancora nel futuro di questa Unione Europea costruita sul concetto dell'emergenza e dunque dell'ampliamento per far fronte la crisi, vedi caso Islanda. Se non si supera la vecchia concezione che l'Occidente è la parte sana e forte in cui l'Est deve entrare per salvarsi, rifaremo lo stesso errore commesso negli anni '90 con i Balcani, ossia quello di non voler comprendere, assorbire ed integrare le loro differenze (e non il contrario). Un domani vi saranno muri invisibili a dividere l'Europa occidentale e quella orientale, se non saranno ristudiate le politiche dello sviluppo dei Paesi e della valorizzazione delle risorse locali, affinché l'immigrazione non sia più una soluzione per fuggire dal proprio malessere, e il caso Romania ha molto da insegnare.