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12 febbraio 2009

La diplomazia dei fondi sovrani libici


La Central Bank of Lybia ha aumento la propria partecipazione in Unicredit, in occasione della ricapitalizzazione del gruppo bancario di 3 miliardi, sottoscrivendo cashes per 250 milioni di euro. La banca libica ha così aumentato la sua partecipazione del 4,9% al 7%, divenendo il più grande azionista individuale del Gruppo italiano.

Non può certo passare inosservata l’annuncio che i fondi libici hanno acquistato un’ulteriore quota di partecipazione all’interno del gruppo bancario italiano Unicredit. La Central Bank of Lybia ha aumento la propria partecipazione in Unicredit, in occasione della ricapitalizzazione del gruppo bancario di 3 miliardi, sottoscrivendo cashes per 250 milioni di euro, circa la metà dell'importo rimasto scoperto dopo la rinuncia della Fondazione Cariverona. La banca libica ha così aumentato la sua partecipazione del 4,9% al 7%, divenendo il più grande azionista individuale del Gruppo italiano, che si trova in un momento di evidente difficoltà finanziaria, ritenendo così necessario l’aumento di capitale. Muovendo questa pedina, il Premier libico Muammar Gheddafi, e gli investitori che si celano dietro la Banca Centrale della Libia, possono contare su una partecipazione all’interno di uno dei più grandi gruppi bancari europei - che tra l’altro non è stato ancora decimato dalla crisi finanziaria anglo-americana - che gli dà diritto decisionale. Il Gruppo italiano, pur avendo le sue contraddizioni interne, può contare ancora sulla fiducia di un azionariato vario e diffuso, nonché sulla sua presenza in molti Paesi del Sud Est Europeo che, nonostante la recessione e la crisi, godono ancora del supporto delle istituzioni finanziarie internazionali e rappresentano pur sempre un importante gruppo di nuovi consumatori.

La notizia dell’aumento di capitale della Libia in Unicredit, ha fatto subito il giro di tutti i media europei, che hanno rilanciato le rispettive ripercussioni all’interno dei mercati finanziari locali, dove il gruppo italiano detiene una porzione rilevante del mercato interno. Infatti il Gruppo Unicredit si estende in Italia con oltre 180 filiali, e all’estero con finanziarie e collegate, avendo portato avanti in questi ultimi un’aggressiva politica di acquisizione e privatizzazione delle banche dei Paesi del SEE. Secondo i dati riportati dalla stessa società UniCredit Group è presente in 23 nazioni e un network internazionale in più di 50 paesi, "è la seconda banca in Italia con il 16% di quota di mercato, la prima in Austria con il 19% di quota di mercato e la terza in Germania con il 5% di quota di mercato". "In Europa Centro-Orientale, UniCredit Group opera con un network di 3.200 uffici in 20 nazioni e 25 milioni di clienti. UniCredit è presente nelle seguenti nazioni europee: Azerbaigian, Bosnia, Bulgaria, Croazia, Estonia, Kazakhstan, Kyrgistan, Latvia, Lituania, Polonia, Romania, Russia, Serbia, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca, Slovenia, Tajikistan, Turchia, Ucraina e Ungheria".

Per quanto riguarda l’Italia, l’aumento della partecipazione della Banca libica non desta particolare preoccupazione, vista la inverosimile "amicizia" che lega Roma a Tripoli. Non dimentichiamo che il fondo sovrano libico da tempo è in trattativa con Telecom Italia per l'acquisto di una quota nel gruppo che vale 13 miliardi di euro, per ottenere così il 10% della società di telecomunicazioni. Gli investimenti sono perfettamente in linea con l'accordo di cooperazione siglato lo scorso 30 agosto, in occasione del quale Gheddafi ha affermato che "la Libia darà la priorità all'Italia per il 90% dei suoi investimenti all'estero'’, direzionando i propri fondi in imprese italiane piccole, medie e grandi di tanti settori. Come dichiarato dall’ambasciatore libico a Roma, Hafed Gaddur, in un’intervista rilasciata lo scorso ottobre per il Sole24ore, "dopo il Trattato del 30 agosto si prospetta una nuova era negli scambi finanziari", considerando che "In Italia affluiscono (o stanno per arrivare) una buona parte dei sette miliardi di euro che erano depositati in Svizzera e che sono stati tolti dalle banche dopo la sostanziale rottura dei rapporti diplomatici". L’ambasciatore ha infatti previsto che i fondi libici "non andranno solo nelle banche commerciali italiane, ma anche nella Banca d'Italia attraverso la banca centrale", in attuazione di una politica di cooperazione tra i singoli Governi. Come rilevato dallo stesso quotidiano, il Governo di Gheddafi cerca sempre di più di accreditare le proprie scelte di investimento come una decisione pragmatica, puramente dettata da ragioni economiche e giustificate da un rapporto politico-diplomatico pre-esistente. Tuttavia non bisogna sottovalutare che la "scelta economica" possa influenzare anche la posizione politica tra i due contraenti, e dunque che lo stesso Colonnello Gheddafi utilizzi i fondi sovrani libici come strumento di diplomazia "super partes" .