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26 febbraio 2008

In Kosovo, lo scontro tra Russia e Stati Uniti


Diventa sempre più acceso lo scontro tra Mosca e Washington sull'indipendenza del Kosovo. Dopo le proteste della popolazione serba contro le pressioni provenienti dalla comunità internazionale, giungono le prime reazioni che fanno dei Balcani la nuova terra di scontro di Russia e Occidente. Alle intimidazioni provenienti dal Rappresentante della Unione Europea Javier Solana e dall'ambasciatore americano dell'ONU Zalmay Khalilzad, risponde Dmitri Rogozin, rappresentante permanente della Russia vicino alla NATO, Sergei Lavrov e lo stesso Vladimir Putin.

Le parole del Presidente Putin sono state taglienti e decise, e hanno messo in guardia l'Occidente sulle gravi e imprevedibili conseguenze che il riconoscimento dello Stato del Kosovo potrebbe avere al sistema delle relazioni internazionali . "Il precedente del Kosovo è un precedente inquietante che peggiora l'insieme del sistema delle relazioni internazionali, creato durante i secoli - dichiara Putin al vertice della Comunità degli Stati indipendenti - può provocare una reazione a catena di avvenimenti imprevedibili". Un impatto, tuttavia, che non viene considerato da quegli Stati che riconoscono l'indipendenza del Kosovo, e non sono coscienti delle conseguenze dei loro atti, come osservato dal Presidente russo. "In fin dei conti, è un'arma a doppio taglio che potrebbe ritorcersi contro di essi da un giorno o l'altro".
Al monito di Putin, si è affiancato quello di Dmitri Rogozin, rappresentante permanente della Russia vicino alla NATO, che, in seguito alla decisione delle truppe della Kfor di chiudere i confini settentrionali del Kosovo per impedire l'ingresso di funzionari serbi, ricorda che "in nessun caso la NATO può fare della politica" e deve agire "mantenendo una posizione neutrale". Rogozin avverte, inoltre, che "l'evoluzione del dialogo tra la Russia e la NATO potrebbe essere abbastanza drammatica", senza nascondere la possibilità di un intervento armato qualora l'Unione Europea adotti una posizione uniforme sul riconoscimento del Kosovo e la Nato oltrepassi il suo mandato in Kosovo. "Il processo del riconoscimento dell'indipendenza unilaterale della provincia del Kosovo è probabilmente finanziato dai soldi del traffico di droga", dichiara Rogozin aggiungendo che il Kosovo è diventato non solo una base per il commercio della droga in Europa, "ma anche un laboratorio di massa", considerando che "le enormi somme di danaro potrebbero essere usate per scopi politici per sostenere l'indipendenza del Kosovo", magari "comprando semplicemente" certi politici europei. Rogozin minaccia, dunque, che se queste informazioni si dimostreranno corrette, "non è da escludere che ci sarà uno scandalo politico sulla corruzione di uomini di governo con i soldi della droga". Uno scenario non così tanto assurdo, visto che "quando delle forze estremistiche salgono al potere, bisogna sempre cercare i soldi sporchi" - dichiara Rogozin - " e i soldi sporchi arrivano in Europa soprattutto mediante il traffico di droga".

Le minacce di Rogozin non cadranno certo nel vuoto, e lasciando il dubbio che le intelligences, appartenenti ai servizi segreti ortodossi, siano già in azione per scatenare contro i governi europei, una grande tangentopoli. La strategia di Mosca, determinata a bloccare il riconoscimento dell'indipendenza del Kosovo, potrebbe giocare, dunque, principalmente su minacce trasversali, colpendo l'Europa e l'America in punti nevralgici, oppure sfruttando i movimenti indipendentisti e secessionisti a proprio vantaggio. Prima di ogni cosa, la Russia potrebbe far leva sul sostegno dell'indipendenza dell'Abkhazia e dell'Ossezia del Sud, ex-repubbliche sovietiche, le quali dopo aver acquisito il loro diritto all'autodeterminazione potrebbero di seguito far richiesta per l'annessione alla Russia. Allo stesso modo, Mosca si dichiara pronta a sostenere l'indipendenza dei serbi del Kosovo che non desidera vivere in una provincia indipendente, e contemporaneamente "non permetterà il riconoscimento internazionale" del Kosovo.
La Russia, imponendo il suo diritto di veto, renderà impraticabile ogni tentativo del Consiglio della Sicurezza dell'ONU di riconoscere il Kosovo, e coopererà con tutti gli Stati che si oppongono all'indipendenza. Tale presa di posizione da parte del Cremlino è ormai necessaria, nonché inevitabile, considerando la grande vicinanza con il Governo di Belgrado, e l'intenzione di bloccare l'avanzata degli Stati Uniti all'interno dei Balcani con un'aggressione verso la sovranità della Serbia.La Russia non può permettere, infatti, che gli Stati Uniti avanzino nel cuore dei Balcani, insediando le proprie basi militari all'interno di una regione circondata dal territorio serbo, e in uno Stato che è da sempre vicino alla Russia. Sono stati già predisposti i piani di costruzione dell'enorme base militare statunitense di Bondsteel, vicino Urosevac, facendo così del Kosovo una piattaforma di riferimento per gli Stati Uniti che avranno accesso all'Europa orientale, e all'Asia centrale.

Non bisogna, infine, trascurare l'aspetto economico-energetico della crisi del Kosovo, che vede, ancora una volta, le due potenze scontrarsi per garantirsi il controllo delle vie di sbocco dei mercati energetici. Ricordiamo infatti che il Kosovo non ha petrolio ma la sua ubicazione è strategica rispetto alla pipeline trans-balcanica, il cosiddetto gasdotto AMBO, che si potrà collegare alla base militare di Bondsteel. Il consorzio di diritto statunitense Albanian Macedonian Bulgarian Oil Corporation che instraderà il petrolio del Mar Caspio dal porto di Burgas, attraversando la Macedonia, sino al porto di Valona, per essere poi immesso sul mercato europeo, e in particolare verso Rotterdam e la costa orientale degli Stati Uniti. Quando la pipeline AMBO diventerà operativa entro il 2011, diventerà parte del corridoio Est-Ovest critico per la regione, includendo autostrade, ferrovie, gasdotti e fibre ottiche per le telecomunicazioni.
Un tale progetto non può che divenire in contrasto con l'altrettanto ambizioso progetto russo del South Stream che utilizzerà il territorio serbo per instradare verso l'Europa il petrolio del Mar Caspio, proprio grazie all'accordo firmato nella giornata di oggi in forza del quale verrà creata una joint venture serbo-russa per costruire il tratto parte della conduttura del gasdotto che transita attraverso la Serbia per oltre 400 km e avrà una capacità di almeno 10 miliardi di metri cubi all'anno di gas. Il memorandum prevedrà anche la costruzione di un deposito di stoccaggio sotterraneo di gas presso Banatski Dvor, in Vojvodina, e l'acquisto il pacchetto di maggioranza della Società petrolifera serba Naftna Industria Srbije (NIS).
Non vi è alcun dubbio, dunque, che è proprio nei Balcani che si sta venendo a creare un terreno di scontro tra Russia e Stati Uniti, in nome di una guerra fredda che forse non è mai finita. La Serbia costituiva da tempo l'ultima resistenza alla colonizzazione totale dei Balcani da parte degli Stati Uniti e ora è stata colpita con un evidente violazione delle leggi internazionali e il tradimento da parte degli Stati Europei che tradiscono, per l'ennesima volta, un rapporto di fratellanza che dura da anni.