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21 dicembre 2007

La fine di Bretton Woods e dell'Onu


Il fallimento delle Nazioni Unite sulla questione del Kosovo e la crisi del credito rappresentano due importanti segnali che preannunciano in qualche modo la riforma delle grandi Istituzioni Internazionali. L'era di Bretton Woods è ormai finita e il crollo del dollaro ne è la causa e allo stesso tempo l'effetto, e i più alti dirigenti delle Istituzioni che rappresentano si preparano a scrivere un nuovo codice di regole e di diritto. La necessità di riforma emerge non a caso in occasione della conferenza tenutasi a Roma, presso la Banca d'Italia, dal Governatore della Banca centrale d'Israele Stanley Fischer, dal titolo "Reforms of the Bretton Woods Institutions", alla presenza del Governatore Mario Draghi, del Ministro dell'Economia Tommaso Padoa-Schioppa . La riforma della Banca Mondiale, nonché del Fondo Monetario Internazionale, parte dalla necessità di modificare la distribuzione delle quote e del sistema di rappresentanza in seno all'FMI in senso più favorevole ai paesi emergenti, "in modo da consentire a questi ultimi di avere un ruolo nei meccanismi decisionali dell'Istituzione". Secondo Stanley Fischer per migliorare la governance degli Organismi Internazionali occorrerà inserire alcuni Paesi che non fanno parte del G7 nello steering committee del FMI, in particolar modo Paesi emergenti che si sono ora affermati come economie in continuo sviluppo.
Questo perché, con la crisi internazionale del credito scatenata dalla sfiducia e dal collasso dei mutui subprime ha alterato l'equilibrio valutario internazionale in maniera sensibile: da un lato gli Stati Uniti con un rischio di recessione stimato dalla FED intorno al 50%, e dall'altra la Cina e la Russia, che rafforzano la crescita della propria economia e così anche della propria valuta. La destabilizzazione della valuta statunitense come moneta di riferimento sta avvenendo anche nel mercato petrolifero. Secondo quanto riporta l'Agenzia UPI, il governo iraniano sta rifiutando nelle sue contrattazioni di petrolio il Dollaro statunitense ritenuto come "valuta inattendibile", mentre Ria Novosti riporta una dichiarazione del Ministro iraniano del Petrolio Gholamhossein Nozari che motiva il cambiamento degli strumenti di regolamento degli scambi di petrolio affermando che "il dollaro non è più una moneta affidabile". "In linea con la nostra politica di vendere petrolio in valute differenti da quella del dollaro, le vendite di greggio a fronte di dollari sono state completamente eliminate", ha affermato Nozari. Allo stesso modo, in seno all'OPEC si sta facendo strada la volontà di utilizzare differenti valute straniere, come l'euro e il rublo. Infatti il gigante russo Lukoil e la stessa Gazprom sarebbero infatti pronte e scambiare i propri prodotti a fronte di rubli, mentre il Venezuela di Hugo Shavez ritiene impossibile l'utilizzo del dollaro come moneta di scambio. Si è dunque creata all'interno dell'OPEC un'accesa discussione tra i produttori di petrolio anti-americani e l'Arabia Saudita, che resta ancora il più grande sostenitore degli Stati Uniti sia economicamente che politicamente, dichiarando così che "continuerà a fissare il prezzo di greggio in dollari negli Stati Uniti". Tali provvedimento potrebbero portare all'assoluta svalutazione del dollaro, indebolendo di conseguenza anche le Istituzioni che su di esso hanno basato la propria legittimazione, appunto come Bretton Woods che fissò il dollaro come valuta di riferimento per il petrolio.

Il continuo indebolimento del dollaro ha causato l'impoverimento degli Stati che presentano dei deficit commerciali, a favore dei Paesi in via di sviluppo che hanno fatto così scorta di moneta e titoli. Al momento, nonostante le prudenti stime della Banca Mondiale, la Cina, insieme alla Russia, rappresentano le economie che sono riuscite più velocemente a riscattare il proprio debito nei confronti del FMI, e oggi hanno il potere di destabilizzare il dollaro scorporando dalle proprie riserve i dollari derivanti dai surplus della bilancia dei pagamenti.
Per tale motivo, onde consentire al sistema di sopravvivere e di perpetuarsi, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale dovranno aprire le porte dei propri consigli direttivi ad altri Stati che non possono definirsi solo "Paesi in via di sviluppo". Inoltre, la riforma potrebbe inoltre portare ad inglobare all'interno di tali Istituzioni sovranazionali, i centri di ricerca statistica nazionali, che rappresenta uno strumento fondamentale per disinformare e manipolare le informazioni economiche dei singoli Stati.
Questo, se realistico, potrebbe cambiare gli stessi equilibri politici internazionali, dove i vecchi nemici divengono delle controparti in affari. Equilibri che sono stati già pesantemente compromessi con l'estromissione delle Nazioni Unite nella risoluzione di casi di rilevanza internazionale, come la questione del Kosovo. L'impotenza di una tale Istituzione, nata con lo scopo di dare a tutti i Paesi del mondo uno strumento giuridico per risolvere le proprie controversie, decreta il suo fallimento. Come ricordato dal Governo russo, la mancanza di una presa di posizione sullo status del Kosovo, e sulla stessa Missione UE che è stata programmata in sostituzione di quella delle Nazioni Unite, danneggerà la credibilità dell'ONU.
Qualora, inoltre, si arriverà ad una situazione di crisi insostenibile all'interno dei Balcani, le Nazioni Unite saranno ritenute in qualche modo direttamente responsabili, tale che la Comunità Internazionale esigerà la creazione di un'altra Istituzione. È innegabile infatti che in questi anni l'ONU è stato continuamente oggetto di scandali e denunce, diminuendo sempre più la sua forza e le sue competenze sulle questioni internazionali. Gli Stati hanno così scavalcato le Nazioni Unite, decidendo in maniera unilaterale la risoluzione dei propri conflitti internazionali: oggi il Kosovo è l'ennesima frontiera sulla quale cadrà innanzitutto la credibilità dell'ONU. Sulle sue ceneri verrà creato un nuovo organismo, che detterà un nuovo ordine mondiale, con un nuovo codice economico, giuridico e militare, un'entità molto vicina ad un Parlamento Internazionale con maggiori poteri decisionali ed esecutivi, che limiterà sempre più la possibilità di ricorrere alle sue decisioni gettando le basi per una nuova società.