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08 agosto 2008

Le banche entrano nel “business di impresa”


Il Comitato Interministeriale per il Credito e il risparmio (Cicr) decide di eliminare il limite alle partecipazioni della Banche all’interno delle imprese e di società non finanziarie. Da oggi in poi la concentrazione per una singola partecipazione sarà del 15%, mentre il limite complessivo sarà del 60%, e farà riferimento sia a soggetti che hanno un legame diretto che indiretto con la banca. Dopo anni di lotta, le lobbies bancarie ottengono il tanto atteso traguardo di sfondare "nel mondo imprenditoriale" con nuovi scenari ed opportunità di business, perfettamente allineati con le direttive europee.

Con la seduta del Comitato Interministeriale per il Credito e il risparmio (Cicr) dello scorso 29 luglio, viene riscritta la norma che regola le partecipazioni della Banche all’interno delle imprese e dunque di società non finanziarie. Dopo anni di lotta, le lobbies bancarie ottengono il tanto atteso traguardo di sfondare "nel mondo imprenditoriale" con nuovi scenari ed opportunità di business, perfettamente allineati con le direttive europee per la regolamentazione del rapporto banca-impresa. Il limite di concentrazione per una singola partecipazione sarà del 15%, mentre il limite complessivo sarà del 60%, e farà riferimento sia a soggetti che hanno un legame diretto che indiretto con la banca. Viene così cancellata la norma che prevede delle soglie di concentrazione che variano dal 3% per le banche ordinarie al 15% per le specializzate, percentuali che già di per sé venivano considerate elevate, considerando il potere di controllo di una Holding tramite partecipazioni indirette, o l’esistenza di società ad azionariato diffuso, tale che l’80% degli azionisti non partecipa alla vita di impresa e delega la sua rappresentanza.

Il processo di liberalizzazione ha avuto inizio nel 2006 quando il Governatore Draghi aveva presentato al Cicr una proposta di riforma dell'articolo 19 del Tub, mentre il Comitato stava progettando di eliminare proprio l’articolo, su istruzione del Governo Prodi e delle stesse direttive europee. Precedentemente invece il Ministro dell'Economia Giulio Tremonti voleva aumentare i paletti delle banche che volevano accedere alle imprese, un po’ per venire incontro alle richieste degli industriali, un po’ per contrastare il potere della lobby bancaria, asserragliata intorno ad Antonio Fazio. Tutto però è stato vano, perché nel 2007, l'Unione europea vara una direttiva che elimina proprio la condizione di separatezza tra banca e impresa. Per cui, questo potrebbe considerarsi addirittura un primo passo verso il totale ingresso delle banche nel mondo industriale e imprenditoriale. Le banche italiane possono plaudire l’introduzione delle norme europee, in attesa del grande banchetto.

In particolare, le nuove norme prevedono l’estensione dei limiti di detenibilità delle partecipazioni in imprese non finanziarie, eliminando le regole di "separatezza banca-industria a valle", e stabilendo delle soglie comunitarie: il 15% del patrimonio di vigilanza della banca/gruppo partecipante, che rappresenta il limite di concentrazione per una singola partecipazione qualificata, oppure il 60% del patrimonio, che rappresenta il limite complessivo per la somma delle partecipazioni della specie. La disciplina trova applicazione nei confronti dei soggetti collegati, intesi come l'insieme di soggetti correlati ( che hanno un legame diretto con la banca ) e di soggetti ad essa connessi - soggetti collegati alla banca per il tramite di una parte correlata. Tra le parti correlate, in particolare, sono incluse le società sulle quali la banca esercita un'influenza notevole (detta secondo il nostro ordinamento collegata) ossia ha il potere di partecipare alla determinazione delle scelte amministrative e gestionali della partecipata senza averne il controllo - basta per società per azioni anche partecipazioni soglia di poco superiori al 2% . Questo perché verranno presi in considerazione i conflitti di interesse e condizionamenti sulla gestione, derivanti da esposizioni (partecipazioni e finanziamenti) nei confronti di imprese partecipate in modo significativo.

In altre parole, nella determinazione del livello di presenza di una Banca in un’impresa o società, occorrerà considerare non solo il suo coinvolgimento diretto, ma anche le esposizioni di tutte le società che quella banca può controllare o solo influenzare, nonché le partecipazioni indirette, tramite delle sue collegate. Inoltre, vi sarà una semplificazione del sistema dei controlli di tipo amministrativo sull'acquisizione di partecipazioni in soggetti di natura finanziaria, che possono essere sottoposti ad autorizzazione preventiva per maggiore chiarezza ovvero per evitare ostacoli all'esercizio della vigilanza. Comunque, saranno ridotte anche le fattispecie da autorizzare, in maniera da lasciare maggiore campo libero nella scelta della configurazione azionaria o delle operazioni di governance. Come bilanciamento all'ampliamento delle possibilità operative delle banche, saranno introdotti strumenti e normative di vigilanza per controllare il rispetto dei requisiti patrimoniali, l'intensificazione dei controlli, regole di carattere organizzativo e di governance allo scopo di prevenire i conflitti di interesse derivanti dalle correlazioni delle partecipazioni. Si parla inoltre delle misure per monitorare le attività di rischio verso i "soggetti collegati", stabilendo dei limiti quantitativi all'assunzione di rischi verso i soggetti connessi alla banca.

Ad ogni modo, qualsiasi misura di controllo verrà introdotta, l'impatto della norma non cambierà, in quanto le Banche avranno libero accesso all'acquisto di industrie e imprese, alla privatizzazione di società pubbliche, alle scalate e al controllo di gruppi strategici per l'economia italiana. Tuttavia, la separatezza tra Banche e imprese aveva alla base un concetto molto importante, ossia che la logica dell'imprenditore non può coincidere con quella della banca, del finanziatore, e questo nel bene dell'economicità e della crescita delle stesse imprese. Una banca ragiona in termini finanziari, di rendimento degli investimenti, di speculazione, mentre un'impresa agisce in termini economici, produttivi, concorrenziali, competitivi. Proprio per tale motivo queste due entità sono state tenute separate per far sì che si controbilanciassero a vicenda, che l'uno non invadesse la competenza dell'altro. Invece, da oggi in poi le Banche saranno finanziatori, creditori, proprietari e imprenditori, ogni attività confluirà nei consigli di amministrazione delle fondazioni bancarie o delle Banche d'Affari.

Inoltre, guardando allo stato attuale dell'economia italiana, si può stimare che circa l'80% di industrie e imprese sono indebitate, e la loro indipendenza e sopravvivenza, spesso è stata garantita proprio dall'impossibilità delle Banche di appropriarsi delle loro partecipazioni in momenti di crisi. Le implicazioni di questo stravolgimento degli equilibri banca-impresa potranno essere anche molto gravi, e i rischi sono tanti, considerando il grande potere che detengono le banche, che è il potere del denaro. Potrebbero acquistare e far fallire imprese che si trovano in diretta concorrenza con attività ritenute più importanti o strategicamente rilevanti, o imprese che non garantiscono determinati livelli di guadagno ma svolgono un importante ruolo sociale. Ancora, potrebbero controllare del tutto media, società di comunicazione, aziende sanitarie, società culturali, società che svolgono servizi pubblici, società energetiche, acquedotti, dighe, miniere, spiagge... Non vi è più limite ormai allo scempio, al declino, al saccheggio. Ora che le banche stanno fallendo perchè in preda alla crisi finanziaria più pericolosa degli ultimi 70 anni, quale migliore scialuppa di salvataggio, se non l'economia reale, le imprese, fatte di uomini e di sacrifici, di logiche che spesso non sono mai finanziarie.