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29 dicembre 2008

Facebook e il mondo degli inutili


Nato come social-network destinato a riprendere i contatti con i propri amici, ben presto Facebook è diventato un ossessivo fenomeno di massa. Dimenticando ogni preoccupazione sulla possibile violazione della propria privacy, la popolazione di Facebook è divenuto il gruppo di campionamento ideale per ogni società di ricerche di mercato, in quanto a titolo totalmente gratuito si ha accesso ad una massa di dati senza alcun limite.

Il fenomeno "Facebook" è divenuto ormai una moda ossessiva, trasformandosi da un social-network ad un’anagrafe elettronica senza essere sottoposta ad alcuna normativa internazionale o nazionale. Entrare a far parte del sistema "Facebook" è una routine, mentre scambiarsi i dati della propria identità elettronica è oramai una regola non scritta, quasi obbligatoria, e non avere dati registrati equivale ad essere considerati come asociali e disadattati nella società. Facebook è l’immagine più triste di una società che non riesce a comunicare, che riduce le persone a filtrare i contatti esterni attraverso una chat globale, a parlare attraverso una piattaforma. È divenuto un giornale telematico in cui le persone sono ormai completamente ipnotizzate dai meccanismi e dai labirinti di un sistema che ha alla base delle grandi falsità. Studenti, dipendenti e professionisti restano incollati per ore alla loro pagina di Facebook per aspettare messaggi e e-mail da amici e colleghi, scrivendo ogni banalità che in quel momento pensano, partecipando agli eventi e creando gruppi di discussione. Assistiamo alla formazione di "stanze" che seguono eventi spesso di una degradante inutilità, ma anche di bande virtuali che inscenano una guerra tra di loro per il "controllo del territorio", insomma una serie di stratagemmi che hanno come scopo quello di fare degli utenti dei "ricettori di informazioni sempre accesi". Non è assolutamente esagerato dire che questo tipo di rete crea una sorta di dipendenza in chi lo utilizza, al punto che sono già tante le amministrazioni che hanno deciso inserire il sito di Facebook nelle block list, perché la maggior parte dei dipendenti perdono il loro tempo a scrivere i loro "stati d’animo" o ad inserire le proprie foto.

Nei fatti, i creatori di Facebook sono riusciti a manipolare le masse ottenendo un controllo totale e un accesso ad una base di dati infinito completamente gratuito. Nessuno era infatti riuscito, sino ad oggi, a creare una chat on-line in cui le persone scrivessero i loro veri dati, in quanto vi è sempre l’istinto a proteggere le proprie informazioni e tutto ciò che riguardi la propria identità. Le società che fanno ricerche di mercato sanno benissimo che le fasi più difficili - nonché le più costose - sono quelle che riguardano il campionamento della popolazione, in quanto le persone sono restie a comunicare i propri dati per partecipare a dei sondaggi, e molto spesso tendono a mentire suggestionati dalla paura della violazione della propria privacy. Al contrario Facebook, sulla falsa riga dell’obiettivo di incontrare o conoscere degli amici, ha spinto le persone ad inserire dati reali, e non solo le proprie generalità, ma anche i propri interessi, i propri gusti musicali, film preferiti, sport abituali, hobbies, ed ogni altra informazione da condividere con i propri amici e l’universo "FB". Stranamente, immersi in questa bolgia di utenti mitomani, le persone perdono ogni freno inibitore, e mettono a nudo la propria persona, dimenticando ogni preoccupazione sulla possibile violazione della propria privacy. La popolazione di Facebook è diventata, in questo modo, il gruppo di campionamento ideale per ogni società di ricerche di mercato, in quanto a titolo totalmente gratuito hanno accesso ad una massa di dati che può essere ritenuta attendibile e veritiera. Per ogni città sono inseriti dati per un insieme di persone che può essere ritenuto un campione rappresentativo della popolazione, per un’età compresa tra il 15 e i 40 anni, ossia la fascia di consumatori più ambita.

È ovvio che una piattaforma di questo tipo si presta facilmente a divenire un mercato che può essere sfruttato commercialmente sotto ogni punto di vista. Dopo che il "censimento" virtuale potrà dirsi completato, inizierà la campagna promozionale di prodotti, servizi, sondaggi, campagna elettorali, che in quel contesto saranno sempre ben accetti, essendo una fascia di consumatori che, per definizione, sono predisposti ad interfacciarsi con tali sistemi. Dunque, se inizialmente poteva sempre un social network di utilità collettiva, in realtà è divenuto uno strumento di grande degrado umano. Viaggiando in questa intranet, ci accorgiamo che ha dato vita ad un nuovo settarismo cibernetico, dove i giovani raccontano ogni cosa di loro stessi, si scambiano messaggi, tutto questo nell’orario di lavoro. Le comunità virtuali sono state spesso manipolate per scagliare messaggi di razzismo, per insultare altre etnie, creando delle forti divisioni nei fatti, e il primo contrasto è proprio tra "utenti di facebook" e "non utenti di facebook", ossia tra il campione da classificare e quello che non viene classificato. Prende forma quello che abbiamo chiamato dimensione degli "internetiani", che hanno un proprio linguaggio e un loro modo di essere che supera l’ordinamento e la legislazione degli Stati e delle istituzioni di diritto internazionale. E’ davvero sorprendente come questa mania planetaria abbia infettato come un virus il mondo dei sognatori, che sperano di trovare la soluzione ai loro problemi costruendosi una vita artificiale, una doppia o tripla identità. Ecco i risultati di un lavaggio di cervello di massa, in cui scompaiono ogni remora ed ogni ostacolo alla violazione dei dati personali, perpetuando un’appropriazione indebita a fronte della concessione dell’accesso ad un paradiso virtuale. C’è da chiedersi invece quali sono le società che hanno creato "Facebook" e per quale motivo offrono un servizio che ha drogato le persone? E’ ovvio che dietro un sito che può sembrare di intrattenimento, si nascondono delle entità che hanno affinato così bene questi strumenti per chiuderci definitivamente in una bottiglia senza via di fuga.