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24 settembre 2009

Assemblea ONU: la sfida della Serbia e dei Balcani


La cornice del palazzo di vetro di New York sarà critica anche per la regione balcanica, i cui equilibri si dispiegano lungo alcuni problemi che, a distanza di anni dalla fine della guerra, non hanno trovato ancora soluzione. E' senz'altro la grande occasione della Serbia per richiamare l'attenzione della comunità internazionale sull'indipendenza del Kosovo. Ma anche della Comunità Internazionale, che ha una grande responsabilità nei confronti di questi Paesi.

Messaggi di pace e appelli alla cooperazione tra i grandi protagonisti della scena internazionale. Così Ban Ki-Moon ha deciso di aprire la 64sima Assemblea Generale delle Nazioni Unite, salutando così il debutto del Presidente americano Barack Obama, di Muammar Gheddafi e Hu Jintao, per confrontarsi sulle grandi sfide del pianeta, come il clima, il nucleare e la pace in Medioriente. La cornice del palazzo di vetro di New York sarà, tuttavia, critica anche per la regione balcanica, i cui equilibri si dispiegano lungo alcuni problemi che, a distanza di anni dalla fine della guerra, non hanno trovato ancora soluzione. E' senz'altro la grande occasione della Serbia per richiamare l'attenzione della comunità internazionale sull'indipendenza del Kosovo, ribadendo che la questione non è assolutamente chiusa e che va ridiscussa su diverse basi. Questo infatti il messaggio del Presidente serbo Boris Tadic, all'indomani del suo discorso di venerdì dinanzi all'intera assemblea, affermando che "senza dubbio, dopo il parere consultivo della Corte di Giustizia Internazionale sulla dichiarazione unilaterale dell'indipendenza del Kosovo, saranno create le condizioni per il proseguimento dei negoziati tra Belgrado e Pristina sul raggiungimento di un compromesso e di una soluzione sostenibile dello status del Kosovo. "Dobbiamo raggiungere una soluzione di compromesso e che sia sostenibile", ha detto Tadic, ricordando che i serbi che vivono in Kosovo sono in pericolo e che la situazione è molto difficile. "Questa non è una soluzione sostenibile. La Serbia è pronta ad un compromesso", ha detto Tadic, il quale esclude, tuttavia, ogni possibilità di ripartizione del Kosovo.

Delle parole che lasciano trapelare una sincera volontà politica di risolvere la questione del territorio kosovaro 'super partes', al di sopra del passato e nell'interesse della popolazione: parole che l'opposizione a Belgrado non avrebbe mai voluto sentire. Già Vojislav Kostunica, leader del maggior partito di opposizione, ha duramente attaccato il Governo, che ha sottoscritto un protocollo di cooperazione con l'Eulex "sulla comunicazione transfrontaliera", nel quale ha visto un "primo atto di riconoscimento del Kosovo" ed in particolare dei suoi confini. La Serbia, tuttavia, si sta giocando una grande partita, e bisogna ammettere che è riuscita a riaprire un dialogo, a spingere i vertici dell'Unione Europea a discutere sulla possibilità di trovare un compromesso, visto che ben 5 paesi membri mostrano il 'pugno di ferro' contro un precedente secessionista, finanziato da lobby e dalla criminalità. Di fatti, nella sessione dello scorso anno, la Serbia ha ottenuto un importante successo diplomatico, perché l'Assemblea Generale ha appoggiato la sua richiesta di chiedere alla Corte di Giustizia di pronunciarsi sulla legittimità dell'indipendenza proclamata unilateralmente dal Kosovo e Metohija. Ed è così che Belgrado si prepara al grande scontro con i cosiddetti "Paesi indecisi", quelli che saranno bersaglio della lobbying kosovara tenuta in gioco da Behgjet Pacolli, Hashim Thaci e Fatmir Sejdiu, a cui si affianca per la straordinaria occasione anche l'Albania con l'intermediazione di Sali Berisha ed Ilir Meta, e dello stesso Presidente croato Stipe Mesic. Per Vuk Jeremic, il palazzo di vetro sarà il teatro per la "resa dei conti diplomatici con Pristina". "Le autorità provvisorie del Kosovo - secondo Jeremic - hanno intensificato il ritmo delle attività di lobbing in modo significativo, per accreditare la dichiarazione illegale dell’indipendenza, e stanno agendo in modo molto aggressivo". " La parte serba è riuscita a riportare la questione del Kosovo dinanzi all'ONU, mentre Pristina con le loro lobbies di affaristici albanesi hanno portato valigie di soldi nelle varie capitali in giro per il mondo”, ha osservato il Ministro per TV PINK, prima della sua partenza per New York.

Tuttavia, non sarà solo il vertice del Kosovo, ma anche della Bosnia, imprigionata tra l'Accordo di Dayton e le nuove sfide di integrazione: Stati Uniti e OHR chiedono una riforma costituzionale anche al di fuori dei patti del 1995, mentre l'Unione Europea vuole una Bosnia democratica con delle forze politiche che riescano ad andare d'accordo e ad approvare le famose riforme per la chiusura dell'ufficio degli Alti Rappresentanti e per la liberalizzazione dei visti. Nei fatti, un vero e proprio scontro tra le vecchie lobbies che hanno preso piede in questi anni in Bosnia, e la nuova cooperazione UE-Obama. Se l'OHR ritiene che la Bosnia debba essere uno Stato accentrato, con un solo Presidente ed un solo Governo, l'Unione Europea vuole un Paese con un'amministrazione pubblica coordinata ed un sistema politico in grado di prendere delle decisioni. Una differenza di vedute che non si espone tanto dinanzi all'opinione pubblica, resta soffocata in una guerra sotterranea, anche perché parlarne a viso aperto significherebbe ammettere che qualcuno (nell'OHR e a Bruxelles) non ha fatto bene il proprio lavoro, nonostante i miliardi di dollari spesi. I problemi della Bosnia, probabilmente, rimarranno su una dimensione di colloqui 'a porte chiuse' anche in questa Assemblea Generale, circolando tra i corridoi e le sale degli incontri a margine dell'Assemblea. D'altronde, i Balcani stessi sono una regione le cui problematiche sono "in maniera occulta" sempre connesse ad ogni questione di politica internazionale, dall'energia alla criminalità organizzata, dallo scudo anti-missilistico alla cooperazione USA-Russia.