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28 marzo 2011

Russia vs Open Society: la lotta per l'energia e la moneta


Dopo i casi di Montenegro e Croazia, è sempre più evidente che la rete della Open Society di Soros ha investito molto nei Balcani, mentre continua a mantenere alta l'attenzione su questa regione. Lo scandalo sollevato dal Sunday Times nei confronti dei tre europarlamentari - l'ex Vicepremier rumeno Adrian Severin, l'ex Ministro degli Esteri della Slovenia Zoran Thaler, e l'ex Ministro degli interni austriaco Ernst Strasser - è destinato a non rimanere nel silenzio. Dietro l'attacco del quotidiano britannico, si nascondono le pressioni del Club della 'società aperta' , che ha fatto dei media e dell'informazione un campo di battaglia. E' infatti qui che si gioca la guerra per il controllo e il ricatto dei Governi, nella quale vengono utilizzate ogni tipo di arma, dalle riforme della legge sulla libertà di stampa, alle petizioni per la privatizzazione e la liberalizzazione dei media.

L' Italia è un esempio eclatante di come la Open Democracy si sia duramente scontrata per abbattere il potere mediatico di Berlusconi, grazie ad una fruttuosa collaborazione con il quotidiano Repubblica, ed in generale con il Gruppo De Benedetti. Una guerra che è stata persa da Soros sul piano legale, e per questo è continuata su Facebook con la creazione del cosiddetto 'popolo viola', con il finanziamento di media e organizzazioni della lotta alla mafia e alla corruzione ( vedi Open Society Justice finanzia lotta alla mafia) . In gioco c'è molto di più che la 'banale alternanza' dei Governi, bensì il controllo del mercato e degli investimenti energetici, dal gas all'energia elettrica, dai gasdotti alle reti di trasmissione e di interconnessione. Se da un lato, quindi, abbiamo i gruppi di potere anglo-americane - di cui Soros è un autorevole esponente nonchè un reale braccio armato - dall'altro vi è la Russia, che porta avanti la sua politica estera facendo leva sul gas e sulla sua immensa rete che si espande nella regione euroasiatica e post-sovietica.


Nei fatti, la guerra alla corruzione non è altro che un sistema per scandinare i legami russi con i governi locali, proponendo un modello di 'cooperazione' che è legale sulla carta, ma in sostanza corruttiva alla stessa maniera. Sotto questo punto di vista, i Balcani rappresentano un laboratorio per le tecniche di comunicazione di massa volte a propagandare la strategia della tensione e la destabilizzazione dei governi. Questa regione, trovandosi in un particolare momento storico-congiunturale ( paesi di transizione tra due sistemi politici, economie in via di sviluppo e stati rivolti all'integrazione europea ) è terreno fertile per ogni pratica di corruzione, più o meno legale. Le piccole economie post-socialiste di questa regione sono in maniera vitale legate al clientelismo politico, e così le imprese vivono del budget pubblico. Per cui la classe politica si barcamena tra l'uno e l'altro offerente, che sia l'Unione Europea con i fondi di pre-adesione, gli Stati Uniti con i fondi USAID oppure Soros con la sua Open Society, o infine la Russia con il gigante Gazprom. Non esiste altra economia alternativa a quella del bilancio di Stato e dei partiti, oltre ovviamente alla criminalità organizzata e ai traffici.


Per cui, i fronti che si scontrano sono quelli della cosiddetta Green Energy (dal nucleare alle fonti di energia rinnovabili) e del South Stream. L'Unione Europea e gli stessi Stati Uniti stanno infatti imponendo alla Russia un embargo , per impedirle così di entrare nel business della vendita dell'energia, nel tentativo di riservare alle proprie società l'esclusività sui settori finanziari e meramente speculativi. Non dimentichiamo, infatti, che l'energia rappresenta una delle garanzie più solide per l'emissione di moneta sia per i Governi che per le Banche, in un sistema ormai completamente fondato sulla cosiddetta monetica (moneta elettronica). Pian piano la guerra per il petrolio, per il gas e per il nucleare, si trasformerà nella guerra per tracciare i nuovi confini dell'interscambio monetario. La zona euro si potrebbe sfaldare da un momento all'altro, per cui una soluzione sarebbe quella di creare un'area cuscinetto - sul modello inglese - che avrà al suo interno tutti gli Stati membri europei che non sono in grado di adottare la moneta comune nei prossimi dieci o vent'anni, come Romania, Bulgaria, Polonia e Balcani. Questa zona traccerà i confini monetari ( in parallelo ai confini terrestri ) con la regione del CSI, o meglio con l'area di intescambio euroasiatica promossa da Mosca, che ha il rublo come moneta di riferimento. Al momento la Russia si prepara a creare una zona di libero scambio dietro la sottoscrizione di un accordo tra Bielorussia, Kazakhstan e Russia, ma che vedrà in futuro la sua estensione nelle ex Repubbliche Sovietiche e probabilmente anche in Serbia. Questi elementi bastano a far capire quali e quanti sono gli interessi in gioco in questa regione, in cui i piccoli politici locali diventano 'ignari superstar' di un disegno geopolitico molto più grande di loro.