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23 febbraio 2007

Liberalizzati i registri interbancari dei dati dei debitori


La Corte di Giustizia Europea lancia i primi segnali per la liberalizzazione dello scambio tra le Banche europee degli archivi di dati sulla solvibilità dei debitori . Lo scenario che si verrà a creare è quello di un unico circuito di informazioni, una specie "Centrale di Rischi Europea", a cui le Banche potranno far riferimento sia per rintracciare le informazioni di un debitore, sia per lo studio delle condizioni di credito e dei contratti bancari.
Allo stato attuale i dati bancari dei debitori sono protetti dal segreto professionale, onde proteggere la riservatezza dell'imprenditore o del mutuatario, rispetto al rapporto con la propria banca, oltre ad essere normalmente considerati segreti d’affari tra concorrenti.
Tuttavia, poiché la tendenza europea è quella di creare un unico circuito finanziario europeo, una borsa internazionale e la completa virtualizzazione degli scambi, le Banche chiedono oggi di mettere in comune i dati che ognuna dispone per creare un'unica Centrale Rischi.

La sentenza della Corte di Giustizia ( Sentenza CGCE, C-238/05 del 23 novembre 2006 ) giunge dunque per far cadere i principali ostacoli burocratici che impediscono al momento lo scambio dei dati, e detta le regole per la costruzione e lo scambio dei registri.
Alcuni Stati dispongono di un "registro positivo" che contiene i saldi dei creditori in aggiunta ad un registri "negativo" al cui interno vengono inseriti i debitori insolventi: chiunque abbia contratto un debito, aperto un conto corrente, acquistato una carta credito ed è divenuto insolvente viene automaticamente registrato nella banca dati della propria finanziaria o istituto di credito. I dati personali e quelli sensibili dei debitori confluiscono così in un cervello elettronico.
La creazione di questi registri ha delle importanti implicazioni dal punto di vista della concorrenza e della privacy dei cittadini, in quanto lo scambio di dati sensibili può essere utilizzato come uno strumento per fare dei cartelli tra Banche e annullare la diversità tra i contratti, in netta violazione della tutela della concorrenza, di cui la Commissione Europea si fa ferma sostenitrice.
Infatti la gestione del registro necessita della partecipazione degli istituti di credito e ciò comporta inevitabilmente una sorta di cooperazione tra concorrenti, con il rischio che eliminando ogni incertezza sulle politiche di credito o sul comportamento dei debitori, le Banche adotteranno una reazione omogenea nei confronti di chi richiede credito. Nonostante le evidenti distorsioni che lo scambio dei registri può provocare, anche adottando delle regole comuni per impedire la completa omogeneizzazione dei servizi e delle condizioni di accesso al credito, la Corte di Giustizia ha comunque deciso che non ci sono pericoli con la concorrenza. Precisa che i registri interbancari non sono assimilabili alla fissazione di un tasso di interesse comune, e non sopprimono "il grado di incertezza sul funzionamento del mercato".


Il tasso di insolvenza

Non dimentichiamo che la tutela della concorrenza è una delle principali motivazioni delle norme contro gli aiuti di stato, delle liberalizzazioni, delle privatizzazioni, e di tutte le politiche degli Stati che cercando di sostenere alcuni settori dell'economia. In questo caso invece, lo scopo principale diventa la necessità di creare un mercato comune con regole comuni, efficiente, al cui interno gli operatori siano completamente sincronizzati sugli stessi circuiti.
La Corte dunque liberalizza la creazione e lo scambio dei registri dei dati dell'insolvenza a condizione che l'identità delle banche non venga divulgata, e che il registro sia accessibile in modo non discriminatorio a tutti gli operatori.
Ecco che il registro, nelle parole della Corte, diventa uno strumento per mettere a disposizione delle Banche quante più informazioni possibili sui debitori esistenti o potenziali, e sul modo in cui pagano i loro debiti, e soprattutto se li pagano, facilitando in tal modo anche la prevedibilità della probabilità di rimborso, nonché il sovraesposizione della Banca. In questa chiave di lettura, riducendo l'incertezza sull'alea dell'adempimento dei debitori, il registro migliora i servizi bancari: minori tassi d'interesse, oppure maggiori vincoli per l'accesso al credito per mantenere sempre basso il rischio. Per cui, se si adotta questa posizione, si dovrebbe anche accettare il fatto che le Banche, in mancanza di informazioni sul rischio di inadempimento dei debitori, sono costretti ad aumentare i tassi di interesse per recuperare i costi nell'indebito. Spesso però i rincari dei tassi di interesse non rispondono a questi criteri, ma alle direttive della Banca Centrale per controllare l'inflazione, così come le spese di tenuta di conto e delle operazioni sono ritenute inutili e non servono a coprire dei reali costi per le Banche. Inoltre il sovraindebitamento degli imprenditori è spesso alimentato da circoli di interessi e di debito alimentato anche dalle Banche, mentre il suo controllo non si tradurrebbe in maggiore liquidità per gli altri creditori, come invece sostenuto in questa sentenza: le Banche non movimentano liquidità per la concessione del credito, dovendo versare solo 1,2% dei crediti erogati (riserva frazionaria secondo Basilea 2).

La possibilità di ridurre l'incertezza dell'inadempimento o di controllare il sovraindebitamento, ha comunque un caro prezzo, perché andrebbe a creare un mercato dei servizi bancari molto standardizzato, in cui non esistono molti servizi personalizzati, per non parlare delle implicazioni del controllo e della gestione di una banca dati così grande.
La sentenza della Corte di Giustizia rappresenta dunque un ulteriore passo verso la creazione di una borsa mondiale, di un sistema di informazione centralizzato nelle mani entità sovranazionali e controllati poi da istituti privati.