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01 febbraio 2007

Vendere Snam per liberalizzare la scalata di Eni


Dal decreto Bersani arriva la prima spallata ad Eni, passando dal progetto di liberalizzare il mercato della distribuzione alla scissione della rete passando attraverso la borsa del gas.
L'obiettivo del taglio dei costi e dell'apertura del mercato a diversi operatori, deve passare, secondo le istruzioni del Commissario Europeo Kroes, per forza attraverso la separazione della produzione dell'energia rispetto alla sua distribuzione. Molte forze stanno premendo per la costituzione della società unica per le reti elettricità-gas, magari sotto il controllo statale, ma per fare questo occorre innanzitutto scindere Snam Rete Gas da Eni, per poi passare alla seconda fase della fusione delle reti. Se per l'energia elettrica è possibile fare una netta distinzione della produzione del combustibile e della distribuzione, con la fornitura del gas è alquanto più complesso, perché Eni funge spesso da intermediario con i fornitori esteri - sono pochi i giacimenti di proprietà - e la rete è una costola importante dell'impresa, che se viene meno, anche Eni viene meno in un certo senso.

Per capire cosa sia il mercato del gas e quale sia il ruolo di ENI attualmente occorre cercare di immaginare come funziona praticamente tutto il processo che va dalla produzione alla distribuzione del gas.
Grazie alla legge Bersani per la liberalizzazione del mercato dell'energia, tutti i piccoli consumatori sono liberi di scegliere il proprio fornitore di gas, fermo restando, a garanzia dei clienti, l'esistenza di "fornitori di ultima istanza" che avrebbero dovuto garantire il servizio in assenza di alternative. Sui fornitori individuati dall'Autorità come alternative nessuno è tuttavia riuscito a garantire la fornitura di gas al prezzo massimo fissato, e dato che era antieconomico hanno deciso di non proporsi come alternativa. I clienti si sono così dovuti rivolgere al "fornitore di ultima istanza", ossia ad Italgas (ENI) che può contare su una rete di contratti che gli garantiscono una certa sicurezza e la competitività nella fornitura. Dunque, la separazione tra Snam rete gas e Eni può avvenire giuridicamente, ma forse non praticamente, perché Eni potrebbe portarsi con sé tutti i suoi contratti e le controparti.
Questo lo sa bene anche il Presidente dell'Antitrust, che, nonostante abbia ribadito la sentenza che vuole Snam scissa da Eni, ha detto che è opportuno posticipare l'emanazione di un Dpcm per non indebolirla. Eni infatti deve avere modo di portare a termine i patti presi con Sonatrach, di portare in Italia il gas algerino, di organizzare bene la collaborazione con Gazprom, e di evitare che a comprare Snam sia un operatore estero. In ogni caso ha affermato che anche accorpare le reti non sarebbe poi una manovra strategica, perché comunque si creerebbe una concentrazione, che deve essere controllata a sua volta da un'apposita autorità di vigilanza per non creare poi un vero potere che può manipolato o può manipolare.
A difesa di Eni si schiera anche Tremonti, e il suo intervento è il più interessante. Ha infatti ricordato che Snam ed Eni sono talmente indivisibili, che se la rete viene scissa dalla centrale di produzione, Eni perderebbe la "golden share" e diventerebbe "scalabile": perdendo la funzione pubblica di rete e infrastruttura, perderebbe anche quella qualificazione di società a capitale misto ma con l'ingresso di privati sottoposto al "gradimento" dello Stato, che può così proteggerla da scalate da parte di operatori esteri. Se queste sono le implicazioni della decisione della vendita di Snam, è bene che il governo rifletta bene prima di prendere una decisione così affrettata. Non dimentichiamo che Eni ha chiuso un contratto con Gazprom che dà diritto al gigante russo di offrire il gas russo senza alcun intermediario, direttamente sul mercato, come monopolista tra l'altro.
Decidendo di dismettere Snam, anche se Gazprom non sarà il diretto acquirente, può comunque beneficiare della situazione, tentando una scalata su ENI o spiazzandola totalmente dal mercato della fornitura di gas perché sarebbe il solo fornitore senza intermediario.

Tuttavia i segnali che arrivano dal governo sono tutt'altro che rassicuranti, perché l'intenzione primaria è quella di progettare un'unica entità che controlla tutte le reti, magari rifondando una seconda IRI e creando un vero potere controllato dalle authority, dai comitati e dai commissari di vigilanza. Accanto a questo, si verrebbe a creare una Borsa del Gas, ossia di un mercato in cui gli operatori dovranno offrire quote di combustibile. Confluiranno al suo interno una quota obbligatoria del metano estratto dai giacimenti italiani, a fronte della royalty che i petrolieri esteri pagano allo Stato, e una percentuale del gas importato. La royalty viene trasformata in beni, ossia in una quota di gas importato, mentre i produttori esteri potranno direttamente collocare sul mercato la loro offerta senza intermediari: una volta che la rete di distribuzione è stata isolata, tolta dal controllo del solo intermediario sul mercato italiano, non ci sono più ostacoli alla liberalizzazione del mercato del gas.
Tra l'altro la Borsa del Gas già esiste in maniera virtuale, perché la Snam offre a tutti i suoi operatori la possibilità di scambiarsi le partite di metano, mediante una piattaforma bilaterale in cui formalizzare gli accordi già presi in un cd. Punto di scambio.

L'intero spettro degli eventi lascia quasi intravedere l'esistenza di due fronti sul futuro di Eni, uno del governo, che deve rispettare gli accordi con Gazprom, e uno dell'Eni stessa che non vuole perdere la sua rete né essere manipolata. Quello che era il gioiello di Mattei, sarà forse smembrato e a poco a poco indebolito per favorire così una potente lobby petrolifera.