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13 marzo 2009

Il volto oscuro dei Balcani attraverso gli occhi di Antonio Evangelista


Da una profonda conoscenza dei Balcani e da una lunga esperienza in queste terre, nasce “Madrasse - Piccoli martiri crescono tra Balcani ed Europa”, di Antonio Evangelista, Vice Questore Aggiunto e Capo della squadra mobile di Asti, nonchè ex comandante della missione ONU in Kosovo (UNMIK). Un saggio che, tra realtà e romanzo, delinea con chiarezza delle sfumature della regione balcanica che sono rimaste all'oscuro per troppo tempo. Cadono i veli della propaganda politica e dei media, che hanno reso le guerre dei Balcani, e lo stesso fondamentalismo islamico cresciuto in quelle terre, una semplice parentesi della storia recente.

Gli orfani delle guerre che sono rimasti sul campo, dopo il ritiro delle truppe dell’ex Jugoslavia e quelle internazionali in Bosnia, sono stati raccolti in madrasse, in scuole coraniche, "nelle cui mura, ex guerriglieri santi, rimasti in Bosnia dopo la guerra, senza alcun tipo di formazione, se non quella del fanatismo religioso e della militanza fondamentalista armata, sono diventati tutori e maestri, padri e madri, amici e fratelli, di creature già vittime della guerra, destinate al plagio esercitato nel segreto di muri oltre i quali non è dato vedere o ascoltare". Queste le parole di Antonio Evangelista, Vice Questore Aggiunto e Capo della squadra mobile di Asti, tratte dal suo ultimo saggio “Madrasse - Piccoli martiri crescono tra Balcani ed Europa” (Editori Riuniti, 192 pagine, 15 euro), nel quale tra realtà e romanzo viene delineata con chiarezza una sfumatura della regione balcanica, volutamente rimasta all'oscuro dell'opinione pubblica internazionale. Parlare oggi di fanatismo e di fondamentalismo in un Paese nel cuore dell'Europa Sud-Orientale, quale può essere la Bosnia Erzegovina, porta a spiegare necessariamente che, nel corso della storia di questa regione, vi sono stati degli eventi risolutivi che hanno cambiato anche la società occidentale.

Leggendo i passi della storia di un orfano delle madrasse, Gjorgje Kastrati, si può scorgere non solo un aspetto poco conosciuto del fondamentalismo islamico, ma anche il ruolo che questo ha avuto in passato nel frammentare la Jugoslavia, nello scatenare una guerra sanguinosa e fratricida armata e fomentata dalle forze della Nato, per poi costruire le "repubbliche balcaniche" che conosciamo oggi, ancora tormentate da conflitti interni dovuti dal peso del passato. Da precisare che "Madrasse" non si riferisce all'islam e o ai musulmani, bensì a quella distorsione della religione che va a creare "un fenomeno criminale che cerca di autolegittimarsi vestendo i panni del predicatore - come sottolineato dallo stesso Evangelista, aggiungendo - non vi è religione al mondo che predichi il terrore la distruzione, e questo è il primo segnale che deve autarci a non andare in confusione".
Questo racconto, intrecciando una trama romanzata con fatti e circostanze reali, mostra come la Bosnia Erzegovina rischia di divenire una cellula dormiente, che potrebbe - nella migliore delle ipotesi - incatenare il suo sviluppo sociale ed economico come Paese europeo, impedendone l'integrazione e il raggiungimento della stabilità interna, sino ad alimentare nuove forme di odio interetnico da scatenare contro gli stessi fratelli bosniaci, o contro la stessa Europa. Le guerre balcaniche fanno così solo da sfondo a questa società sofferente che si sta venendo a creare nei Balcani, nell'immobilismo della Comunità Internazionale e dell'Unione Europea, che continuano a creare differenze e discriminazioni su base etnica e vanno a formare i "piccoli martiri" del futuro.

L'autore così traccia un vero e proprio documento sul "terrorismo di oggi", ereditato però dal terrorismo del passato che cresceva nei Balcani per poi essere esportato in America e dare origine al mito di Al Qaeda, in maniera da nascondere perfettamente i crimini della mano occidentale. Antonio Evangelista ha così realizzato uno dei primi testi giunti nelle librerie italiane che racconta con occhi critici la realtà dei Balcani più dura da accettare, ossia la consapevolezza che i crimini atroci delle guerre balcaniche non sono frutto dell'odio inter-etnico dei popoli che ci vivono, ma della logica spietata dell'indifferenza e dello sfruttamento di queste terre per raggiungere obiettivi di destabilizzazione. Questo è uno degli elementi ricorrenti nei suoi saggi tecnici e delle sue digressioni di grande osservatore curioso, le cui doti di analista critico sono emerse proprio con il primo saggio "La torre dei crani" (Editori Riuniti, 14 euro, 141 pagine). In questo lavoro Antonio Evangelista ha riportato la sua esperienza durante la missione Onu Unmik in Kosovo, in cui ha ricoperto la carica di vicecomandante e poi come comandante, occupandosi durante le sue missioni di investigazioni sulla criminalità organizzata, intelligence, crimini di guerra, terrorismo e mafia kosovara. "La Torre dei Crani" trae il suo titolo da un macabro monumento che si trova in Serbia, al confine con la provincia kosovara, per ricordare un terribile massacro avvenuto 600 anni fa: un'immagine forte per far capire che il Kosovo è una terra assurda, in cui etnie, religioni e costumi sociali molto antichi, si fondono creando un luogo che non conosce leggi o limiti.
Evangelista così spiega l'aspetto oscuro della "terra dei corvi", ossia il fenomeno criminale albanese-kosovaro, che ha schiavizzato questa provincia alla dura legge della vendetta e dell'omicidio. Anche in questo caso, come in Madrasse, viene descritto un fenomeno criminale che affonda le radici nel malinteso senso dell'onore descritto in codici come il Kanun, che paradossalmente avrebbe la funzione di regolare la vendetta e quindi limitare le morti. "La gente si ammazzava o risolveva le proprie controversie ricorrendo alle armi, per i motivi più futili, conditi ovviamente da rancori bellici mai sopiti - scrive Antonio Evangelista - Non passava giornata senza shooting (sparatoria) o handgranade (bomba a mano), magari alla fermata dell’autobus per vendicarsi di uno sberleffo adolescenziale[…] che in quella realtà e cultura assumeva i contorni di tale e tanta offesa che doveva essere vendicato. E la vendetta in Kosovo è una sola, quella del sangue, quella del Kanun". Il Kosovo, attraverso le sue parole, smette di essere solo la provincia martoriata da crimini di guerra volta pulizia etnica degli albanesi per mano serba, per divenire un teatro di guerra continua tra bande che si scontrano per il controllo del territorio, terreno fertile per alimentare traffici illegali e criminalità organizzata.
Da questo punto di vista, i lavori di Antonio Evangelista diventano preziosi e significativi per snodare la grande matassa di disinformazione creata negli anni su questi temi così difficili, proprio perché le informazioni sono filtrate attraverso gli occhi di un osservatore imparziale ma esperto. Cadono così i veli della propaganda politica e dei media, che hanno reso le guerre dei Balcani, e lo stesso fondamentalismo islamico cresciuto in quelle terre, una semplice parentesi della storia recente. In realtà sono una parte essenziale della storia dell'Europa e dell'Unione Europea, all'indomani della sua estensione verso Est e il Vicino Oriente. Ignorare cosa accade oltre l'Adriatico, significa contribuire a creare la nuova Europa una regione eternamente balcanizzata.