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14 aprile 2008

Nato e Ue premono sulla Russia


Al termine del summit della Nato a Bucarest, e in vista del prossimo vertice UE-Russia per la ratifica del nuovo Accordo di partnership strategica, sono molte le questioni rimaste irrisolte a cui si aspetta di dare una risoluzione. L'impatto sulla Russia dell'allargamento della Nato, ha delle implicazioni anche sul dunque il trade-off tra ampliamento dello spazio Schengen e il possibile restringimento della Comunità degli Stati Indipendenti.

Le politiche di allargamento della Nato, e così della stessa area di influenza occidentale verso Est hanno un notevole impatto anche sulle relazioni bilaterali della Russia nei confronti del blocco euro-atlantico. Il Cremlino, nel corso del dibattito di Bucarest, non ha nascosto i suoi dubbi e le sue opposizioni nei confronti dell’adesione degli Stati che facevano parte dell’area sovietica e della sua zona di influenza, e ora la Russia si dice "pronta a compiere passi concreti se Georgia e Ucraina entreranno nella Nato". Dopo il "no" della Nato al Membership Action Plan per Georgia e Ucraina, le pressioni Washington hanno spinto gli alti rappresentanti dell'Alleanza Altantica a non escludere del tutto l’ingresso dei due Paesi in futuro prossimo. E’ divenuto infatti importante l’inquadramento della Comunità degli Stati indipendenti nell’ottica di una futura adesione all’interno della Nato, che ormai, stando al tono delle dichiarazioni dei vertici dell’Alleanza Atlantica, rappresenta solo una questione di tempo. I possibili scenari dinanzi a questa possibilità sono, da una parte, la riduzione dello spazio del CSI, considerando già le evidenti difficoltà di coordinamento come dimostrato dalle recenti controversie energetiche tra la Russia e Paesi come Ucraina, Bielorussia, Moldavia e Georgia, e dall’altro l’aumento progressivo dell’Area Schengen, che si sta espandendo sempre di più nei Balcani e dell’Europa Orientale.

Il trade-off tra il CSI e la Comunità Europea sembra essere evidente, considerando che, mentre sempre più Paesi scelgono di deregolamentare il regime dei visti e le barriere doganali, all’interno del CSI gli ostacoli alla circolazione di persone e di beni sembrano aumentare. L’avanzare della Nato e dell’Europa aprirebbe così nuove prospettive di integrazione economica, avvicinandosi così all'Organizzazione di cooperazione di Shanghai (OCS), all’Organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva, e al Guam (Georgia, Ucraina, Azerbaigian, Moldavia), ossia ad una realtà geopolitica frammentata e unita solo su alcuni fronti, che tuttavia non rispecchiano un’unità di intenti e una politica economico-energetica uniforme. L’Europa, dal suo canto potrebbe approfittare di tutto questo per proporre un modello standardizzato di riforme, progetti, finanziamenti e contratti, dando loro il miraggio dello sviluppo economico e del rafforzamento della loro posizione, che ora resta ad appannaggio della Russia. Così, dinanzi alla domanda su cosa accadrà se Georgia e Ucraina entreranno nella Nato, alcuni analisti hanno già visto un radicale cambiamento della natura delle macroaree regionali. Secondo molti, il CSI diventerà nei fatti un raggruppamento regionale panasiatico e non più un’area di esclusiva influenza russa, cosa che si ripercuoterà anche sulla Moldavia, la quale smetterà di avere una frontiera comune con la Comunità degli Stati Indipendente, e sull’Adzerbaijan, che, essendo strettamente legato alla Georgia ed alla Turchia, sarà trascinato più rapidamente all’interno del blocco euro-atlantico. Inoltre, l’adesione di Georgia e Ucraina potrebbe modificare anche la configurazione della Guam, e così trascinare l’intera area nella Nato.

In quest’ottica possiamo comprendere le perplessità del Presidente Putin, che vede nello sviluppo dell’area del CSI un fattore strategico per controbilanciare le spinte che provengono dall’Europa e dagli Stati Uniti, perché nella Comunità vi sono gli Stati che contribuiscono maggiormente a creare quelle condizioni favorevoli alla Russia, come il controllo del passaggio dei gasdotti, dei corridoi e delle fonti di approvvigionamento. D’altro canto, il futuro cambiamento delle zone di influenza dell’Europa Orientale non si gioca solo sul fronte della Nato, ma anche su quello dell’Unione Europea, che sembra assumere ormai il ruolo di "catalizzatore" dell’occidentalizzazione degli Stati. Ed è proprio l’Alleanza Atlantica a dare questo ruolo all’Unione Europea, in quanto i criteri di ingresso all’interno della Nato sembrano essere sempre più vicini alle condizioni per l’integrazione europea, come se il "lasciapassare" per entrare nella NATO sia sempre strettamente associato ad un "biglietto" di entrata nell'UE, nonostante la Comunità Europea voglia dare ad intendere che siano i cittadini europei a decidere chi sarà membro dell’Unione e chi non lo sarà. A proporre questo stereotipo sembra essere stata proprio Washington, che ha dato così ad intendere che essere membro dell'alleanza è un criterio per l'appartenenza all'Europa.
Nella realtà, la storia non è proprio così, in quanto alla base di tutto vi è la disponibilità degli Stati a rinunciare alla sovranità su alcune materie legislative, come quelle della gestione degli eserciti e della costruzione di basi militari, da una parte, e quella dell’emigrazione, delle privatizzazioni e delle liberalizzazione dall’altra. Per cui, il processo di cambiamento e così di ingresso nelle strutture atlantiche è assai tortuoso e sacrificante, e, nonostante Nato e UE vadano di pari passo, la loro ingerenza è diversa. Non possiamo escludere tuttavia che ultimamente siano sempre più collegate, in quanto viene offerta la possibilità di entrare nella sfera europea "d’élite" accanto alla possibilità di divenire una forza militare "occidentale", e non più isolata e attaccata dall’esterno.

Infine, c’è chi vede, tuttavia, nell’integrazione euro-atlantica degli Stati vicini alla Russia, un’opportunità per ampliare lo spettro dell' influenza economica russa sull’Europa. L’ingresso dell’Ucraina all’interno della Comunità Europea, potrebbe consentire di estendere l’area di scambio economico-energetica della Russia, che potrà utilizzare le frontiere e i corridoi ucraini, come adesso usa i suoi gasdotti, giocando sempre sul filo del rasoio. Una tesi questa, che verrebbe confermata dal fatto che la Russia diventa sempre più importante per la stabilità economico-finanziaria dei Paesi Europei, e di quella miriade di Paesi che la circondano, essendo una fonte di energia e di capitali immensa e sempre più forte. Per tale motivo, il Cremlino potrebbe lasciare che l’espansione nei fatti avvenga, concedendo da una parte e togliendo dall’altra, in un continuo controbilanciamento di forze e di compromessi, per poi raggiungere il suo obiettivo ultimo che è quello di preservare nel tempo la sua posizione politica. Non bisogna sottovalutare la forza della Russia, perché se da una parte tuona con minacce di guerre e di tagli energetici, dall’altra gestisce al meglio la sua macchina diplomatica ed economica che funziona alla perfezione. Il caso del Kosovo sia un esempio per tutti. Gli Stati Uniti hanno forzato le leggi, violato la sovranità di uno Stato, e compromesso la stabilità degli altri Paesi, tuttavia l’escalation si è fermata, perché la risposta russa è stata ferma e decisa, al punto da vanificare le ulteriori mosse della missione dell'Unione Europea.