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22 aprile 2009

Il parere della CIJ cambierà il Kosovo?


Serbia e Kosovo hanno presentato, lo scorso 17 aprile, le loro argomentazioni relative al processo che si terrà dinanzi alla Corte di Giustizia Internazionale de L'Aja (ICJ) sulla legittimità della dichiarazione di indipendenza unilaterale del Governo provvisorio di Pristina dalla Serbia. Su tale procedimento dell'alta Corte incombe una grande responsabilità, visto l'impatto che l'esito del giudizio avrà su tutti gli altri casi di secessione unilaterale, che a distanza di anni sono ancora controversi e problematici. A parte questo, però, per il Kosovo in sé per sé difficilmente cambierà qualcosa, visto che entrambe le parti ritengono che la decisione della Corte non è destinata a mutare la realtà dei fatti.

Serbia e Kosovo hanno presentato, lo scorso 17 aprile, le loro argomentazioni relative al processo che si terrà dinanzi alla Corte di Giustizia Internazionale de L'Aja (ICJ) sulla legittimità della dichiarazione di indipendenza unilaterale del Governo provvisorio di Pristina dalla Serbia. I quindici giudici della corte delle Nazioni Unite, in base allo Statuto della Corte, avranno due anni per rispondere alla domanda posta dalla Serbia, lo scorso ottobre, dinanzi all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, di esaminare la proclamazione dell'indipendenza dal punto di vista del diritto internazionale. Più precisamente, la Corte di Giustizia Internazionale non dovrà affrontare la legittimità o meno dell'indipendenza del Kosovo, bensì se la proclamazione unilaterale dell'indipendenza da parte degli organi provvisori di autoregolamentazione del Kosovo , sia coerente con le norme del diritto internazionale. La squadra legale serba cerca di concentrare il procedimento non sul "merito" della questione, discutendo della legalità o meno, ma sulla sua "forma" dell'atto, e dunque se esso sia viziato dalla non conformità con le norme internazionali .

Alcuni avvocati avevano proposto di cambiare la formula e chiedere a L'Aia di rispondere sulla legittimità del riconoscimento, da parte degli Stati delle Nazioni Unite, dell'indipendenza del Kosovo, in conformità del diritto internazionale e risoluzioni delle Nazioni Unite. Belgrado ha preferito escluderla, ritenendo che tale procedura avrebbe richiesto troppo tempo, perché avrebbe dovuto analizzare separatamente il motivo per cui ogni Stato ha riconosciuto il Kosovo. La Serbia ha presentato una relazione e una documentazione con 83 documenti, raccolti in due libri con più di 1000 pagine di argomenti sull'origine della crisi del Kosovo, con la quale si cerca di dimostrare che il governo di Pristina ha violato il diritto internazionale e il principio di integrità territoriale, uno dei principi fondamentali delle Nazioni Unite, nonché la risoluzione 1244 in base alla quale il Kosovo e Metohija fosse parte della Serbia, turbando il regime del governo ad interim che il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite aveva introdotto per garantire pace e sicurezza, nell'attesa di raggiungere un accordo per una possibile autonomia della provincia.

Ad ogni modo, non si può nascondere che su tale procedimento dell'alta Corte incombe una grande responsabilità, visto l'impatto che l'esito del giudizio avrà su tutti gli altri casi di secessione unilaterale, che a distanza di anni sono ancora controversi e problematici. Da questo punto di vista, si deve ammettere che la decisione della Corte delle Nazioni Unite, al di là del caso in specie, avrà una risonanza a livello mondiale e potrebbe rivelarsi un decisivo precedente da applicare ad altre fattispecie, già fonti di destabilizzazione regionale. Il Kosovo attualmente rimette in discussione altri Stati a metà riconosciuti, in parte non riconosciuta o auto-riconosciuti, come Taiwan, Transnistria, Repubblica turca di Cipro del Nord (TRNC), Abkhazia, Ossezia del Sud e Tamil Tamil Eelam ( Stato indipendente de facto, nel nord-est dello Sri Lanka). Taiwan è il caso più vicino al Kosovo, riconosciuto da 22 Stati ma osteggiato dalla Cina (di qui l'importanza della sua presenza al processo), mentre TRNC è stato riconosciuto solo dalla Turchia, mentre Abkhazia e Ossezia del Sud da Russia e Nicaragua. Ovviamente, il problema di estendere il riconoscimento internazionale al Kosovo e poi Taiwan, si avverte anche per tutti quei movimenti che sono potenzialmente "separatisti", che covano il disagio e il malessere economico di ciascun Paese.

A parte questo, però, per il Kosovo in sé per sé difficilmente cambierà qualcosa, visto che entrambe le parti ritengono che la decisione della Corte non è destinata a mutare la realtà dei fatti. Hashim Thaci, in qualità di Primo Ministro, ha dichiarato che "la decisione, qualunque essa sia, non farà né caldo né freddo", perché il Kosovo è già indipendente, "questo è tutto". Allo stesso tempo il capo della diplomazia serba,Vuk Jeremic, afferma che anche se il Kosovo ottenesse la legittimità dell’indipendenza dalla Corte de L'Aja, la Serbia non riconoscerà mai lo Stato di Pristina. Afferma inoltre che "è molto difficile stabilire la connessione con uno scenario così ipotetico, poiché le nostre aspettative sono che il tribunale decida sulla base del diritto internazionale, e la nostra convinzione forte è che le istituzioni temporanee di auto-governo hanno violato il diritto internazionale". Nonostante Belgrado si faccia forte delle sue convinzioni, ammette che qualsiasi cosa accadrà, "la Serbia non riconoscerà il Kosovo in nessuna circostanza, qualunque essa sia, mai e poi mai". Se all'inizio si era detta disposta ad accettare ogni decisione, adesso qualcosa cambia, rivelando anche una sorta di debolezza diplomatica, in quanto si dice pronta a disattendere un parere che essa stessa ha chiesto.

Al momento, sono circa 18 gli Stati, tra quelli che hanno riconosciuto il Kosovo, ad aver presentato un loro parere al processo, nonchè altri 15, tra quelli che non lo hanno riconosciuto. Tra questi vi è anche la Cina, la cui presenza rende questo dibattito ai vertici giuridici a livello internazionale un evento storico, e la Russia, il più forte sostenitore di Belgrado e dell'inviolabilità del territorio serbo. Accanto a tali giganti vi sono Spagna, Grecia, Romania, Cipro e Slovacchia, dove le idee separatiste delle minoranze nazionali sono sempre in agitazione e pronte a riemergere periodicamente, ragion per cui sono stati finora restii a riconoscere l'ex provincia serba. Poi vi sono India, Indonesia, Brasile ed Iran che non intendono riconoscere il Kosovo, oltre a Vaticano, Libia, Argentina, Israele, Egitto, Georgia, Moldavia, Azerbaigian, Tagikistan, Uzbekistan, Ucraina e Sud Africa, per un totale di 44 Stati che hanno votato contro l'indipendenza del Kosovo. Dall'altra parte ci sono 58 Stati che hanno riconosciuto il Kosovo, tra cui 22 Paesi europei, gli Stati Uniti e l'Arabia Saudita, ma vi è anche un intero sistema (quello della Comunità Internazionale) che si è mosso in soccorso dei kosovari all'indomani del crollo della Jugoslavia. La Corte de L'Aja, tra le tante possibilità, potrebbe prendere una decisione "diplomatica", che non stravolga la posizione del Kosovo e non crei nessun precedente, precisando che ogni conclusione in merito alla questione sollevata dalla Serbia, riguarda solo questo caso in particolare, e nessun altro. Potrebbe così mettersi al riparo da ogni altra rivendicazione, e dallo stesso ribaltamento dello status del Kosovo all'interno della regione.