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01 aprile 2009

Intervista ad Antonio Evangelista: i Balcani come Madrasse


Un'intervista ad Antonio Evangelista, Vice Questore Aggiunto e Capo della squadra mobile di Asti, nonchè ex comandante del contingente italiano presso la missione ONU in Kosovo (UNMIK).Autore di "Madrasse - Piccoli martiri crescono tra Balcani ed Europa” (Editori Riuniti, 192 pagine, 15 euro) e " La torre dei crani" (Editori Riuniti, 14 euro, 141 pagine) Antonio Evangelista spiega, con il pragmatismo da investigatore, come i Balcani siano ostaggio dei fondamentalismi e dei rancori del passato. Nella sua visione "da sbirro", i Balcani diventano la scena del crimine ideale, in cui molti dettagli fanno notizia, ma pochi elementi l'informazione.

Il suo libro, Madrasse, cerca di spiegare in chiave narrativa cosa ha rappresentato il fondamentalismo islamico per i Balcani. Qual è, dunque, il legame esistente tra le guerre balcaniche e la guerra al terrorismo dell'Occidente?

E' improprio parlare di “guerra” al terrorismo secondo me. Da funzionario della polizia sono abituato misurare i fenomeni criminali attraverso gli strumenti investigativi. Il legame tra i due fenomeni da lei indicati, sta, per me, nella circostanza che l’analisi del primo e lo studio dettagliato di quelle dinamiche aiuta ad individuare le strategie più idonee per fronteggiare un fenomeno che purtroppo - come scrivo in Madrasse - non è solo un fenomeno criminale globale, ma appare a tratti come una rivoluzione culturale globale. Un idem sentire anti-occidentale che va da est a ovest, da nord a sud, attraverso voci e proclami che paiono ancora più inquietanti perchè sono spesso le sole ad essere ascoltate e riprese dai mezzi di informazione. Voglio dire che abbiamo e conosciamo esperti dell’Islam, quello sano, e fior fiori di studiosi delle religioni, di ogni tipo, ma quello che fa notizia, purtroppo, pare essere solo quello che dice il terrorista di turno o “l’Imam” autoproclamatosi tale. Questi soggetti non hanno nulla a che vedere, come ho scritto, con la nobiltà e la missione della religione in senso lato, che - per non dimenticarcelo - si occupa della cura dell’anima e dell’insegnamento della parola di Dio, qualunque sia.

Per parlare di legami in particolare, le faccio un esempio, che peraltro si ricava chiaramente dalla lettura di madrasse:
-cinque attentatori dell’11 Settembre, tra cui il capo Khalid Sheikh Mohammed,
-il regista degli attentati di Mumbai, come riferito dall’Age France Press, tale "Zaki-Ur-Rehman Lakhvi",
- l'Imam arrestato a Faenza, Khalil Jarraya, dalla Digos di Bologna.
Tutti questi personaggi, senza contare Bin Laden e il suo vice, sono passati e hanno operato nei Balcani, in Bosnia in particolare - e non solo - dove hanno in alcuni casi anche preso parte all’ultima guerra.

Come da Lei precisato, il libro contiene riferimenti a fatti e circostanze realmente accaduti. Nel riportare tali eventi, crede che i media e gli stessi Governi occidentali hanno disinformato su quanto stava accadendo nei Balcani negli anni '90?
Per quanto riguarda i media, hanno fatto il loro lavoro, secondo i loro obiettivi e le indicazioni ricevute, bisognerebbe chiederlo a loro. Per i Governi, non sono io la persona idonea ad interpretare le politiche dei Paesi. La mia esperienza ha avuto un focus pratico e immediato: delitti e scene del crimine. Io ho fatto delle investigazioni e delle analisi finalizzate a rendere più agevole il lavoro della polizia in quelle terre. Gli altri punti di vista, sinceramente, non mi interessano più di tanto. In senso generale, che vale per ogni Paese, registro che oggi - ma non solo da oggi - l’informazione in parte è cambiata nei fini e nella sostanza. E’ sotto gli occhi di tutti il fenomeno in cui l’effimero tende a divenire sostanza, e la notizia non fa più l’informazione, ma è certa ogni informazione che fa la notizia. Basta scorrere i canali della televisione con il telecomando.

Dopo l'11 settembre e le guerre nel Vicino Oriente, come crede che evolverà ancora la dinamica del terrorismo e della guerra anti-terrorismo?
Pensi al mondo, ai vari paesi, come un organismo vivente e al terrorismo come un virus: secondo me l’evoluzione e lo sviluppo della malattia dipendono da quanto è corrotta la carne, da quanti anticorpi sono presenti nell’organismo, dall’alimentazione somministrata, dall’acqua che si beve e dall’aria che si respira. Non so se ho reso l’idea...

Durante il periodo di servizio in Kosovo, come Comandante del contingente italiano della Missione UNMIK negli 2000-2004, che idea si è fatto sulla guerra tra serbi e albanesi?
Io ho avuto l’impressione di una guerra tra poveri. Certo che se ti ammazzano un figlio, un fratello, una madre, non puoi essere mosso da spirito di perdono e compassione verso gli assassini, anzi. Ma nei Balcani, secondo me, c’è qualcosa di diverso: odio tramandato attraverso i secoli, che mai ha avuto tempo e modo di assopirsi, di raffreddarsi, di dimenticare se stesso e la traccia rossa dietro di lui. Un odio che all’occorrenza viene rinfrescato, risvegliato e manipolato ad arte. Le faccio l’esempio di quello che è avvenuto nel 2004 a marzo: lei non ci crederà, ma in quei giorni abbiamo visto albanesi che hanno salvato serbi e viceversa. La loro preoccupazione non era il diverso o l’altro, ma cosa sarebbe successo se si fosse venuto a sapere dell’aiuto prestato a chi stava per bruciare vivo nella sua casa. Lo stesso accade quando vengono scoperti gruppi che trafficano armi, droga e esseri umani : tutti insieme appassionatamente, serbi, albanesi, croati, macedoni. Quindi, dov'è l’odio atavico tra religioni ed etnie?

Ritiene sia stato legittimo l'intervento della Nato, e gli stessi processi dinanzi al Tribunale dell'Aja?
La prima parte della domanda andrebbe rivolta alla politica, io sono solo un’ investigatore, o uno sbirro per essere più chiari. Per i processi, l’esperienza mi insegna che i processi si fanno se ci sono le prove e se le investigazioni le rendono utilizzabili.

Rinascita Balcanica, in molti articoli, ha parlato dell'esistenza di una mafia transnazionale all'interno dei Balcani, strettamente collegata a quella dell'Occidente. Qual è la Sua visione su tale tematica?
Certo che esiste, basta leggere le cronache dei giornali, o se si ha più tempo "La Torre dei Crani", il mio primo libro. In esso affronto proprio il fenomeno della criminalità straniera transnazionale. Le ultime visite del Capo della polizia e del Ministro dell’Interno nei Balcani per stipulare accordi bilaterali con i Paesi della ex Jugoslavia, hanno avuto come scopo anche la necessità di fronteggiare questo tipo di criminalità. In madrasse faccio due esempi “reali” di “dialogo” nei Balcani non solo tra mafie, ma tra crimine organizzato e terroristi o potenziali tali. Mi riferisco alle vicende di Prince Dobroshi, trafficante di droga e armi, collegato al pakistano Arfan Aqdeer Bhatti, sospettato per i tentati attacchi terroristici contro le ambasciate americane ed ebree in Oslo e a Niam Hulji. Questo nel dicembre 2004 ha venduto 15 kili di semtex a quelli che lui riteneva essere due terroristi dell’IRA, con la promessa di fornirgli esplosivi e armamenti tali da organizzare un piccolo esercito. Per fortuna erano due giornalisti sotto copertura del Sunday Mirror, che tra l’altro hanno fatto un ottimo servizio.