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06 ottobre 2009

Bosnia: il no dell'America e il bluff delle lobbies


Si consolida sempre di più nel Congresso degli Stati Uniti la volontà politica di cambiare atteggiamento nei confronti della Bosnia-Erzegovina e dei Balcani. America e Europa hanno ormai raggiunto posizioni simili sull'OHR, sostenendo la sua chiusura essendo divenuto un ostacolo per il cammino europeo della Bosnia. D'altro canto, la reazione della RS è sempre più decisa, forte delle sue ragioni e di qualche 'asso nella manica'.

Le misure dell'Alto Rappresentante Valentin Inzko, sulla gestione della Elektroprenos BH e la regolamentazione del mercato energetico della Bosnia, hanno sollevato un polverone che rivela sempre più l'inutilità e l'inadeguatezza di questa struttura per la creazione di uno Stato democratico ed equilibrato. In realtà, è sempre più evidente che questo organismo, creato per accompagnare la Bosnia da una fase di transizione ad una stabilità, ora sta agendo sul limite della legalità e dei poteri del suo mandato, smettendo di essere espressione della volontà della Comunità Internazionale, per essere uno strumento nelle mani di lobbies. Questa incoerenza è ormai venuta a galla, come dimostrato dagli errori commessi nelle ultime settimane, a partire da un decreto meramente tecnico che va ad influire sugli equilibri delle proprietà tra le due entità e compromette i diritti e i poteri, costituzionalmente garantiti dal Dayton. A confermare la debolezza dell'OHR è l'ultimo 'blitz' nell'ufficio del Catasto dell'OHR di Banjaluka, dove il team degli Alti Rappresentanti è stato "accompagnato" (per non dire scortato) da alcuni "esperti" della NATO, che si trovavano lì per assistere la raccolta delle informazioni relative alle proprietà dello Stato, necessarie per redigere la famosa lista delle proprietà immobiliari e militari della ex Jugoslavia da trasferire alla Bosnia. La reazione delle autorità della RS è stata immediata, accompagnata da un secco rifiuto ad autorizzare dei sopralluoghi fatti in questo modo, e senza una forma di cooperazione, come aveva invece detto all'inizio Valentin Inzko.

Lo stesso Premier Dodik comincia a scoprire gli assi nella manica, nel tentativo di rivendicare un'autonomia dei poteri locali, ai quali la RS ha pieno diritto. Afferma così, dinanzi all'Assemblea Nazionale della RS, che l'OHR ha promesso l'immunità dinanzi alla Procura, a fronte di alcune concessioni per la riforma costituzionale. Dodik parla di "prove scritte e documentali" di questo vero e proprio ricatto, lasciando ad intendere che in questo famoso dossier del SIPA e nella stessa denuncia alla procura vi è ben poco di vero. Di fatti, se vi fossero state prove reali, probabilmente il Premier avrebbe subito rassegnato le sue dimissioni, senza la necessità di far scoppiare il caso mediatico di criminalizzazione: nei fatti è successo proprio il contrario, per condannare Dodik è stato prima innescato lo scandalo e poi elaborate le accuse. Scoperto il fascicolo SIPA, privo di prove consistenti, sono cominciate a circolare delle famose liste sulle proprietà del Premier Dodik, un patrimonio che (se fosse vero) farebbe invidia anche ai più grandi magnati russi. Macchine di lusso, appartamenti, ville, società e persino 4 banche: sarebbe questo il patrimonio che certi agenti segreti hanno individuato facendo circolare delle strane liste. Pubblichiamo un esempio di queste famose proprietà di Dodik, che avrebbero dovuto intimidire la Republika Srpska e retrocedere su alcuni passi, e non escludiamo che tra le prove di cui parla il Premier vi siano cose del genere. D'altro canto, è lecito pensare che questo falso dossier era già pronto, in vista dei prossimi passi da fare, tale che Transparency International e la stessa Amnesty sono da tempo a lavoro nella lotta alla "corruzione" in Bosnia. Di qui nasce quella che spesso abbiamo definito "mercificazione delle stragi", utile a quei gruppi di potere per privatizzare o controllare determinati settori, come quello bancario, estrattivo ed energetico.

Il rapporto dell'Agenzia di investigazione
sicurezza della Bosnia Erzegovina (SIPA)
su Milorad Dodik e i suoi collaboratori.
La verità, anche se gli ambasciatori del PIC non vogliono ammetterla, è ben diversa ed è ormai sotto gli occhi di tutti. Il dibattito in seno al Congresso degli Stati Uniti, tenutosi martedì, sul tema " La politica americana ed europea nei confronti dei Balcani occidentali", ha dimostrato infatti che esiste una consolidata volontà politica di cambiare atteggiamento nei confronti della Bosnia-Erzegovina. Gli Stati Uniti, di fatti, sostengono la chiusura dell'OHR non appena vengano soddisfatte le condizioni necessarie. Lo ha confermato anche il Vice Segretario di Stato degli Stati Uniti, Stuart Jones, che ha valutato l'attuale confronto politico in Bosnia-Erzegovina come una sorta di "malinteso tecnico" tra il Governo della RS e l'OHR, aggiungendo che esso non va considerato come una crisi vera e propria. L'analista di Washington, Obrad Kesic, ha affermato inoltre che America e Europa hanno ormai raggiunto posizioni simili sull'OHR in Bosnia-Erzegovina. Durante il dibattito dinanzi al Congresso USA, Stuart Jones e il Vice Ministro degli Affari esteri svedese, Bjorn Lirval, nella qualità di rappresentante dell'Unione europea, hanno convenuto che l'OHR rappresenta un ostacolo per il cammino europeo della Bosnia-Erzegovina e che quindi dovrebbe essere chiuso. Kesic però precisa che "a causa dell'attuale situazione politica in Bosnia-Erzegovina, non sarebbe reale attendersi ancora la chiusura dell'OHR". Aggiunge che Jones e Lirval hanno anche la stessa posizione in merito al fatto che gli Stati Uniti e l'Unione europea dovrebbero congiuntamente risolvere i problemi in Bosnia.

Resta ferma l'idea di Bruxelles, secondo cui, l'adesione della Bosnia non dipenda dalle modifiche costituzionali e che tutte le soluzioni di problemi importanti dovessero essere un risultato di negoziati e di compromessi tra serbi, croati e bosniaci e i loro rappresentanti legittimamente eletti. Non sono mancati interventi discordanti da parte di membri del Congresso che vogliono protrarre l'esistenza di questo ente, ma la maggior marte di essi hanno stimato che la politica dell'UE nei confronti della Bosnia-Erzegovina non è più efficace e che dovrebbero essere adottate delle misure concrete. La stessa versione dei fatti viene riportata dal Vice Ministro degli Affari Esteri della BiH, Ana Trisic-Babic, riportando il contenuto dei colloqui con gli alti funzionari statunitensi. "Gli Stati Uniti sostengono l'idea che debbano essere i politici locali in Bosnia-Erzegovina a trovare da soli una soluzione per il futuro del Paese, e che la Comunità internazionale può aiutarli nella misura in cui i politici locali chiedano un supporto - afferma Babic, aggiungendo - i miei interlocutori hanno convenuto che l'OHR sta lentamente per perdere ogni senso della sua esistenza, in quando la Bosnia non è più una zona di crisi, ma un Paese che aspetta di soddisfare i rimanenti obiettivi politici per chiudere l'Ufficio degli Alti rappresentanti".

Se questo è vero, e se è vero che l'ambasciatore russo presso il Peace Implementation Council, Alexander Botsan Kharchenko, non ha ancora votato il decreto di Inzko (che conoscendo il modo di fare dei russi, equivale ad un 'no'), l'OHR dovrebbe correggere il tiro delle sue reazioni, mentre la Comunità Internazionale dovrebbe fermare questo caos di dichiarazioni senza senso, ammettendo che sono stati commessi degli sbagli, nonostante i soldi spesi. Siamo arrivati al punto di ricattare i Governi, produrre falsi mediatici, coinvolgere servizi segreti tedeschi e americani, coperti dalla falsa propaganda dell'informazione, che confonde le acque al punto da confondere le idee. E' come aver fatto dei grandi passi all'indietro, ritornano ai vecchi tempi degli accordi Milosevic-Holbrooke, che hanno cambiato questa regione lasciando in eredità praticamente "il nulla", ma solo delle organizzazioni para-umanitarie, il cui scopo in questi Paesi era ben diverso. Oggi gli ambasciatori del PIC hanno la possibilità di fermare questo processo auto-distruttivo, e di aprire gli occhi su quanto sta accadendo, perché negare l'evidenza non cambierà la realtà. Rimanere barricati sulle proprie convinzioni, senza accorgersi cosa accade intorno a loro, non aiuterà l'OHR ad essere accettata. Dovrebbe invece provare, almeno per una volta a leggere i giornali, a confrontarsi con altre persone, senza fossilizzarsi sulle solite conferenze sul turismo o la cooperazione. Ormai i funzionari dell'OHR e delle altre strutture occidentali sono seduti su delle certezze, sulle quali è stato costruito un sistema che gli stessi americani vogliono cambiare. Pochi hanno sostenuto questa tesi, come ha fatto proprio Rinascita Balcanica, ammettendo che il PIC ha commesso un errore ad agire al limite della legalità e con un atteggiamento ormai anacronistico, visto che l'orientamento generale è cambiato. Il problema che non esistono dei veri analisti nei Balcani, perchè quelli esistenti partono da presupposti sbagliati, ossia quello di confondere la Russia con i Balcani. E la comunità internazionale è sempre convinta di una idea di base che l'Est è la Russia: ed è qui che si sbaglia.