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11 aprile 2007

L'opera di destabilizzazione dei governi dell'Est


Il Congresso Americano ha decretato con un'emanazione di una legge, il sostegno all'adesione dell'Ucraina e della Georgia alla Nato, assieme alla Croazia, la Macedonia e l'Albania. Il comunicato della Casa Bianca prevede di sbloccare dei fondi considerevoli da destinare alla partecipazione del bilancio militare dei paesi entranti dell'alleanza atlantica. Gli alleati alla NATO sono così invitati a cooperare con gli Stati Uniti per realizzare questo piano che porti all'adesione della Nato la molteplicità di Stati appartenenti all'Europa orientale e alla Asia centrale, che siano particolarmente meritevoli.

L'allargamento della NATO verso l'est rappresenta senz'altro una manovra delle potenze occidentali di destabilizzare lo spazio postsovietico, perché l'ingresso di alcuni Stati in particolare, e non in maniera indistinta, trascinerà poi una situazione in continua instabilità politica interna ai Paesi stessi. Tra i paesi destinati a fare il loro ingresso nella Nato vi sono infatti molti Stati che ricadono anche nella zona di influenza russa, perché ceneri del ex regime comunista o perché rappresentano dei preziosi partner strategici della Russia per il controllo e la distribuzione delle fonti di energia.
La decisione del Congresso coincide, non a caso, con le gravi crisi politiche che coinvolgono i governi dei Paesi candidati, in un continuo susseguirsi di scandali e di rivolte che vengono fomentate e poi strumentalizzate per assecondare le mire espansionistiche statunitense. Sembra evidente che esiste una regia di fondo a ciò che accade sulla scena politica perché si coordina perfettamente con l'evolversi della situazione geopolitica degli Stati stessi.
A tal proposito, quanto è accaduto in Ucraina rappresenta un caso esemplare di una surreale manovra sotterranea da parte delle lobbies occidentali per destabilizzare la situazione politica e compromettere gli accordi bilaterali con la Russia. In questi giorni l'Ucraina sta attraversando una profonda crisi di governo, che si è trasformata poi in un vero colpo di Stato da parte delle forze politiche appoggiate dagli Stati Uniti, in quanto come in un vero regime dittatoriale, il Presidente dell'Ucraina, non avendo una forte compattezza del Parlamento, ha decido di sciogliere le camere e di andare alle elezioni anticipate nonostante non ne avesse il potere, e contro il volere del Parlamento e della popolazione stessa.
Le scorse elezioni politiche, probabilmente viziate da brogli elettorali, videro assegnare un'incerta vittoria al partito filo-americano Yushchenko, spinta dalla grande rivoluzione arancione finanziata dall'America con circa 65 milioni di dollari: nell'impossibilità di formare un governo, è stato nominato premier il leader della opposizione filo-russa Yanukovich. A distanza di mesi, svanito l'entusiasmo della rivoluzione arancione, i problemi e l'ingovernabilità sono rimasti a ricordare la debolezza dello Stato dinanzi alle pressioni provenienti da forze esterne, sino ad arrivare ad una situazione di insostenibilità che ha spinto Yushchenko a decretare in maniera unilaterale lo scioglimento delle camere.
Tale decisione è stata tuttavia considerata dagli osservatori e dagli analisti un vero colpo di Stato in violazione della Costituzione Ucraina che non legittima il Presidente ad assumere una tale decisione senza l'accurata consultazione delle camere e il volere del Parlamento. Le strade della città sono state così affollate da forti manifestazioni a sostegno del premier, aspettando nei prossimi giorni le manifestazioni di risposta del partito di Yushenko, con il rischio che le proteste parallele sfocino in un confronto aperto, temendo che forze politiche estremistiche stiano pianificando di provocare scontri per costringere il paese a dichiarare lo stato di emergenza. In tal caso il Presidente avrebbe pieni poteri per poter accentrare nelle sue mani un potere di governo diretto, portando così a compimento il colpo di Stato che non è riuscito pienamente con la Rivoluzione arancione. La situazione è sembrata arrivare ad un punto di criticità tale che l'alto rappresentante dell'UE Javier Solana, è intervenuto chiedendo se fosse persino necessario un intervento militare per regolare la crisi politica nel paese, ma Viktor Ianoukovitch ha confermato la ferma volontà del suo governo di rispettare la Costituzione e le leggi ucraine e di evitare in ogni modo la scalata del conflitto.
Di ciò, sembra essere molto preoccupata la Russia dalle tendenze pericolose osservate nella politica estera degli Stati membri della NATO così come per la maggiore presenza militare dell'alleanza vicino alle frontiere russe, che temono un'estensione incontrollata di raggruppamenti militari e una minaccia diretta per la sicurezza e la stabilità dell'Europa tutta intera", letto si nel documento. Le ultime decisioni di dispiegare in Repubblica ceca ed in Polonia degli elementi della difesa antiaerea (ABM) americana provocheranno una nuova scalata della corsa agli armamenti ed anche una scissione dell'Europa a favore di quelle lobbies che di nutrono dei conflitti tra gli Stati per colonizzare. Particolarmente preoccupanti sono state considerate le intenzioni di Washington di stendere l'ABM al Caucaso ed all'Ucraina.
La Russia si vedrebbe chiusa all'interno dei suoi stessi confini, nonché minacciata, sia politicamente che economicamente vista l'opera di ostruzioni e di boicotaggio della rete gassifera di Gazprom. Oltre alla Polonia, alla Georgia e la Bielorussia, la stessa Ucraina, lo scorso febbraio, ha emanato una legge che vieta la vendita dei gasdotti, in modo da bloccare, di fatto, le aspirazioni della Russia all’assunzione di asset del gas.
In quest'ottica di lettura la crisi politica in Ucraina è stata provocata dalle forze che esigono l'adesione del paese alla NATO, ma potrebbe poi rivelarsi una fonte di cambiamento e aumentare l'importanza del Partito comunista ucraino.
Allo stesso tempo qualcosa cambia anche tra le fila iraniane, perché nonostante vengono riconfermate le risoluzione ONU sulla cessazione della proliferazione del nucleare da parte dell'Iran, Ahmadinejad continua la sua guerra di propaganda giocando al rialzo. A questo punto anche la Russia sembra aver preso le dovute distanze da tali dichiarazioni, perché da una parte invita l'opinione pubblica internazionale a condannare le parole dei Mullah e dall'altra si tira in disparte e aspetta la decisione dell'Onu, non sentendosi in grado di confermare lo stato attuale della produzione del nucleare a livello industriale, come invece affermato da Ahmadinejad. Evidentemente Putin sta studiando ancora il suo partner, sia per cercare di capire sino a che punto si spinge l'amicizia con l'America, sia per valutare le serie intenzioni di Ahmadinejad di collaborare alla costruzione di una Opec del Gas in cui il prezzo e le condizioni siano dettate da Gazprom e non dai produttori.

Ciò che sta oggi accadendo in Ucraina è semplicemente il sintomo o il caso più evidentemente del grave fallimento della politica dei Governi, che si rivela essere il bersaglio principale di propaganda, rivoluzioni e manipolazione delle masse da parte delle forze esterne. È ciò che sta accadendo in Italia, nei Balcani, e non dobbiamo ormai meravigliarci di nulla più oggi che la politica è fatta dalle lobbies che finanziamento le Organizzazioni Internazionali, i movimenti popolari e le rivoluzioni per destabilizzare i governi, ed impadronirsi del controllo in maniera semplice e breve.