Sta divenendo sempre più concitata la campagna di assoldamento di hacker sulla rete, per fomentare la cosiddetta 'Italian Revolution', e sferrare così una valanga di operazioni DDOS per bloccare o sabotare siti istituzionali e sistemi informatici. Si stanno organizzando con manifesti di lotta e manuali con codici di linguaggio, diramati mediante socialnetwork e mailing-list per difendere quella che viene definita 'democrazia reale'. Le loro piazze di manifestazione sono divenute Twitter e Facebook, trattati come santuari, quando invece l'Agcom dovrebbe intervenire imponendo delle multe per fermare la pubblicità occulta di questi canali mediatici.
A quanto pare, però, ci sono troppi rivoluzionari in giro, meglio farsi da parte in questo clima di pestaggi di gruppo: non è più una guerra di diritti, ma semplicemente di disperazione, visto che di soldi e lavoro in giro ce ne sono ben pochi, e sono disposti a fare di tutto pur di cambiare. Questa non è una rivoluzione, è follia. Per creare una rivoluzione occorre strategia, organizzazione e soldi. Ci chiediamo adesso se questi cosiddetti rivoluzionari esistono davvero, se tutta la strategia che hanno è quella che le famose ONG predicano e razzolano, e soprattutto perchè sono disposti a finanziare una campagna di hacking. E' una domanda spontanea, ma immaginate che questi debosciati e smanettoni, che credono di fare la rivoluzione, neanche se lo chiedono...