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25 settembre 2013

Ladini: Diplomatici belanti e assenti, nostra impresa lasciata da sola


Trieste - "Continueremo lungo questa strada per far valere i nostri diritti ed avere giustizia. Siamo disposti a pazientare ancora pochi mesi, dopodiché se non avremo risposta procederemo con i vari ricorsi, che sono la Corte di Strasburgo per i diritti civili, e la Corte di Giustizia dell'UE per la violazione delle leggi europee. Procedura che sarà fatta contro la Croazia e contro l'Italia, anch'essa responsabile perché avendo sottoscritto la Dichiarazione italo-croato del 1996 per la tutela degli investimenti, nulla sinora ha fatto". Questo il messaggio che Gianfranco Ladini, general manager de La Distributrice, rivolge alla Diplomazia italiana, in un'intervista rilasciata all'Osservatorio Italiano, nella quale ricostruisce i passi salienti dell'assurda vicenda di espropriazione dell'investimento effettuato in Dalmazia con l'acquisto della fabbrica tessile della Dalmatinka. Nelle sue parole, pur ritenendo sempre valida l'opzione della conciliazione amichevole, soprattutto con le autorità croate, traspare la determinazione di portare il caso della Dalmatinka sino alle più alte istituzioni europee. Infatti il Parlamento Europeo, nel giugno di quest'anno, ha accolto l'istanza presentata dak Ladini (interrogazione n.1466/2012) chiedendo alla Commissione Europea di accertare i fatti legati alla vicenda di violazione delle norme europee per la tutela degli investimenti esteri, da parte della Croazia.

Osservatorio Italiano - Intervista Ladini su "Caso Dalmatinka"  

In realtà quello della Dalmatinka è stato un progetto a lungo osteggiato dalle autorità e dagli abitanti locali che, sin dai primi momenti, hanno manifestato ostilità per la venuta degli investitori italiani in quella regione. L'Amministrazione fiscale ha poi proseguito in questo atteggiamento di criminalizzazione nei loro confronti, con la complicità dei giudici, che hanno chiesto e ottenuto ben tre blocchi dei conti correnti e degli immobili, rendendo la sostenibilità economica della produzione impossibile. Funzionari che, tra l'altro, oggi sono sotto inchiesta per corruzione, tra cui il curatore fallimentare (Vedran Šeparović).  Parte della responsabilità, tuttavia, ricade sulle autorità italiane che non sono tempestivamente intervenute presso i funzionari croati per pretendere il rispetto della Convenzione italo-croata del 1996, limitandosi a monitorare la situazione, talvolta insinuando che gli stessi Ladini avessero commesso delle irregolarità.

"Quando informavamo l'Ambasciata, l'ICE e i vari organi istituzionali abbiamo ottenuto solo blande promesse di monitoraggio, di intervento, ma nulla di concreto. Praticamente siamo stati abbandonati pur in presenza di una convenzione, sottoscritta e poi ratificata dai due Parlamenti, che dichiara esplicitamente che si proteggevano gli investitori dei due Paesi, sia per i loro investimenti, che per i diritti civili - afferma Ladini, continuando -. Hanno fatto dei piccoli passi 'belanti', e non hanno saputo imporsi e richiedere che i croati facessero il loro dovere. Perché questa è, a tutti gli effetti, una truffa commessa ai danni dei cittadini italiani ed europei".  Al momento, sono in corso nuovi colloqui con gli alti dirigenti del Ministero delle Finanze croato, perché venga trovata una soluzione che consenta di risarcire, almeno in parte, i danni subiti dai Ladini onde evitare ulteriori e dispendiose procedure legali. Intanto, gli stessi lavoratori hanno firmato delle petizioni per il ritorno degli italiani, sebbene troppo tardi. D'altro canto, l'Italia ha rigettato a priori la possibilità di assistere La Distributrice in un eventuale processo di arbitrato internazionale, nonostante la Convenzione preveda che la controparte italiana fornirà "i mezzi effettivi agli imprenditori per far valere i propri diritti violati".


Cerimonia di ratifica del contratto di acquisto della
Dalmatinka Nova d.d.Sinj alla presenza dei
funzionari dell'ambasciata italiana di Zagabria