L'Unione Europea ratifica nuovi accordi bilaterali per la libera circolazione delle persone con cinque Paesi balcanici, garantendo così migliori condizioni in cui i viaggiare e lavorare in uno spazio europeo. Albania, Bosnia Erzegovina, Macedonia, Montenegro e Serbia si impegnano così ad adottare nuove riforme nelle loro politiche di emigrazione nonchè di contrasto all'immigrazione illegale, al fine di fare un ulteriore passo avanti nel cammino verso l'Unione Europea.
Sulla base di tali accordi, raggiunti dopo tre fasi di negoziazioni, è stata stabilita una deregolamentazione per la concessione dei visti e il rilascio di documentazione a particolari categorie di viaggiatori: studenti, ricercatori, scienziati, lavoratori nel campo delle arti e della cultura, sportivi e imprenditori, nonché per coloro che vogliono raggiungere la propria famiglia, o semplicemente dei luoghi di turismo. Sarà possibile concedere dei visti multipli, con la validità anche di 5 anni, ai membri permanenti delle delegazioni ufficiali, dei giornalisti, dei rappresentanti religiosi, e per persone che intendono avere delle cure mediche.
Gli accordi ratificati entreranno in vigore a tutti gli effetti a partire da gennaio dell'anno venturo nei confronti dei soli 15 Stati inclusi nell'area Schengen, anche se probabilmente saranno presto estesi agli altri entro la fine dell'anno: in tale periodo di transizione potranno concedere dei visti nazionali esenti da tasse se emessi per un breve periodo.
Per quanto riguarda il rimpatrio, sono state stabilite delle chiare obbligazioni a carico delle autorità competenti dei Paesi dei Balcani, così come dei Paesi membri. Infatto saranno interessati da questo tipo di accordo non solo i clandestini di nazionalità balcanica in territorio europeo, ma anche qualsiasi individuo proveniente da un terzo Paese non incluso nell'accordo, che risiede in maniera illegale all'interno dei Balcani, a meno che non possa dimostrare di avere dei chiari collegamenti con lo Stato in cui risiede.
Dinanzi dunque alle molteplici proteste da parte degli Stati dei Balcani sulle misure adottate dall'Unione Europea nei confronti dei cittadini di cittadinanza balcanica - considerata ai fini dello spazio comunitario per la libera circolazione delle persone come extra-europea - arriva un riscontro da parte delle Istituzioni Europee che hanno così fatto delle concessioni sulle modalità con cui vengono rilasciati visti e permessi di soggiorno, nonché sulle politiche di contrasto all'immigrazione. I Ministri degli Interni dei cinque paesi balcanici che hanno discusso degli accordi, hanno accolto tale iniziativa acconsentendo ad un maggior controllo della immigrazione clandestina verso il mercato comunitario, nonché ad attuare ulteriori provvedimenti. Tale gesto della Unione Europea è stato infatti interpretato come un evidente segnale di apertura per l'ingresso dei Paesi dei Balcani all'interno dell'Europa, nonostante la forte resistenza di Paesi come la Germania, che sollevano maggiori eccezioni dinanzi al problema alla questione "balcanica". Come ha ribadito lo stesso Commissario Franco Frattini, in tale processo di avvicinamento sono di fondamentale importanza le misure e le promesse prese dai Paesi balcanici per risolvere il problema della circolazione degli immigrati clandestini, mediante dei controlli più severi al confine e l'introduzione di passaporti con caratteristiche biometriche e passaporto RFID. I provvedimenti che dunque dovrebbere essere adottati, potrebbero presto rivelarsi un'arma a doppio taglio nei confronti di Paesi che si vedono costretti ad attuare leggi e condizioni all'emigrazione non sempre rispondenti alle loro esigenze, ma solo per ottenere la meritevolezza ad entrare in Europa. Per cui, se da una parte la ratifica di questi accordi rappresenta un primo passo per sdoganare i Balcani dalla figura di "ghetto" creato nel cuore dell'Europa, dall'altra diventa l'ennesimo "ricatto" di isolamento e di esclusione qualora non venissero rispettate determinate condizioni. Inoltre, continua ad essere discordante la politica annunciata dalle Istituzioni con le attuali misure di controllo presi dai Governi dei Balcani sempre più strigenti e severe nei confronti degli individui che si muovono da uno Stato all'altro della ex Jugoslavia. Vi è dunque una contraddizione di fondo che fa intuire facilmente che l'Europa è maggiormente interessata a controllare i flussi migratori, l'immigrazione clandestina e così il mercato del lavoro europeo, piuttosto che creare delle condizioni ideali per consentire a dei Paesi in difficoltà di trovare un mercato in cui crescere.
Le ripetute e costanti pressioni da parte dell'Unione Europea in tal senso lascia pensare che ancora una volta è l'Europa a voler mettere le mani sui Balcani al fine di sottrarli all'influenza geopolitica della Russia. Molti sono i progetti per le terre del Kosovo, o dell'Albania, così come della Macedonia, che dovranno così ospitare la realizzazione dei grandi corridoi e delle pipeline che collegheranno l'estremo Oriente all'Occidente. Non dimentichiamo infatti che tali territori sono di importanza strategica sia ai fini della realizzazione del gasdotto Nabucco, che instraderà il gas dell'Azerbaijan e dell'Iran verso l'Europa aggirando la Russia, sia della rete russa collegata al South Stream, considerando infine i recenti sviluppi del progetto del metanodotto TAP , sviluppato e promosso dal gruppo svizzero EGL, che si pone come variante rispetto alla rete russa e alle pipeline turco-europeo.
Molteplici dunque gli interessi che si concentrano sul territorio dei Balcani, in relazione ai quali la Commissione Europea sta portando avanti una serie di azioni diplomatiche volte ad accelerare il cammino degli Stati Balcanici nel mercato unico europeo, al fine di estendere a tali Paesi direttive, regolamenti e regole monetarie che permettano di acquisirne il controllo.