Roma – Aspettando senza molti indugi la vittoria di Boris Tadic e la
conferma della sua lobby politica al potere, i cosiddetti ‘big
dell’energia italiana’ finanziavano agenzie di stampa auto celebrative
per accreditarsi e testimoniare la solida alleanza strategica
italo-serba. Aerei privati, abbracci e strette di mano, nonché progetti
di sponsorizzazione della cultura italiana, fondi per le ONG e altre
distribuzioni di beni tra il popolino dell’internazionalizzazione del
Sistema-Italia. Tutto questo, tuttavia, non è bastato a portare in porto
il leggendario progetto idroelettrico di Seci Energia-Gruppo
Maccaferri, e così a compensare l’abisso politico che divide l’Italia da
colossi aggressivi con Germania, Russia e Cina. Inutilmente il nostro
Ministro ‘del nulla’ Giulio Terzi si è recato a Belgrado con un aereo di
linea per strappare al nuovo Governo di Nikolic la garanzia che
sarebbero stati confermati gli accordi presi con Tadic. Evidentemente
non è stato abbastanza persuasivo, visto che il progetto di legge di
ratifica del partenariato energetico tra Italia e Serbia è stato
ritirato perché incompleto. A quanto pare, mancano alcuni ‘dettagli’ da
definire con la Republika Srpska, terzo partner del progetto sul Drina,
che deve nel frattempo risolvere i suoi problemi esistenziali con la
Bosnia Erzegovina per la definizione delle competenze e dei poteri nel
decidere sui progetti transnazionali che insistono su un confine, non
avendo una sovranità statale. Un particolare che è stato portato
all’attenzione proprio dai cugini tedeschi che, senza andare molto per
il sottile, hanno inviato ai politici locali chiari avvisi che si sono
tradotti in mozioni parlamentari del Bundestang e in richieste di
indagine ai procuratori locali su casi di corruzione. Così i media si
riempiono di articoli aggressivi, assoldano giornalisti locali, fanno
tutto quello che devono per proteggere le loro aziende, agiscono in
squadra, lavorano, studiano e tracciano i confini.
Peccato che tutto questo era stato più volte segnalato dall’Osservatorio che segue il caso del cosiddetto progetto energetico italiano nei
Balcani da anni. Tuttavia è rimasto inascoltato perché sottoposto
all'embargo finanziario della Farnesina, dopo essere stato definito
‘nemico giurato’ della Cooperazione Italiana, della fantomatica
Confindustria Balcani e degli altri filosofi dell'ICE. Numerosi sono
stati i nostri allarmi sull’esistenza di pressioni che i governi locali
subivano per definire ‘nero su bianco’ gli accordi presi in via
informale con gli italiani. Le minacce ora sono passate in fase
esecutiva, chiudendo i canali ai grandi investimenti energetici italiani
nella regione. Quindi, adesso saremo molto chiari e molto coincisi, per
evitare fraintendimenti. Per la diplomazia italiana e gli affaristi si è
chiusa definitivamente l’epoca delle speculazioni. Il fallimento
italiano si deve interpretare, prima di tutto, come la conseguenza della
mancanza di una lobby in grado di gestire rapporti transnazionali e
multiculturali, e soprattutto della presenza in cariche molto delicate
di persone preoccupate a curare la propria carriera. Sarebbe ora
opportuna una ritirata strategica della nostra Armata di Brancaleone,
abbandonando le proprie posizioni megalomani su progetti di un certo
tenore politico che non siamo in grado di sostenere, per ricreare una
strategia basata sulle piccole e media imprese, fulcro del Made in
Italy. Anche in tal caso, la cooperazione con l’estero non deve essere
di selvaggia delocalizzazione portando il Paese alla miseria, bensì di
reale partnership per la rivalutazione della specializzazione e delle
conoscenze delle nostre imprese.
L’Osservatorio ha vinto una battaglia, affermando sin dall’inizio che questo progetto non poteva essere portato a termine, perché solo una messa in scena millantata da diplomatici in cerca di gloria e da società a rischio fallimento. Il risultato è stato una ‘figura da niente’ dinanzi alla Serbia e all’intera Europa. Chi ripagherà i soldi che la diplomazia-Italia ha speso per mettere in piedi questa farsa? E’ inconcepibile che dei funzionari di Stati inseguano dei sogni.