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02 maggio 2006

Panico e caro petrolio


Va in fiamme la raffineria ERG di Priolo, in seguito ad un incidente che, per la sua dinamica e il momento in cui si verificata, non può dirsi del tutto causale, o comunque le circostanze sono da verificare attentamente. Erano in corso dei lavori di manutenzione, perché in un tratto di tubatura che collega due oleodotti, si erano verificate delle perdite di greggio, ma cosa ha provocato la scintilla che ha causato un incendio mastodontico?

Nessuna vittima, perché personale e dirigenza erano tutti al sicuro nelle sale bunkerate, ma le esplosioni hanno alzato colonne di fumo visibili anche dai paesini circostanti, lasciando comunque temere un allarme “nube tossica” sulla città di Siracusa. Strade e autostrade bloccate, cittadini blindati nelle proprie case o in fuga dai paesi circostanti nel timore dell'espandersi dell'incendio e delle esplosioni.
Occorre notare che questo non è il primo incidente che interessa il mercato energetico in questi ultimi venti giorni: nel Delta del Niger, dopo gli attacchi contro le infrastrutture petrolifere della Shell e gli uffici dell’Eni, anche la ExxonMobil si prepara a evacuare gli stabilimenti. Incidenti che se da un lato hanno contribuito al rialzo del prezzo del petrolio, dall’altro hanno facilitato l’offensiva diplomatico-commerciale della Cina, che mira ad ottenere la concessione dell’esplorazione di quattro blocchi petroliferi, e la vendita di battelli militari e armamenti per la difesa delle installazioni sul Delta.

La raffineria del Priolo produce 160.000 barili di petrolio al giorno, e la sua chiusura ha subito spinto al rialzo il prezzo del petrolio oltre i 73 $ al barile, dopo una debole flessione intorno a 71 $ nei giorni corsi, dovuta molto probabilmente alle dichiarazioni di Bush, che ha annunciato un congelamento dei depositi petroliferi per le riserve strategiche e maggiori controlli sulle speculazioni. Tuttavia il petrolio che verrà messo a disposizione dei consumatori, e non accantonato a riserva, nei prossimi mesi fino all’autunno è pari a dieci milioni di barili, ossia una quantità irrisoria se si pensa che il consumo è di 20 milioni di barili al giorno. Ben poco impatto avranno sul prezzo del petrolio le fonti di energie alternative, come il biodiesel o l’idrogeno, in quanto queste quotazioni riflettono una situazione geopolitica molto preoccupante, e la mancanza sul mercato di almeno 2 milioni di barili al giorno. È facile dunque immaginare l’impatto del ritiro dal mercato, del petrolio iraniano, Nigeriano o Venezuelano.

Viviamo in un’epoca talmente assurda, in cui un incidente in Sicilia può risolvere dei problemi in Iraq, e un incidente in Iraq può convenire all’America. La strategia è ora cambiata, e si chiama sabotaggio. Il controllo mentale passa ora attraverso il caos, la crisi petrolifera, le dichiarazioni diplomatiche e i progetti di legge.
Ciò a cui abbiamo assistito nei mesi scorsi non è che l’inizio di una guerra che non vedremo ma sentiremo nelle nostre tasche, perchè non avrremo soldi, e nel malessere sociale. Il taglio degli approvvigionamenti di gas al vecchio continente ha provocato un aumento di circa 60€ all’anno sulla bolletta energetica della famiglia, oltre a spingere alla riduzione delle riserve strategiche e la diffusione del panico. Le manifestazioni e le guerriglie cittadine sono appena iniziate, e infattila Francia, sebbene abbia registrato una vittoria, deve prepararsi comunque alla controffensiva che sarà difficile da contrastare. Stiamo per entrare in una fase di recessione, trascinati dalla grave crisi economica statunitense e dalla forte rivalutazione dell’euro che sta deprimendo sempre più la competitività delle piccole imprese italiane, e sta innalzando l’inflazione percepita quasi al 20%. La decisione della BCE di rialzo certo non fermerà l’inflazione, che cavalcherà tale trend almeno fino al prossimo autunno: il 2007 sarà un anno molto difficile, soprattutto per le realtà locali in cui sarà necessario introdurre "sistemi di finanza innovativi" per finanziare le amministrazioni e le piccole imprese per scongiurarne il fallimento.

L’Italia dal suo canto si prepara ad affrontare le grandi riforme sul lavoro e sulle infrastrutture con un governo “civetta”, in cui la Bonino può permettersi di chiedere il Ministero della Difesa e Di Pietro quello degli Interni, oltre ad un parlamento perfettamente diviso a metà, che non approverà neanche una leggina, se gli “onorevoli colleghi” non si presenteranno tutti i giorni. E poi, quando penseranno di formare il governo, a giugno forse, o quando tutte le fusioni e le Opa saranno concluse?