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09 maggio 2007

Il mandato di arresto europeo e la distruzione dei principi Costituzionali


La Corte di Giustizia europea conferma la validità della decisione quadro del Consiglio europeo relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri. Viene così posto un importante precedente da osservare nelle procedure di recepimento dei principi comunitari sul mandato d'arresto europeo per arrivare alla creazione dello spazio comune europeo giuridico.Nel corso dell'iter giuridico che porterà all'istituzione del mandato di cattura europeo, continuano le resistenze dei popoli europei che contestano il fatto che con l'accettazione delle norme quadro del Consiglio Europeo siano state violate le norme costituzionali. Il particolare la decisione quadro del Consiglio 13 giugno 2002, 2002/584/GAI introduce un sistema semplificato di consegna, tra le autorità giudiziarie, di persone condannate o solo sospettate, ai fini dell’esecuzione di sentenze o per sottoporle all’azione penale, che sostituirà l'estradizione all'interno degli Stati Europei. Le politiche riguardanti la giustizia ed affari interni (GAI) sono state definite dai più alti esponenti politici comunitari come terzo pilastro del Trattato di Amsterdam, accanto alla definizione di una politica estera e di sicurezza comune (PESC, secondo pilastro) e alle consuete normative comunitarie. C'è da precisare che l'ispirazione di questo accordo è profondamente differente da quella che ha governato il processo di integrazione comunitario, e si avverte un certo slancio, un salto di qualità perché disegna un modello di mera “integrazione negativa” (il semplice abbattimento delle barriere che è alla base del mandato di arresto) votato alla sola creazione di una unica struttura europea che svolga semplicemente attività di impulso dell’azione giudiziaria (Pubblico Ministero europeo), senza le necessarie garanzie e i dovuti contrappesi che caratterizzano un sistema normativo completo e organico. Il primo passo è stato quello del “mutuo riconoscimento”, basato sulla coesistenza e la reciproca fiducia tra i sistemi dei diversi paesi europei, con l'abbattimento delle procedure di estradizione dei cittadini europei per determinati reati, derogando alle leggi nazionali si ciascun Stato. Si rinvia poi alla legislazione nazionale la disciplina e il chiarimento delle modalità e delle fattispecie che vanno ad adeguare lo stato ai principi comunitari.Legge quadro 584/2002


Tuttavia sorgono dei gravi problemi di compatibilità delle leggi comunitarie con il diritto interno, tanto che i casi di incostituzionalità sono evidenti e innegabili. Innanzitutto il mandato di cattura europeo viola il principio di tassatività della norma penale e la richiesta “riserva di legge” per le norme penali, in quanto è basata su una lista che non rispecchia tali principi e costituisce semplicemente una vaga e sommaria enunciazione di “oggetti” rilevanti per il diritto penale. Anche se la definizione viene rimessa ai Parlamenti nazionali, la differenza dei concetti giuridici potrebbe comunque creare dei problemi di legittimità, soprattutto se non esiste una corrispondenza perfetta del diritto tra i diversi Stati. Il Mandato di arresto Europeo viola i principi costituzionali sulla libertà personale come stabiliti dall’articolo 13, e degli artt. 104 e 111 della Costituzione, in quanto deroga delle leggi che derivano proprio dall'applicazione e dal rispetto dei principi costituzionali. Inoltre viola i principi costituzionali in materia di estradizione, articoli 10 e 26 della Costituzione italiana, con le conseguenti norme per la protezione e la promozione dei diritti fondamentali del detenuto. La proposta viola anche le limitazioni sulle materie giuridiche previste dagli articoli 31 e 34 del Trattato sull’Unione Europea, perchè invade le competenze delle autorità nazionali. Inoltre, tale sistema rende possibile eseguire una pena in applicazione della legge penale di un altro paese, i cui principi appartengono ad un altro ed estraneo sistema giuridico: si dà effetto e validità sul territorio dello Stato italiano alla legge penale di un altro stato sovrano. Dunque rappresenta una violazione della sovranità degli Stati anche la creazione di uno “Spazio Giuridico Europeo Comune”, perché al suo interno non solo possono essere comminati automaticamente ordini di custodia, ma anche il diritto nazionale, formatosi attraverso i secoli e basato sull'identità di una nazione, viene cancellato. Non si prevede infine alcun intervento dell’autorità politica centrale e l'attività di collaborazione è limitata al coordinamento tra le sole autorità giudiziarie, cosa che va al di là anche dei patti della Convenzione Schengen che permetteva un contatto diretto tra le autorità giudiziarie solo sul terreno della cooperazione giudiziaria. Un altro problema che può sorgere è che alcune legislazioni nazionali prevedano un’ampia possibilità di perseguire anche crimini commessi fuori del loro territorio, persino da non cittadini creando una sorta di giurisdizione universale che gli ordinamenti nazionali possono creare per alcuni crimini.


Sentenza Mandato di CatturaDello stesso tenore, sono le obiezioni che sono state sollevate dinanzi alla Corte di Giustizia Europea da parte di un'associazione Belga che ha impugnato la legge,che il governo aveva promulgato per recepire le norme sul mandato di arresto europeo, per incostituzionalità. Si contesta innanzitutto il fatto che questo tipo di norme poteva essere emanato mediante una convenzione e non una legge quadro, che è di solito utilizzata per le misure di armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri. Inoltre la norma viola il principio di uguaglianza e non discriminazione perché il mandato di cattura deroga alla legge nazionale solo per una lista di reati, creando così una distorsione e una diversa tutela dei cittadini a seconda del crimine commesso. Questo avviene in conseguenza di un'altra grave violazione del mandato europeo, ossia l'eliminazione del requisito della doppia incriminazione, utilizzato nelle procedure di estradizione per garantire che vi sia un eguale considerazione del reato e esista così una corrispondenza tra i sistemi giuridici. Se si ammette che questo principio venga disatteso e ignorato, e si vuole accordare a questa fonte del diritto comunitario tanta importanza, allora i principi Costituzionali saranno superati dal diritto comunitario: questo non può accadere, nel modo più assoluto perché lederebbe anche il Trattato di Maastricht. Viene infine sottolineato che la legge quadro viola anche il principio di legalità in materia penale poiché la legge quadro non elenca alcun reato, ma solo delle categorie. Tali considerazioni sono state in questi anni ampiamente condivise, e rappresentano dei validissimi ostacoli all'introduzione di questo tipo di norme, ciononostante la risposta della Corte di Giustizia Europea manipola a tal punto la lettera delle norme che arriva ad una sentenza confusa e forzata. I giudici affermano innanzitutto che la legge quadro è legittima proprio perché il Consiglio di Europeo può decidere, a sua discrezione, quale strumento utilizzare, e che le norme sul mandato di cattura non fanno altro che eliminare gli ostacoli all'armonizzazione del diritto europeo. Sulla violazione del requisito della doppia incriminazione, continua a rispondere in maniera vaga ed raggira l'eccezione sollevata: la Corte ammette che anche sussistendo la violazione della doppia incriminazione, il principio di legalità viene comunque rispettato. Infine sull'esistenza di categorie giuridiche penali così vaghe, risponde che gli Stati membri hanno fatto un accordo basato sul riconoscimento e l’elevato grado di fiducia e solidarietà, e precisa che è comunque rimessa ai Parlamenti Nazionali la definizione dei reati. Legge n.69/2005


La Corte di Giustizia ha liquidato la questione con troppa leggerezza e superficialità e non può restare in silenzio dinanzi alle accuse di violare le Costituzioni degli Stati Nazionali. La decisione assume delle sfumature ancora più preoccupanti se si pensa che ogni Stato sta ora recependo questa legge quadro, conservando di tanto in tanto qualche clausola di riserva per cautelare la posizione dei suoi cittadini e di coloro che si trovino sul territorio italiano al momento della ricezione del mandato. Il Parlamento Italiano, in particolare, ha recepito tali disposizioni con la Legge n.69/2005 , e in particolare ha ammesso la possibilità di derogare alle procedure di estradizione e di consentire l'assenso del requisito di doppia incriminazione (artt. 7 e 8) per alcuni reati, con una clausola di riserva al co.3 art.8, all'art.18 (in particolare let. e) e p) ) che presuppongono l'esistenza di una certa reciprocità tra gli ordinamenti giuridici degli Stati Membri. È stato statuito che "se il fatto non è previsto come reato dalla legge italiana, non si dà luogo alla consegna del cittadino italiano se risulta che lo stesso non era a conoscenza senza colpa della norma penale dello Stato membro", e che si rifiuta la consegna "se la legislazione dello Stato membro di emissione non prevede i limiti massimi della carcerazione preventiva". Quest'ultima previsione è stata contestata dalla stessa Corte di Cassazione, che l'ha ritenuta lesiva del diritto comunitario e ha stabilito che sono ammessi i mandati di arresto emessi da Paesi che non prevedevano limiti massimi alla custodia cautelare, e dunque che abbiano condizioni di trattamento diverse da quelle dell'ordinamento italiano. Il sistema di controllo della reale applicazione delle direttive è ormai chiuso da una macchina burocratica che non può essere fermata, ma che porterà alla distruzione delle Costituzioni degli Stati e alla creazione di un'entità giuridica sovranazionale, la SIS II, dalla quale verranno spiccati i mandati di cattura europei dopo aver ricevuto le segnalazioni da parte degli Stati (si veda art.11 legge 69/2005). Il SIS è un sistema di dati di varie tipologie, che è distinto ma direttamente collegato al progetto di Eurojust e Europol, volti a creare un sistema giudiziario tutto europeo, un "quartiere generale" della rete giudiziale in quanto unità centrale che lavora in coordinamento coi punti di contatto nazionale. La creazione di uno stato di polizia accentrato nelle mani di un organismo non eletto dal popolo è ormai vicina, ed è evidente che esiste una regia che manipola e forza le leggi al solo scopo di arrivare al compimento di questo quadro. È un circuito di leggi e di meccanismi burocratici che inizia dalla Commissione Europea e termina con la Corte di Giustizia Europea, e non vi sono molti spiragli per la volontà popolare se ormai persino la Costituzione viene calpestata. I popoli sono così vulnerabili e indifesi, perché ogni ultima decisione è rimessa ai capi di Stato o ai Commissari, eliminando persino la possibilità della consultazione mediante il referendum. Anche se si riuscirà ad ottenere il referendum, sarà la disinformazione ad agire, manipolando anche in questo caso il pensiero delle persone. Questa è dunque l’Europa che deve portare la pace e la prosperità dei popoli?