Motore di ricerca

17 maggio 2007

Il vecchio relitto della burocrazia previdenziale


I lavoratori marittimi chiedono un'assistenza previdenziale dopo aver subito gravi danni alla salute per l'esposizione all'amianto, ma il sistema burocratico italiano non risponde alle richieste e ai ricordi, tollerando l'indifferenza delle compagnie marittime.È questo ciò che traspare dalle vicende che stanno oggi colpendo i marittimi italiani che chiedono una pensione per invalidità, dopo aver trascorso mesi a bordo di una nave costruita con pannelli di amianto. Il caso è complesso e di snoda intorno ad una questione prettamente legislativa, una grande confusione di leggi e decreti che alla fine condannano delle persone che hanno lavorato un'intera vita a bordo di navi in condizioni non vivibili.

Con la legge 326/2004 sono stati estesi i benefici previdenziali per i lavoratori marittimi esposti all’amianto che prima non aveva. Così si è stabilito che le domande di pensionamento dovevano essere presentate all'INAIl, correlata di una dichiarazione delle compagnie marittime dell'esposizione del lavoratore di fatto all'amianto. Questa certificazione all'esposizione dell'amianto non può essere fatta senza una dichiarazione da parte della compagnia marittime che attesti che vi sia stata un'esposizione per la durata di di 8 ore al giorno. La competenza è stata poi trasferita dall'ultima finanziaria all'Ipsema (Istituto di Previdenza per il Settore Marittimo) che si è poi ritrovata ad affrontare i problemi e i disagi del trasferimento dei dati e dell'organizzazione delle pratiche per i successivi controlli.

Il problema è sorto quando le compagnie si sono letteralmente rifiutate di consegnare tale dichiarazione, per paura di trovarsi poi costretti a rimodernare poi le navi. Infatti gran parte della flotta marittima italiana è in uno stato precario o fatiscente, ma le società marittime non investono nella ricostituzione delle navi o nella rigenerazione della struttura: sono costi troppo elevati per essere sostenuti a così pochi anni di distanza dall'acquisto. Le società marittime, ovviamente sono dei privati, ragionano sulla base di opportunità o di svantaggi nel sostenere questo investimento, e per tale motivo ignorano il problema dell'esposizione dell'amianto. Da questo punto di visto si potrebbe anche arrivare a concepire che una società, per non compromettere utili o stabilità della propria situazione finanziaria, rifiuti di firmare una tale certificazione, ma non è possibile concepire il fatto che lo Stato permetta che non vengano rispettate le sue norme.

L'Ipsema stabilisce precisamente che occorre questa dichiarazione da parte della società, ma se i lavoratori non riescono ad ottenerla perché le società sono vaghe e sfuggono da questa cosa, perché lo Stato o i sindacati non bloccano tali comportamenti. I controllori dell'applicazione delle norme è lo Stato stesso, non può aspettarsi che le società di armamento facciano qualcosa contro i loro interessi, e per tale motivo non prevedere che nessuna società sarà disposta con la conciliazione tra le parti a rilasciare una certificazione sulla pericolosità delle navi. Sarà lo Stato a doversi attivare, come fa già per le altre pratiche di pensionamento per esposizione all'amianto, costituendosi parte civile accanto ai lavoratori stessi nella difesa dei loro diritti. Oggi invece, incontriamo solo indifferenza, disordine in questa macchina burocratica che fa lo scarica barile da un ufficio all'altro, senza risolvere il problema che gli viene proposto. Intanto però i lavoratori oggi stanno aspettano i riconoscimento di un loro diritto, ma soprattutto stanno aspettando che gli uffici si attivino per far rispettare le loro regole. D'altro canto, gli uffici stessi aspettano una risposta o un chiarimento sulla strategia da intraprendere, vogliono nuove istruzioni da parte del governo o dei Ministeri per avviare eventualmente delle procedure di ispezione e di controllo. Di fatto, però, gli uffici non hanno alcun potere ispettivo, e a quanto pare, è troppo difficile chiedere alle forze di polizia di fare un'indagine.

Per cui se molti puntano il dito sulle società di armamento colpevoli di reato, noi ci chiediamo invece se in questo caso sia il controllore a non aver controllato o è la società che coglie l'occasione per evadere? Dove sono allora le associazioni di categoria, dove sono i sindacati? Questo non è il solito crimine delle società, ma è l'usura della burocrazia, che non ha l'obiettivo principale di difendere il cittadino, ma di applicare rigorosamente norme e decreti, in un labirinto di leggi da cui non si esce più.