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06 agosto 2008

Immigrazione? “Solo una questione di stile”


Si attende per la fine dell'estate l'emanazione del decreto flussi 2008, che stabilirà le quote di ingresso per l’anno venturo. Il decreto metterà a disposizione 170 mila permessi di soggiorno, con altrettante possibilità per un posto di lavoro, in risposta alle 740 mila richieste inviate in forma digitale l’anno scorso. Tuttavia occorre prestare attenzione ai dettagli, perchè dietro i cavilli burocratici esistono delle rigide procedure che si basano su dati statistici, in maniera tale da effettuare una selezione delle migrazioni con parametri ben definiti.

A completare il decreto sicurezza e così le misure di contrasto dell’immigrazione, si aggiungerà a fine estate il decreto flussi 2008, che stabilirà le quote di ingresso per l’anno venturo. Il decreto metterà a disposizione 170 mila permessi di soggiorno, con altrettante possibilità per un posto di lavoro, in risposta alle 740 mila richieste inviate in forma digitale l’anno scorso e ancora non accolte del tutto. Lo afferma il sottosegretario Carlo Giovanardi rispondendo ad un'interrogazione di Livia Turco e Margherita Miotto, e poi confermato dai Ministeri competenti degli Interni e del Welfare. La programmazione dei flussi d'ingresso segue pedissequamente il decreto Prodi del 2007, che aveva lanciato la lotteria dei permessi di entrata tramite la rete, inondando il portare del Viminale. Anche questo rappresenta l’ennesimo test che opera una sorta di censimento, a cui si risponde con decreti basati il più delle volte su elaborazioni statistiche di grandi masse di dati. Infatti le "quote" di extracomunitari, stabilendo coloro che possono entrare per motivi di lavoro, crea una sorta di selezione degli ingressi, che si affianca poi di solito a misure che stabiliscono entrate straordinarie. Esistono infatti canali privilegiati per l’immigrazione di lavoratori qualificati, ricercatori, artisti e personale di spettacolo, che avranno come garante multinazionali e Università, che potranno avere una certa discrezionalità nella selezione dei propri impiegati. Una misura tra l’altro richiesta anche dalla Comunità Europea che ha in programma di istituire la cosiddetta "carta blu", ossia una certificazione di ingresso per i lavoratori specializzati, in maniera tale da sfruttare direttamente manodopera qualificata che si offrirà a prezzi competitivi rispetto al mercato interno europeo. Ovviamente, se da una parte si creerà un mercato che può essere agevolmente utilizzato da multinazionali e società, ma dall’altra si impoverirà i mercati di origine e Paesi in via di sviluppo che cercando di investire sulle proprie risorse umane.

Comunque, anche se il decreto flussi non è stato ancora emanato, si avvertono già i suoi effetti nei Paesi di maggiore emigrazione, tra cui gli Stati dell’Europa Orientale e dei Balcani Occidentali. Un esempio per tutti può essere l’Albania che già lamenta problemi nella concessione dei visti verso l’Unione Europea. Infatti, dopo la ratifica dell`Accordo per la liberalizzazione dei visti vi è stato un aumento del 25% delle richieste, e si assiste al graduale rallentamento delle procedure di lavorazione dei fascicoli, che diventano sempre più complesse e delicate, spesso quasi impossibili da indovinare. Il Ministero degli Esteri albanese spiega, per giustificare la mancata concessione del visto - nonostante vi sia stata una feroce propaganda mediatica sulla liberalizzazione degli ingressi verso l’Unione Europea - che "non vi è stata una corretta consegna della documentazione". Fonti presso il Ministero albanese affermano così che "tutte le persone che hanno presentato documenti non veri, o che evidenziano elementi sospetti, vengono inseriti in una lista, una lista nera che poi circola in tutte le ambasciate dei paesi dell'UE". In altre parole, i fascicoli identificati come non corretti, saranno come perennemente scartati perchè ormai inseriti nel database europeo, ossia "gli albanesi che sbagliano la documentazione o magari definiti come non idonei non avranno la possibilità di ottenere il visto, neanche anche quando verranno tolti definitivamente i visti con l'UE", come afferma Ferit Hoxha, Segretario presso il Ministero degli Affari Esteri.

Analizzando quanto riportato dal Ministero degli Esteri e della Difesa, si può dedurre che dietro i cavilli burocratici esistono delle rigide procedure che si basano su dati statistici, in maniera tale da effettuare una selezione delle migrazioni con parametri ben definiti. L’ovvia conseguenza di questa selezione è che una volta entrati nella Comunità Europea e non si acquisiscono dei buoni livelli economici, o non si pagano le tasse, gli Stati membri hanno il diritto di espellere l'immigrato, che subito diventa "extracomunitario". Così, l’Europa dopo aver abbattuto il Muro di Berlino, ha alzato un vero muro invisibile, che è molto più alto e più spesso di quello buttato giù nel 1991. Si creerà così per gli albanesi quanto accaduto per i romeni, ossia saranno accolti in Europa in nome delle politiche di integrazione e di liberalizzazione, ma poi saranno attentamente selezionati ed espulsi quando le quote di immigrazione scadono.
È tutto un grande business: gli emigranti democratici, arrivano negli Stati europei per pagare la pensioni e sostenere la competitività delle società, ma restano pur sempre cittadini di serie B. Non a caso, i governi europei controllano molto bene anche il flusso monetario degli emigranti, secondo delle assurde leggi contro il terrorismo. Nei fatti, è solo un concetto di stile. Quando si vorrà fermare le immigrazioni, i telegiornali monteranno un caso di criminalità albanese, si diffonderà la fobia degli albanesi, e così si decreta immediatamente una retata di espulsioni. È tutta una questione di stile. Appena arriva l'input di aprire le porte delle ambasciate sono pronti a dare anche 1000 visti al giorno, ma quando le chiudono allora "la documentazione non è corretta" rispetto alle nuove direttive.Gli anziani albanesi conoscono bene le file per il latte e il pane, i giovani albanesi "democratici" e "europeisti" le trovano davanti alle ambasciate e alle questure italiane. È solo cambiato il luogo e il mezzo, ma alla fine abbiamo avuto lo stesso risultato. Un tempo tutto questo si faceva con le navi, oggi abbiamo semplicemente una certificazione o un documento di viaggio. Sulla carta sono quote di immigrazione, nella realtà è una tratta, un business.