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03 agosto 2007

L'agonia dell'agricoltura italiana


L'aumento dei prezzi delle derrate alimentari registrate in questi ultimi mesi, il pericolo dei pesticidi e l'emergenza idrica cominciano a diffondere tra i coltivatori e gli imprenditori italiani l'allarme per l'agricoltura . Se da una parte la spinta al rialzo delle commodities poteva servire da incentivo per l'incremento della messa a coltura delle terre, dall'altro non ha fatto altro che provocare delle gravi speculazioni in un settore vitale per l'economia degli Stati.
La riduzione dei margini di guadagno dei produttori, a causa delle speculazioni di industriali e delle tendenze al rialzo dei prezzi va invece a ridurre fortemente gli investimenti nel settore e così la messa a coltura delle terre. In un anno si sono registrati aumenti sul mercato mondiale del 30 per cento per il grano, aumenti che tuttavia non si sono tradotti in maggiori guadagni per i coltivatori e i produttori che sottostanno alle condizioni di mercato imposte dai grossisti e dalle grandi società. Denunciano , infatti i coltivatori, che molte società preferiscono acquistare grandi quantità di grano dall'estero, sottocosto , e conservare quello italiano all'interno dei silos, per evitare la svalutazione dei prezzi dei cereali.
La politica dell'industria molitoria e pastaia italiana in questi anni è stata così caratterizzata da importazioni o illegittime o di infima qualità, come quelle provenienti dall'Ucraina, e in particolare da terreni contaminati dall'esplosione della centrale di Cernobyl, mettendo così in pericolo la tipicità della pasta italiana. L'Italia al momento è costretta ad importare circa la metà del fabbisogno di grano duro, importazioni che sono arrivate anche ad un punto critico perchè sia il Canada che la Siria, due fra i principali paesi da cui l'Italia importa il grano, hanno bloccato le esportazioni . Dato, dunque, che gli acquisti dall'estero di grano duro hanno superato il 50%, vi è il forte rischio che la pasta, un prodotto principe del made in Italy, perda questo requisito, sulla base delle prescrizioni dell'etichettatura della normativa europea.

Secondo alcuni, invece, il rialzo dei prezzi sui cereali è stato provocato anche dal maggiore interesse per gli industriali nei confronti della produzione dei biocarburanti, per cui vi sono anche molte pressioni per una conversione della produzione verso il bioetanolo. Al momento la produzione di bioenergia mediante le coltivazioni rappresenta una delle maggiori opportunità per l'agricoltura comunitaria ed europea, che tuttavia non si è ancora sviluppata a pieno. Solo alcuni Stati europei riescono a garantire una produzione sostenibile di biocombustibile senza danneggiare le coltivazioni destinate al mercato alimentare, e tra questi non si può includere l'Italia. Oggi la Comunità Europea ha fissato un tasso di incorporazione dell'utilizzo di bioetanolo come combustibile pari al 10 per cento, che necessita l'utilizzo di 59 milioni di tonnellate di cereali (18 per cento del consumo dell'UE), in particolare frumento tenero e mais, e in minima parte orzo, e la paglia per la seconda generazione di biocarburanti. Tale fabbisogno potrebbe essere soddisfatto con un aumento annuo minimo dell'1 per cento nelle rese per un valore di 38 milioni di tonnellate mentre altre 14 milioni di tonnellate potrebbero essere offerte dalla messa a coltura di due milioni di ettari attualmente destinati a riposo , oppure mediante le importazioni da paesi terzi, per il 20 per cento del consumo di carburante, come Argentina e Brasile.
Sulla base di tali dati, molti sono i dubbi dei coltivatori che temono di essere costretti a convertire la destinazione delle terre, oppure ad utilizzare tecniche di coltivazioni che consentono di aumentare la produttività, tra cui anche gli organismi geneticamente modificati.

Se da una parte dunque, vi è una forte preoccupazione per la diminuzione degli investimenti nelle coltivazioni destinate all'alimentare, dall'altra vi sono valide argomentazioni che spingono a temere un cambiamento dell'agricoltura italiana, tradizionalmente legata a coltivazioni biologiche e legate alla tipicità del territorio. Infatti, la necessità di aumentare la produttività, per spingere il livello dei prezzi al ribasso e consentire anche la produzione di bioetanolo, potrebbe provocare un maggior ricordo a organismi geneticamente modificati, che, allo stato attuale non sono vietati in maniera rigorosa. Infatti, la Comunità Europea di limita a sconsigliarne l'uso e ad indicarne l'esistenza nei prodotti venduti, attraverso una descrizione nelle etichette più precisa e rigorosa. Gli Ogm, sono già entrati nelle nostre coltivazioni da molti anni, quando sono state apportate le prime modifiche al mais, rendendo le pannocchie più lunghe e resistenti agli agenti esterni, così come alle patate, divenute un ortaggio quasi perfetto. Per tale motivo è ipocrita e incoerente l'atteggiamento della Comunità Europea, che da una parte lotta gli Ogm e dall'altra favorisce le speculazioni delle grandi società e delle multinazionali che creano condizioni tali sul mercato, da costringere i coltivatori a cambiare i loro sistemi di produzioni e ad accettare gli organismi modificati. L'emergenza idrica, l'assenza di una regolamentazione dei pesticidi e di una chiara normativa che vieta gli ogm, nonché le speculazioni sui cereali in base alle leggi della borsa, stanno portando alla distruzione dell'agricoltura europea e italiana, e così della biodiversità delle coltivazioni.