Approvata oggi in Senato la risoluzione della maggioranza che dà il via libera all'approvazione del Dpef che fissa i saldi e dà le indicazioni per la predisposizione della Finanziaria 2008. Tra le direttive una grave affermazione, che dà disposizione al Governo di ridurre il debito pubblico attraverso "un utilizzo concordato delle eccedenze delle riserve delle banche centrali".
Si legge infatti testualmente che il documento impegna il Governo ( Punto 8 lett.B ) " ad effettuare, anche nei rapporti con l'Unione europea, una ricognizione di tutti gli strumenti utili a determinare una significativa riduzione del debito pubblico sia con riferimento a forme concordate di utilizzo delle riserve delle banche centrali, in oro e in valuta, eccedenti quanto richiesto dal concerto con la BCE per la difesa dell'euro, anche sulla base delle esperienze di altri paesi, sia con riferimento alla classificazione delle operazioni patrimoniali e delle partite finanziarie, nonché ad aprire nuovi spazi per forme più qualificate di spesa pubblica" .
Una tale decisione è giunta nel relativo silenzio dei media che non hanno attribuito il giusto peso alla questione, e solo alcuni quotidiani hanno rilanciato la notizia evidenziando in particolar modo l'implicazione dell'approvazione della risoluzione. L'evento "cult" era la votazione segreta per le dimissioni irrevocabili di Previti, che non ha monopolizzato giornali e media, togliendo all'approvazione del DPEF quell'attenzione che merita in relazione alle importanti e gravi implicazioni future. L'approvazione di questo documento apre infatti un iter legislativo che potrebbe portare alla decisione di vendere le riserve auree della Banca di Italia, nell'illusione di ripagare così il debito pubblico. In particolare il Governo dovrà ad analizzare tutti i possibili strumenti a disposizione per la riduzione del debito pubblico con il pagamento mediante valute e oro eccedente rispetto a quanto richiesto come riserve obbligatorie presso la Banca Centrale Europea, per garantire sicurezza e stabilità al sistema monetario. In realtà tale provvedimento farebbe oscillare di pochi punti percentuali il rapporto Pil-Debito Pubblico, riuscendo a soddisfare su una soglia limite i parametri di stabilità imposti da Maastricht, senza apportare un significativo e percepibile miglioramento all'economia. Con dati alla mano, a fronte di un debito pubblico pari che oltrepassa la quota record di 1609,12 miliardi di euro ( come risulta dai dati del mese di aprile 2007) vi sono riserve pari a 62 miliardi di euro, in un rapporto massimo - senza dunque considerare esclusivamente le eccedenze - di circa il 3 % : una percentuale critica per il rispetto dei parametri di Maastricht ma non sufficiente e dare attualmente al sistema economico italiano un sollievo tale da garantirne poi lo sviluppo. Se la politica economica italiana continuerà su questo trend, e la politica monetaria dell'Europa spingerà al rialzo i tassi di interesse, l'Italia potrebbe aumentare il debito pubblico del 3% nel giro di pochi anni solo a causa del sistema di ricapitalizzazione degli interessi. Sappiamo bene che in un sistema di usura, che va ad autogenerare il debito pubblico in funzione dell'emissione di moneta, una decisione di questo tipo non risolve il problema alla base, ma indebolisce ancora di più l'economia di un Paese che cerca di emergere.
Avremmo tuttavia ceduto ai Banchieri una ricchezza soprattutto simbolica che funge oggi da semplice contropartita negli interscambi commerciali - sono comunque ricchezze accumulate dalla comunità in quanto derivano dai surplus nelle partite correnti, cioè risparmio della nazione - avendo perso quel valore come pilastro all'interno del sistema monetario. Si tratta pur sempre dell'oro italiano, ereditato dalla nostra storia, e per tale motivo potrebbe spiegare molto sull'evoluzione del sistema economico-monetario dello Stato italiano. È ovvio che, in virtù del suo valore intrinseco, i Banchieri vogliono appropriarsene per terminare definitivamente il saccheggio del popolo italiano. Infatti, tale decisione, potrebbe rientrare perfettamente nei piani dei Banchieri, azionisti di Bankitalia Spa, di mettere le mani definitivamente su quel patrimonio dello Stato che viene ancora difeso con molte difficoltà.
Sono osservazioni che più volte sono emerse in sede di discussione sulla vendita o meno dell'oro italiano, lo stesso Fazio si trovò dinanzi a questa scelta, poco tempo prima di essere deposto dalla posizione di potere che ricopriva. Tuttavia, nessuno ha accolto questa posizione, e persino le Associazioni di consumatori, come Adusbef, hanno sostenuto, se non addirittura proposto, la vendita dell'oro italiano per ripagare il debito pubblico. Testuali parole di Elio Lannutti: "Il debito pubblico italiano, uno dei più elevati del mondo e il più alto d'Europa, è pari a 24 mila euro a cittadino (neonati compresi). Potrebbe essere ridotto se il Governatore di Bankitalia, approfittando del rialzo dell'oro, vendesse le riserve auree come fanno la maggior parte delle banche centrali europee [...] Le riserve auree italiane, pari a 79 milioni di once, dalle quali si potrebbero ricavare agli attuali prezzi di mercato ben 26 miliardi di euro, equivalenti al 30% di tutte le privatizzazioni fatte, non sono della Banca d'Italia, ma dei cittadini, che le hanno risparmiate consumando meno di quanto sia stato prodotto". Queste dichiarazioni, da parte di un'Associazione di consumatori, che crede di essere un organismo rappresentativo del popolo sovrano, sono pericolose, costituiscono un vero attentato alla Costituzione, considerando che questi personaggi firmano patti e accordi con le Banche in nome degli utenti e dei cittadini italiani.
La tentazione di mettere le mani su ciò che era rimasto della ricchezza italiana è stata troppo forte per una classe politica fallita, che sta portando lo Stato italiano verso il più grande rischio di fallimento degli ultimi 30 anni. E' evidente che l'Italia sembra non avere più altre alternative, e che i Pirati hanno ormai depredato tutto ciò che vi era, persino le ultime lenticchie del popolo. Uno scenario vicino al "Crack Argentina" oggi non è poi così lontano .