Motore di ricerca

16 marzo 2009

CSI: i confini dell'UE?


Verrà presto approvato il progetto della risoluzione della Commissione Europea volta a costruire una cooperazione istituzionale ed economica con parte dei Paesi della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI) . I paesi della Csi, da tempo aspirano alla creazione di un'area di libera circolazione delle persone e delle merci con i blocchi confinanti, tale che l'Unione Europea sta cercando di trarre un vantaggio da questo interesse , e allo stesso tempo tracciare i primi confini della Comunità Europea.

Potrebbe essere approvato questa settimana il progetto della risoluzione della Commissione Europea volta a costruire una cooperazione istituzionale ed economica per i Paesi tradizionalmente considerati come zona di influenza della Russia. Un progetto che è stato interpretato dalla stampa russa come un tentativo da parte della Comunità Europea di creare una propria zona di influenza a ridosso della Russia, portando delle sedi di rappresentanza della Unione Europea a Kiev, Chisinau, Minsk, Erevan, Baku e Tbilisi, Mosca, e magari di avvicinarsi maggiormente all'Ucraina, spingendola dalla propria parte, in un momento in cui si trova in un equilibrio molto precario. Il "Partenariato orientale" è per il momento un forum multinazionale costituito dagli Stati membri dell'Unione europea e sei paesi dell'Europa orientale e nel Caucaso meridionale: Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Moldova e Ucraina. Questo progetto, senza prevedere alcuna prospettiva di adesione, richiede una più stretta politica ed economica, e verrà lanciato ufficialmente il 7 maggio a Praga in un vertice UE. Nell'ambito del programma, le sei ex repubbliche sovietiche otterranno entro il 2013 circa 350 milioni di euro di assistenza finanziaria. Secondo alcuni fonti presso la Commissione Europea, il progetto prevede l'assegnazione ai sei membri selezionati un certo numero di preferenze sulla loro adesione all'UE. Il progetto prevede anche la creazione di zone di libero scambio con la UE, ad iniziare con Ucraina e Moldavia, per proseguire con Bielorussia e Caucaso, entrambi importanti perché essi potrebbero rappresentare dei territori di confini dell'Unione europea con la Russia. Bruxelles ha comunque promesso la creazione di un unico spazio economico, quindi un'unione doganale, di livello avanzato rispetto a quello proposto da Mosca, che non ha raggiunto nessuna fase di vera attuazione, restando così solo un progetto parzialmente incompiuto.

Secondo il Presidente della Moldavia Vladimir Voronin, come riportato dal quotidiano russo Gazeta Nezavissimaia, "il progetto europeo ricorda un CSI-bis e si presenta come un cordone intorno Russia ", non vedendo però alcuna necessità di creare una Comunità degli Stati Indipendenti controllata dall'Unione Europea. I rappresentanti dell'Unione Europea, nel corso del recente incontro con i giornalisti provenienti dai Paesi dell'Asia Centrale e Russia, hanno spiegato che l'Unione Europea non può espandersi oltre l'Europa Centrale e Sud Orientale, escludendo così inevitabilmente Ucraina, Moldavia e Georgia, come precisato dallo stesso Commissario Europeo per le Relazioni esterne e per la Politica europea di vicinato Benita Ferrero-Waldner. I media russi hanno cercato di interpretare secondo diversi punti di vista questa soluzione, considerando il progetto un semplice "alibi" da presentare a potenziali candidati per rifiutare la propria candidatura, mentre noi vedremmo in essa il riflesso di un probabile accordo con la Russia. I paesi della Csi, da tempo aspirano alla creazione di un'area di libera circolazione delle persone e delle merci con i blocchi confinanti, tale che l'Unione Europea sta cercando di trarre un vantaggio da questo interesse , e allo stesso tempo tracciare i primi confini della Comunità Europea.

Che l'Unione Europea stia giocando su tale interesse lo ha notato anche la Russia, dopo che la sua diplomazia estera ha protestato contro le pressioni dell'Unione europea nei confronti della Bielorussia a rinunciare al riconoscimento di Abkhazia e Ossezia del Sud. Come affermato dal rappresentante permanente russo presso l'UE, Vladimir Tchijov , "esistono evidenti pressioni politiche da parte dell'Unione europea, in particolar modo sulla Bielorussia, per negoziare l'integrazione europea con il mancato riconoscimento delle repubbliche auto-proclamate del Caucaso". Il diplomatico russo cita proprio le parole del Commissario Ferrero-Waldner, il quale in occasione della riunione interministeriale di Atene, ha affermato che il riconoscimento delle province georgiane "potrebbe ostacolare l'avvicinamento UE-Bielorussia", lanciando così un monito al parlamento bielorusso che il 2 aprile dovrebbe decidere il riconoscimento della indipendenza di Abkhazia e Ossezia del Sud. Lo stesso capo della diplomazia ceca Karel Schwarzenberg, in occasione della riunione dei ministri degli esteri dell'UE lo scorso 23 febbraio, ha avvertito che il riconoscimento dell'indipendenza di Abkhazia e Ossezia del Sud, sarebbe "fuori luogo" e complicherebbe la propria adesione al partenariato orientale.

Sotto pressione non è solo la Bielorussia, ma anche l'Ucraina, il cui futuro di bancarotta o salvezza è nelle mani del volere del Fondo Monetario Internazionale. Infatti, nel mese di novembre, il FMI ha deciso di concedere a Kiev un credito di stabilizzazione di 16,43 miliardi di dollari, e l'Ucraina ha ricevuto dopo poco la prima tranche di credito, pari a 4,5 miliardi di dollari. La concessione, tuttavia, è stata sospesa con il mancato trasferimento della seconda rata di quasi 2 miliardi di euro in seguito al rifiuto del governo ucraino a ridurre il disavanzo di bilancio per il 2009, stimato al 3%. Il Presidente del Parlamento ucraino Vladimir Litvin, ha infatti affermato che l'Ucraina non è in grado di soddisfare tutte le condizioni imposte dal Fondo monetario internazionale come il progressivo innalzamento dell'età di pensionamento e l'aumento dei prezzi degli immobili. Allo stesso tempo Kiev, gravemente provata dalla crisi, ha chiesto un aiuto finanziario a Mosca, preparando i negoziati per ottenere un credito di 5 miliardi di dollari. Da qui le parole severe del Premier Vladimir Putin nei confronti del Governo ucraino, ricordando come sia labile il confine che divide l'Ucraina dal fallimento, e da qui anche le pressioni di Gazprom nei confronti dei termini e delle condizioni di pagamento delle forniture di gas. Usare la leva finanziaria, rappresenta per Mosca uno strumento per fermare l'avanzata europea e americana nella regione, nonché per far arretrare l'Ucraina su certe "decisioni scomode" per la Russia, come potrebbe essere anche la sua adesione all'Unione Europea.

Allo stesso tempo, come risposta al "Partenariato Orientale" della Commissione Europea, si fa strada un altro progetto - per il momento solo teorico, e figlio delle speculazioni - per la creazione di una "moneta unica elettronica" per gli scambi all'interno della Comunità Economica euroasiatica (CEEA), costituita da Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Uzbekistan, Russia e Tagikistan. La proposta giunge in occasione del secondo Forum Economico di Astana dal Presidente kazako Nursultan Nazarbayev, che ha proposto di dotare i paesi della CEEA di una moneta unica, da lui definita "Euras" o "Eurasia". "Oggi, i paesi della CEEA hanno ogni buono motivo per ridurre l'onere della crisi legata al sistema monetario mondiale, geneticamente difettoso: all'interno dell'Unione integrativa potrebbe essere introdotta una moneta unica interstatale", ha suggerito Nazarbayev, precisano che questo nuovo sistema monetario, senza rompere con quelli esistenti, garantirà gli investimenti nelle infrastrutture nel lungo termine e le operazioni in corso operativo, ha detto il Presidente. "Questa moneta dovrà garantire le transazioni tra gli Stati, persone fisiche e giuridiche nell'ambito della CEEA - ha proseguito - senza pregiudicare in alcun modo la sovranità dei Paesi della CEEA". La proposta è stata poi esaminata nell'incontro di sabato tra il Ministro degli esteri russo Sergei Lavrov e il suo omologo kazako Marat Tajin, in visita a Mosca. "Dobbiamo tener conto della crescente importanza delle altre valute e le potenzialità di integrazione tra i paesi", ha detto il ministro russo commentando la proposta del presidente del Kazakistan.

Un simile progetto viene avanzato anche dal Presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, il quale ha proposto ai paesi dell'Organizzazione di Cooperazione Economica (costituita da tre membri fondatori, quali Iran, Turchia e Pakistan, estesa poi alle sei Repubbliche ex sovietiche a maggioranza musulmana quali Azerbaigian, Uzbekistan e Turkmenistan, nonché Kazakhstan, Kirghizistan e Tagikistan) di stabilire una comune banca e di adottare una moneta unica nei loro reciproci regolamenti, nel suo discorso di apertura del X vertice regionale della OCE , che si è tenuto a Teheran lo scorso 11 marzo. "La cooperazione regionale, in particolare nel quadro della ECO, acquista un particolare significato - ha detto Ahmadinejad - ci proponiamo di iniziare il processo di transizione verso la moneta unica nei Paesi OCE - aggiungendo - la nostra proposta alternativa è quello della creazione di una Banca per lo sviluppo e il commercio della OCE con l'apertura di sedi in tutti i paesi membri di questa organizzazione".

Come si può notare, le idee su come gestire l'area centro-asiatica non mancano certo, ma i tempi di attuazione sono molto lontani e la stessa eterogeneità dei Paesi membri è molto accentuata, tale che il loro fallimento è più che probabile. I dati di fatto sono ben altri, e questi riguardano l'arresto dell'espansione dell'Unione Europea, con la creazione - al massimo, e nella migliori delle ipotesi - di un cordone di Stati "amici" sui confini della Russia. Un altro dato evidente è la forte crisi che attraversa questi Paesi, e dunque la loro instabilità politica e la stessa influenza della Russia che, in questi momenti così critici, è in grado di approfittare più dell'Unione Europea. Bielorussia e Ucraina hanno più bisogno di Mosca, che è disposta a trasferire già da domani il denaro e il gas a copertura del fabbisogno interno; anche le repubbliche del Caucaso necessitano della "protezione" di Mosca per il loro riconoscimento come Stati Indipendenti. L'Europa, in questo modo, cerca solo di strappare accordi di cooperazione più agevolati per l'utilizzo delle fonti di energia e dei territori per il transito delle merci, ma non concederà più di questo. Le mire di integrazione delle ex repubbliche russe dovranno aspettare ancora, perché - come ammesso anche dalla presenza ceca UE - "la casa dell'Unione Europea si sta allagando".