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06 marzo 2009

La crisi sintetica


Dal Baltico all'Adriatico la crisi serpeggia in tutti i governi. Quasi in modo ossessivo si cerca di uscire dall'impasse in cui l'Europa e i Paesi Nato sono caduti, e per far questo che vediamo nascere l'amicizia russo-italiana, le scuse del Governo italiano ad Muammar Gheddafi, le proposte di riconciliazione tra Russia e Nato. Queste sono soluzioni rapide che vengono escogitate per chiudere una "crisi sintetica", ossia una crisi diplomatica che in realtà non esiste ed è stata creata solo per giustificare una decisione che sta alla base, ed è molto più difficile da accettare per l'opinione pubblica.

La Conferenza per la cooperazione della sicurezza delle frontiere, a cui ha partecipato anche il Ministro degli interni italiano Roberto Maroni, è stata la solita giostra diplomatica senza fine. Si parla sempre di sforzi per la lotta alla criminalità transfrontaliera, dei traffici e dell'immigrazione illegale, che passano necessariamente per l'instaurazione di un regime di controllo dei confini e dei flussi di migrazione e circolazione delle persone attraverso sistemi biometrici. L'Unione Europea chiede ai Paesi che si apprestano ad entrare nello spazio Schengen, la cosiddetta lista bianca, imponendo rigide condizioni prima di concedere la liberalizzazione dei visti. Delle richieste che si trasformano con brevi passaggi in un vero e proprio dictat, quando poi sappiamo bene che in Europa, e nella stessa Italia, sono stati costruiti dei campi di accoglienza, adibiti spesso a "lager" per gente che è davvero disperata.

Bisogna anche chiarire bene che cos'è il traffico di essere umani e le false statistiche; se in Italia ci sono statistiche molto elevate sulla scomparsa dei bambini, è dovuto anche al fatto che il rilascio dei visti da parte delle autorità consolari è sempre più difficile, mentre i ricongiungimenti familiari sono sempre più ostacolati dalle legge e dalle quote flussi. Del resto è impossibile impedire a chi vive da anni in Europa, o in Italia, di rivedere i propri figli, anche se ci sono molti casi in cui madre e figli non si vedono per moltissimi anni. Da qui derivano quegli stratagemmi sicuri per il trasporto dei bambini, passando le frontiere con un falso nome per poi raggiungere i loro famigliari: dopo questo ricongiungimento extra-legale, quel nome falso registrato dalla dogana diventa un numero, una statistica che non ha però un riscontro con la realtà. Tra l'altro, sono molto rari i casi in cui vengono venduti i bambini nei Balcani, anche se i quotidiani europei hanno sempre puntato molto sull'esistenza dei traffici di essere umani.

Sarebbe bene invece tenere a mente che "per ogni disperato, qualcuno prende dei soldi", iperfinanziato dalle false politiche di assistenzialismo, le stesse che i Governi di Paesi come Libia e Albania (etc.) saranno pronti a ricordare ai nostri ambasciatori quando occorrerà discutere ad un tavolo diplomatico di investimenti e sovvenzioni. In realtà e un business-to-bussines, visto che mentre i nostri ambasciatori raccontano ai Governi delle "nuove democrazie" che l'Europa è una terra promessa, i Governi chiedono ai propri cittadini sacrifici e dedizione per il sogno europeo, ma tutto ciò che avranno sono politiche di delocalizzazione, di privatizzazione e di concessioni ed appalti. Il sogno europeo è tutto lì, è una trattativa di affari, in cui viene negoziata la libera circolazione delle persone (diritto dell'uomo fondamentale) con l'apertura al libero mercato, alla nuova moneta"forte" e alle ristrutturazioni delle società dello Stato. Questo miraggio lo conosce bene la Croazia e i cantieri navali croati, lo conosce il Montenegro e la sua costa sfigurata dai nuovi centri turistici, lo conosce anche l'Albania che in passato ha già dato il suo tributo di vite umane dopo che ha accolto nella sua economia le piramidi finanziarie. In maniera diversa, lo conosce anche la Serbia, che chiede continuamente "scusa" per i crimini del passato, del presente e degli eventuali in futuro, pur di avere l'opportunità di sdoganare la sua immagine sfocata.

Dal Baltico all'Adriatico, la crisi serpeggia in tutti i governi, dai Polacchi che ormai si stanno rassegnando all'idea che lo scudo non ci sarà più, agli slovacchi, che sperano ancora in un ripensamento di Washington. La grande macchina della propaganda americana, pur di aiutare l'amministrazione Obama a chiudere ogni rapporto con la Polonia, arriva persino ad affermare che il Governo polacco è "antisemita", cadendo così nel patetico e nel ridicolo. Queste categorie di concetto sono state così inflazionate che hanno perso proprio di significato, e come vi sono le leggi contro il negazionismo, vi dovrebbero essere altrettanti leggi che vietano di utilizzare queste accuse in maniera gratuita, solo per rispondere alle esigenze degli altri vertici politici ebbene che i politici ed economici. Quasi in un modo ossessivo si cerca di uscire dall'impasse in cui l'Europa e i Paesi Nato sono caduti, e per far questo che vediamo nascere l'amicizia russo-italiana, le scuse del Governo italiano ad Muammar Gheddafi, le proposte di riconciliazione tra Russia e Nato, e persino i blitz di agenti di massima sicurezza negli uffici del gigante del gas ucraino. Queste sono soluzioni rapide che vengono escogitate per chiudere una "crisi sintetica", ossia una crisi diplomatica che in realtà non esiste ed è stata creata solo per giustificare una decisione che sta alla base, molto più difficile da accettare per l'opinione pubblica.

I Balcani, in questo momento, sono asserragliati da crisi sintetiche di questo tipo, arricchite da eventi e sfumature spesso impercettibili. Ad esempio, la controversia del confine croato-sloveno viene arricchita di significato dalla scoperta di una fossa comune in Slovenia di 250 vittime del regime croato nazista degli Ustasha. Ancora, sembra che organizzazioni albanesi stiano preparando un attentato contro il Ministro degli Esteri serbo Vuk Jeremic e il Presidente Boris Tadic, mentre la Bosnia diventa ancora una volta una "persecuzione" dell'amministrazione americana come possibile polveriera dei Balcani, quando in realtà è solo un Paese in cui nessuno è d'accordo sin dal tempo dei turchi. La Macedonia, da parte sua, ha deciso di riaprire l'inchiesta sulla morte del loro Presidente in un tragico incidente aereo, che ha avuto come testimoni di eccellenza proprio un contingente Eufor. Il Kosovo, infine, tira calci nel tentativo di rendersi autonomo ed uscire dal labirinto del "protettorato"perpetuo, al punto che alcuni membri della Nato stanno decidendo di rinunciare alla pacificazione kosovara, per andare ad "esportare democrazia" in Afghanistan. Il più simpatico, come sempre, è stato Sali Berisha che, spazientito dalle scuse e dagli alibi addotti dalla Presidenza ceca, comincia a fare battute sull' "acqua entrata nella casa europea", affermando così che, anche se l'Europa non può accogliere degli ospiti, nello stato in cui si trova la sua casa, l'Albania non aspetterà che "l'acqua venga scaricata", e dunque presenterà la sua richiesta di adesione.

Queste crisi sintetiche continuano ad arricchire la cronaca quotidiana dei nostri giorni, ma chi le ha alimentate in questi anni, trascinando in queste situazioni, sono proprio quelli che oggi giudicano e chiedono l'attuazione di protocolli senza senso. Così si va avanti con strette di mano, firme e foto, con sforzi e lotte, ma alla fine sono solo parole, e per i Paesi balcani e dell'Est, una frase scatena subito attriti e conflitti. Parlare di leggi, di direttive europee, di standard internazionali, equivale a ricoprire questa realtà di un velo di perbenismo, per nascondere tutte le contraddizioni e i crimini che in passato sono stati tollerati per fini meramente utilitaristici. Oggi, gli stessi crimini, vengono riutilizzati per ricattare questi Paesi e costringerli a sottostare, ancora ad una volta, al volere dei vertici, dando loro sono un rapido assaggio di quella terra promessa di cui non godranno mai i benefici, ma ne pagheranno solo il prezzo. Questo falso perbenismo da quattro soldi è tipico dell'Europa che è sempre stata in guerra esportando all'estero le crisi e le missioni di pace; una politica deleteria perché, mentre certi Paesi stanno chiudendo le porte, l'Europa vede di nuovo la guerra in casa propria. Dal Baltico all'Adriatico si sta così venendo a creare una nuova struttura, che molti vogliono chiamare la nuova Europa, altri invece semplicemente Est.