Tale intervento diretto sul mercato, deciso a termine dell’incontro tra il Primo Ministro Gordon Brown e i principali azionisti della Banche britanniche, è stato camuffato come provvedimento a sostegno dei piccoli istituti di credito, delle società mutualistiche di risparmio, e delle finanziarie che non hanno accesso al grande mercato. In realtà è stata una vera e propria manovra di "copertura" delle colossali perdite dei grandi gruppi bancari, costretti alla svalutazione dei loro assets e alla ricapitalizzazione, per sanare dei bilanci ormai divenuti i vespai del marcio esistente nel sistema finanziario. La grande Inghilterra scende così a patti con i "terroristi", che hanno minacciato di chiudere i loro canali interbancari ai piccoli istituti e di aumentare i tassi di interesse a livelli insostenibili, che avrebbero causato il blocco dell’economia e la corsa agli sportelli delle Banche insolventi. Non vi sono altri termini per definire infatti questo atto di forza delle Banche, che hanno così dimostrato all’intero mercato che "possono ottenere ogni cosa", "possono arrivare a qualsiasi livello", persino alla copertura delle perdite mediante l’intervento dello Stato o la nazionalizzazione, infrangendo ogni tipo di regola o di norma sovranazionale.
D’altronde, non dimentichiamo che tutto questo accade in Inghilterra, l’unico Stato nel cuore dell’Europa comunitaria ad aver conservato la propria sovranità monetaria, e così anche il potere di poter decidere al di fuori degli schemi dettati dalle direttive europee. Dalla Commissione Europea solo tiepide reazioni di "silenzio assenso", affermando che "è troppo presto per speculare e per dire se si tratta o meno di aiuti di Stato". Una tale dichiarazione, da parte del Commissario alla concorrenza Neelie Kroes non ce la saremmo mai aspettata, in quanto è chiaro che si tratta di un supporto dello Stato in favore dei gruppi bancari in totale fallimento, deresponsabilizzati dinanzi al crack finanziario. Sotto un altro punto di vista, l’ipotesi degli aiuti di Stato potrebbe venir meno in considerazione del fatto che la BoE non è "un’entità pubblica" in senso stretto, essendo sempre controllata dalle fondazioni bancarie private. In tale ottica tale decisione è pienamente coerente con la scelta a cui è giunta a soccorso dei "propri azionisti": un evidente conflitto di interessi che non può essere messo nero su bianco.
Eppure c’è ancora qualcuno che rimprovera la Banca di Inghilterra di non aver aiutato in maniera sufficiente le banche britanniche coinvolte nella crisi del credito, per seguire l’esempio degli omologhi della Federal Reserve e della Banca Centrale Europea, che hanno iniettato centinaia di miliardi di dollari nei loro circuiti bancari. I 50 miliardi di sterline sembrano infatti una goccia nell’oceano delle svalutazioni bancarie in corso, una soluzione di breve termine che serve a calmare gli animi e lanciare un forte segnale al mercato finanziario, ossia che il sistema non può crollare e non crollerà. Ad ogni tentativo di destabilizzazione, vi è una contro-reazione che nel lungo termine farà ritrovare un equilibrio, sulla base di diverse condizioni. Possono dunque cambiare gli attori, le regole, si può arrivare ad infrangere i principi stessi del capitalismo e del liberismo, ma il sistema resta lo stesso, perché il potere delle entità bancarie e finanziarie è così radicato all’interno delle più alte Istituzioni che nulla potrà impedire il rilancio continuo. Le banche falliscono ma vengono riassorbite in altri gruppi bancari, le insolvenze aumentano ma giunge la presenza dello Stato a garanzia, per impedire la recessione e il collasso sociale. Viviamo dunque sul ricatto perpetuo, sulla finzione monetaria e finanziaria, che per sopravvivere ha indebolito il mercato stesso. Sulle piazze finanziarie i titoli azionari e i derivati sono stati sostituiti da Buoni Ordinari del Tesoro e dall’oro, mentre le commodities e i derivati su beni petroliferi stanno alimentando la più grande speculazione del secolo, che ridurrà alla povertà e alla fame i Paesi più poveri e quelli in via di sviluppo. Mentre il mercato finanziario va in crisi, si scatena la crisi sociale mondiale, le rivolte della fame per circa 300 milioni di persone sulla terra: è qui che si annida il vero fallimento.