È ancora la crisi alimentare ad essere al centro dell’attenzione delle discussioni in senso agli organismi internazionali per rispondere alle rivolte nei Paesi più poveri. Chiedono prezzi più adeguati per le materie prime necessarie alla sopravvivenza, vogliono cibo e solidarietà, per spezzare quell’assurdo circolo vizioso della speculazione finanziaria. Le proteste dei più deboli per rivendicare il proprio diritto a mangiare, ad esistere, sono le più pericolose e quelle che destano maggiori preoccupazioni: se crollano i Paesi poveri e si alzano le guerre dei più poveri, cadono anche le sicurezze su cui si adagiano le ricchezze delle economie ricche. A confronto, il crollo delle borse, o l’iperinflazione o il crack finanziario non spaventa tanto quanto le rivolte "per la fame", perché sono come un’onda che travolge anche gli Stati che credono di essere nel pieno del loro sviluppo, come Cina, India, Sud Africa, Brasile. I poteri forti tremano dinanzi alla destabilizzazione delle classi più deboli, perché da questa si propagano i movimenti del dissenso, gli stessi che hanno portato poi alle grandi rivoluzioni storiche.
Il problema richiede, dunque, una qualche reazione che dia l’impressione di una debole intenzione di tamponare una situazione così preoccupante. Così, nel corso della conferenza stampa di Ginevra dell’ONU, che ha anticipato la riunione del Segretario generale dell'ONU alla presenza di capi delle differenti istituzioni delle Nazioni Unite sulla crisi alimentare mondiale, Jean Ziegler, relatore speciale del diritto all'alimentazione, ha proposto di imporre una moratoria di cinque anni sui biocarburanti e di rompere la speculazione per dominare l'aumento dei prezzi alimentari. Come fa notare Ziegler, in un anno, il prezzo del grano è aumentato del 130%, il prezzo del riso del 74%, il prezzo della soia del 87%, e quello del mais del 53%, e l'aumento generale del 48% dei prezzi alimentari va così a colpire i paesi più poveri. Considerando che 2,2 miliardi di persone, vivono nell'estrema povertà e sotto le condizioni minimi di sostenibilità, una crisi alimentare equivale a compromettere gli equilibri mondiali, con un impatto che non è da sottovalutare. Tuttavia, secondo gli esperti ONU, la causa principale è da individuarsi nella trasformazione massiccia di alimenti in biocarburanti, mentre la speculazione sarebbe responsabile del 30% dell'aumento dei prezzi.
"I biocarburanti sono un crimine contro la maggior parte dell'umanità. Prendete gli Stati Uniti. Un terzo della loro produzione di mais serve alla produzione di biocarburanti con 6 miliardi di sovvenzioni da cui ne traggono profitto 4 o 5 multinazionali", afferma Ziegler. Gli Stati Uniti non sono l’unico bersaglio della critica, rivolgendosi anche all’Unione Europea, affermando che "i commissari di Bruxelles hanno preso la stessa strada criminale con la loro direttiva che mira ad imporre il 10% di biocarburanti di qui al 2020, mentre la Svezia, in cui il 40% dei veicoli utilizzano del bioetanolo spera di raggiungere i 50% di produzione". Così Ziegler tuona che "non si può lottare contro il cambiamento climatico uccidendo delle persone."
Viene posto sotto accusa anche il Fondo Monetario Internazionale, che ha imposto la piantagione di prodotti destinati all'esportazione decretando così il declino dell'agricoltura di sussistenza, nonché l’Organizzazione Mondiale del Commercio che impone quote di importazione e di esportazione che non rispecchiano le esigenze della popolazione e delle economie nazionali, bensì delle società private. Non bisogna poi dimenticare la distruzione della biodiversità dei vegetali, a causa di coltivazioni ad alta produttività utilizzando organismi geneticamente modificati che hanno messo nelle mani delle grandi società la produzione alimentare e dei semi. L’accentramento della produzione di alimenti nelle mani di grandi società è stato un passaggio fondamentale per consentire il controllo del livello dei prezzi, che ora viene decretato non solo dalle borse valori, ma anche dagli Organismi Internazionali.
Così Ziegler propone di "fermare la speculazione delle borse" e di vietare la produzione di biocarburanti. È una soluzione interessante, anche se miope e fine a se stessa, perché vietare la speculazione equivale a controllare ogni singola operazione borsistica che ha ad oggetto commodities e titoli alimentari, nonché a cancellare ogni ingiusta imposizione da parte del FMI e del WTO, a togliere il monopolio dei semi e delle coltivazioni a multinazionali come Monsanto e la Cargill. Per realizzare tutto questo, è necessario mettere in discussione l’interno Ordine Mondiale, costruito proprio sotto gli occhi delle Nazioni Unite, che ora si vogliono battere per dare l’impressione di "voler limitare i danni". È una grande ipocrisia che nasconde l’ennesima speculazione e uno sporco sabotaggio ai danni di entità ben definite. Come ricorda anche il Presidente brasiliano Lula, "quelli che criticano i biocarburanti non criticano mai il prezzo del petrolio" per spiegare l’incredibile rialzo dei prezzi, né le entità che si nascondono dietro il FMI che impone piantagioni "colonialiste", e dietro il WTO, che perpetua una politica completamente contraria agli interessi dei paesi martiri afflitti.
La stessa ipocrisia la leggiamo nelle parole del direttore del FMI Dominique Strauss-Kahn, che vede in futuro un peggioramento ineluttabile della crisi alimentare mondiale, con il rischio di sfociare in una guerra perpetua. Le sommosse della fame in numerosi paesi, "mette in causa la democrazia dei regimi, anche se talvolta non è un loro errore". "Le popolazioni si ribellano al loro governo, lo criticano, fanno cadere dei governi democraticamente eletti…quando la tensione va al di là della messa in discussione della democrazia, ci sono i rischi di guerra", ha affermato Strauss-Kahn, osservando che "la storia è piena di guerre che sono cominciate a causa dei problemi di questo genere". "Il peggio, purtroppo, forse è davanti a noi", afferma Kahn con riferimento soprattutto di Cina e India, nei confronti dei quali rivolge il consiglio di scegliere la carta del "protezionismo" verso i Paesi produttori di derrate alimentari, ma di "aumentare il commercio internazionale, di aumentare i flussi".
È ovvio, dunque, che la crisi alimentare apre uno scenario tutt’altro che inaspettato, considerando che può essere utilizzata come strumento per destabilizzare dall’interno dei Paesi che hanno trovato una strategica collocazione nel sistema economico. Da una parte vi è infatti la Cina, forte della sua produzione industriale e degno avversario degli Stati Uniti, e dall’altra vi sono i Paesi Sud Americani e Mediorientali, che grazie al petrolio e all’etanolo hanno voltato le spalle ad un passato di povertà. La speculazione finanziaria e la "morale" sui biocarburanti divengono così nelle mani delle potenti entità economiche delle vere e proprie armi non convenzionali, da utilizzare per infliggere l’ennesimo colpo a degli avversari politici ed economici.
Il problema richiede, dunque, una qualche reazione che dia l’impressione di una debole intenzione di tamponare una situazione così preoccupante. Così, nel corso della conferenza stampa di Ginevra dell’ONU, che ha anticipato la riunione del Segretario generale dell'ONU alla presenza di capi delle differenti istituzioni delle Nazioni Unite sulla crisi alimentare mondiale, Jean Ziegler, relatore speciale del diritto all'alimentazione, ha proposto di imporre una moratoria di cinque anni sui biocarburanti e di rompere la speculazione per dominare l'aumento dei prezzi alimentari. Come fa notare Ziegler, in un anno, il prezzo del grano è aumentato del 130%, il prezzo del riso del 74%, il prezzo della soia del 87%, e quello del mais del 53%, e l'aumento generale del 48% dei prezzi alimentari va così a colpire i paesi più poveri. Considerando che 2,2 miliardi di persone, vivono nell'estrema povertà e sotto le condizioni minimi di sostenibilità, una crisi alimentare equivale a compromettere gli equilibri mondiali, con un impatto che non è da sottovalutare. Tuttavia, secondo gli esperti ONU, la causa principale è da individuarsi nella trasformazione massiccia di alimenti in biocarburanti, mentre la speculazione sarebbe responsabile del 30% dell'aumento dei prezzi.
"I biocarburanti sono un crimine contro la maggior parte dell'umanità. Prendete gli Stati Uniti. Un terzo della loro produzione di mais serve alla produzione di biocarburanti con 6 miliardi di sovvenzioni da cui ne traggono profitto 4 o 5 multinazionali", afferma Ziegler. Gli Stati Uniti non sono l’unico bersaglio della critica, rivolgendosi anche all’Unione Europea, affermando che "i commissari di Bruxelles hanno preso la stessa strada criminale con la loro direttiva che mira ad imporre il 10% di biocarburanti di qui al 2020, mentre la Svezia, in cui il 40% dei veicoli utilizzano del bioetanolo spera di raggiungere i 50% di produzione". Così Ziegler tuona che "non si può lottare contro il cambiamento climatico uccidendo delle persone."
Viene posto sotto accusa anche il Fondo Monetario Internazionale, che ha imposto la piantagione di prodotti destinati all'esportazione decretando così il declino dell'agricoltura di sussistenza, nonché l’Organizzazione Mondiale del Commercio che impone quote di importazione e di esportazione che non rispecchiano le esigenze della popolazione e delle economie nazionali, bensì delle società private. Non bisogna poi dimenticare la distruzione della biodiversità dei vegetali, a causa di coltivazioni ad alta produttività utilizzando organismi geneticamente modificati che hanno messo nelle mani delle grandi società la produzione alimentare e dei semi. L’accentramento della produzione di alimenti nelle mani di grandi società è stato un passaggio fondamentale per consentire il controllo del livello dei prezzi, che ora viene decretato non solo dalle borse valori, ma anche dagli Organismi Internazionali.
Così Ziegler propone di "fermare la speculazione delle borse" e di vietare la produzione di biocarburanti. È una soluzione interessante, anche se miope e fine a se stessa, perché vietare la speculazione equivale a controllare ogni singola operazione borsistica che ha ad oggetto commodities e titoli alimentari, nonché a cancellare ogni ingiusta imposizione da parte del FMI e del WTO, a togliere il monopolio dei semi e delle coltivazioni a multinazionali come Monsanto e la Cargill. Per realizzare tutto questo, è necessario mettere in discussione l’interno Ordine Mondiale, costruito proprio sotto gli occhi delle Nazioni Unite, che ora si vogliono battere per dare l’impressione di "voler limitare i danni". È una grande ipocrisia che nasconde l’ennesima speculazione e uno sporco sabotaggio ai danni di entità ben definite. Come ricorda anche il Presidente brasiliano Lula, "quelli che criticano i biocarburanti non criticano mai il prezzo del petrolio" per spiegare l’incredibile rialzo dei prezzi, né le entità che si nascondono dietro il FMI che impone piantagioni "colonialiste", e dietro il WTO, che perpetua una politica completamente contraria agli interessi dei paesi martiri afflitti.
La stessa ipocrisia la leggiamo nelle parole del direttore del FMI Dominique Strauss-Kahn, che vede in futuro un peggioramento ineluttabile della crisi alimentare mondiale, con il rischio di sfociare in una guerra perpetua. Le sommosse della fame in numerosi paesi, "mette in causa la democrazia dei regimi, anche se talvolta non è un loro errore". "Le popolazioni si ribellano al loro governo, lo criticano, fanno cadere dei governi democraticamente eletti…quando la tensione va al di là della messa in discussione della democrazia, ci sono i rischi di guerra", ha affermato Strauss-Kahn, osservando che "la storia è piena di guerre che sono cominciate a causa dei problemi di questo genere". "Il peggio, purtroppo, forse è davanti a noi", afferma Kahn con riferimento soprattutto di Cina e India, nei confronti dei quali rivolge il consiglio di scegliere la carta del "protezionismo" verso i Paesi produttori di derrate alimentari, ma di "aumentare il commercio internazionale, di aumentare i flussi".
È ovvio, dunque, che la crisi alimentare apre uno scenario tutt’altro che inaspettato, considerando che può essere utilizzata come strumento per destabilizzare dall’interno dei Paesi che hanno trovato una strategica collocazione nel sistema economico. Da una parte vi è infatti la Cina, forte della sua produzione industriale e degno avversario degli Stati Uniti, e dall’altra vi sono i Paesi Sud Americani e Mediorientali, che grazie al petrolio e all’etanolo hanno voltato le spalle ad un passato di povertà. La speculazione finanziaria e la "morale" sui biocarburanti divengono così nelle mani delle potenti entità economiche delle vere e proprie armi non convenzionali, da utilizzare per infliggere l’ennesimo colpo a degli avversari politici ed economici.