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28 aprile 2008

La CE chiede il controllo delle telecomunicazioni


Viene di nuovo presentato al vaglio dell’Europarlamento il controverso caso della riforma delle telecomunicazioni fermamente voluta dalla Commissione Europea. Gli europarlamentari, portavoci del volere dei Governi nazionali nonché specchio degli interessi di alcuni tra le grandi società europee, cercano di far arretrare le pretese della Commissione e così di attenuare i toni della riforma che rischiano di sconvolgere l’attuale assetto societario ed economico delle telecomunicazioni.

Le discussioni del Parlamento Europeo hanno sollevato interessanti argomentazioni che aprono ad ulteriori riflessioni in vista delle moderne problematiche correlate alla protezione dei dati, alla monetica e all’accesso dei canali di informazioni, sino ad arrivare ai futuristici scenari della trasmissione wireless dell’energia. Due sono i principali elementi su cui si sta lottando in seno al Parlamento, quali la separazione delle reti di infrastrutture ed i servizi, assieme alla creazione del "super-regolatore" del settore, ossia di un mostro burocratico sotto il controllo della Commissione Europea.

Come sappiamo, la separazione delle reti è un approccio che si cerca di applicare a diversi settori, su vari livelli di organizzazione dei sistemi produttivi e ai processi più disparati, quali quello dell’energia elettrica, del gas, sino a quello amministrativo-burocratico. Alla base di tale concetto, vi è la convinzione che separare la gestione dell’infrastruttura dall’offerta dei servizi porti ad un significativo guadagno dell’efficienza dell’intero settore, considerando che il "divide et impera" è una formula che funziona da secoli e si adatta perfettamente alla società del "rent" nella quale stiamo entrando. Infatti, l’infrastruttura, che nasce come monopolio naturale e dunque nelle mani di società statali o privatizzate di recente, verrebbe data in gestione ad entità specializzate che avranno così la facoltà o il dovere - a seconda dell’ottica più o meno pessimistica che si assume - alle società di servizi, che possono così essere anche una miriade, le quali si occuperanno dell’offerta vera e propria. A tale soluzione si sono opposti in molti, e non solo tra le fila dei più accaniti conservatori "complottisti" ma anche tra le major delle telecomunicazioni - forse anche perché non voglio perdere il controllo né sul primo né sul secondo ramo - che ritengono che la separazione delle reti porti ad una indefinita moltiplicazione dei costi, gravando "inutilmente" sui consumatori finali.

Secondo il piano elaborato dal Commissario alle Telecomunicazioni Viviane Reding sulla base del modello britannico, gli operatori, se conservano la proprietà delle infrastrutture, hanno obbligo di dare ai loro concorrenti un accesso senza discriminazione alle loro reti, e ogni smantellamento degli operatori e delle loro infrastrutture potrà essere solo volontario. Un passaggio questo ritenuto fondamentale perché secondo la Rending gli attori del mercato approfittano del controllo delle infrastrutture per escludere i nuovi entranti e così limitare la concorrenza, riferendosi in maniera particolare a France Télécom e Deutsche Telekom, ai quali è possibile ricondurre il controllo dell'80% delle connessioni con grande flusso in seno all’Unione Europea. Tuttavia secondo le autorità francesi, dividere le reti non migliorerà la concorrenza, adducendo come motivazione il fatto che i gruppi potrebbero essere reticenti ad investire nelle nuove reti del futuro, prendendo come esempio proprio la situazione della Gran Bretagna in cui la separazione funzionale è già operante e ha portato alla stagnazione degli investimenti.

Tra l’altro, il progetto dalla separazione funzionale delle reti ha già scosso l’opinione pubblica francese e tedesca - e non quella italiana, ovviamente - spingendo i sindacati e le associazioni di categoria ha presentare le prime proteste formali. Il CFE-CGC di France Télécom si è infatti rivolto a Sarkozy, ricordando come "una notizia del genere porterà alla perdite di professionalità specializzate, e ad un trauma supplementare dopo la radicale privatizzazione della società", considerando che "la crescita del mercato delle telecomunicazioni non passa attraverso la costituzione dei grande operatori integrati" oltre al fatto che si avrà una riduzione massiccia del personale impiegato.
Accanto alla separazione delle reti, il Commissario Rending vede la creazione di un'autorità europea di regolazione delle telecomunicazioni che comprende i 27 regolatori nazionali attuali, che andrà coordinata ad una riorganizzazione del gruppo dei regolatori europei per conferirgli un potere di supervisione sull'insieme dei mercati regolamentati. Un piano di riorganizzazione che nei fatti rievoca la struttura della Banca Centrale Europea, con la costituzione di un’unica centrale di controllo delle normative, delle frequenze e di ogni decisione di riorganizzazione, smembramento o cessione delle reti o dei servizi delle telecomunicazioni.

Ed è proprio su tale progetto che si gioca lo scontro più delicato ora in seno al Parlamento Europeo, che ha sollevato non poche perplessità considerando che il "super-regolatore" avrà competenze sulle frequenze radio-elettriche utilizzate per la telefonia, la radio o la televisione. È stato fortemente attaccato dalla Germania, che con un’opinione unanime, afferma che il progetto di creazione di un'autorità di regolazione europea "va contro i principi di sussidiarietà e di deregolamentazione", e inizierebbe "un processo irreversibile, che non potrebbe essere più abolito, tale da portare alla scomparsa delle autorità di controllo nazionali." Gli europarlamentari hanno infatti mostrato i loro dubbi proprio sull' "eccesso di burocrazia" e sul graduale trasferimento di competenze dai regolatori nazionali, proponendo invece un bilanciamento dei poteri tra le autorità degli Stati Membri e quella europea. È stato così presentato il progetto di "un organo dove siederanno i regolatori nazionali che avranno un presidente eletto dai membri, che possono approvare le relative decisioni con una maggioranza dei 2/3, salvo eccezioni". Un organismo simile all'attuale organo che riunisce le authority nazionali, l’ERG, peraltro molto criticato dalla Commissione per la sua mancanza di azione, e il cui sviluppo era stato citato come un'alternativa al nuovo super-regolatore. Allo stesso tempo, dalla parte francese, giunge la proposta di prevedere un sistema di arbitraggio per eliminare il diritto di veto da parte della Commissione Europea, sulle decisioni prese dai regolatori nazionali per "garantire la concorrenza".

Su tale braccio di ferro si deciderà così non solo il futuro del settore delle telecomunicazioni, ma anche del potere sul sistema radio-televisivo e mediatico, con un forte impatto sulle risorse a disposizione delle intelligence nazionali. E' chiaro invece che la Commissione Europea preme sempre di più per garantire sotto il suo stretto controllo le authority e i comitati di sorveglianza per i settori strategici economici europei, che saranno anche i fururi canali per il settore bancario ed energetico.