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10 aprile 2008

Carla del Ponte torna in Argentina ma lascia i suoi veleni


Con una nota urgente, il ministero degli Esteri di Berna ha vietato a Carla Del Ponte, ex Procuratore del Tribunale Internazionale dell'Aja e attuale ambasciatrice svizzera in Argentina, di presentare o fare qualunque tipo di pubblicità al suo ultimo libro "La Caccia". I media già parlano di "censura" da parte della Svizzera e del Tribunale dell’Aja nei confronti del Procuratore per via delle delicate rivelazioni sui crimini compiuti dall’UCK contro la popolazione serba del Kosovo, sotto l’amministrazione controllata dell’UNMIK.

L’ex Procuratore del Tribunale Internazionale dell’Aja, Carla del Ponte, continua a far parlare di sé, grazie alla pubblicazione del suo libro "La Caccia", in cui ha deciso di imprimere le sue memorie delle indagini svolte per "la cattura" dei grandi criminali della ex Jugoslavia. Senza mezzi termini, scrive nel suo libro le sue scioccanti verità emerse da lunghi anni di ricerche ma mai giunte sul banco della Corte, quasi come a voler rilanciare la sua figura e la sua immagine tra i media e sulla grande scena politica internazionale. In realtà i suoi scoop non sono altro che una vile speculazione sul dolore di un popolo martoriato dalla guerra, perché, in fin dei conti, anni di "caccia" non hanno portato certo alla scoperta della verità su quanto accaduto in Jugoslavia, la cui storia resta sempre un mistero agli occhi del grande pubblico.
Questa volta, a fermare Carla del Ponte è direttamente il Governo svizzero che, dopo una lettera inviata dall'Ufficio Nazionale di collaborazione con il Tribunale dell'Aja in Serbia al Segretario Generale dell’ONU, ordina di bloccare d’urgenza la promozione del libro "La caccia". Il ministero degli Esteri di Berna ha vietato infatti a Carla Del Ponte, attuale ambasciatrice svizzera in Argentina, di presentare o fare qualunque tipo di pubblicità al suo ultimo libro "La Caccia", motivando tale decisione con l’osservazione secondo cui il libro contiene "affermazioni che riguardano la sua precedente attività, ma non possono essere fatte da un rappresentante del governo svizzero". Anche le interviste con la stampa e una presentazione al pubblico del libro di Milano e Lugano sono state annullate in seguito all'invito del Governo svizzero a rientrare a Buenos Aires, che chiude in maniera secca "la ringraziamo per un suo rapido rientro". Il Portavoce del Ministero degli Esteri di Berna, Jean Philipe Janera, ha semplicemente precisato che "la promozione di un libro non e`compatibile con il ruolo che in questo momento ricopre la Signora del Ponte, attuale ambasciatrice svizzera in Argentina". I media sono già andati a nozze con questa storia, e parlano di "censura" da parte della Svizzera e del Tribunale dell’Aja nei confronti del Procuratore per via delle delicate rivelazioni sui crimini compiuti dall’UCK contro la popolazione serba del Kosovo, sotto l’amministrazione controllata dell’UNMIK.

Scrive infatti che durante le investigazioni sui crimini di guerra commessi dall'Esercito di Liberazione del Kosovo (UCK) contro serbi e gli altri non-albanesi, il Tribunale dell’Aja ha scoperto che alcune persone scomparvero durante il conflitto, e furono usate come merce in un traffico di organi. Scrive anche che il Tribunale ottenne queste informazioni dagli investigatori e dai funzionari dell'UNMIK che avevano ricevuto da certi gruppi di "giornalisti affidabili". Anche se è davvero strano, però che la UNMIK abbia ricevuto queste informazioni da giornalisti tedeschi, inglesi e americani, e non da serbi e albanesi, direttamente coinvolti in questi crimini. Ad ogni modo, secondo queste fonti i membri dell'UCK avevano trasferito 300 serbi e gli altri ostaggi non-albanesi in autocarri nell'Albania settentrionale nell'estate del 1999. I prigionieri sarebbero stati imprigionati in campi presenti a Kukes e Tropoje, dove avveniva una sorta di selezione dei giovani più forti che non sarebbero stati uccisi, ma trasferiti in altri centri, ossia a Burel. In tale informazione non ritroviamo nulla di nuovo, perché sono anni che il Governo e le organizzazioni della Repubblica di Serbia reclamano le proprie vittime in Kosovo, perpetuate dall’esercito dell’UCK e da gruppi terroristici paramilitari che hanno costretto migliaia di persone a lasciare la provincia serba, distruggendo villaggi, chiese, ed ogni altra traccia della cultura serba in quei luoghi. Per alcune zone del Kosovo, si potrebbe anche sospettare l’etnocidio, in quanto etnie come quelle dei Gorani e degli zingari sono stati decimate, interi villaggi sono stati svuotati, e mancano all’appello migliaia di persone. Lo stesso ex Ministro della Giustizia della Serbia, Vladan Batic, ha dichiarato di aver offerto allora degli approfonditi dettagli sul caso al Tribunale dell'Aja, raccogliendo molto materiale sui crimini dell'UCK nei confronti dei non-albanesi, soprattutto serbi, prove che sono state poi consegnate al Tribunale dell'Aja ma non è mai stata attentamente esaminata.

A questo punto la Del Ponte deve spiegare perché non sono stati condannati i membri dell'Esercito di Liberazione del Kosovo, i leader dell'UCK e perché non è mai intervenuta a bloccare il traffico di organi, se sapeva da fonti "certe" cosa stava accadendo. E così, dopo che per anni il Tribunale dell’Aja ha taciuto sul rapimento e la cacciata dei serbi dal Kosovo, Carla del Ponte scrive in un libro, senza il supporto di documenti e di fatti reali, che l’UCK ha deportato e utilizzato le persone rapite come merce per un traffico d’organi. Arriva persino ad affermare che ha sempre cercato di indagare e scoprire la verità, ma è stata costretta ad abbandonare il caso "perché l'ulteriore investigazione era divenuta impossibile", a causa soprattutto della mancata collaborazione delle forze di polizia dell’ONU in Kosovo.
È chiaro che parole dette in questo modo, per il solo gusto di continuare a far parlare di sé, sono solo lo sfogo di un personaggio ormai inutile, isolato, dimenticato persino da chi decise di porla al potere anni fa. Le sue rivelazioni, ricordano solo i grandi scoop giornalistici sui crimini e i genocidi nei Balcani che hanno poi provocato l'intervento della Nato: messaggi mediatici che servono a colpire l’opinione pubblica internazionale in maniera profonda, in maniera tale da cambiarne il pensiero. Riflettiamo dunque su quello che questo spettacolo messo in piedi da Carla del Ponte, dal Tribunale e dell’Aja, e anche dalla Svizzera. Sicuramente si cerca di far passare il dictat di "isolamento" della del Ponte per un tentativo di censura, in maniera tale da sollevare il lecito dubbio sulla gravità delle sue affermazioni e sollevare il grande polverone dei "crimini dell’UCK". Questo per dimostrare l’inefficienza, la corruzione e la collusione di un’Istituzione ritenuta vecchia come quella delle Nazioni Unite, la cui immagine è stata così distrutta dal continuo susseguirsi degli scandali. Infatti, sentiamo già parlare della necessità di riformare l’Atto Costitutivo delle Nazioni Unite, dell’inadeguatezza delle missioni ONU per fronteggiare la crisi, della sostituzione della missione UNMIK con quella europea dell’Eulex. Si cerca così di aggirare il problema della sostituzione delle Nazioni Unite con l’Alleanza Atlantica, di delegittimare anche le sue risoluzioni ripetutamente violate per imporre il volere dei poteri sovranazionali che vogliono la creazione di un Nuovo Ordine Mondiale utilizzando uno strumento di guerra come la Nato.