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23 aprile 2008

Russia-Italia: nasce un nuovo asse energetico


Con uno storico accordo strategico, Russia e Italia si preparano ad entrare in una nuova fase storica per l’Europa e il Mediterraneo. Si rafforzano le posizioni di Gazprom grazie alla triangolazione Tripoli-Roma-Mosca, che ha nelle retrovie il sostegno di Serbia, Grecia e Bulgaria. L’organizzazione delle rete energetica dei fornitori va tuttavia di pari passo con il progetto della "borsa del gas" russa, per costruire una vera e propria piattaforma internazionale per decidere del prezzo del gas e discutere degli itinerari dei nuovi gasdotti.

Putin arriva in Italia, passando per la Libia, e porta a casa un importante accordo strategico, che aprirà alla Russia le porte del settore energetico europeo, e probabilmente anche di quello aereo italiano. Infatti, se da una parte si apre la trattativa Alitalia-Aeroflot, dall’altra Gazprom suggella la collaborazione con l'Eni in Libia, strumentale all’internazionalizzazione delle fonti produttive in Europa. Nella ricerca delle fonti d'approvvigionamento di metano la Libia è un importante partner, che "s'inquadra in una strategia di diversificazione che implica una collaborazione con le compagnie europee", come afferma Alksandar Medvedev, direttore generale di Gazpromexport. L'accordo con la Libia viene definito assolutamente indispensabile per rispondere ad una domanda di energia che nel 2015 sarà di cento miliardi di metri cubi di gas, rispetto ai 560 miliardi del 2006, e nel 2030 saranno duecento miliardi, per cui le strade diventeranno indispensabili. Per tale motivo, lo stesso Medvedev esclude che vi sia una concorrenza con il progetto europeo Nabucco, in quanto anch’esso è necessario a servire il mercato energetico. Un’osservazione questa che lascia intendere che, probabilmente, non esistono concorrenti in un settore che nasce come monopolio naturale, e diventa un oligopolio, in cui i vari competitor si accordano per condividere risorse, per decidere il prezzo e il percorso dei gasdotti.
Magari è proprio questa l’idea della Russia, che ha deciso di presentare al prossimo Forum dei paesi esportatori di gas (FPEG) che si terrà a Teheran il prossimo 28 aprile, il suo progetto di statuto del FPEG che dovrà diventare, nei piani di Mosca, l' "OPEC del gas". Una notizia questa lanciata dal quotidiano russo Kommersant che va così ad anticipare i piani del Cremlino del gigante Gazprom nei confronti del mercato del gas, che aspetta solo di essere colonizzato. Secondo il Kommersant, il progetto russo si differenzia dal progetto iraniano, molto vicino alla OPEC "del petrolio", per gli obiettivi e la sua funzione, che dovrà essere quella di una piattaforma internazionale per decidere del prezzo del gas e discutere degli itinerari dei nuovi gasdotti. La Russia da tempo sta coltivando l'idea, considerando il progetto che sta portando avanti parallelamente la Gazprombank, in partnership con l'holding russa Gazprom e la Borsa interregionale del complesso gassifero e petrolifero, la MBNK (Interregional Oil and Gas Industry Exchange), per creare a San Pietroburgo la più grande borsa del gas d'Europa. Si tratta di un vero e proprio mercato finanziario che creata sulla base della borsa petrolifera già esistente di San Pietroburgo, la SPBEX (Saint-Petersburg Stock Exchange) - attualmente il terzo luogo finanziario della Russia dopo le borse del Micex e dell'RTS.
Si avrebbe così la costituzione di una "borsa del gas" incentrata sull’elaborazione della domanda e dell’offerta sul mercato, nonché di un centro di pianificazione geolitico, che darebbe ai paesi produttori di gas un potere, riconosciuto dalla stessa Comunità Internazionale, sovranazionale. Di conseguenza, avremo il totale spostamento del baricentro degli equilibri internazionali da Washington a Mosca, che diventerà il fulcro della pianificazione strategica delle fonti energetiche. Gli alti dirigenti di Gazprom e lo stesso Ministero dell’Industria e dell’Energia russo rigettano così ogni tipo di analogia tra il futuro FPEG e l'OPEC, divenuto ormai un mero strumento nelle mani degli acquirenti e dei concessionari dello sfruttamento dei pozzi di petrolio. Non è il cartello che dà potere agli Stati, ma il controllo delle fonti di energia e del suo trasporto, che andrà così a stabilire anche il prezzo e il valore di domanda e offerta. Il progetto alternativo dell' "l'OPEC del gas", è stato oggetto anche dell’incontro tra il Presidente Vladimir Putin e il leader libico Mouammar Kadhafi, che ha dichiarato che Tripoli sosteneva fermamente l'idea di creare un'organizzazione dei paesi produttori ed esportatori di gas come l'OPEC, precisando tuttavia che "i suoi partecipanti dovranno aiutare i paesi vittime della fiammata dei prezzi del petrolio, in particolare gli Stati africani".

Quello che oggi manca, per dare un serio e reale fondamento a tale progetto è proprio la coesione tra i diversi produttori di gas, che sono tra di loro ancora fortemente eterogenei, tendono a raggiungere i mercati dei consumatori in via diretta, utilizzando forme di cooperazione bilaterale e senza mai promuovere la gestione comune delle pipeline. Alcuni hanno infatti sottolineato come Russia e Iran, nonostante i diversi memorandum di intesa, si sono rivelati a volte dei pessimi alleati in questo campo, considerando la volontà di Teheran di divenire un fornitore del Nabucco e del Trans Adriatic Pipeline, entrambi di matrice europea e in diretta concorrenza con il South Stream. Tuttavia, non bisogna sottovalutare la Russia e il suo potere geopolitico, che spazia da quello meramente economico-energetico a quello strategico-militare: è riuscita ad entrare da leader nei Balcani e in Nord Europa, controlla in Caucaso e i principali snodi critici. La sua vera forza, in realtà, sta nella capacità di organizzare i diversi collaboratori, e di farli sedere ad un unico tavolo di trattative, proponendo sempre uno scambio bilaterale di ricchezza. Ogni accordo è un "contratto" che dà doveri e opportunità, pretende l’apertura del proprio mercato ma apre contemporaneamente nuove prospettive di sviluppo, un vero e proprio "business-to-business". In tutto questo, o vi è molta politica, o politica non ce n’è affatto, riducendosi solo ad affari. Un concetto questo ripreso più volte anche dai dirigenti Gazprom. "Il gas non è uno strumento politico, ma un affare", perché l’Europa chiede energia e la Russia la offre, investe capitali e apre il proprio mercato, ma solo agli stessi investitori che hanno deciso già di aprire il loro.