Le prime rivelazioni del nuovo Governo giungono dal Ministro delle Finanze Giulio Tremonti, che, cercando di spiegare quali saranno i fondi con i quali saranno coperti i primi provvedimenti annunciati, premette, prima di ogni altra cosa, che il cosiddetto «Tesoretto» non esiste. Di tutta risposta Tremonti propone le probabili soluzioni al recupero del gettito fiscale, partendo proprio da un primo sgravio fiscale sulle classe più deboli, e una maggiore tassazione a carico di Banche e di società energetiche e petrolifere, che continuano ad aumentare i propri introiti nonostante l’evidente recessione economica.
Cominciano i lavori del nuovo Governo tra polemiche e critiche, per inviare i primi segnali di cambiamento e di riforma, a partire da "Ici, sicurezza e straordinari". Le prime rivelazioni giungono dal Ministro delle Finanze Giulio Tremonti, che, cercando di spiegare quali saranno i fondi con i quali saranno coperti i primi provvedimenti annunciati, premette, prima di ogni altra cosa, che il cosiddetto «Tesoretto» non esiste. Stranamente, una dichiarazione di questo genere, non stupisce molto considerando che, come sempre, il nuovo Governo tende sempre ad azzerare o rinnegare qualsiasi cosa abbia fatto l’esecutivo precedente. Tuttavia stavolta potremmo davvero concedere il beneficio del dubbio al Ministro Tremonti, che con molta sincerità dichiara che quell’avanzo contabile, definito impropriamente Tesoretto, nel 2008 non esiste più. Questo perché probabilmente i crediti presunti e le attività registrate in parte non si sono realizzate, e in parte sono state subito compensate con spese e uscite. "L'andamento delle entrate fiscali non è buono e questo non perché l'evasione da gennaio è ripartita - dichiara Tremonti - basta guardare all'andamento dell'Iva sugli scambi interni, che è negativo perché l'economia va male. Insomma tesoretto zero". Aggiunge inoltre che "siamo in una stagione non buona, ci saranno problemi e una situazione non facile. Non per colpa del governo Prodi che però ha fatto l'errore di non capire cosa stava succedendo nel mondo. Il governo Prodi è stato imprudente. In una stagione buona ha fatto la cicala e non la formica. Più entrate c'erano e più spese facevano". Fornisce così una motivazione che va oltre la mera propaganda politica, che individua nel malessere economico e nel rischio di paralisi dell’economia, in un contesto globale di recessione, la causa essenziale del disavanzo dei conti pubblici, che soffrono così dell’impoverimento generalizzato degli italiani.
Questo triste esito in realtà era inevitabile, considerando che il Governo Prodi parlava sempre dei possibili impieghi del famoso Tesoretto, senza tuttavia emettere nessun provvedimento, anche d’urgenza, per compensare l’evidente ed eccessivo gettito fiscale, che ha sottratto in maniera illegittima un terzo della ricchezza degli italiani. Politiche fiscali di questo tipo, che richiedono uno smisurato sacrificio da parte dei cittadini solo per coprire nel breve termine la crisi dei conti, sono fallimentari già in partenza in quanto si rivelano una manovra di propaganda e di manipolazione, che rischiano di mettere in ginocchio soprattutto le classi più deboli. Di tutta risposta Tremonti propone le probabili soluzioni al recupero del gettito fiscale, partendo proprio da un primo sgravio fiscale sulle classe più deboli, e una maggiore tassazione a carico di Banche e di società energetiche e petrolifere, che continuano ad aumentare i propri introiti nonostante l’evidente recessione economica. Secondo Tremonti, le prime dovranno «pagare più tasse se non fanno pagare meno di mutui alle famiglie», mentre le seconde dovrebbero versare allo Stato quel surplus che guadagnano dall’aumento dei prezzi dei prodotti petroliferi, per la maggior parte frutto di speculazioni e non di maggiore efficienza nell’offerta.
Le linee "programmatiche" sono sicuramente delle belle intenzioni, ma preoccupa tuttavia la reale attuazione di tali provvedimenti. Le manovre che "rubano ai ricchi per dare ai poveri", ricordano molto i famosi decreti per le liberalizzazioni di Bersani, che sono stati presentati come leggi "anti-usura" ma si sono rivelati degli inefficienti, se non inutili, tentativi di scalfire i colossi dell’economia. Il risultato è stato solo un grande caos, come evidenziato anche dal Garante per la Concorrenza Catricalà, che ha spiegato come il decreto Bersani anti-banche o anti-telecom sono stati completamente ignorati, e nei fatti non hanno portato ad una reale riduzione dei costi, ma semplicemente ad un cambiamento nelle politiche di marketing delle compagnie.
Allo stesso tempo Tremonti annuncia il taglio dell’ICI sulle prime case completando la base di sgravio ipotizzato, cioè portando l'esenzione del pagamento dal 40% al 100%. "Le ville e i castelli - ha ribadito il ministro - non rientrano nell'operazione". Anche in questo caso, ci auguriamo che non vi sia però una semplice riconversione delle entrate, che costringerà i comuni ad aumentare tasse e contributi, per recuperare i mancati trasferimenti dallo Stato e la perdita del gettito dell’ICI.
Gli italiani in realtà si aspettano ora un reale cambiamento nelle politiche sociali e fiscali del Governo, chiedono una risposta contro le speculazioni, la svalutazione totale dei salari, contro il blocco dei consumi e della produzione, ma soprattutto una soluzione per le centinaia di piccole imprese che non riescono ad affrontare un mercato spietatamente competitivo e in recessione. Oggi è Alitalia, domani sarà le Ferrovie dello Stato, e già si prepara la proposta della Nuova IRI per controllare le major statali, ma poi occorre fare i conti con la patologica "cattiva gestione" del patrimonio dello Stato da parte dei funzionari e dei dirigenti dinanzi alla quale la privatizzazione diventa l’unica soluzione. Il problema è che ogni nuovo Governo si pone dinanzi ai suoi elettori sempre con nuove soluzioni condannando il precedente, commettendo così, nella maggior parte delle volte, lo stesso errore. La vera differenza sarebbe la capacità del nuovo esecutivo a garantire le prime basilari necessità per supportare il rilancio dell’economia, in maniera da superare innanzitutto questa fase di stagflazione estremamente pericolosa.
Questo triste esito in realtà era inevitabile, considerando che il Governo Prodi parlava sempre dei possibili impieghi del famoso Tesoretto, senza tuttavia emettere nessun provvedimento, anche d’urgenza, per compensare l’evidente ed eccessivo gettito fiscale, che ha sottratto in maniera illegittima un terzo della ricchezza degli italiani. Politiche fiscali di questo tipo, che richiedono uno smisurato sacrificio da parte dei cittadini solo per coprire nel breve termine la crisi dei conti, sono fallimentari già in partenza in quanto si rivelano una manovra di propaganda e di manipolazione, che rischiano di mettere in ginocchio soprattutto le classi più deboli. Di tutta risposta Tremonti propone le probabili soluzioni al recupero del gettito fiscale, partendo proprio da un primo sgravio fiscale sulle classe più deboli, e una maggiore tassazione a carico di Banche e di società energetiche e petrolifere, che continuano ad aumentare i propri introiti nonostante l’evidente recessione economica. Secondo Tremonti, le prime dovranno «pagare più tasse se non fanno pagare meno di mutui alle famiglie», mentre le seconde dovrebbero versare allo Stato quel surplus che guadagnano dall’aumento dei prezzi dei prodotti petroliferi, per la maggior parte frutto di speculazioni e non di maggiore efficienza nell’offerta.
Le linee "programmatiche" sono sicuramente delle belle intenzioni, ma preoccupa tuttavia la reale attuazione di tali provvedimenti. Le manovre che "rubano ai ricchi per dare ai poveri", ricordano molto i famosi decreti per le liberalizzazioni di Bersani, che sono stati presentati come leggi "anti-usura" ma si sono rivelati degli inefficienti, se non inutili, tentativi di scalfire i colossi dell’economia. Il risultato è stato solo un grande caos, come evidenziato anche dal Garante per la Concorrenza Catricalà, che ha spiegato come il decreto Bersani anti-banche o anti-telecom sono stati completamente ignorati, e nei fatti non hanno portato ad una reale riduzione dei costi, ma semplicemente ad un cambiamento nelle politiche di marketing delle compagnie.
Allo stesso tempo Tremonti annuncia il taglio dell’ICI sulle prime case completando la base di sgravio ipotizzato, cioè portando l'esenzione del pagamento dal 40% al 100%. "Le ville e i castelli - ha ribadito il ministro - non rientrano nell'operazione". Anche in questo caso, ci auguriamo che non vi sia però una semplice riconversione delle entrate, che costringerà i comuni ad aumentare tasse e contributi, per recuperare i mancati trasferimenti dallo Stato e la perdita del gettito dell’ICI.
Gli italiani in realtà si aspettano ora un reale cambiamento nelle politiche sociali e fiscali del Governo, chiedono una risposta contro le speculazioni, la svalutazione totale dei salari, contro il blocco dei consumi e della produzione, ma soprattutto una soluzione per le centinaia di piccole imprese che non riescono ad affrontare un mercato spietatamente competitivo e in recessione. Oggi è Alitalia, domani sarà le Ferrovie dello Stato, e già si prepara la proposta della Nuova IRI per controllare le major statali, ma poi occorre fare i conti con la patologica "cattiva gestione" del patrimonio dello Stato da parte dei funzionari e dei dirigenti dinanzi alla quale la privatizzazione diventa l’unica soluzione. Il problema è che ogni nuovo Governo si pone dinanzi ai suoi elettori sempre con nuove soluzioni condannando il precedente, commettendo così, nella maggior parte delle volte, lo stesso errore. La vera differenza sarebbe la capacità del nuovo esecutivo a garantire le prime basilari necessità per supportare il rilancio dell’economia, in maniera da superare innanzitutto questa fase di stagflazione estremamente pericolosa.